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Di Fabrizio (del 30/06/2012 @ 09:20:09, in lavoro, visitato 1673 volte)

Segnalazione di Stojanovic Vojislav

PuntoCuneo Giovedì 28 giugno 2012 14:33 - Protesta in via Roma per chiedere il permesso da ambulanti per raccogliere il ferro vecchio

La protesta da via Roma al Municipio

Hanno sfilato in via Roma fino a raggiungere il Comune. A protestare sono i rom-sinti che chiedono una licenza per la raccolta del ferro, finora negata. "Non siamo cittadini di serie B - scrivono i rom - e come italiani rivendichiamo il nostro diritto di uguaglianza e libertà, ma soprattutto di vivere nella legalità. Seppur richiesta ci vediamo ancora negata la possibilità di avere una normale licenza di ambulante per esercitare l’attività di raccolta del ferro vecchio, attività che coniuga finalità ambientali con quelle dell’impresa. Purtroppo il diniego di tale riconoscimento, che è normale per ogni altro cittadino, ci viene opposto non per mancanza dei requisiti morali e professionali ma soltanto perché siamo rom-sinti (ma sempre cittadini dello Stato Italiano) e questo ci frustra moltissimo. Chiediamo all’amministrazione di Cuneo soltanto di riconoscere la nostra attività e rilasciarci una licenza di ambulante che ci permetta di esercitare legittimamente l’attività".

scritto da Roberto Bernard

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Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:22:01, in Italia, visitato 1673 volte)

Ricordavo, la segnalazione precedente, che in Mahalla si amano la favole. E se fosse un incubo?

Per anni, il Giornale è stato la mia scuola di cabaret; ma ripetere come un disco rotto lo stesso repertorio è la fine destinata anche agli attori più validi.
La situazione descritta è sempre quella, invariabile.

Occorre coraggio, occorre tirare fuori i coglioni. Ecco la mia soluzione:

Una campagna mediatica di destra-sinistra, dal Giornale a Repubblica; un patto di ferro tra comune e costruttori, per rilanciare l'occupazione; poi verranno RASI AL SUOLO tutti i campi, comunali ed irregolari; verranno abbattuti tutti gli alberi in città (e per prudenza anche i cespugli); ogni prato - giardino - spazio verde andrà eliminato, al suo posto nuove costruzioni; tolti anche gli scivoli, le altalene, le panchine; demoliti anche tutti i campetti di calcio non a pagamento; i bambini verranno parcheggiati davanti alle televisioni di qualche megastore. Abolire per decreto cani, gatti, zecche, pulci e piccioni. Se restasse uno spazio non edificato, piazzarci cubi di cemento di 1,5 m. di lato. Telecamere e dissuasori ogni 50 m.
A questo punto, negli aeroporti, stazioni e caselli autostradali in entrata, porre un grande cartello con scritto MAILAND MACHT FREI.
Ultima cosa: far pagare il biglietto agli zingari che vogliano vedere la vita sicura che vogliamo condurre. Con i proventi realizzare un documentario su MILANO COM'ERA BELLA.

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Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:13:35, in Kumpanija, visitato 2217 volte)

In Mahalla, lo ripetiamo spesso, amiamo le favole. Grazie a Giancarlo Ranaldi che ha scovato questa di un paio di anni fa. Ormai è tempo di viaggi e vacanze, ci sembra un buon modo per augurare, anche a voi, LACIO DROM

 La Repubblica

Una breve favola sull'incontro tra due culture. Ecco "Inima de Spoitor - Cuore di zingaro", cortometraggio scritto e interpretato da quindici ragazzi Rom rumeni, di età compresa tra i dieci e i sedici anni, che vivono all'ombra del Vesuvio. Diretto da Francesca Amitrano, il lavoro è stato presentato dal cast tecnico e artistico nella sala Pignatiello di Palazzo San Giacomo. Protagonisti della storia sono Petre e Alexandra, due adolescenti che si conoscono e si dichiarano nel corso di una festa. Con l'aiuto degli amici, i giovani iniziano a frequentarsi e a scoprire i luoghi caratteristici di Napoli. Sullo sfondo, la scuola, il "lavoro" ai semafori e il rischio di devianza. Non mancano gli imprevisti, ma la favola si conclude con un lieto fine. Scritto in italiano ma girato interamente in lingua romanì, il minifilm è il frutto di un laboratorio condotto per sei mesi dagli operatori dell'associazione "La Maieutica", presieduta dallo psicanalista Antonio De Filippo, ed è stato prodotto dal ministero del Lavoro e dall'assessorato comunale alle Politiche sociali. I giovani interpreti, tutti scolarizzati, abitano con le loro famiglie nell'ex scuola media Grazia Deledda di Pianura, un modello d'integrazione e inclusione sociale della comunità Rom rumena con il territorio partenopeo. (alessandro vaccaro)

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Di Fabrizio (del 28/06/2012 @ 09:56:07, in media, visitato 1668 volte)

Da Polska_Roma

Thenews.pl 20.06.2012 Ripresa la leggendaria poetessa rom per lo schermo d'argento - PR dla Zagranicy - Nick Hodge

Sono in corso le riprese di un videoracconto su Papusza, leggendaria poetessa zingara del secondo dopoguerra, respinta dalla sua comunità dopo aver raccolto le lodi dell'elite letteraria polacca.

Il veterano regista Krzysztof Krauze, che descrive il progetto come "una storia epica", ha nel cast del film alcuni attori rom dilettanti.

"Sono attori fantastici", ha detto alla radio polacca.

"Sono molto cordiali, pieni di vita e di mentalità aperta," dice entusiasta.

Aggiunge: "In questo film abbiamo cercato di trattare gli zingari come una nazione, e non solo come una fonte di colorato folclore."

Il racconto si sposta dalla nascita della poetessa nel 1910, sino alla morte di suo marito nel 1970.

Rivela Krauze: "Mostreremo i pogrom, la guerra, la stanzializzazione forzata e le minacce della polizia."

E poi: "Una simile storia sugli zingari non è mai stata raccontata prima."

Papusza (Bronislawa Wajs-Papusza) venne scoperta dallo scrittore Jerzy Ficowski, che visse tra i Rom dopo la II guerra mondiale.

Come ufficiale veterano dell'esercito clandestino polacco nella II guerra mondiale, Ficowski era a rischio di arresto da parte delle autorità comuniste, e tra il 1948 ed il 1950 viaggiò con i Rom.

Ficowski nel film viene interpretato dall'attore polacco Antoni Pawlicki, mentre il celebre poeta Julian Tuwim, che aiutò a far conoscere Papusza, da Andrzej Walden.

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Di Fabrizio (del 28/06/2012 @ 09:08:21, in Italia, visitato 1772 volte)

Segnalazione di Elvis Asti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Replica

Gentile Direttore,

voglio esprimere, da cittadina e da operatrice sociale, il mio dissenso, la tristezza e la rabbia per le forme e i modi del comunicato congiunto dei segretari provinciali del sindacato dei vigili del fuoco di Asti, (pubblicato oggi, 18 giugno, nelle pagine del Piemonte de La Stampa) sulle condizioni del campo nomadi : se è certamente condivisibile che tutti i lavoratori, in particolar modo chi svolge una funzione così preziosa come quella svolta dal corpo dei vigili del fuoco, siano messi nelle condizioni di fare bene il proprio lavoro, con tutte le precauzioni dovute alla loro sicurezza e incolumità, ancora più imprescindibile deve essere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.

Fare riferimento esplicito a “mancanza di igiene, maleducazione, violenza, intimidazione” come fossero tratti specifici di un gruppo sociale (se non etnico!) e non come naturali conseguenze di una degradante condizione socio-abitativa, rischia di rafforzare la stigmatizzazione e il pregiudizio, già purtroppo assai diffusi.

E, con tutto il rispetto, il problema principale dei campi nomadi, quello per il quale bisognerebbe davvero dibattere pubblicamente e chiedere ad alta voce misure urgenti, non è la sicurezza dei vigili o di altri operatori che occasionalmente vi operano, semmai la condizione al limite dell'umanità in cui gli stessi abitanti dei campi sono costretti a (soprav)vivere; l'immondizia, le pozze maleodoranti, i ratti e gli escrementi, citati dal comunicato, non sono solo odiose difficoltà da gestire durante un intervento esterno: sono il desolante scenario quotidiano di persone, di donne, di uomini, di anziani, di donne incinte, di bambini, di ragazzini,di neonati, di malati.

E' questa l'indecenza.

Questo è intollerabile.

Sperando che il Suo giornale possa dar voce anche ad un diverso punto di vista, nell'ambito di una dialettica democratica e costruttiva, La ringrazio e la saluto cordialmente

Elisa Stillitano

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Di Fabrizio (del 27/06/2012 @ 09:12:51, in scuola, visitato 1722 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Comunicato Stampa. Fondazione Anna Ruggiu onlus
Cagliari 24 giugno 2012


Ormai da 10 anni la Fondazione Anna Ruggiu, promuove l'elevazione culturale delle popolazioni rom presenti in Sardegna mediante l'attribuzione di borse di studio ai giovani Rom più meritevoli per rendimento scolastico, con particolare attenzione a quanti riescono ad arrivare alle scuole superiori.

L‘iniziativa muove dalla convinzione che la formazione e la cultura possano costituire un prezioso strumento di comprensione interculturale, di dialogo e di una interazione tra individui e culture rispettosa delle peculiarità di ogni cultura.

L'esperienza di questi anni dimostra che è possibile superare gli stereotipi ed i tabù che rendono difficile la convivenza tra due culture ad iniziare dai banchi della scuola.

Quando l'iniziativa della Fondazione si incontra con la disponibilità di amministratori comunali attenti, di insegnanti capaci, di assistenti sociali disponibili, è stato ed è possibile raggiungere risultati positivi.

La scelta della sede per la cerimonia di consegna delle borse di studio per il presente anno è caduta sul Comune di Monserrato, anche a testimonianza di una ormai lunga esperienza di iniziative volte a favorire l'inclusione dei rom presenti nel territorio comunale raggiungendo livelli di eccellenza nella scolarizzazione.

Tra i premiati di quest'anno, tre studenti delle scuole superiori di tre diversi campi del sud Sardegna ed una giovane rom che frequenta la Scuola media di Sinnai (vedi foto, ndr.).

La manifestazione, realizzata in collaborazione con l'Unicef di Cagliari, che parteciperà all'iniziativa con la presidente provinciale Rossella Onnis, si svolgerà presso il quartiere rom di Monserrato, nel piazzale della pace dove, proprio nei giorni scorsi, per volere dell'Amministrazione comunale, è stato inaugurato un monumento a ricordo dei rom vittime dello sterminio nazista (vedi QUI, ndr.).

Gli insegnanti dei rom premiati illustreranno il curriculum dei rispettivi allievi.

La manifestazione avrà inizio alle ore 19, nel piazzale della pace, nel quartiere rom di Monserrato, giovedì 28 giugno

Il presidente: Gianni Loy

Fondazione Anna Ruggiu Viale Sant'Ignazio n. 38. 09123 - Cagliari. Tel. 3207232122.
Gloy46@tiscali.it

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Di Fabrizio (del 27/06/2012 @ 09:12:16, in Italia, visitato 3970 volte)

Ciao Fabrizio ti invio la rassegna stampa relativa alla situazione di Tor de Cenci in questi giorni. Davide Zaccheo

Video

Piano Nomadi: Il ministro Riccardi a Tor de' Cenci. I rom: "Non ci mandate a La Barbuta" Una visita, quella di ieri pomeriggio, che appare come un segnale un forte, proprio quando il trasferimento dei 400 abitanti del campo a Ciampino sembra avvicinarsi. Il ministro: "Ho visto diversi problemi, ma anche molti aspetti positivi. Oggi ci sono tanti maestri, operatori, volontari, a testimonianza di una buona integrazione" DI L. FACONDI

La visita del ministro Andrea Riccardi al campo rom di Tor de' Cenci, avvenuta ieri pomeriggio, appare come un segnale forte. Anche se lui ci tiene a precisare subito: "Non sono il sindaco e non posso assumermi responsabilità che non sono le mie, sono venuto in quanto ministro dell'integrazione, perché ho risposto a una lettera di operatori, volontari e insegnanti". Ma in un momento delicato come questo, in cui il trasferimento dei 400 rom nel nuovo villaggio de La Barbuta sembra questione di poco tempo, il suo interessamento potrebbe complicare le cose ad Alemanno e Belviso. Anche perché dal giro fatto dal ministro salta fuori una presa di posizione molto forte degli abitanti del campo: "Vogliamo restare qui, non vogliamo andare a Ciampino".



I PROBLEMI - Il perché lo capisce subito Riccardi e lo ripete più volte: "Ho visto un buon livello di integrazione, tanti maestri, operatori, volontari, cittadini. Certo in questo campo ci sono dei problemi, ma ho constatato soprattutto aspetti positivi". Tra le criticità non si può non notare il cumulo di spazzatura che riempie l'ingresso dell'insediamento. "Non vengono a raccoglierla da due settimane - racconta Paolo Perrini di Arci solidarietà - questo fa pensare che l'amministrazione voglia arrivare all'emergenza sanitaria per motivare poi una chiusura del campo". Un campo voluto dal Comune, come spiega al ministro Valerio Tursi, anche lui di Arci solidarietà: "Ora si vuole farlo passare come "tollerato", ma su questo posto sono stati investiti dei soldi pubblici, si spenderebbe meno a riqualificarlo che a bonificare l'area".

L'INTEGRAZIONE - Il ministro ascolta e annuisce. Vuole verificare di persona e quindi parla con le due comunità presenti a Tor de' Cenci (bosniaca e macedone), fa domande, scherza con i bambini. "Come sono i rapporti tra voi?", chiede. "Sono buoni", replica Asko, rom bosniaco, e aggiunge: "Stiamo bene anche con il quartiere, ormai ci conoscono tutti, i nostri figli vanno a scuola, mia figlia fa la parrucchiera".

ROM ITALIANI - E tra la folla che segue Riccardi ci sono anche diversi ragazzi che hanno la cittadinanza italiana. Come Simone che racconta al ministro con un marcato accento romano: "Ho fatto il servizio civile, sono nato qui, parlo poco il serbo bosniaco". Sono tanti i ragazzi nati e cresciuti a Roma "che si sentono romani", ribadisce Riccardi. Ma che non vengono trattati come tali. "Nel foto segnalamento rivolto ai rom - spiega Paolo Perrini di Arci solidarietà - sono stati inseriti anche loro, sebbene avessero la cittadinanza italiana".

SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO - Non è l'unica anomalia del Piano Nomadi del Campidoglio. Ci sono i ripetuti sgomberi, condannati più volte dalle associazioni per i diritti umani, oltre che dall'Onu che lo scorso 15 marzo li aveva ritenuti "deplorevoli". Ma sulla questione il ministro non si sbilancia e evita una risposta diretta: "Non ho studiato a fondo il Piano Nomadi del sindaco", ma comunque ribadisce la strategia nazionale del Governo in materia di rom: "Puntiamo su scuola, salvaguardia della salute, lavoro e casa". Una linea che, a prima vista, prende comunque le distanze dalla politica dell'attuale giunta. Sebbene il ministro chiarisca di non avere mire nei confronti del Campidoglio. Alla domanda di Paese Sera "Pensa di candidarsi come sindaco per il 2013?", risponde senza lasciare margini per le interpretazioni: "Non l'ho fatto quando avevo barba e capelli neri, ora sono troppo vecchio. E poi mi sembra ci siano già tanti candidati". E subito dopo aggiunge: "Del resto cominciare la mia campagna elettorale in un campo rom non sarebbe stata una grande mossa". Lo sa bene chi, come la Belviso, la credibilità politica se la sta giocando proprio su questo terreno.
di Lara Facondi



La Barbuta, prime case assegnate tra le polemiche: «E' un ghetto per i rom» Polemiche sulle inferriate che circondano il primo grande villaggio del Piano Nomadi, costato 10 milioni; 5 associazioni di volontari si autosospendono: «No alla segregazione»

ROMA - Da quattro giorni arrivano alla spicciolata: non un esodo, ma un trasloco a tappe. Sono i rom che il Campidoglio ha voluto trasferire nel nuovo «villaggio attrezzato» realizzato dall'amministrazione comunale a La Barbuta. Il grande campo nomadi, destinato ad accogliere circa 650 persone, è situato tra il Gra, la ferrovia Roma-Cassino e l'aeroporto di Ciampino ed è un'area recintata e videosorvegliata. Si tratta del primo mega-campo costruito ex novo a Roma negli ultimi 7 anni. Ed è una delle 13 enclavi in cui il Comune di Roma ha previsto, nell'ambito del cosiddetto Piano Nomadi, di alloggiare tutti i rom e sinti della Capitale.

Le inferriate alle nuove case del villaggio rom a La Barbuta

TENSIONE SULLA SORVEGLIANZA - I primi rom giunti alle porte di Ciampino, lunedì mattina, si sono visti assegnare le casette. Ma la tensione è alta. Non mancano le polemiche e non piacciono quei recinti «che sanno di segregazione», come denuncia l'associazione «21 Luglio», che parla di «lutto della civiltà» per le «condizioni di vita eccessivamente restrittive per l'intera comunità». Non piace l'idea di orari di entrata e uscita dal campo che sanno di «modello casa circondariale». Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un atteggiamento «forzato» dell'amministrazione capitolina sulla questione di chi realmente accederà a La Barbuta, e promette battaglia «qualora venissero utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che sancisce le regole di vita nel campo». Con una sorveglianza-vigilanza che costerà circa 3 milioni di euro l'anno.

Sbarre all'ingresso di La Barbuta

NIENTE GIOCHI PER I BAMBINI - Sono stati spesi più di dieci milioni di euro per la costruzione di questo campo. All'interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e 32 metri quadri. Ma non c'è nessuno spazio ricreativo per bambini, con un regolamento che verrà fatto sottoscrivere ai futuri abitanti, in cui viene menzionato anche l'orario di entrata ed uscita dal villaggio. L'associazione 21 luglio, da sempre affiancata dall'Errc (European roma rights centre) lo definiscono un «vero e proprio “ghetto”», ricordando che fu chiesto a sindaco e prefetto - in una lettera del 29 maggio - di fare un passo indietro. 
«Ci hanno detto che questo campo serve per creare integrazione - racconta un ragazzo Rom di fronte all'inferriata che lo separa dal vecchio insediamento - ma a me sembra che vogliano solo costringerci in un piccolo spazio, sorvegliati e con orari da galera che vanno rispettati».

Un aereo sorvola il campo allo scalo di Ciampino (Altimari)

I VOLONTARI: «E' ANTIZIGANISMO» - L'associazione 21 luglio, insieme ad altre cinque organizzazioni di volontari, dopo l'inaugurazione de La Barbuta, ha scritto una lettera aperta e indirizzata alle realtà sociali che lavorano dentro i campi nomadi intorno alla Capitale, chiedendo l'«obiezione di coscienza». «Concordiamo con molti operatori - recita la lettera - nel definire ogni "villaggio attrezzato" della Capitale, e quindi anche l'ultimo, quello costruito a La Barbuta, un ghetto concepito dall'antiziganismo dei nostri giorni, l'ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato della istituzionalizzazione della segregazione e della discriminazione che si consuma nella nostra città». Con queste motivazioni, gli operatori hanno deciso di «auto sospendersi» dal lavoro svolto finora all'interno di tutti gli insediamenti.

Sandro Medici

X MUNICIPIO: LA POSIZIONE DI MEDICI - Da sempre a sostegno del progetto de La Barbuta, il presidente del X municipio di Roma, ora che il campo è in fase di assegnazione, esprime delle forti preoccupazioni. «Con il prefetto Pecoraro avevo raggiunto un accordo ben definito sulla destinazione di questo campo - spiega Medici - il fatto che la gestione sia passata al Comune di Roma mi crea forte preoccupazione, soprattutto se penso alla determinazione con cui si cerca di trasferire proprio qui gli abitanti del campo di Tor de Cenci».

Un campo rom abusivo ai margini di La Barbuta

LA RIVOLTA DI TOR DE CENCI - E proprio gli abitanti del campo sulla via Pontina - che mercoledì 20 giugno hanno ricevuto la visita del ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi - rifiutano di traslocare a La barbuta perché - dicono - il loro arrivo sarebbe accolto da una guerra: «Siamo bosniaci e le altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù». 
La scelta dell'amministrazione capitolina, secondo Medici, punta a «risanare una promessa elettorale fatta a suo tempo», ma è una decisione che influirà «negativamente sugli equilibri del campo». Pensiero che trova credito anche tra i Rom de La Barbuta e gli amministratori di Ciampino.

Una videocamera di sorveglianza sulle case di La Barbuta

IL TAR DA RAGIONE A CIAMPINO - Intanto il Tar del Lazio ha dato ragione al sindaco di Ciampino, Simone Lupi, garantendogli voce in capitolo nel confronto con Alemanno e il prefetto di Roma. Lupi ribadisce all'ex commissario straordinario per l'emergenza nomadi, che il Tar sancisce per i Comuni interessati il diritto di accesso agli atti, da sempre negato da parte del ministero dell'Interno. 
«Mi rendo conto che ormai probabilmente è tardi, ma se salta fuori un solo tassello posto male per la costruzione di questo campo, non mi tirerò indietro - spiega Lupi - il Tar ci ha dato ragione, avremmo dovuto partecipare al tavolo decisionale che ha predisposto La Barbuta, proprio in virtù del fatto che, malgrado sia territorio di Roma, influisce sulla città di Ciampino».

Veronica Altimari 21 giugno 2012 | 8:24

Riccardi al campo di Tor de' Cenci gli abitanti rischiano il trasferimento Il ministro per la cooperazione e l'integrazione ha visitato il campo rom alla periferia sud della città. "Ci sono problemi ma c'è integrazione con il territorio"



"In questo campo ci sono problematicità ma anche cose positive, e cioè una discreta integrazione dei rom all'interno del territorio" lo ha detto il ministro per la Cooperazione e l'Integrazione, Andrea Riccardi, visitando questa sera il campo rom di Tor de' Cenci, alla periferia sud di Roma.

Nella giornata mondiale del rifugiato Riccardi, accompagnato dal presidente di Caritas Roma, monsignor Enrico Feroci, ha visitato l'insediamento dopo la sollecitazione di alcune associazioni ed educatori, che nei giorni scorsi avevano inviato una lettera a lui, al ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri e a quello dell'Istruzione Francesco Profumo. Nella lettera, si racconta la situazione dei residenti nel campo, circa 400 persone di cui oltre 200 minori, che vivono da qualche anno "l'incubo" di essere trasferiti in un altro insediamento, lontano dalla città, "rompendo la faticosa integrazione che si era riusciti a creare in questi anni".

Incubo, sottolineano le associazioni, che sembra si debba materializzare nei prossimi giorni. Il campo rom di Tor dè Cenci è stato al centro di polemiche l'anno scorso, dopo la morte di un bambino a causa di un filo elettrico scoperto; in seguito a questo tragico incidente, il sindaco Alemanno aveva deciso il trasferimento dei rom altrove.
"Non sono il sindaco di Roma, non posso decidere, sono solo venuto per vedere e rendermi conto" ha spiegato Riccardi, che ha ricordato il piano nazionale sui rom approvato poco tempo fa dal Consiglio dei ministri.

Il ministro Riccardi visita Tor de Cenci I volontari: questo campo rom va salvato Il titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di un osteggiato trasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»

ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco, non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon livello di integrazione e questa è una ricchezza».

La visita del ministro Andrea Riccardi a Tor de' Cenci (Proto)

LA LETTERA DEI VOLONTARI - Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita perché pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi. Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».

DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400 persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e associazioni. Con una lettera aperta, Arci, Comunità di Sant'Egidio e Agesci hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo».

Bambini rom a Tor de Cenci

«BISOGNA TUTELARE I BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione». 
Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con l'incognita del prossimo anno scolastico.

Spazzatura nel campo nomadi (Proto)

UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto di scolarizzazione dell'Arci - I minori potranno continuare a frequentare le scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto negli spostamenti, con viaggi di almeno un'ora e mezza per raggiungere i vari istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono nati e cresciuti».

Federica Mancinelli, della Comunità di Sant'Egidio

LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995. Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -. Una volta c'erano un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato progressivamente abbandonato dalle istituzioni». 
Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «costruito dal Campidoglio su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».

I rom del campo di Tor de' Cenci

CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile 2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de Cenci, come da impegni assunti dalla giunta Alemanno.[…] Attraverso questo processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale, ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non autorizzati». 
«Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de' Cenci pienamente vivibile ne basterebbero 500 mila, visto che i servizi idrici ed elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».

Il ministro Andrea Riccardi ascolta una nomade (Proto)

«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione. La maggioranza degli abitanti di Tor de' Cenci ha paura del possibile confitto che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine - racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da calcio e farci rotolare da un posto all'altro».

AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA - «Qui mi conoscono tutti - confessa Serbo - lì non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non saremmo al centro di una nuova faida?». «Io non voglio lasciare questo campo - spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.

Sofia Capone e Giuseppe Cucinotta 20 giugno 2012 (modifica il 21 giugno 2012)

In città: Tor de' Cenci, Riccardi visita il campo nomadi L'incontro del ministro dell'Integrazione, accompagnato da monsignor Feroci, direttore della Caritas, con i residenti dell'area. La lettera delle associazioni che lavorano con i rom della zona di Nicolò Maria Iannello



Una visita che ha creato grande entusiasmo tra gli abitanti del campo nomadi di Tor de' Cenci, quella che ieri, il ministro della Cooperazione e dell'Integrazione, Andrea Riccardi, accompagnato da monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, ha voluto fare agli abitanti della struttura comunale a sud della Capitale, che rischiano di essere trasferiti nell'area attrezzata La Barbuta, nei pressi di Ciampino. 

Una visita per rispondere a una lettera inviata dalle associazioni che lavorano con i rom del campo al ministro dell'integrazione, dell'istruzione e degli interni, per descriverne le condizioni di degrado e lanciare l'allarme sul «trasferimento dei residenti in un altro villaggio, lontano dalla città». Un trasferimento di cui «abbiamo sentito dire che gli abitanti del villaggio “sarebbero consapevoli e consenzienti”, ma non è ciò che hanno detto a noi la maggioranza delle persone», spiegano nella lettera le associazioni. 

A raccontare la realtà del campo, dove abitano 400 persone, tra cui 200 bambini, è una delle firmatarie, Federica Mancinelli, responsabile della Scuola della Pace di Spinaceto - Tor de' Cenci della Comunità di Sant'Egidio, il doposcuola che da anni si svolge nel quartiere e accoglie bambini italiani e rom: «I residenti del campo vivono una situazione di instabilità da diversi anni, in seguito al progressivo abbandono da parte delle istituzioni». Eppure, nonostante «l'area di proprietà comunale, indicata anche nella segnaletica stradale, adesso sia considerata una realtà “tollerata”, cioè un insediamento spontaneo», nel tempo intorno agli abitanti «si è creata una rete fatta da associazioni, abitanti del quartiere e insegnanti». Con loro «si è creata un'amicizia - continua Mancinelli - e tra i bambini rom e quelli italiani che vengono alla Scuola della Pace c'è un legame forte».

In merito al trasferimento, «un incubo che sembra si debba materializzare nei prossimi giorni e che sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi» è chiara la proposta delle associazioni, soprattutto a fronte delle spese che richiederebbe lo sgombero: «Se il campo non chiudesse si potrebbe evitare lo sperpero di denaro pubblico e lo sradicamento della popolazione dai rapporti instaurati con il territorio».

Ma sono gli stessi abitanti a dire di non volere andare via da Tor de' Cenci. Come Ismett, 37 anni, residente nel'area sin da quando è stata inaugurata nel 2000: «I miei bambini sono cresciuti qui e io lavoro qui». Ed è qui che «ci troviamo bene ma vorremmo che non ci lasciassero soli, che venissero a pulire per fare crescere i nostri figli in un ambiente sano». Anche per Giuliano, 39 anni, padre di 5 figli, il trasferimento non è una soluzione. «E il motivo è semplice perché noi siamo integrati qui a Spinaceto». Ma se proprio «ci devono mandare via, a noi cosa cambia spostarci da un container all'altro? Sarebbe meglio avere una casa». E anche lui, come Ismett, chiede «un ambiente pulito, nuovi container, e la sistemazione delle fogne».

E al ministro i residenti hanno raccontato le paure legate al trasferimento, come i possibili conflitti che potrebbero insorgere con gli abitanti de La Barbuta o i problemi legati all'integrazione e all'inserimento dei bambini nelle scuole, visto che, affermano alcuni di loro, «noi ormai siamo abituati a stare qui». Con loro il ministro ha passato circa un'ora, ascoltando le loro storie e parlando con i bambini e con i ragazzi. 

A margine della visita, oltre a ringraziare gli abitanti del campo per l'accoglienza e l'ospitalità, Riccardi ha detto di essere rimasto molto colpito «dal vedere tanta gente e tanti insegnanti presenti». Poi il ministro ha anche aggiunto che «in questo campo ci sono diverse problematicità ma anche cose positive e cioè un buon livello di integrazione e che questa è una ricchezza». A fargli eco monsignor Enrico Feroci, che ha affermato di avere parlato con il sindaco Gianni Alemanno, una ventina di giorni fa, «per chiedergli di tenere il campo aperto e di ripulirlo». La sua risposta, ha concluso il direttore della Caritas, è stata che «prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».

21 giugno 2012

Italian Minister Riccardi visits the camp of Roma Tor de Cenci Foto di probabilmente Stefano Montesi. Articolo in inglese, errori e imprecisioni.

Video dal Corriere della Sera

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Di Sucar Drom (del 26/06/2012 @ 09:14:57, in blog, visitato 1662 volte)

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Di Fabrizio (del 26/06/2012 @ 09:06:36, in Kumpanija, visitato 2035 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Oggi, davanti al piccolo campo rom di Monserrato (Cagliari) è stata scoperta una statua in memoria del Porrajimos - Samudaripen, lo sterminio dei sinti e dei rom da parte del nazismo.

L'opera è di Armandino Lecca, scultore sardo.

(Altre foto su Flickr)

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Di Fabrizio (del 25/06/2012 @ 09:13:21, in Italia, visitato 1717 volte)

OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA - COMUNICATO STAMPA

Pochi giorni fa abbiamo appreso che nella nostra città il fenomeno dell'emarginazione sociale è "scomparso". A dichiararlo è il Comune nel primo documento del Piano Strategico Sociale pubblicato sul sito dell'ente. Il piano che dovrebbe portare ad una programmazione unitaria ed efficace del welfare cittadino, alla cui redazione ci sta lavorando da mesi un gruppo di cinque esperti.

Nella seconda pagina del documento redatto dagli esperti (dal titolo "Prime indicazioni per la costruzione del Piano Strategico Sociale") alla tabella utenti viene dichiarato che i destinatari dei servizi sociali che rientrano nella categoria "Emarginazione e disagio adulti" (rom, detenuti, ex detenuti, donne in difficoltà e indigenti) per gli anni 2010 e 2011 erano : 29 nel 2010 e 27 nel 2011.

Questa notizia, se fosse vera, sarebbe veramente eccezionale. La nostra città diventerebbe una sorta di "paradiso terrestre". Ma sappiamo che, purtroppo, non è così.

Nella categoria "Emarginazione e disagio adulti", della classificazione (Nomenclatore interregionale degli interventi e Servizi Sociali- NISS) adottata dal tavolo degli esperti, dovrebbero rientrare tutti i cittadini che,secondo la definizione scientifica di emarginazione sociale, hanno un reddito al di sotto della soglia di povertà, ma hanno subito pure altre deprivazioni come il vivere in un habitat non inclusivo, una bassa istruzione, difficili condizioni di salute, ecc.

Partendo da questa definizione multidimensionale dell'emarginazione sociale, le persone che, nella nostra città, negli anni 2010 e 2011, si trovavano in questa condizione (tra i rom, i detenuti, gli ex detenuti, le donne in difficoltà e tra altri soggetti), purtroppo, erano molte di più di quelle riportate nel documento. Solo nella comunità rom di cittadinanza italiana, gli emarginati residenti nei quartieri di Modena (Ciccarello palazzine e Ciccarello ex Polveriera) e di Arghillà nord negli anni 2010 e 2011 erano almeno 800 persone. Ai rom bisogna aggiungere molte altre persone che si trovavano in condizioni simili di emarginazione sociale e di disagio. I dati dell'Istat sull'esclusione sociale in Calabria in quel periodo si attestavano intorno all'8% delle famiglie. Il che significa che, orientativamente, nella città di Reggio Calabria negli anni 2010 e 2011, le persone che si sono trovate nella condizione di grave deprivazione ed emarginazione sociale sono state qualche migliaio. Il fenomeno dell'emarginazione sociale con l'avvento della crisi economica si è incrementato al punto che la Comunità Europea ha dedicato l'anno 2010 alla lotta contro l'esclusione sociale. Alla luce di tutto questo, non riusciamo a comprendere come è stato possibile che siano stati pubblicati dati tanto errati. Anche se non tutti i casi di emarginazione raggiungono i servizi sociali, è vero che le assistenti sociali comunali, nei diversi quartieri, seguono moltissimi soggetti emarginati. Ma il documento non riporta nemmeno una piccola parte dei casi trattati dai servizi sociali. Per fortuna il testo in questione non è il Piano strategico sociale definitivo, anche se è il prodotto di un tavolo di esperti che, già da circa otto mesi, lavorano per costruire la base per la programmazione futura delle politiche sociali della città. E' evidente che, nonostante le competenze e la buona volontà degli esperti, esiste il pericolo che i soggetti più deboli, quelli che sono poco rappresentati nella comunità e nello stesso Terzo settore, possano, di colpo "scomparire" dalle tabelle. Così facendo si aumenta l'intensità del loro stato di emarginazione, penalizzandoli ulteriormente. Se il piano Strategico, come è stato presentato, intende essere uno strumento di programmazione delle politiche sociali e quindi un mezzo per contrastare l'esclusione sociale è necessario raccogliere con maggiore attenzione e con metodo diverso i dati, visto che questi costituiscono le basi fondamentali con le quali redire un programma di welfare efficace. Questa nostra nota non intende essere una critica al gruppo degli esperti, ma vuole essere la segnalazione libera di un grave errore nei dati, errore che potrà essere corretto facilmente se il lavoro di redazione del programma verrà continuato consentendo, la partecipazione autentica di tutti i soggetti del Terzo Settore e di quella degli stessi utenti.

Reggio Calabria, 22 giugno 2012
Il presidente Sig. Giacomo Marino

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