Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/02/2009 @ 09:31:55, in media, visitato 2214 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro:

19.02.09 All’alba circa 30 carabinieri sono arrivati svegliando bruscamente i rom rumeni dell’insediamento e facendo uscire tutti fuori dalle baracche al freddo. I bambini piangevano per lo spavento.

Inizialmente non è stato permesso ad alcuno di portare i figli a scuola. Poi gli uomini sono stati rastrellati e condotti in caserma per l’identificazione. Solo a quel punto le donne sono potute uscire e accompagnare i piccoli dagli insegnanti.

Erano presenti tre telecamere e come in una precedente occasione tutto sembrava essere il frutto di un’operazione mediatica. Ne avremo la conferma più tardi, quando davanti alla caserma dei carabinieri di Tor Tre Teste intercettiamo giornalisti di La7 , Tg2 e Roma 1 : “ci hanno chiamato stamani alle 4, ci hanno chiesto di filmare i controlli in un insediamento rom”. Le operazioni si stanno concludendo con la schedatura, le impronte digitali e le foto. Andranno presumibilmente avanti per tutta la mattinata.

Occorre dare in pasto all’opinione pubblica qualche volto, far vedere che le solerti forze dell’ordine di fronte all’ “emergenza sicurezza”, o “emergenza stupri” o chissà cos’altro si muovono, agiscono, difendono cittadini inermi da orde di stranieri assetati di sangue.

Poco importa se ciò avviene sulla pelle di uomini, donne e bambini, sottratti al sonno e al riparo delle loro povere baracche, spaventati ed esposti al gelo, con pozzanghere ghiacciate.

Uomini che perderanno un giorno di lavoro, non retribuito. Bocche che andranno comunque sfamate, in qualche modo.

Sì perché gli uomini dell’insediamento di via di Centocelle, rom spoitori provenienti dalla città di Kalarasi, vicino Bucarest, ogni mattina piuttosto che andare a stuprare o rapinare si recano a raccogliere ferro e alluminio per lavorarlo e rivenderlo, o a riciclare materiale inutilizzato, o a svuotare cantine, fare traslochi, lavorare come muratori, come colf e badanti nel caso delle donne, rigorosamente in nero.

Le ore trascorrono, la tensione scende, veniamo fatti entrare a parlare con le persone sottoposte all’identificazione. I carabinieri si mostrano ora disponibili e gli stessi rom appaiono meno spaventati, quasi rassegnati.

Christian Picucci

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Di Fabrizio (del 20/02/2009 @ 09:33:22, in casa, visitato 2313 volte)

Da British_Roma

Jo Siedlecka - Una parrocchia nell'Essex si sta preparando per sistemare dozzine di donne e bambini Viaggianti nella sua chiesa, dopo che il locale consiglio comunale ha deliberato per lo lo sgombero del loro campo. Alle famiglie sono stati dati solo 45' di preavviso per sgomberare, prima dell'arrivo degli incaricati.

La decisione della Corte d'Appello del 22 gennaio ha aperto la strada al Consiglio di Basildon per demolire le case di Dale Farm, con un'operazione di 1,9 milioni di £. Con oltre 350 residenti, Dale Farm è il più grande sito di Viaggianti in Europa.

Le famiglie acquistarono la terra abbandonata della cintura verde circa dieci anni fa. Pagano le tasse comunali ed hanno costruito lì case semi-permanenti. I bambini sono iscritti alle scuole locali. Ma il Consiglio di Basildon hanno negato i permessi di progettazione. Ogni volta che venivano richiesti, la loro domanda veniva rifiutata.

La comunità ha il forte appoggio delle chiese locali. Maggio scorso, il vescovo cattolico Thomas MacMahon di Brentwood e quello anglicano di Chelmsford, John Gladwin, hanno inaugurato San Cristoforo a Dale Farm, un locale usato come cappella e centro comunitario sponsorizzato dal Consiglio per l'Eguaglianza Razziale dell'Essex.

Il vescovo MacMahon ha detto che la minaccia di sgombero adesso sta causando molta afflizione. Ha aggiunto: "Inoltre focalizza il fatto che il consiglio locale ha la responsabilità di individuare un numero adatto di siti per la comunità viaggiante."

Kathleen McCarthy, della Dale Farm Housing Association ha sottomesso una richiesta a nome dei 300 residenti coinvolti. Ma una richiesta simile è già stata rigettata l'anno scorso sulla base che si erano resi intenzionalmente senza casa.

L'assistente sociale Catherine Riley ha detto di essere molto preoccupata. "Non voglio pensare a cosa succederà quando arriverà lo sgombero. Al momento sono molto demoralizzati. Molti uomini sono all'estero in cerca di lavoro così le donne hanno paura perché non sanno quando gli incaricati verranno a distruggere le loro case."

Frate John Glynn, della parrocchia cattolica di Nostra Signora del Buon Consiglio a Wickford, ha detto: "Tutto quello che ora possiamo fare è aspettare."

"Le famiglie hanno bisogno di un posto dove mandare i bambini quando si muoveranno i bulldozer. Abbiamo offerto posto nella nostra chiesa e anche la Chiesa d'Inghilterra ha offerto spazio."

"Avremo solo 45' di preavviso, così la gente sta aspettando ventiquattrore su ventiquattro. Ci sono 86 famiglie, circa 350 persone,incluso un parto trigemino."

"Sono membri attivi della nostra parrocchia. Per loro è difficile con questa minaccia sopra di loro. Sono gli ultimi indigeni del paese. Se ci sarà lo sgombero, sarò con uno striscione con sopra scritto PULIZIA ETNICA IN CORSO."

Malcolm Buckley, leader del consiglio comunale, ha ammesso che lo sgombero potrebbe essere un'operazione molto traumatica ma si è impegnato ad assicurare che tutto proceda per il verso giusto. D'altra parte, il Consiglio Zingaro ha prove filmate che gli incaricati della Constant & Co, contrattata da Basildon per precedenti sgomberi, ha spesso ignorato le regole di sicurezza ed agito con brutalità verso donne e bambini. Le carovane sono state bruciate e molte proprietà personali distrutte senza motivo.

Gli avvocati che difendono la comunità ha inviato un appello alla House of Lords  e stanno considerando un'istanza alla Corte Europea dei Diritti Umani. Ma tutto ciò potrebbe impiegare due anni e le famiglie hanno paura che non sia garantito loro un posto dove stare.

La parlamentare Julie Morgan ha firmato un appello della comunità all'agenzia della Protezione Civile UE per evitare quello che chiama "un disastro umanitario".

© Independent Catholic News 2009

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Di Fabrizio (del 20/02/2009 @ 09:46:00, in blog, visitato 2010 volte)

Il blog di Stefania Ragusa, dopo la segnalazione di settimana scorsa, torna sul caso Giovanna Reggiani

Leggo su Redattore Sociale e riporto testualmente:

Nel pieno della campagna mediatica sui rom seguita all'assassinio di Giovanna Reggiani, a Firenze la comunità valdese, cui la famiglia appartiene, si dedicava in silenzio a un progetto per la scolarizzazione dei bambini

FIRENZE – Mentre in Italia si scatenava la campagna mediatica sull’immigrazione romena, indicata dai politici come pericolosa per l’ordine pubblico, a Firenze prendeva corpo un progetto di dialogo con le comunità rom arrivate dalla Romania. Succedeva all’indomani della morte di Giovanna Reggiani, aggredita a Roma da un cittadino romeno il 30 ottobre del 2007. A portare avanti il progetto la comunità valdese, cui la famiglia Reggiani appartiene. Oggi è Paola Reggiani, sorella minore di Giovanna e diacona presso la Chiesa valdese di Firenze, a raccontare al giornalista Lorenzo Guadagnucci, dalle pagine di "Lavavetri" (edito da Terre di mezzo), quel tentativo di rispondere all’estrema violenza con l’accoglienza e il dialogo.

E’ stata Patrizia Barbanotti De Cecco ad avere per prima l’idea di incontrare i rom, proprio come "reazione al lutto e alla sensazione terribile che provavamo ogni volta che il nome della sorella di Paola veniva associato al discorso politico sul pacchetto sicurezza. Questo abbinamento era una costante e creava un’atmosfera inquietante, un atteggiamento repressivo nei confronti dei rom e dei cittadini romeni". Così alla comunità valdese è stata proposta l’idea di un progetto di scolarizzazione per i bambini rom romeni, "proprio perché apparivano come altre vittime del fatto terribile che era successo". La Chiesa ha accettato all’unanimità, e anche Paola si è detta d’accordo: "Da parte mia non c’è stato mai nessun pensiero contro".

Ma nel passaggio dall’idea alla realtà sono emersi i problemi. Così il progetto iniziale è fallito, ma non tramontato. Innanzitutto, il campo abusivo dell’Osmannoro, alla periferia di Firenze, scelto per il progetto, è stato trovato in totale isolamento e abbandono. "Io mi ero bevuta tutte le storie che si raccontano sui rom – racconta Patrizia - e sui loro bambini, e cioè che i genitori, anziché mandarli a scuola, preferiscono portare i figli a mendicare…E’ una cosa assolutamente falsa". Ma a cui si finisce per credere acriticamente perché ripetuta all’infinito. Invece i bambini hanno voglia di andare a scuola e per farlo sono disposti a grandi sacrifici. Allora, spiega Patrizia, "si dovrà fare un discorso di sensibilizzazione non per i rom, ma per le autorità competenti, totalmente chiuse nei loro confronti". Qualche esempio da altri progetti analoghi? Gli autisti dell’Ataf che saltano la fermata dell’autobus davanti al campo, o fanno multe ai ragazzi, "perché tanto l’abbonamento è rubato". E ancora, bambini che non sono riusciti a trovare una scuola che li accogliesse, nonostante il coinvolgimento del provveditorato. "Alla luce di questo, il progetto iniziale era inutile. Oggi pensiamo a qualcosa di artistico da fare con gli adolescenti, per far crescere la loro autostima e permettergli di farsi conoscere per come sono realmente". Conclude Paola: "Smascherare le menzogne con gesti concerti è l’unica cosa che possiamo fare".

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Di Fabrizio (del 21/02/2009 @ 09:06:04, in Europa, visitato 1887 volte)

Da Czech_Roma

Praga – 17.2.2009 – All'inizio di febbraio l'OnG Zvule Prava ha aperto il suo numero d'aiuto telefonico per i Rom nella Repubblica Ceca. La linea d'aiuto fornisce assistenza in caso di discriminazione illegale e altri crimini. E' parte del progetto "Ma den pes!" (Non arrendersi!)

La linea d'aiuto [...] dice come procedere per difendere i propri diritti. Ci si focalizza particolarmente sulle vittime Rom (non soltanto quanti vivono in località socialmente escluse). Inoltre appoggia metodicamente le OnG che aiutano i Rom socialmente svantaggiati.

[...] Nei casi estremi che coinvolgono problemi sistematici con un più ampio impatto sociale, Zvule Prava fornisce ed organizza aiuto legale per le vittime (anche per compilare documenti legali ed agendo come rappresentante legale per il cliente nei casi selezionati).

Zvule Prava inoltre usa la propria esperienza con i clienti per fornire consigli e sviluppare linee guida sistematiche per le istituzioni statali nell'area della non-discriminazione.

Zvule Prava lavora per difendere e promuovere l'accessibilità universale ai principi basici della democrazia e sulle norme di legge. Il progetto è finanziato dal Ministero degli Interni.

Contatti:
Ma den pes
Linea di aiuto telefonica per le vittime di discriminazione
Tel: 222 589 589
Opera giornalmente dalle 9.00 alle 17.00
www.madenpes.cz
E-mail: madenpes@zvuleprava.cz


For more information, please contact Veronika Kristková or Jan Stejskal at: 420 777 220 503.

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Di Fabrizio (del 21/02/2009 @ 09:15:52, in media, visitato 2632 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

Ieri (15 febbraio 2009), la STV (Televisione Serba) ha trasmesso un documentario abbastanza lungo dedicato agli orsi ballerini in Serbia. L'idea di partenza era rispettabile, promuovere l'azione della branca bulgara della OnG austriaca Vier Pfoten (Ita. Quattro Zampe, Bulg. Четири Лапи) di soccorrere tre orsi, che sono stati letteralmente torturati durante decenni per farli ballare,e fornire loro corrette condizioni di vita per gli ultimi anni delle loro vite. I nomi dei tre orsi sono: Marko, Kasandra e Milena, da Požarevac e Kuševac (Serbia meridionale).

Tutto apprezzabile eccettuato il fatto che il commentatore ha insistito per tutto il tempo che gli addestratori degli orsi fossero Rrom - che è una calunnia, dato che i proprietari e gli addestratori nel documentario erano tutti di etnia rumena (più precisamente Moeso-Rumeni: Rumeni autoctoni della Serbia meridionale, in serbo "Vlasi" o "Karavlasi"). E' gente davvero miserabile, illeterata e arretrata, ma miseria, illeteratezza e arretratezza non si convertono per forza in "Zingari". Sono rumeni, parlano rumeno (e serbo), non il romanes, vivono in aree rumene, non si sposano con i Rrom, quindi perché mai devono essere etichettati come Zingari nel film, incluso da Acković (un politico e giornalista serbo) in un'intervista? Soltanto perché incontrano il cliché (non la realtà) degli "Zingari"?

Gli addestratori d'orsi Moeso-Rumeni sono ben conosciuti nella regione come crudeli e senza pietà verso i loro animali, [...] mentre gli addestratori Rromani, com'è evidente in Macedonia, Bulgaria, Grecia, Turchia, ecc..., trattano i loro orsi come grossi gatti, con pazienza e conoscenza della psicologia animale riconosciuta. L'opposto degli addestratori rumeni d'animali.

Inoltre, il film è molto impressionante, con sequenze di crudeltà contro questi animali e lascia un marchio potente e definitivo di odio contro i "criminali Zingari" nella mente di migliaia di bambini, che hanno visto il programma domenica pomeriggio alla TV. Questo è uno dei modi in cui l'antiziganismo viene costruito poco a poco nelle giovani generazioni in diversi paesi. So che sarà difficile proibire il film o chiedere al produttore di cambiare il commento, ma è un'azione che vale lo sforzo.

Musko, iz Srbije

ternikano_berno@yahoo.fr

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Di Fabrizio (del 21/02/2009 @ 09:27:19, in lavoro, visitato 1682 volte)

Roma, 19 feb - Tempi duri per i giostrai e per i circhi equestri nel Lazio. Anche se una legge dello Stato prevede una serie di norme volte a sostenere e agevolare l'arte dello spettacolo viaggiante, l'etnia Sinti, che da secoli e' la principale titolare tali mestieri ambulanti, lamenta l'assenza di spazi idonei per vivere e lavorare. E' quanto e' emerso oggi nel corso dell'audizione in Commissione Lavoro e Politiche sociali del Lazio, presieduta da Peppe Mariani (Lista civica per il Lazio), alla quale ha partecipato una numerosa delegazione di Sinti, guidata da Massimo Converso, presidente dell'Opera Nomadi, ente morale istituito con decreto del 1970.

Circa mille nel Lazio, di cui la meta' a Roma, i Sinti sono originari dell'India come i Rom. Presenti in Italia fin dal XV secolo, si tramandano di padre in figlio soprattutto i lavori legati all'arte circense (tra i piu' famosi circensi italiani di origine Sinti, gli Orfei e i Togni) e il mestiere di giostraio. I comuni, per legge, dovrebbero rendere disponibili apposite aree per le istallazioni delle attivita' dello spettacolo viaggiante e dei parchi di divertimento, ma, come ha riferito il presidente dell'Opera Nomadi nel corso dell'audizione, cio' nel Lazio non sempre avviene. Nel corso dell'audizione e' stata evidenziata l'esigenza di microaree per famiglie allargate, piu' funzionali alle esigenze di vita e di lavoro dei Sinti, oggi concentrati in grandi insediamenti, come quello di San Basilio a Roma, e coinvolti dai recenti provvedimenti per i campi rom.

Converso ha riferito anche della doppia vaccinazione effettuata recentemente a circa duecento bambini e delle pessime condizioni di vivibilita' dell'insediamento di Ciampino.

''Ci attiveremo subito con le Asl per avere il rapporto sulle persone vaccinate - ha detto Mariani nel tirare le somme - E' un segnale inaccettabile per la salute pubblica.

In questi giorni ci sono stati casi terribili associati ai campi rom''.

res/sam/rob

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Di Fabrizio (del 22/02/2009 @ 09:13:31, in Kumpanija, visitato 2115 volte)

Da Roma_Daily_News

Rapporto Ufficiale:

[...] Comunichiamo ai nostri fratelli ed anche a chi stima la nostra cultura, che abbiamo istituito un'associazione che lavorerà per il riscatto, la valorizzazione ed il mantenimento della cultura zingara (Romanipen).

I nostri principali punti d'interesse saranno: la danza, la musica e la lingua.

In Brasile i gruppi zingari affrontano ancora molti problemi, come il pregiudizio, per esempio. Ci sono ostacoli alla cittadinanza (documenti di identificazione civile), alla salute pubblica ed all'insegnamento. Inoltre, le difficoltà relative esistono riguado all'inclusione sociale e culturale ed al preservarsi delle tradizioni, delle pratiche e del patrimonio culturale. Di fronte ad un simile quadro la Embaixada Cigana do Brasil Phralipen Romani lavorerà per cambiare questo lamentevole scenario.

Nicolas Ramanush
Presidente
Embaixada Cigana do Brasil Phralipen Romani
gitanobaro@hotmail.com

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Di Fabrizio (del 22/02/2009 @ 09:31:33, in media, visitato 1983 volte)

Da corriere.it (una risposta a Beppe Sevegnini)

Caro Beppe,

nella tua risposta a Massimo Burioni (20 febbraio) ti domandi: «Dove sono gli zingari a Berlino? Buon titolo per un'inchiesta: non se ne vede in giro uno». Vorrei fare alcune precisazioni in proposito.

In Germania ci sono 110 mila-130 mila tra rom e sinti - sia di cittadinanza tedesca che stranieri. Quelli tedeschi sono riconosciuti come minoranza nazionale. Magari non li vedi perché in Germania sono riusciti ad adottare politiche di integrazione e inserimento che qui da noi sono troppo all'avanguardia, per cui non mendicano o rubacchiano per le strade (e sottolineo che anche da noi sono una minoranza quelli che lo fanno) né vivono nei campi «nomadi». Da noi i rom italiani non sono stati riconosciuti come minoranza, seppure esista una legge che ne riconosce ben dodici, e che li ha esclusi imponendo criteri per il riconoscimento tra cui anche loro rientrano. Del resto, da noi il «problema» viene trattato come «emergenza sicurezza», per cui i rom devono essere cacciati (che siano italiani o stranieri poco importa), non aiutati a integrarsi.

Ultima precisazione: credo che la gente inorridirebbe se ti sentisse chiamare un africano «negro». Quindi, che i rom e i sinti vengano chiamati con il loro nome, e non «zingari» (che è offensivo) o «nomadi» (che è scorretto). Il fatto che vengano chiamati nomadi serve solo a perpetuare il pregiudizio per cui loro possono solo vivere nei campi, che lo vogliano o meno. Non dico che sia tutta colpa degli organi d'informazione se ci sono problemi da una parte e dall'altra, ma forse, se iniziassero a usare quanto meno una terminologia adatta, a non strumentalizzare le notizie a tutti i costi limitandosi a riportare dati effettivi e non di comodo, e se facessero una vera campagna d'informazione corretta, già sarebbe un passo avanti.

Claudia Tavani, taffani@hotmail.com

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Di Fabrizio (del 22/02/2009 @ 09:47:21, in Europa, visitato 2356 volte)

Mutui e accampamenti : la maledizione delle case inglesi
di Giulia Alliani - 17 febbraio 2009

L'anno scorso uno dei nomadi l'aveva predetto: le autorità locali avrebbero impiegato almeno otto anni per riuscire a buttarli fuori. Pochi giorni fa, la tradizionale capacità divinatoria, che viene unanimemente riconosciuta agli zingari, é stata ancora una volta confermata.

Il loro rappresentante, nella sua predizione, non é andato troppo lontano dalla realtà: forse gli anni non saranno otto, ma cinque certamente sì, e forse anche di più. I 64 nomadi che, grazie ai quattro giorni di vacanza dei funzionari addetti al piano regolatore, erano riusciti a costruire a tempo di record, su un appezzamento di terreno in Inghilterra, nei Cotswold, un accampamento illegale, provvisto d i elettricità e condutture per l'acqua, hanno ottenuto da un ispettore governati vo il permesso di rimanere nel sito prescelto per altri quattro anni.

Il Consiglio del distretto di Stratford-on-Avon aveva rifiutato di concedere un permesso retroattivo e aveva ingiunto agli zingari di andarsene, ma i nomadi avevano proposto appello. Era quindi seguita un'inchiesta pubblica in dicembre, terminata la quale, l'ispettore del Governo, Phillip Crookes, ha garantito a 16 famiglie un permesso provvisorio che scadrà nel 2013.

Secondo l'ispettore, nella zona c'é una carenza di campi nomadi e la misura adottata dovrebbe dare alla comunità, che conta un centinaio di persone, il tempo necessario per cercare "dei siti alternativi e garantire ai bambini un passaggio senza strappi ad altre scuole se ciò si rendesse necessario". La notizia é stata accolta con irritazione dagli abitanti del posto, che hanno visto crollare il valore delle loro case, e dai loro rappresentanti, che giudicano semplicemente patetico il fatto che la decisione permetta a dei gruppi di individui di violare il piano regolatore al cui rispetto tutti sono tenuti.

Nella zona, prevalentemente rurale, conosciuta e apprezzata per i suoi luoghi idilliaci, a poche centinaia di metri dall'accampamento, sorge anche la casa di campagna di proprietà dell'ex-marito del ministro laburista Tessa Jowell, l'avvocato David Mills, attualmente sotto processo a Milano, unico imputato di corruzione in atti giudiziari dopo lo stralcio della posizione del presidente del Consiglio Berlusconi, in conseguenza del Lodo Alfano.

La sentenza di primo grado dovrebbe essere pronunciata nei prossimi giorni.

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Di Fabrizio (del 23/02/2009 @ 09:17:37, in Italia, visitato 1762 volte)

Da Circolo Pasolini Pavia

"Il Secolo XIX", 19 febbraio 2009 di Simone Schiaffino [dalla Liguria]

La ganascia d’acciaio sradica i sogni italiani. Demolisce speranza e degrado, in egual misura. Abbatte come fuscelli le baracche elette a casa. Sconquassa le povere cose che gli stranieri avevano raccolto laddove gli italiani gettano quello che non gli serve più. "Ora dove andremo?". L’unica riposta può essere "Via da qui, non all’ex Colonia Fara". Fa freddo, la pungente temperatura delle sette del mattino, quando gli uomini che vestono tre diverse uniformi compaiono nell’area esterna del grattacielo di Preli. Polizia municipale, agli ordini del comandante Federico Bisso, carabinieri della compagnia retta dal capitano Gianluigi Bevacqua, polizia di Stato, dal commissariato chiavarese governato dal dirigente Giampiero Bove. Volanti, gazzelle e autopattuglie. Poi arriva anche un camion dotato di un’enorme morsa metallica montata su un braccio mobile. Per abbattere il degrado: il campo rom a Preli, sorto in un paio di "notti di lavoro", nell’ultimo week end. Assistere alla demolizione della "baraccopoli" provoca un po’ di emozione. Perché gli uomini in divisa si trovano, metaforicamente, a guadare un fiume: da una parte gli ordini, gli obblighi, il dovere. Dall’altro l’umanità: il trovarsi di fronte ai "reietti", agli ultimi, quelli che una casa non ce l’hanno mai avuta. "Quando siamo arrivati qualcuno si lavava in mare nell’acqua gelida, altri dormivano ancora - dice il comandante Bisso -. Una parte è fuggita alla vista delle nostre auto; altri ci sono venuti incontro, per sapere cosa sarebbe successo. Avevano l’aria affranta. Una donna piangeva". Gli uomini della "forza pubblica" hanno spiegato che il campo rom sulla riva del mare chiavarese di ponente sarebbe stata, di lì a poco, rasa al suolo. Sgomberata. Disinfestata. Ulteriormente, per l’ennesima volta, recintata. L’annuncio ha provocato qualche minuto di tensione. Uno straniero, dei più giovani, ha sbraitato qualcosa nella sua lingua. Sembrava avesse l’intenzione di avvicinarsi ai poliziotti con intenti bellicosi. I suoi connazionali, forse suoi parenti, o fratelli, lo hanno preso per le braccia, impedendogli di farsi arrestare per resistenza o lesioni a pubblico ufficiale. Tutto è finito lì. Nello stesso momento, le otto o poco più, un ruggito sordo annunciava l’arrivo del camion munito di braccio meccanico e ganascia. La ditta spezzina "Costa Mauro", specializzata in bonifiche ambientali, è stata chiamata dal Comune di Chiavari, appena si è saputo dell’esistenza del campo rom: la notizia l’ha data, come sempre accade, un abitante di Preli, l’altro ieri sera. "Venite alla Fara - ha detto l’abitante - stanno costruendo baracche sotto i portici della Fara". Gli operai, che vestono tute antibatteriche e mascherine a naso e bocca, infagottano tutto e caricano sul camion. Mentre la morsa demolisce e distrugge. Resta a terra un orsacchiotto di peluche, portato lì forse da uno dei pochi bambini che la comunità rom si è portata con sé a Chiavari."Prima di demolire tutto abbiamo detto loro di prendere ciò che volevano portare con sé - conclude il capo della polizia municipale di Chiavari -. Qualcuno ha preso una coperta, altri qualche scatoletta di alimenti. Poi se ne sono andati". Nessun provvedimento, nessuna denuncia è scattata nei confronti degli stranieri. Anche perché l’unico reato poteva essere quello di occupazione abusiva di immobile. Ma i "reietti" non sono entrati all’ex Colonia Fara: gli sbarramenti in cemento e mattoni hanno retto. Si sono solo accampati accanto al fatiscente grattacielo. E non avere un posto dove andare, bivaccando in un’area aperta a tutti, ancora non è reato.

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