Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 22/07/2008
Di Fabrizio (pubblicato @ 16:28:18 in blog, visitato 1590 volte)
Ho ricevuto una mail da un'amica: mi dice che ogni volta che apre questo
sito le appare un alert dell'antivirus. A me non è mai capitato (anche usando
diversi computer) e nessuno sinora mi aveva mai segnalato niente del genere. E'
capitato anche a voi?
Per favore, fatemelo sapere, tramite i commenti o scrivendomi per
email.
Grazie,
Fabrizio
Ricevo da Roberto Malini
COMUNICATO STAMPA 21 luglio2008
ROM, GRUPPO EVERYONE A MARONI: "MA CITTADINANZA A QUALI BAMBINI ABBANDONATI?
SOTTRATTI ALLE FAMIGLIE DALLE ISTITUZIONI"
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha dichiarato che nei prossimi giorni
proporrà al Governo la concessione della cittadinanza italiana ai bambini Rom
senza genitori nati in Italia. La proposta ha sollevato un coro di domande da
parte delle organizzazioni dei diritti umani, dei politici e dei semplici
cittadini, tra tutte: quanti sono gli orfani o i trovatelli Rom nati in Italia?
E fra questi, quanti sono quelli che non hanno parenti stretti a cui essere
affidati?
"Dopo attenta riflessione," commentano i leader del Gruppo EveryOne Roberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau "abbiamo identificato i bimbi e i minori
cui si riferisce il ministro Maroni. Sono i bambini rom sottratti dalle autorità
e dai servizi sociali dei comuni italiani con l’avvallo dei Tribunali per i
minorenni – in una parola, dalle Istituzioni – ai loro genitori, con
provvedimenti illegittimi, già denunciati dall'europarlamentare ungherese
Viktoria Mohacsi alla Commissione europea. Centinaia di bambini Rom sono stati
sottratti alla potestà dei loro genitori, spesso addirittura al momento del
parto, con la scusa che le madri non avevano un domicilio né un lavoro. Nella
maggior parte, si trattava di genitori romeni di etnia Rom. Le motivazioni alla
base dei provvedimenti sono, in realtà, false e pretestuose," continuano gli
attivisti "perché le madri e i padri dei bambini 'rubati' avevano praticamente
nella totalità dei casi domicilio in Romania, un domicilio proprio o presso
parenti. In diversi casi, inoltre, le madri colpite dal terribile provvedimento
erano ospitate presso centri di accoglienza o alloggi privati, messi a
disposizione da volontari".
Il Gruppo EveryOne presenterà nei prossimi giorni un dossier alle Istituzioni
europee e all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, nonché
ad alcuni Parlamentari italiani, in cui sono esposti i vizi delle procedure, gli
innumerevoli abusi e una nutrita documentazione riguardante i casi più
emblematici. "Vi è molta ignoranza, da parte di autorità, servizi sociali,
aziende sanitarie e Istituzioni in genere," proseguono i rappresentanti di
EveryOne "riguardo alla direttiva europea sulla libera circolazione 2004/38/CE,
che permette ai cittadini romeni e così a tutti i comunitari di transitare
liberamente nel nostro Paese senza l’obbligo di permessi di soggiorno o altra
documentazione speciale. Sono altrettanto sconosciute le normative
internazionali che tutelano i diritti delle minoranze e dei bambini e,
purtroppo, vi sono molti interessi – di vario genere – legati alle procedure di
affidamento dei minori a famiglie italiane e comunità. Quello che colpisce di
più, tuttavia," concludono "è il fatto che non venga considerato il domicilio
dei genitori in Romania. Togliere i loro i figli perché si trovano in Italia
senza un luogo stabile in cui vivere corrisponde a mettere in atto le stesse
procedure nei confronti di cittadini comunitari in vacanza in Italia, magari in
una tenda o di passaggio in una città".
"In realtà," denuncia l’attivista Rom Nico Grancea, membro EveryOne, "si è
voluto costringere i Rom romeni a tornare in patria, sotto la minaccia di
perdere i loro bambini. Non a caso, nell'ultimo anno, ben 27mila cittadini Rom
romeni, fuggiti dal'Italia, sono stati accolti in Francia, Spagna, Portogallo,
Grecia e Romania. Sono Paesi che vanno lodati, perché hanno evitato una
catastrofe umanitaria. In Italia si è verificata un'espulsione di massa
camuffata da provvedimento a tutela delle famiglie".
"Il ministro Maroni" conclude il Gruppo EveryOne "si è reso conto dello
spaventoso abuso commesso e sta cercando di correre ai ripari concedendo la
cittadinanza italiana ai bambini sottratti illegittimamente. E' importante che
le Nazioni Unite intimino all'Italia di interrompere immediatamente le
sottrazioni di bambini alle famiglie Rom, le espulsioni di massa, la purga
etnica in corso, e che la Commissione UE e il Parlamento europeo formalizzino al
più presto sotto forma di una direttiva gli obblighi umanitari cui l’Italia -
come tutti i Paesi membri dell'Unione - si deve attenere".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334-8429527 – (+ 39) 331-3585406
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Ricevo da Sara
Dal
Secolo XIX
21 luglio 2008 Donata Bonometti - C’è una bambina rom di un anno e mezzo che
si è "persa" per la città. Non la trova la mamma, non la trova il suo avvocato.
Il tribunale dei minori è fermo nel negare ogni tentativo di incontro, di
avvicinamento di una madre, fin qui non colpevole di alcun reato, e soprattutto
impedisce a una bimba così piccola e che non conosce ovviamente una parola di
italiano, di rivedere un volto familiare dopo cinque mesi di separazione.
Sembrerebbe una storia alla rovescia. Chi è perennemente messo all’indice come
ladro di bambini, si trova nella condizione di chiedere che fine hanno fatto i
suoi.
La macchina della giustizia ha i suoi tempi, spesso anche rispettabili, ma
l’avvocato Enrico Bet, il cui studio legale è specializzato sul diritto della
famiglia e dei minori, e nel caso specifico è il riferimento di questa famiglia
rom-romena, si chiede con preoccupazione in che stato d’animo viva questa
piccola missing.
Ricoverata inizialmente al Gaslini, non per malattia ma per offrirle
temporaneamente un letto, in seguito potrebbe essere stata data in affido a una
famiglia, oppure mandata in una struttura.
«Certo è che per interrompere i rapporti fra genitori e figli devono essersi
consumati atti gravissimi di abbandono morale e materiale. E per quel che
riguarda la madre non mi risulta sussistano», precisa l’avvocato.
Quanto al padre, il discorso è diverso. Nell’inverno scorso l’uomo, che abita
con la moglie e la figlia e con un fratello con la sua famiglia, (quest’ultimo
persona abbastanza perbene con un lavoro regolare), in un appartamento (forse
occupato abusivamente) nei pressi di Milano, litiga con la moglie e se ne va
trascinando con sé la bambina.
Dopo qualche settimana lo intercettano mentre scende dal traghetto su una
Porsche Cayenne, la bambina sul sedile posteriore e quindici chili di cocaina.
Fa la fine che merita: in galera.
Ma anche per la bambina inizia un percorso quasi punitivo, segregante: prima in
ospedale al Gaslini, poi chissà. L’avvocato Bet racconta di aver chiesto più
volte al tribunale un incontro protetto, anche alla presenza dei carabinieri,
pur di far vedere la mamma alla piccola, per rassicurarla, per dimostrarle che
la mamma non è stata inghiottita dal nulla. Dice: «Che mai può passare nella
testolina di una bimba di quell’età se non vede la sua mamma da mesi?». Ma il
permesso gli è stato negato. Non è riuscito neppure a sapere dove la bambina è
stata accolta. Ancora dal Gaslini, da una comunità, da una famiglia?
Si dice che siano in corso delle indagini supplettive su questa famiglia che è
senza dubbio squinternata, e siccome nei vari interrogatori sono tutti caduti in
contraddizione più volte, pare ci sia il fondato sospetto che la madre in
qualche modo sapesse. Di più: che fosse complice. Che avesse acconsentito
all’uso della bambina per distrarre i finanzieri. Fondato sospetto ma fin qui
non confermato da alcuna prova, garantisce l’avvocato Bet. E per la bambina, che
non c’entra proprio niente, la punizione dell’allontanamento. «E comunque sia -
commenta Bet - fermo restando che fin qui la complicità della madre non è stata
provata, se ci mettessimo a togliere i figli a tutti coloro che spacciano, ci
sarebbero le comunità che scoppiano».
Il giudice Marina Besio conferma il fatto che la bambina è stata separata da
mesi oramai dalla madre e che non è stato concesso un incontro. Premette «Mi sto
occupando di questa bambina, tanto quanto mi occupo degli altri. E non vorrei
che si speculasse sul fatto che è una bambina rom». Insomma stessi tempi e
stessi modi.
Il magistrato precisa che le indagini supplettive non riguardano eventuali reati
commessi dalla madre, perché questa indagine non è sua competenza, ma sta
svolgendo un’inchiesta per accertare le capacità genitoriali di questa donna, le
risorse educative. Insomma sta cercando di capire se è una madre in grado di
esserlo. Successivamente deciderà se restituire o no la piccola alla sua
famiglia.
Da
Mundo_Gitano

Spagna: I Gitani rumeni si allontano dallo stereotipo
Por: JOAN M. OLEAQUE
La maggioranza lavorano, non sono nomadi, hanno figli scolarizzati e
scommettono sull'inserimento
Valencia - 14/07/2008 - Si chiama Mirela, ha 17 anni, è gitana rumena. Come
altre ragazze, segue un corso per imparare ed essere salariati. Lo fa
nella sede di Valencia della Fundación Secretariado Gitano. Veste alla maniera
occidentale, senza ori e gonne lunghe.
L'estetica gitana dell'Europa dell'Est è più eterodossa di quanto crediamo.
In parte, è legata a differenti sottogruppi di individui. Ci sono i
tradizionalisti ed i più modernizzati. I più chiusi sono poco penetrabili, rari
da inserire. I più aperti entrano ed escono dalle strutture della società
maggioritaria cercando legami.
Mirela vuole essere parte attiva del paese dove vive adesso. Non è un buon
momento, neanche per le politiche migratorie. Però con la sua attitudine, la
ragazza contraddice tutto quello che ha giudicato della sua etnia Gianfranco
Fini, presidente della Camera dei Deputati italiana. L'ex leader di Alleanza
Nazionale ha detto in pubblico che risulta impossibile fare qualcosa col popolo
rom. Secondo lui, i gitani dell'Est considerano "lecito" rubare, non
lavorare e prostituirsi. Queste tipiche accuse, oltre ad un oscuro collegamento
dei gitani rumeni con delitti e scandali, sono state brandite dal Governo di
Berlusconi per espellerli e per prendere loro le impronte - minori inclusi -.
Quello che è stato condannato dal Parlamento Europeo e che è proibito
dall'articolo 14 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e
delle Libertà Fondamentali.
Anche in Spagna sono collegati popolarmente - però non in modo politico - con
malefatte di ogni tipo. Isolamento, violenza, inciviltà, delinquenza ed
estorsioni a minori sono assunti come qualcosa di unico alla loro esistenza.
Tuttavia, Mirela, in un castigliano che ha imparato guardando la tv, prova a
resistere in modo abbastanza logico. "La mia famiglia vive del ferro, lo
raccoglie, lo vende, è un lavoro che i valenciani non vogliono fare. Io arrivai
a 14 anni, scappammo dalla Romania perché lì non avevamo niente", dice.
"Arrivammo per provare ad avere qualcosa. Non è quello che cercano tutti?" si
chiede.
La differenza è che loro, come collettivo, sono perseguitati da un forte
stigma di paria. "Tuttavia molti di loro stanno facendo sforzi reali per
integrarsi", indica José María Martínez, del Secretariado Gitano, tecnico del
programma di inserimento per il popolo rom. "Solo nella Comunità
Valenciana abbiamo mantenuti contatti con circa 400 gitani rumeni e bulgari, ed
abbiamo incontrato pochi esempi di delinquenza o di sfruttamento di minori".
"Però questi casi, quando ci sono, generano molto conflitto e finiscono
intossicando il resto". Secondo José Sánchez, responsabile dell'Impiego nella
nazione di questa organizzazione, "potrebbero esserci circa 50.000 gitani
dell'Est nel nostro paese, ed una parte importante è arrivata per restarci".
Nella provincia di Valencia la cifra comprenderebbe 3.000 individui (del resto
della Comunità Valenciana non esistono cifre certe). Secondo José María Martínez,
"predominano quelli che mostrano una buona adattabilità al sistema". "Quello che
succede è che sono diluiti e non li relazioniamo con quelli che percepiamo
essere gitani dell'Est", aggiunge.
Marius, per esempio, è uno di questi rom che ha aperto il cammino. E'
evangelico ed è da molti anni nel nostro paese. "Faccio da autista per gente che
lavora nel campo, ho i miei permessi, pago l'affitto", espone. "In Spagna non si
vive di storie, non si può: io lavoro 60 ore la settimana".
Mentre racconta, condivide il tavolo in un caffè con Vasil, un bulgaro sulla
trentina - il 20% dell'immigrazione gitana dell'Est Europa nella Comunità
Valenciana è della Bulgaria - che ha fatto ogni tipo di corsi di formazione ed
ha inviato decine di offerte di lavoro. "Ho vissuto in una cassa di cartone,
sotto il ponte, poi ho lavorato in un circo", dice. "Qui uno può aprirsi il
cammino, però con molto sacrificio", ragiona.
Forse, l'offensiva contro i gitani in Italia può presentare il trattamento
della Comunità Valenciana come una migliore possibilità. "Non credo che ne
verranno altri", spiega Marius. "Noi gitani ci siamo rivolti alla Spagna e
Valencia perché avevano immagine di accoglienza. Tanto la Romania che le
Bulgaria formano parte dell'Unione Europea. Una moratoria pone ostacoli, cioè i
loro immigrati in Spagna possano lavorare come dipendenti sino al 2009.
Nelle parole di Helena Ferrando, coordinatrice del Secretariado Gitano,
"quelli che sono da meno tempo nel nostro paese, si vedono costretti
all'economia sommersa e non a quella che li liberi". "Erano radicati nel loro
paese e pretendono esserlo qui, solo che sono nomadi per cercare lavoro",
continua. "La maggioranza parla o intende il castigliano". Quelli chiamati
pisos-patera, con tutte le polemiche collegate, sorgono quando le famiglie
senza tetto si mischiano con quanti hanno potuto avere qualcosa. "L'evacuazione
non risolve nulla", ragiona Ferrando, "i gruppi si trasferiscono, okupan
qualcosa, li si rigetta e così all'infinito". Non è raro vedere gitani di mezza
età con le mani deformate e bruciate. Sono così per aver tentato di procurarsi
luce elettrica irregolarmente (l'acqua viene presa dalle fontane). Non è raro
vedere bambini con la faccia piena di punture di insetti. Però, se possono, non
se ne vanno: un ragazzo gitano perse le braccia in un incidente in Romania. Si
trasferì con la famiglia a Valencia per cercare da vivere. Morì. I suoi
tornarono al loro paese per seppellirlo. Però ritornarono nel nostro paese per
continuare a sopravvivere. Secondo José María Martínez, "un 70% delle famiglie
rom già ha i figli scolarizzati in Spagna".
A tutti è costato molto viaggiare dalla Romania - molte volte via mafia -
alle grandi città spagnole. Di seguito, si sono ripartiti secondo aspettative
lavorative. Per conoscerle, hanno prima contattato familiari o conoscenti che
erano qui. Avilés, Oviedo, Andalucía, Murcia, Comunità Valenciana, Badalona
e Madrid sono le grandi zone della presenza gitana dell'Est. La campagna, le
costruzioni o la musica ambulante, sono, come la raccolta del ferro, mezzi di
sussistenza. Ne Las pateras del asfalto, uno dei primi saggi scritti
sugli immigrati gitani in Spagna, il suo autore, Joaquín López Bustamante -
direttore della pubblicazione Cuadernos Gitanos - indicava che la
presenza dei rom i Romania si avvicinava "ai due milioni e mezzo di
persone. Però non c'è altro paese in cui essere gitano tenga peggior valore
sociale", aggiunge.
"Qui, almeno, sperano di avere un'opportunità", dice Miguel Monsell,
dell'entità Cepaim e dell'Osservatorio Lungo Drom, un programma europeo che ha
analizzato la presenza gitana immigrante nella costa mediterranea. "La donna è
la responsabile dell'istruzione, il maggior motore per l'inserimento".
Anche l'elemosina, sola o con i bambini quando è il caso, l'uomo non la
svolge. "Sono arrivate soprattutto persone tra i 20 e i 39 anni", precisa
Monsell. "I più giovani sono quelli che hanno il migliore inserimento", espone.
"C'è un 1% con studi universitari, ed il 10% con l'equivalente della Formazione
Professionale", chiarisce.
"Questo non facilita il trovare lavoro", spiega Nadja, di vent'anni, emigrata
di recente dalla Romania perché lì non poteva sopravvivere. Ora, assieme a suo
figlio e altri nove familiari, occupa un edificio disabitato nel centro di
Valencia. Vuole frequentare un corso di servizio domestico. "Però se devo
raccogliere il ferro, non ho tempo", si lamenta. Lei e suo marito fanno diversi
km. ogni giorno. Dal sorgere del sole alla notte cercano e ricercano
nell'immondizia. Poi con un carrello di supermercato lo portano ad una fabbrica.
Lontano, sulla spiaggia, altre famiglie rumene raccolgono rottami. Sono sul
punto di essere sgomberate. Occupano una proprietà pubblica abbandonata a cui
nessuno ha mai fatto molto caso. Sinora. Vasil, 25 anni e 5 figli, ha un veicolo
e fa viaggi continui per portare il ferro ai compratori. Si paga 20 centesimi al
kg. Guadagna di solito tra i 15 e i 20 € al giorno. Chi lo conosce dice che è di
carattere socievole. Oggi non si mostra così.
Neanche un suo familiare, Ghorghe, che lavora con lui, e che, a differenza di
Vasil, non parla spagnolo. Con loro ci sono bimbi piccoli, ragazze giovani,
donne più anziane. Queste ultime sono le più imbronciate. "Alla fine non serve
integrarsi", espone Vasil. "Non abbiamo voglia di parlare, né di comunicare",
dice. "Il motivo? I giorni passano, e tutto peggiora", conclude.
Di Fabrizio (pubblicato @ 08:58:10 in casa, visitato 1968 volte)
Da
Roma_Francais
Le Télégramme Morbihan - E' stato rivelato venerdì il piano d'azione
dipartimentale per l'alloggio di persone sfavorite nella regione di Morbihani.
Il prefetto Laurent Cayrel, ritorna sulle priorità in materia d'alloggio per
l'anno a venire.
Quali sono le caratteristiche di questo piano? Il piano è stato rivisto da un
anno dal presidente del consiglio generale. Non era stato rivisto dal 1991 e mai
più adattato. Deve rispondere a tre questioni. Come alloggiare le persone
sfavorite? Come assicurare il loro mantenimento durante la residenza? Le persone
devono poter pagare il loro affitto o ancora evitare un'espulsione precoce.
E infine come si possono garantire i percorsi residenziali (fare in modo che la
gente non resti a vita negli alloggi sociali)?
Come si ripartisce il Fondo di solidarietà per l'alloggio*
(FSL)? Oggi, l'FSL è utilizzato al 60% per le persone desiderose d'accedere
all'alloggio (una cifra al ribasso con il passaggio della cauzione d' un mese
invece di due) ed al 40% per il loro mantenimento. E' gente che ha difficoltà a
pagare il suo affitto ed i loro carichi. Incontrano in particolare difficoltà a
pagare la loro fattura energetica.
Qual'è il rapporto tra la domanda e l'offerta di alloggi nel dipartimento?
Abbiamo contato da 10.000 a 11.000 domande nel 2007. Una cifra stabile in
rapporto al 2006. Di fronte a ciò, quest'anno abbiamo messo a disposizione delle
persone sfavorite 7.500 alloggi. Restano da fare degli sforzi. Il termine per
accedere ad un alloggio - ugualmente stabile - è oggi di 15 mesi nel Morbihan.
Questo piano dipartimentale ha fatto della lotta all'habitat indegno una
priorità. E' stato stabilito un gruppo di lavoro per identificare gli alloggi
insalubri. Rimetterà il suo rapporto alla fine del mese di settembre. Questo
compito non è facile poiché i finanziatori e gli inquilini non si presentano per
segnalare un alloggio insalubre. Per ora, se ci si fida ai dati nazionali, la
proporzione degli alloggi insalubri è del 10%. Ciò che ne farebbe intorno a
3.000 nel Morbihan. Una volta identificati questi alloggi, vedremo caso per caso
cosa conviene fare: può andare dal rinnovamento all'abbandono. Allora sarà
stabilito un sistema d'aiuto. E' importante dire che non si lascerà la gente per
strada.
Quali sono le altre priorità di questo piano? Abbiamo presentato una carta di
prevenzione delle espulsioni locative per l'insieme dei parchi pubblico e
privato. La firma dovrà aver luogo a settembre. D'altra parte, stiamo
revisionando lo schema d'accoglienza della gens du voyage. L'obbiettivo è di
trovare una via di sedentarizzazione progressiva.
* Il Fondo di solidarietà per l'alloggio (FSL) è
finanziato dai dipartimenti. Permette di accordare un aiuto finanziario che
faccia accedere alle persone in difficoltà ad un alloggio o di mantenersi.
Propos recueillis par Pierre Manière
Fotografie del 22/07/2008
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