Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 23/07/2008
Ricevo da Alexian Santino Spinelli
Memoria di un’infamia
In occasione del:
70° Anniversario del Manifesto degli scienziati razzisti
siete invitati al Concerto di Musica Popolare Europea
musica ebraica e musica rom
Ozen Orchestra
Alexian – Santino Spinelli
e con la partecipazione di
Miriam Meghnagi
Roma, giovedì 24 luglio ore 20,00
Piazza della Repubblica
Ex Magistero – Aula 2 II° piano
Patrocinato dal:
Dipartimento di Scienze dell’Educazione
Master Internazionale Didattica della Shoah
in collaborazione con:
Associazione Thèm Romanò
Associazione Medica Ebraica
Associazione Romana Amici di Israele
Da
Help
Consumatori
22/07/2008 - 16:29 Intervista a Nazzareno Guarnieri, presidente della
Federazione "Rom e Sinti insieme": "I campi nomadi non hanno nulla a che fare
con la cultura Rom. Serve dialogo diretto con i diretti interessati".
Partecipazione attiva e propositiva e dialogo diretto con la comunità
sono i temi che più ricorrono nelle parole di Nazzareno Guarnieri, presidente
della Federazione "Rom e Sinti insieme". Proprio ieri è iniziato ufficialmente a
Roma, a partire da un insediamento abusivo, il censimento dei campi nomadi della
Capitale. Ma i campi nomadi, sottolinea il presidente della Federazione, "non
hanno nulla a che fare con la cultura Rom". HC l'ha intervistato per parlare di
censimento ma anche della recente mobilitazione della comunità Rom e Sinta e
delle ultime proposte del Governo.
Ieri è iniziato ufficialmente a Roma il censimento dei campi nomadi a partire
da un insediamento abusivo alla Magliana Vecchia. Qual è la vostra posizione nei
confronti di queste iniziative e di questo censimento, che in realtà non
riguarda solo Roma ma è in azione anche a Milano e a Napoli?
La posizione della Federazione è molto semplice: siamo sicuramente favorevoli a
un censimento della realtà per rilevare la presenza numerica e i tutti i bisogni
all'interno della comunità Rom ma siamo nettamente contrari a una schedatura o a
un censimento che voglia appunto schedare le persone. Anche perché circa il 90%
dei Rom e Sinti che vivono in Italia sono residenti in un Comune e il restante
10% sono le persone più controllate d'Italia perché vengono dalla ex Jugoslavia
e hanno uno status giuridico particolare, non essendoci più la ex Jugoslavia e
avendo perso l'archivio anagrafico. Oggi bisogna trovare una soluzione politica
affinché queste persone abbiano dei documenti. Posso dire che la volontà
politica di schedare, di prendere le impronte a Rom e Sinti è solo una
vigliaccata della politica per un po' di tornaconto in termini di consenso
elettorale. Secondo me tutto questo can can sulle impronte e sul censimento
vuole nascondere un dovere della politica: quello di realizzare una politica di
integrazione culturale delle minoranze Rom e Sinte. Ancora una volta non si
affronta nella giusta maniera un problema che non solo tocca Rom e Sinti ma
tocca l'intera popolazione italiana. La convivenza è un valore essenziale, la
coesione sociale è un valore irrinunciabile.
Sul vostro blog scrivete che le minoranze Rom e Sinte sono trattate come
"rifiuti umani" e sono i "monumenti moderni della segregazione". Come si supera
la segregazione?
La segregazione è avvenuta con scelte politiche totalmente sbagliate proposte e
realizzate da persone esterne alla nostra comunità. I campi nomadi non hanno
nulla a che fare con la cultura Rom. E quando quarant'anni fa dicevo "attenzione
che i campi nomadi saranno il nostro inferno" molti mi dicevano che non capivo
nulla. Oggi tutti mi dicono che i campi nomadi sono stati un grande errore. Ma
quelli che li hanno realizzati sono ancora lì. È chiaro che il campo nomadi crea
segregazione, il campo nomadi crea un livello di esclusione molto elevato. Noi
proponiamo un dialogo diretto, la Federazione si pone come soggetto
rappresentativo, rappresentando 22 associazioni di dodici Regioni italiane. Se
il Ministro dell'Interno, o il Ministro degli Affari Sociali, o il Governo,
inizia a dialogare con noi, forse si trova la giusta soluzione, condivisa anche
dalle minoranze Rom e Sinte, per avviare un percorso di integrazione culturale.
Ma questo sembra non interessi a questo governo né a quelli precedenti che hanno
sempre rifiutato un dialogo diretto con i diretti interessati.
È questo che intende quando scrivete che la Federazione "Rom e Sinti insieme"
si pone come una rete di autorappresentazione? Significa che finora ci sono
stati degli intermediari fra Rom e Sinti e istituzioni?
Finora tutte le politiche che sono state realizzate per Rom e Sinti sono state
fatte, proposte e realizzate da persone esterne, da Arci, Opera Nomadi,
Capodarco e da tante altre associazioni che sicuramente si sono occupate delle
nostre minoranze - e a loro va il nostro grazie - ma hanno avuto una lettura
interpretativa del mondo Rom. Hanno fatto quanto era loro possibile interpretare
ma non c'è mai stato un coinvolgimento attivo e propositivo delle
professionalità Rom e Sinte, cioè dei diretti interessati. Per questo si parla
molto di partecipazione attiva e propositiva. Spesso questa partecipazione è
stata utilizzata in modo strumentale: non è sufficiente essere Rom o Sinti per
essere preparati, occorre far partecipare quei Rom e Sinti con la necessaria
preparazione. Non posso creare un mediatore culturale di fatto solo perché sono
Rom o Sinto ma bisogna fare un percorso formativo. La partecipazione diventa
fondamentale. Questo emerge da quarant'anni di politiche sbagliate: l'assenza di
partecipazione attiva e propositiva di professionalità Rom e Sinte, in
particolar modo in ambito sociale. Le esigenze di sicurezza sono una cosa, le
politiche sociali sono un'altra. Occorrono politiche sociali. Solo le politiche
sociali possono dare maggior controllo del territorio e maggior sicurezza.
Ha detto che i campi nomadi non sono tipici della comunità e infatti sul
vostro sito internet proponete soluzione abitative diverse, come quella della
"microarea". Cos'è una microarea? E ci sono esempi in Italia di realtà simili?
Alcuni esempi li abbiamo creati proprio noi della Federazione in Lombardia. Sono
terreni prevalentemente agricoli comprati dalle famiglie Sinte dove in accordo
con l'ente locale si va a definire la possibilità di costruire un'abitazione per
la famiglia allargata di quella determinata famiglia Sinta, con l'obbligo ben
preciso che quell'abitazione non può essere posta in vendita. È una soluzione
tutta da sperimentare, stiamo provando a lavorare su questo, gli esempi sono
molto positivi. Esempi positivi riguardano l'Alto Adige e la Lombardia.
Negli ultimi tempi si è assistito a una mobilitazioni da parte della comunità
Rom e Sinta che è scesa in piazza a Roma per rivendicare i suoi diritti e ha
tenuto assemblee pubbliche. Si tratta di una novità, sta cambiando qualcosa o
queste iniziative c'erano anche prima ma nessuno se n'è accorto?
Sicuramente stanno cambiando delle cose, sicuramente si sente forte le necessità
di una partecipazione attiva. Oggi ci si rende conto di quanto sia importante
avere anche la partecipazione attiva e propositiva di Rom e Sinti.
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha detto di voler concedere la
cittadinanza ai bambini Rom senza genitori. Secondo lei può rappresentare una
soluzione o riguarda una strettissima minoranza?
È evidente che il Ministro conosce poco la realtà Rom anche perché i bambini Rom
senza genitori sono veramente rarissimi, veramente molto pochi. Invece c'è una
grossa realtà di bambini Rom nati in Italia ma senza documenti perché provengono
dalla ex Jugoslavia. Nel nostro documento, presentato a Cecina, abbiamo chiesto
la necessità di riconoscere lo stato di apolidia a queste persone. E di
riconoscere la cittadinanza a tutti quei bambini, Rom e non, immigrati, che sono
nati in Italia. Questo presuppone un cambiamento della legge sulla cittadinanza:
non diritto di sangue ma diritto di suolo, cioè i bambini che nascono in Italia
sono automaticamente cittadini italiani. È questa la proposta della Federazione.
Sicuramente quelle proposte non vanno nella direzione giusta e per questo
chiediamo al Ministro Maroni di incontrarci e di dialogare insieme, e insieme di
condividere soluzioni utili a tutti i cittadini.
A cura di Sabrina Bergamini
Ricevo da Roberto Malini
Pesaro, 22 luglio2008 NOMADI/PESARO: AL SAN SALVATORE MEDICI RIFIUTANO CURE A
DONNA ROM MALATA DI CANCRO CEREBRALE PERCHE’ SENZA DIMORA
GRUPPO EVERYONE CHIEDE L’INTERVENTO DEL MINISTRO DELLA SALUTE SACCONI
Questa mattina Mia Copalea, romena di etnia Rom, si è recata con il figlio
Ionitz Ciuraru presso l’Ospedale San Salvatore di Pesaro per richiedere una
visita medica urgente e un eventuale ricovero in seguito a fortissimi dolori
alla testa che da giorni la tormentano, dovuti a un cancro al seno con metastasi
cerebrale. Mia ha subito un delicato intervento alla testa a Milano qualche mese
fa, prima di trasferirsi a Pesaro con la famiglia, dove non ha trovato altra
sistemazione che un edificio abbandonato. Il Gruppo EveryOne, che assiste la
donna e i familiari da alcuni mesi, e sta cercando di mettere a punto, in
concerto con le istituzioni locali, un programma di inserimento del nucleo
familiare con la collaborazione del sindaco Ceriscioli Luca e di Opera Nomadi
Pesaro, aveva contattato il professor Antinori, primario di pronto soccorso del
San Salvatore, che si era premurato di far prendere in cura immediatamente la
donna, vista la gravità della sua situazione. Mia Copalea, recatasi al
distaccamento oncologico presso la dottoressa Baldelli, cui la donna era stata
affidata, si è vista chiudere le porte in faccia dal distaccamento ospedaliero
perché priva di una residenza. "Pur avendo i nostri documenti romeni, hanno
impedito il ricovero di mia madre perché qui a Pesaro non ha una casa presso cui
prendere la residenza. Si sono rifiutati di farci anche una semplice ricetta
medica per prescriverle le medicine più urgenti che le servono per combattere il
cancro e il mal di testa" ha spiegato al Gruppo EveryOne il figlio Ionitc. "Le
hanno detto, in alternativa" ha continuato "che per poter avere una visita
oncologica deve spendere non meno di 3-400 euro".
"Questa è una delle tante battaglie per cui ogni giorno ci troviamo a doverci
scontrare con aziende sanitarie, autorità di forza pubblica e istituzioni
locali" commentano i leader di EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario
Picciau. "Questa mattina all’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze abbiamo
dovuto minacciare un’azione giudiziaria europea perché una giovane donna rom
venisse dimessa assieme alla sua bambina appena nata, proprio perché l’azienda
sanitaria, i medici e gli operatori sanitari si rifiutavano di lasciare la
bambina in consegna alla madre a causa dell’impossibilità di quest’ultima di
avere una fissa dimora in Italia. Ciò che sta avvenendo nel nostro Paese"
continuano gli attivisti "è sintomo di una completa ignoranza delle norme
europee che tutelano i cittadini comunitari e in particolare il popolo Rom,
anche dal punto di vista socio-sanitario. Quanto poi al caso di Mia, ricordiamo
che il giuramento di Ippocrate impone la cura di un individuo a ogni medico,
indipendentemente dalla sua condizione personale e sociale".
Il Gruppo EveryOne si appella al ministro della Salute Maurizio Sacconi
affinché intervenga nell’immediato presso il distaccamento oncologico del San
Salvatore di Pesaro per far sì che Mia Copalea possa essere accolta al più
presto nella struttura ospedaliera, beneficiando di tutte le cure necessarie,
come ogni altro essere umano. "Mia sta male" concludono Malini, Pegoraro e
Picciau "e ci auguriamo che almeno il Ministro possa avere compassione di quanto
di terribile sta colpendo questa famiglia, come moltissime altre nel nostro
Paese che non hanno la possibilità di un alloggio e di un lavoro a causa della
discriminazione".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527 – (+ 39) 331-3585406
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Di Fabrizio (pubblicato @ 10:54:44 in media, visitato 1427 volte)
Da
Kharl - Un indiano in Tibet

Una delle regole più crudeli è quella che disciplina, nei media, il rilievo
che la morte deve avere. Per queste regole gli omicidi non sono tutti uguali,
per cui può succedere che un delitto possa finire indistintamente (e spesso
inspiegabilmente) in prima o in 17a pagina.
Ad esempio, oggi su Repubblica è proprio in 17° pagina la notizia di un 35enne
(Andrea Tartari)
ucciso a coltellate sotto gli occhi della fidanzata da un branco di
“normalissimi” ragazzi. La colpa: quella di avere chiesto ad alcuni di loro –
appoggiati alla sua macchina – di spostarsi.
Si parla molto di “sicurezza” e ricordiamo tutti i titoli a 8 colonne (e le
aperture nei telegiornali) riguardanti la tragica morte di Giovanna Reggiani a
Roma e di tutto quello che ne è seguito nei confronti degli immigrati prima, e
dei Rom dopo.
Leggendo adesso l’assurda morte di “uno che non ha mai litigato con nessuno in
vita sua”, mi chiedo chi è che stabilisce l’ordine da dare alle notizie.
Anche io da un po’ di tempo mi sento meno sicuro: solo che la mia insicurezza
non è nei confronti di immigrati o zingari, è nei confronti di chi uccide agli
incroci stradali, passando con il rosso a 160 Km/h, oppure di chi vuole
dimostrare la sua esistenza attraverso prove di forza simili a quelle che hanno
ucciso Andrea Tartari, e che sono la logica conseguenza di uno “stile di vita”
che TV e maggioranza (non solo politica... purtroppo) sembra ormai avere sposato.
By Nick Thorpe BBC News
La decisione potrebbe interessare i bambini Rom dell'Europa
Il Tribunale Europeo per i Diritti Umani ha stabilito che la Croazia non discrimina gli studenti Rom mettendoli a scuola in classi separate solo per Rom.
I bambini, ora di età tra i 14 e i 20 anni, hanno detto di aver sofferto psicologicamente e praticamente, dato che gli è stato insegnato soltanto ad un terzo del programma di studi.
Ma il tribunale ha detto che sono stati separati solo sino a quando non hanno migliorato la lingua.
Un corrispondente BBC dice che la decisione potrebbe avere un impatto su molti paesi nell'Europa Centrale ed Orientale.
In Croazia, come in molti paesi dell'est Europa, è pratica comune per i Rom essere piazzati in classi speciali, od in alcuni casi, in scuole speciali.
Le scuole si giustificano dicendo che spesso i bambini non parlano abbastanza bene bene la lingua nazionale per restare con gli altri alunni, e che le classi speciali sono progettate per aiutarli ad apprenderla.
I consiglieri legali degli alunni replicano che questi sono semplicemente relegati in classi sotto-gli-standard sulla base del colore della loro pelle e che, come risultato dei bassi standard educativi in classi simili. le loro possibilità di trovare lavoro sono significativamente ridotte.
Non essere messi da parte
Una precedente decisione del medesimo tribunale, nel novembre dell'anno scorso, era stata a favore dei Rom della Repubblica Ceca che erano in scuole Rom.
Ma in quell'occasione il tribunale di Strasburgo aveva stabilito che non si trattava di discriminazione etnica.
E' stato trovato che in Croazia, gli alunni erano piazzati in classi Rom all'interno delle scuole primarie ordinarie.
Si è detto che i bambini prendevano parte ad attività extra-curriculari con gli altri bambini, e che non erano separati per il solo essere Rom.
Anita Danka dell'European Roma Rights Centre di Budapest, che ha lavorato attentamente al caso,
ha espresso il proprio disappunto sul giudizio.
Rivela che il Tribunale dei Diritti Umani "non è stato capace di vedere che l'istruzione segregata può avere varie manifestazioni", ha detto alla BBC, "inclusa la segregazione nella scuola primaria".
Ricevo da
Union Romani
DIO MIO, DOVE ANDREMO A FINIRE?
21.07.2008 / Quando ricevetti la notizia pensai che stavo sognando, che ero
vittima di un terribile incubo. Non poteva essere vero quello che ci comunicava
Roberto Malini,del Gruppo EveryOne, organizzazione italiana dedita alla difesa
dei diritti umani e culturali come alla cooperazione internazionale.
Due bambine gitane, di 11 e 12 anni, sono annegate nella spiaggia di
Torregaveta, Napoli, nel modo più strano. Le bambine giravano per la spiaggia
vendendo calamite e improvvisamente - cosa strana! - han deciso di fare il
bagno. I loro corpi sono rimasti sulla spiaggia completamente vestiti. Però le
bambine non erano sole. In verità erano in quattro. Le altre due, più
piccole delle affogate, che sono sopravissute, sono state trattenute dalle
autorità. Non possiamo fare a meno di chiederci: Perché non le ridanno ai loro
genitori? Perché nessuno da una spiegazione credibile di cosa sia veramente
successo?
Però tutto questo, anche se così grave, non è il più terribile. Questa
mattina, quando María, la mia giovane aiutante avvocata, è entrata nel mio
ufficio, dopo aver conosciuto la notizia, mi ha detto:
- Ma hai visto le fotografie che pubblica il Gruppo EveryOne nella sua
pagina web?
Immaginai il peggio. In realtà lo stavo leggendo nel viso di María. Entrai
nel sito annunciato e anche se mi costa fatica accettare che l'essere umano sia
arrivato a tale grado di insensibilità, di durezza di animo, di disprezzo della
condizione umana, che avesse potuto comportarsi come quelli che stavano accanto
ai cadaveri delle povere bambine gitane.
Me lo ha confermato Roberto Malini, leader ed attivista seriamente impegnato
nella causa della difesa dei gitani. Violeta e Cristina, che sono i nomi delle
due bambine, sono morte affogate. Permettetemi di trascrivere le sue parole
(in italiano nel testo ndr) per non togliere forza alla sua denuncia: "Dopo
la tragedia, la sorprendente reazione di una parte della spiaggia: i bagnanti
hanno continuato a pranzare e a prendere il sole, come se nulla fosse successo.
“Abbiamo recuperato quei corpi tra l´indifferenza generale”, dice sdegnato
Pasquale Desiato, l´autista del 118."
Terribile incredibile. Le povere gitane morte sulla spiaggia e la gente che
prende il sole a lato, a pochissimi metri. La gente ha continuato a fare il
bagno, bevendo e mangiando vicino ai corpi delle sfortunate bimbe. E quando sono
arrivate le pompe funebri per mettere i corpicini nelle bare, i bagnanti non
hanno cambiato atteggiamento. Hanno continuato a prendere il sole,
coraggiosamente, mentre la terribile scena aveva luogo davanti le loro stesse
narici bruciate dal sole e dai loro corpi seminudi sulle amache e sulla sabbia.
(vedi anche questo
mini-video ndr)
Dio mio. Cosa sta succedendo qui? Le povere bambine uscirono dall'acqua
vestite. I loro corpi sono rimasti sulla sabbia, coperte parzialmente, durante
più di due ore, "davanti all'indifferenza generale" come ha detto il
soccorritore.
Non mi restano parole per manifestare il mio dolore. Voglio soltanto elevare
al cielo una preghiera secondo il messaggio di una canzone popolare "Chiedo
solamente a Dio che il dolore non mi sia indifferente. Chiedo solamente a Dio
che l'ingiustizia non mi sia indifferente. Chiedo solamente a Dio che il futuro
non mi sia indifferente."
Juan de Dios Ramírez-Heredia
Presidente de Unión Romaní.
Se volete vedere le tristi fotografie di cui parliamo, questo è il
link
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Fotografie del 23/07/2008
Nessuna fotografia trovata.
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