Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 11/05/2014 @ 09:05:18, in Italia, visitato 2846 volte)
Sergio Bontempelli - 6 maggio 2014 su
Rom-anzi
"Non esiste una donna rom, come non esiste una donna
italiana: perché le donne sono donne, e basta... ognuna ha il suo carattere,
ognuna le sue difficoltà...". "A me fa paura sentir parlare di progetti solo per
donne rom... un giorno spero che non si vedrà questa differenza tra una donna
rom e una donna non rom... spero".
Sono le parole di Dzemila, mediatrice culturale romnì che opera a Roma. Dzemila
è stata scelta come testimonial della campagna "Per i diritti, contro la
xenofobia", promossa da Associazione 21 Luglio, Antigone, Lunaria e Associazione
Studi Giuridici Immigrazione (ne abbiamo già parlato
qui). La Campagna nasce in
occasione delle elezioni europee per "arginare" - sono parole delle associazioni
promotrici - "il rigurgito razzista e xenofobo che rischia di investire molti
paesi e orientare il discorso pubblico verso una progressiva marginalizzazione
dei diritti umani e delle libertà fondamentali".
L'iniziativa si articola, tra l'altro, in una serie di video-interviste a rom,
migranti e detenuti (le potete vedere qui). L'intervista a Dzemila occupa pochi
minuti, e vale la pena vederla dall'inizio alla fine. In poche densissime
parole, vengono rievocati i principali problemi vissuti dalle donne rom in
Italia: dalle condizioni di segregazione abitativa (i campi nomadi, gli
sgomberi, i centri di accoglienza sovraffollati e fatiscenti) alla vera e
propria marginalità nel mercato del lavoro (solo una donna rom su cinque è
occupata), fino alla discriminazione quotidiana.
Ma sono le parole riportate all'inizio che colpiscono di più: "un giorno spero
che non si vedrà questa differenza tra una donna rom e una donna non rom". E non
perché le differenze non siano una ricchezza, ma perché proprio la "diversità
culturale" (vera, più spesso presunta, troppe volte affidata a facili stereotipi
di senso comune) diventa un'arma per discriminare: "i rom sono diversi da noi,
le case non le vogliono, è bene che restino nei campi...". Se vogliamo davvero
valorizzare le "differenze" - ci dice in sostanza Dzemila - è bene partire dagli
elementi che ci accomunano: le donne sono sempre donne, siano esse "rom" o "non
rom". Buona visione, dunque.
Di Fabrizio (del 09/05/2014 @ 09:03:57, in Italia, visitato 2458 volte)
Mahalla 15.50
Stasera Angela Bosco in
chat
Angela 20.37
Buonasera a tutti...
Mahalla 20.39
Buonasera Angela, e buonasera a tutti. Se qualcuno è già online, intanto si
faccia vivo. Tra 15 minuti si da il via alle danze
Mahalla 20.52
Mentre aspettate, alcune notizie su cosa discuteremo stasera
QUA e
QUA.
A tra poco
Mahalla 21.00
Direi che ci siamo, Prima di tutto, Angela, benvenuta su Mahalla. Come va?
Angela 21.00
Benissimo grazie... E' stata una giornata caldissima e sono di buon umore.
Mahalla 21.01
Son contento: Sinta, 19 anni, candidata. Possiamo sapere qualcosa di più su di
te?
Angela 21.03
Aggiungerei FIERAMENTE sinta. Cosa dire di me? sono una ragazza come tante ma
con qualcosa da dire... con dei messaggi positivi da portare avanti... ho
studiato all'istituto professionale Datini, indirizzo alberghiero e sono, come i
giovani d'oggi, piena di sogni e di speranze.
Mahalla 21.04
E senza lavoro, se ho inteso bene. Da quel punto di vista com'è la situazione a
Prato?
Angela 21.05
Già, senza lavoro. Come migliaia di altri ragazzi della mia età. La crisi c'è e
si fa sentire. Il lavoro a Prato scarseggia. Però,dobbiamo fare qualcosa per
superare questi momenti negativi.... no? quindi, bisogna battersi in prima
linea.
Mahalla 21.06
Tu e il partito con cui sei candidata, avete delle proposte?
Angela 21.09
Io posso parlare per me... credo che oltre a rappresentare dignitosamente una
minoranza, come quella dei sinti, che merita di farsi sentire, mi batterei per
tematiche attuali e cercherei di contribuire per dare voce ai Giovani.
Mahalla 21.10
Prima hai detto: FIERAMENTE sinta; cosa significa per te quel FIERAMENTE?
Angela 21.11
Intendo dire che essere sinta per me è un onore. Il mio popolo,la mia
cultura,sono meravigliosi. Abbiamo valori e principi solidi,sani. sono fiera
d'essere sinta.
Mahalla 21.12
Questi principi e questi valori, puoi anche elencarli, possono essere condivisi
dagli altri cittadini di Prato?
#3501 21.14
Ciao sono Franco, per ora leggo.
Angela 21.14
io,come sinta sono legata alla famiglia, all'amicizia sincera, all'amore puro,
ai rapporti incondizionati da interesse personale... sono cosi come mi pongo e
le maschere le lascio ai rivenditori di accessori per carnevale.
Mahalla 21.16
Ciao Franco, se dopo vuoi intervenire, scrivi /n e poi il tuo nome, così si fa
meno confusione
Franco 21.16
Perché on SEL?
Mahalla 21.17
Quindi, Angela, perché SEL ti avrebbe chiesto di candidarti (è più o meno quello
che chiedeva Franco)
Angela 21.17
Perché rappresento una voce che non ancora non è stata espressa. semplicemente
per questo.
Franco 21.18
se sarai eletta hai già delle idee da realizzare?
Mahalla 21.19
Da sola o con quali altre forze?
Franco 21.20
Da sola è impossibile le idee si lanciano
Angela 21.20
Le idee sono tante... una su tutte è quella di far conoscere a tutti il popolo sinto... e far comprendere che la DIVERSITà equivale a RICCHEZZA PER TUTTI
Mahalla 21.22
La situazione generale dei Sinti a Prato com'è?
Franco 21.22
Era la domanda che stavo scrivendo....
Mahalla 21.23
si lavora in tandem Franco....
Angela 21.23
I Sinti hanno bisogno di ascolto,di persone che sappiano rappresentare al meglio
le loro esigenze. Le situazioni de campi nomadi sono spesso in degrado, i
Giovani hanno poche possibilità di sbocco... questi sono solo piccoli esempi...
Mahalla 21.24
Da dove si dovrebbe iniziare?
Franco 21.26
Forse a Prato la situazione lavoro per i sinti è diversa. Che lavori sono i più
diffusi?
Angela 21.26
Dall'ascolto. dalla conoscenza.
Mahalla 21.27
Vorrei capire meglio: si parte da zero o in passato qualcosa è stato fatto?
Angela 21.27
Siamo ex giostrai e oggi raccogliamo ferro per rivenderlo... ma siamo gente con
tanta determinazione e abbiamo voglia di farci valere.
Franco 21.28
Uguale a Verona
Angela 21.28
Più o meno si parte da zero. Se la situazione non è cambiata significa che se
qualcuno in passato ha fatto qualcosa è servito a poco....
Mahalla 21.29
Eppure Ernesto (Grandini) è attivo da anni. Come mai così pochi risultati?
Franco 21.29
Ci sono due mondi/modi fi fare ciò che desideri. Il mondo reale e quello
virtuale.
Angela 21.30
Esatto. Il modo virtuale è fatto da parole e pochi fatti. Non è più tempo di
parlare... è tempo di agire con cose concrete
Franco 21.31
Su quello reale hai bisogno di pratesi, su quello virtuale non è che ci si debba
fermare alle parole
Mahalla 21.32
Però, se permetti, quando stasera abbiamo provato ad entrare nel concreto (tipo
il lavoro o le proposte in merito) non ho visto proposte concrete. Vogliamo
ripartire da lì?
Franco 21.32
Il virtuale permette, se ben usato, lo scambio di idee ed esperienze
Angela 21.34
Ma sai, le proposte sono tante ma andrebbero affrontate caso per caso... Per
esempio... I campi nomadi sono spesso in degrado....perché non permettere ai
sinti di vivere nella loro cultura ma dignitosamente?
Mahalla 21.35
Cioè? In che modo?
Angela 21.35
Costruendo bagni e fosse biologiche nei campi nomadi per esempio
Franco 21.35
Potrebbero essere anche le microaree?
Angela 21.37
La cura delle microaree per le famiglia anche si...
Mahalla 21.38
(nel frattempo, chiederei se c'è qualcun altro online)
#213 21.39
si Giovanna
Mahalla 21.40
Ciao Giovanna, se vuoi intervenire, prima scrivi /n seguito dal tuo nome
Mahalla 21.41
Angela, a Reggio Emilia un'altra sinta è candidata alle elezioni comunali. Siete
in contatto? E riguardo a SEL, quanto ritieni che i tuoi ragionamenti siano
condivisi e discussi a livello regionale o nazionale?
Giova 21.42
mi associo alla domanda di Fabrizio
Angela 21.44
Noi sinti ci conosciamo più o meno tutti e credo che i bisogni siano più o meno
gli stessi. Credo che i miei ragionamenti inizieranno ad essere discussi da
ora... i tempi stanno cambiando. riguardo alla condivisione, credo che siano
talmente semplici da essere facilmente condivisi.
Angela 21.45
Ora devo lasciarvi perché il pc sta morendo...
Giova 21.45
Secondo me dovreste essere anche fortemente propositivi nel fare, nel
caratterizzarvi per iniziative
Franco 21.46
In bocca al lupo per le elezioni
Giova 21.46
Auguroni, un abbraccio
Angela 21.47
Grazie del consiglio Giovanna... davvero!
Angela 21.47
Crepi il lupo... Un abbraccio a tutti
Mahalla 21.47
Avevo altre domande, ma in effetti ti avevo chiesto solo un'ora. Il testo di
questa chiacchierata sarà online su Mahalla venerdì prossimo, e speriamo di
risentirci. Per il momento, grazie a tutti.
Giova 21.48
c'è tutto il sapere della manualita' che potreste prendere in
carico...
Giova 21.48
Grazie a voi
Di Fabrizio (del 06/05/2014 @ 09:00:42, in Italia, visitato 2307 volte)
Foto: Alessandro Imbriaco, Posted on 5 maggio 2014 di
progettosarsan
Vivere nei "campi rom", senza uno status giuridico, documenti
d'identità e possibilità di accedere ai servizi socio sanitari. La vita da
"invisibili" delle donne rom. Di Simona Hristian*
Quello che, entrando in un "campo rom", stupisce e sconcerta anche gli operatori
sociali con più esperienza è la situazione di totale "invisibilità" in cui si
trovano alcuni abitanti.
Sono persone nate e cresciute in Italia, dove hanno sempre vissuto e frequentato
la scuola, ma che sono prive di una cittadinanza e - nella maggior parte dei
casi - anche di un documento di identità. È una situazione che in Italia si
protrae da decenni e, considerando l'alto tasso di natalità in età giovanile
della popolazione rom, riguarda ormai due-tre generazioni.
Quindi non si tratta di migranti o di figli di cittadini di origine straniera
nati in Italia. Questi "cittadini senza cittadinanza" sono figli di persone nate
in Italia da genitori nati in Italia che però non li riconosce, così come non
sono riconosciuti dai nuovi stati dell'ex Jugoslavia da dove provenivano i loro
avi.
Vivono pertanto in un limbo giuridico senza la possibilità di lavorare, di avere
una casa, quindi senza una prospettiva di vita diversa da quella attuale.
I problemi maggiori, in particolare, riguardano le donne. Per loro, la vita
all'interno dei "campi", unita alla mancanza di uno status giuridico e di
documenti, si traduce nella conseguente difficoltà di accesso ai servizi
pubblici e alla ridotta disponibilità di adeguati strumenti educativi con il
rischio che i loro bambini vengano presi in custodia da parte delle istituzioni.
Si aggiungano poi la carenza di competenze genitoriali, dovuta alla giovane età
e a un ambiente sociale e familiare difficile, e la scarsa informazione sui
metodi contraccettivi che porta peraltro a complicazioni di natura ginecologica
che mettono a rischio la vita delle giovani donne.
Per venire incontro alle esigenze delle donne rom che vivono nei "campi"
autorizzati e negli insediamenti informali di Roma, le mediatrici culturali del
progetto Sar San 2.0 le incontrano regolarmente, all'interno degli stessi
"campi", per informarle, orientarle e, ove necessario,
accompagnarle verso
l'accesso ai servizi socio-sanitari del territorio. Attraverso l'organizzazione
di incontri con esperti, inoltre, viene offerto supporto e consulenza
socio-legale e alla cittadinanza soprattutto alle donne in età fertile o con
bambini molto piccoli.
Le donne, gli uomini e i bambini rom che vivono nei "campi", a Roma come
purtroppo in molte altre città italiane, continuano a vivere da "invisibili".
Allontanarsi dal "campo", anche per fare la spesa o portare i figli a scuola,
diventa un atto di coraggio: sono sempre accompagnati dalla paura di essere
fermati dalla polizia e trovati senza documenti. Per alcuni la soluzione
potrebbe essere la richiesta del riconoscimento della loro condizione di
apolidia anche se si tratta di un iter lungo e, dato che viene concessa in base
al principio di discrezionalità, come anche la cittadinanza italiana, è una
lotteria.
Alcuni potrebbero sperare di ottenere un permesso di soggiorno umanitario, ma
molti - troppi - non possono far altro che sperare che il loro paese di nascita
- l'Italia - decida di riconoscerli finalmente come cittadini.
Sarebbe non solo un atto di civiltà, ma anche di tutela per tutti i cittadini di
questo paese. In un paese che non riconosce i diritti, quindi non
responsabilizza i suoi cittadini, non si può parlare di una società sicura senza
cadere nella contraddizione e nella demagogia.
* Simona Hristian è una mediatrice culturale impegnata nel progetto Sar San 2.0
Di Fabrizio (del 24/04/2014 @ 09:04:22, in Italia, visitato 2320 volte)
(immagine da milano.blogosfere.it)
No, non avete sbagliato link, siete sempre su Mahalla. Ma andiamo con ordine:
Un mese fa ero a Sesto san Giovanni, per presentare il progetto
MAHALLA, e dato che contemporaneamente vi si svolgeva il consueto
mercatino del libro usato, avevo fatto qualche scambio. Mi era capitato in mano
L'INNSE CHE C'E' (di Bruno Casati e Renato Sacristani) e in
attesa di iniziare mi leggevo le prime pagine. Lettura interessantissima, non
solo perché negli anni '80-'90 ho avuto trascorsi nel sindacato, ma perché mi ha
fornito la chiave per rompere il ghiaccio e trovare un filo comune con i
presenti.
- Il libro inizia col capitolo Ci vorrebbe Ken Loach.
Cioè, qualcuno che sapesse costruire storie, fare politica, e
dare voce a quell'etnia negletta che si chiama "lavoratori". Io
non sono di sicuro Ken Loach, neanche Franco Rosi o Ermanno
Olmi, ma nel tempo con Mahalla ho cercato di far conoscere
musica, testi, cinema, libri su Rom e Sinti. Perché se sono in
Italia da oltre 600 anni, qualche traccia (magari pop) nella
nostra cultura devono pure averla lasciata, al di là della
perdurante desolazione delle cronache. E contemporaneamente, si
saranno contaminati, tra il mantenimento della loro identità e
una presenza storica nel nostro paese. Eppure, restano
sconosciuti o vengono descritti in maniera stereotipata.
- Poi c'è la location: Lambrate-Rubattino.
A chi non ha letto
I ROM DI RUBATTINO può sembrare strano, ma i Rom, quelli
accampati di fronte alla fabbrica, gli eterni sgomberati
conoscevano bene l'INNSE e i suoi lavoratori. Era lì che andavano a
prendere l'acqua, e quei lavoratori in lotta non gliel'hanno mai
negata. Si chiama SOLIDARIETA', e i due libri raccontano che la
solidarietà è POLITICA, ne è l'ingrediente principale. Senza,
non solo si perde, ma nel lungo periodo si rifluisce nel
privato, nell'interesse di parte. Il fatto che sui due lati di
via Rubattino fossero accampati questi cittadini, che altrimenti
non si sarebbero mai conosciuti, ci porta ad un terzo punto.
- Milano e chi comanda: ecco un altro punto
di riflessione comune, sui due lati della via Rubattino tornano
a intervalli regolari le Forze dell'Ordine e le dichiarazioni
dei vari politici, sono la presenza visibile. Proseguendo nella
lettura del libri, si chiarisce man mano il ruolo nascosto e per
niente secondario di soggetti oscuri ma determinanti della
finanza ed el ramo immobiliare. Sono gli stessa, che in maniera
ancora più nascosta, da qualche anno stanno decidendo il destino
delle aree dove sorgono i campi, comunali o informali che siano.
E poi c'è l'Expo, che nella sua perdurante confusione, sta
monopolizzando il dibattito su cosa fare di tante aree dismesse
o da dismettere, quasi un Piano del Territorio parallelo.
Questi tre punti portano a presentare la questione Rom e Sinti (almeno in una
città come Milano), al di là del folklore o del buonismo, ma come uno dei tanti
nodi per risolvere il NOSTRO e il LORO rapporto con una metropoli del XXI
secolo. Il libro prosegue con molte testimonianze, e si legge con piacere e
interesse. Opinioni a volte diverse, ma tutte ugualmente "partigiane". Una bella
storia, una volta tanto con un lieto fine.
I lavoratori vincono perché hanno coscienza e unità, i Rom no, hanno sempre
adottato strategie differenti; o le hanno adottate i loro "difensori". Ma senza
voler imporre punti di vita altrui, ritengo che una lettura sia utile anche a
quanti decidano cosa debbano fare i Rom (i Rom decidono da soli??
Sinceramente non me ne ero accorto!). Storia di una vertenza lunga,
difficile e ostinata.
Il libro lo trovate a Sesto San Giovanni in via Don Minzoni
129. Ogni mese i volumi si rinnovano: ne troverete migliaia
tra cui scegliere, per tutti i gusti e ogni età. Costo? L'offerta è libera, da 1
euro in su.
Al termine, ci sono alcune sezioni che sono da stimolo ad utili riflessioni,
a cominciare da INNSE e media. I media, riguardo ai due lati di
via Rubattino, hanno avuto un atteggiamento simile: inizialmente di indifferenza
se non di ostilità, che in seguito ha invece sposato tesi e ragioni di chi
resisteva ai due lati della strada. In tre brevi capitoli si tenta di spiegare
come mai STAVOLTA l'Innse abbia bucato il muro di gomma delle cronache.
Lo so, vi ho già tenuti attaccati allo schermo sino troppo, ma c'è un
altro capitolo che addirittura vorrei riportare per intero. Riguarda il rapporto
del mondo del lavoro con le classi intellettuali. Chiederei ai miei
amici attivisti & difensori dei diritti, di leggerselo tutto (con comodo, anche in più riprese) sostituendo ogni
volta alla parola lavoratori quella di Rom. E vedere se viene
in testa qualche idea (lungo da leggere? Sì, è lungo).
Oggi sono gli operai a salire sui tetti domani potrebbe toccare ai
docenti
di Aldo Giannuli Docente di Storia
contemporanea, Università Statale, Facoltà di Scienze Politiche, Milano
Il caso Innse, pur riguardando solo alcune decine di lavoratori, è stato un
"reagente" utilissimo per analizzare le trasformazioni subite dall'ambiente
accademico, nel trentennio che ci separa dalla fine della "grande stagione dei
movimenti" degli anni Settanta.
In quel decennio si saldò un fronte sociale molto composito - fatto di
operai, impiegati, studenti, intellettuali e fasce di lavoratori autonomi - che,
da un lato si unificava nella difesa della democrazia dall'assalto eversivo
della destra, dall'altro, trovava ragion d'essere nell'aspirazione a un modello
sociale diverso e più egualitario.
Tutti gli ambienti sociali ne furono contaminati e persino la corporazione
accademica - una delle più chiuse e gelose dei propri privilegi - subì vistose
fratture interne.
Interi gruppi disciplinari (sociologi, giuslavoristi, storici, politologi,
filosofi, italianisti, psicologi, pedagogisti) si schierarono a grande
maggioranza con i movimenti (primo fra tutti quello sindacale) fornendo il
supporto delle proprie conoscenze, sottoscrivendo appelli ed anche dando vita ad
esperienze formative come quella delle 150 ore (se ne ricorda ancora qualcuno?).
Anche se in dimensioni non maggioritarie, parteciparono anche economisti,
civilisti, penalisti, fisici, biologi, informatici. Persino a Medicina, vero
bastione della conservazione accademica, sorsero gruppi di contestazione legati
a Medicina Democratica o a Psichiatria Democratica.
E, come è facile immaginare, i più sensibili furono i docenti più giovani -
allora denominati "assistenti" o "incaricati" - che erano stai studenti sino ad
un passato abbastanza recente da essere ricordato.
Non era raro vedere loro (e persino qualche giovane "ordinario" di fresca
nomina) partecipare a cortei e assemblee, dare un volantino o gridare slogan.
E tutti a chiedere una riforma democratica dell'Università contro antichi
privilegi e steccati corporativi.
Sono passati più di trenta anni e quegli stessi giovani accademici sono
diventati ordinari.
Oggi la maggioranza di rettori, presidi, direttori di dipartimento hanno
quella età e si apprestano ormai a concludere andando in pensione.
Ma sono persone diverse, molto diverse, da quelle di trenta anni fa: la
corporazione li ha assorbiti, inquadrati, digeriti.
Oggi la corporazione accademica sono loro.
I progetti di trasformazione sociale non sembrano interessarli più di tanto,
e non da oggi.
La mia facoltà è uno dei sancta sanctorum dell'intellettualità del
Pd e l'ideologia della "sinistra liberista" (alla Giavazzi ed alla Boeri, per
intenderci) la fa da padrona.
Per molti mesi la lotta della Innse è passata semplicemente inosservata: non
se ne parlava neanche per sbaglio.
Uno dei tanti episodi di inutile protesta destinato ad essere schiacciato dal
rullo compressore del mercato.
Prendendo un caffè con un collega di economia, mi capitò di fare cenno a
quella lotta che durava ormai da mesi, ma la cosa cadde nel vuoto: "sono le
leggi del mercato: se un'azienda non produce profitto non c'è ragione che resti
in vita".
Anche io - dissi - penso che l'accanimento terapeutico per tenere in vita le
aziende decotte sia inutile e dannoso, ma facevo notare che l'Innse non era
affatto un'azienda decotta, e che la ragione della sua liquidazione non era la
mancanza di profitti, ma l'operazione speculativa sul suolo, in vista dell'Expo.
La risposta non si fece attendere: "Per le leggi del mercato un buon
affare diventa cattivo se ce n'è uno che produce guadagni maggiori. Per cui, se
vendendo suoli e macchine l'impresario ricava di più che dalla sua attività
attuale, non si vede perché debba rinunciare a quei guadagni".
Impeccabile! Non c'è più alcuna prospettiva macro economica, il mercato basta
a sé stesso e il progresso sociale ha come sua unica molla il guadagno
individuale.
Trenta anni di egemonia culturale dell'individualismo proprietario di von
Mises e von Hayek non sono passati invano: ogni traccia della cultura economica
della sinistra, non solo marxista, ma anche semplicemente keynesiana, è
semplicemente sparita e qui anche Luigi Einaudi farebbe la parte del sovversivo.
E poi le preoccupazioni sono altre: fra il 2011 ed il 2014 andranno in
pensione quasi un terzo del totale dei docenti, ma i robusti tagli della Gelmini
al finanziamento dell'Università fanno temere che i concorsi di rimpiazzo
(attesi come l'acqua nel deserto dalle torme di ricercatori ed associati ormai
ultracinquantenni, che premono per passare al livello successivo) non ci saranno
e che per molti la cattedra - o anche solo il posto di associato - resterà solo
un miraggio sino alla fine della carriera.
Detto questo, se ne dovrebbe dedurre che, non fosse altro per ragioni
corporative, ricercatori ed associati avrebbero dovuto partecipare di slancio
alla protesta studentesca dell'"Onda", un anno fa.
Nemmeno per sogno: gli studenti sono stati lasciati soli ed il loro movimento
è stato accolto con fastidio se non con ostilità.
Qualche settimana fa sono arrivate comunicazioni giudiziarie a sessanta
giovani per i fatti di quel periodo: non si riesce neanche a raccogliere le
firme di solidarietà e se ci provi, diversi colleghi ti rispondono che "Se la
sono andata a cercare".
Così come non ebbe successo un tentativo di documento di solidarietà con i
lavoratori dell'Innse, lanciato ai primi di luglio e subito abortito: ci sono
gli esami, le tesi, l'ultimo consiglio di facoltà e poi fa caldo... stiamo
andando in vacanza.
Ma caldo e vacanze c'entrano poco. La ragione vera è che nessuno crede più
all'utilità dell'azione collettiva ed, ancor più, nel conflitto sociale. Faccio
notare ad un collega che fra un anno potrebbe toccare a noi andare per tetti e
cornicioni se, come già ci avverte il Rettore, non ci saranno i soldi per
pagarci gli stipendi.
Risposta "Ma va! Per noi i soldi si troveranno in un modo o nell'altro, non
siamo mica operai!".
Già, non siamo operi e ci difendiamo con altri mezzi.
Una categoria come la nostra ha molte armi per difendersi: molti dei nostri
sono in Parlamento e sia nell'opposizione che in maggioranza.
Molti sono nei consigli d'amministrazione di banche e società o sono firme
autorevoli di quotidiani... non c'è bisogno di cortei o assemblee.
Chissà se sarà ancora vero. Forse sta per arrivare una cocente delusione per
molti.
Più sensibili si dimostrano gli studenti. Ma non tutti.
Il movimento dell'Onda è stato abbastanza partecipato qui a Milano ed ha
coinvolto non meno di sette-ottomila studenti che, però, sono solo una minoranza
- e neanche troppo estesa - degli oltre centomila iscritti ai vari atenei
milanesi.
Intere facoltà (come quelle del blocco scientifico) ne sono state interessate
solo marginalmente.
E poi tutto è durato un mese ed il movimento è scomparso lasciando pochissime
tracce di sé: alcuni collettivi di facoltà, qualche scossa d'assestamento e
qualche fiammata di ritorno ma, nel complesso, la cosa è rientrata.
Se le generazioni precedenti hanno perso la cultura dell'azione collettiva,
gli attuali ventenni non l'hanno mai avuta.
Cercano, questo è vero, di costruirsela, di porsi come soggetto collettivo,
ma siamo ancora a vagiti assai elementari e discontinui.
E questo si riflette anche nel rapporto con le lotte dei lavoratori.
Non manca la simpatia, anzi in molti casi essa è evidente, ma non si va al di
là di qualcosa di epidermico ed istintivo, nulla di chiaramente politico.
D'altra parte, questa è una generazione che guarda all'area del lavoro
dipendente fisso con un misto di simpatia, indifferenza ed invidia: bene o male
si tratta di persone che hanno un reddito garantito, mentre questi ventenni in
gran parte vedono davanti a sé lo spettro di un lungo precariato.
Ci sono gli stude3nti che non hanno un progetto di sé, avvertendo di avere
ben poche forze per realizzarlo, ragazzi anche molto intelligenti ma scoraggiati
e con poca voglia di imbarcarsi in avventure dall'esito assai incerto.
Altri che aspirano ad una collocazione lavorativa elevata, ma in termini di
tipo libero-professionale.
Pochissimi ambiscono ad un posto fisso e quasi nessuno spera di ottenerlo.
Per un'altra fascia non piccolissima è proprio la parola "lavoro" a provocare
pesanti reazioni esantematiche: una allergia invincibile che li porta a
reclamare un reddito garantito, non un lavoro garantito.
Anche l'ala politicamente più sensibile degli studenti, quelli di sinistra,
non riesce a tradurre il grido che li ha accomunati in autunno "Noi la crisi non
la paghiamo" in qualcosa di più di un semplice slogan.
I giovani che fanno riferimento al Pd e dintorni sono parte della cultura
liberista, anche se con frequenti mal di pancia, e preferiscono recitare la
parte dei "propositivi" poco inclini alla protesta, ma si limitano a battaglie
assai circoscritte e di nessun impatto esterno all'università.
I giovani dei collettivi di area radicale, prossimi ai centri sociali e in
diversi casi iscritti a Rifondazione o al PdCI manifestano simpatia e si
spingono anche ad affiancare la lotta dei lavoratori dell'Innse, partecipando
anche alle loro manifestazioni.
Sperano che essa sia il preannuncio di una ondata generalizzata di conflitti
nel mondo del lavoro nella quale vorrebbero inserirsi anche se non sanno bene
come.
Nel loro atteggiamento c'è più generosità che progetto politico.
Il collante si limita ad un generico antigovernativismo, ma stenta a darsi un
insieme coerente di obiettivi comuni.
D'altra parte, una riflessione anche non molto approfondita, porta facilmente
a concludere che la difesa e il rilancio dell'occupazione va in senso diverso da
quella del "salario di cittadinanza" che li affascina (e che peraltro attrae
anche settori di sindacato): le risorse non sono infinite ed una cosa esclude
l'altra.
Piuttosto confusamente, i ragazzi dell'area radicale avvertono l'esigenza di
un blocco sociale che comprenda il lavoro dipendente, quello precario e gli
immigrati, ma non sanno esattamente come metterlo insieme, come organizzarlo,
come esprimerlo politicamente e non trovano interlocuzioni politiche idonee, per
cui la lotta dell'Innse assume, più che altro, un valore simbolico.
Quel che li colpisce di più è l'assunzione, da parte di questi lavoratori, di
forme di lotta e di espressione di tipo nuovo.
Il collettivo degli operai dell'Innse promuove un profilo su Facebook, vera
icona di culto dei ragazzi che, infatti, guardano alla cosa con interesse.
fa discutere la forma di lotta di salire sulle gru, minacciando di buttarsi
di sotto, ad alcuni piace al punto di farla propria (lo faranno i collettivi ex
Onda della sapienza a Roma), altri la trovano un po' autolesionistica e magari
preferirebbero i "sequestri" dei dirigenti come in Francia.
Tutti, però, la valutano per l'impatto mediatico: i giovani dei centri
sociali ed affini sono molto sensibili alle nuove forme di comunicazione su cui
discutono spesso.
Dunque, la Innse è vista un po' come la prova provata che, ancora oggi, la
"lotta paga" ed un po' come l'avvisaglia di una ondata di lotte nuova anche per
le forme espressive e di lotta.
Ma tutto è avvolto in una persistente nebbia: l'assenza di un progetto
politico unificante, di una strategia capace di combinare gli interessi di un
vasto blocco sociale, persino di un comune immaginario che motivi alla lotta, si
avverte con sempre maggiore nettezza.
Il caso Innse è un segnale importantissimo, ma la strada da fare per
ricostruire un senso comune di appartenenza, una cultura politica alternativa a
quella del potere è ancora lunga.
#mediazioneculturale #milano #lavoro #Innse
Di Fabrizio (del 20/04/2014 @ 09:00:19, in Italia, visitato 2693 volte)
A Prato una sinti è candidata alla elezioni comunali nella lista di
Sinistra Ecologia e Libertà, la notizia è di
settimana scorsa. Quasi contemporaneamente, Nazzareno
Guarnieri, presidente della
Fondazione Romanì, lancia questa notizia:
Una ragazza rom di 24 anni, studente universitaria alla facoltà di Farmacia e
componente di una equipe di ricerca sulle cellule staminali, è candidata per
l'elezione del consiglio comunale di Pescara del prossimo 25 Maggio 2014, nella
lista di forza Italia.
Su Facebook ne è nato uno scambio di opinioni, molto interessante e civile
nei toni:
Idea Rom Palermo Peccato per il partito...
Ciny Antonio Ciniero pessimo partito
Ciny Antonio Ciniero chiunque decida di candidarsi in forza italia è chiaramente
libero di farlo, è un suo problema quello di voler condividere un percorso
politico all’interno di un partito che ha portato avanti politiche di natura a
dir poco persecutoria, razzista e xenofoba, l’elenco delle leggi e degli atti
discriminatori, fatto sia a livello nazionale che comunale (e non solo contro i
cittadini rom), è così lungo e di dominio pubblico che lo risparmio ... in secondo
luogo, se qualcuno si candida in forza italia, o in qualunque altro partito, è
in primo luogo un candidato che esprime la linea politica di quel partito e,
presumo, che per tale motivo verrà votato o meno. Se un cittadino rom si candida
per forza italia è per me, in primo luogo, un candidato di forza italia. Non
dimentichiamoci che quando forza italia ha portato in parlamento Souad Sbai
quest’ultima ha coerentemente portato avanti politiche razziste, non è che la
sua origine marocchina le ha impedito di portare avanti e sostenere leggi
discriminatorie! Non mi risulta che si sia battuta contro il decreto sicurezza o
contro la fantomatica “emergenza nomai” dichiarata dal suo collega Maroni o
sbaglio?
Sergio Franzese Quanto allo schieramento politico la scelta è pessima
Nazzareno Guarnieri Cosa dovrebbe fare una persona rom che vuole partecipare
attivamente alla vita politica italiana, visto che la scelta centro destra è una
scelta sbagliata, il centro sinistra non candida persone rom (spesso neppure ci
parla con i rom). E' un bel enigma.
Frank Gutenlicht Ci sono scelte criticabili, e poi ci sono scelte proprio
sbagliate (che tu sia rom oppure no): forse la ragazza non è informata a
sufficienza su chi sia Berlusconi e su cosa abbia fatto al Paese in quasi
vent'anni.
Critiche possiamo farne a tutti i partiti, perché nessuno di essi è perfetto,
ladri e corrotti ce n'è un po' ovunque e politiche sbagliate sono state fatte a
DX come a SX; poi però ci sono i casi particolari, quelli che spiccano in mezzo
agli altri per aver raggiunto vette (negative) a cui pochi sono arrivati.
Annalisa Tinozzi ah, così il bellissimo centro-destra pescarese può rifarsi la
faccia dopo l'ignobile figura dei manifesti "fuori i rom e i delinquenti dalle
case popolari". Complimenti. Concordo con Ciny Antonio Ciniero. E aggiungo: ma
la comunità rom vuole votarla perché è rom e non perché appoggia un progetto
politico? Ci sono molti modi più seri di "partecipare attivamente alla vita
politica italiana". Non c'è molto di "attivo" in una candidatura. Ti mettono in
una lista, qualcuno ti vota, se vinci vai lì a fare quello che vuole il partito
(o qualsiasi cosa rappresentino oggi i partiti). Il più delle volte non vinci ma
vieni utilizzato per raccogliere voti per qualcun altro. E questa candidatura,
soprattutto se lei spingerà sul fatto che è una rom, servirà a qualcun altro per
fare una bella figura, per dare un'immagine al partito. Ci sono modi più seri di
una candidatura, per fare politica attiva... Io per esempio credo che la
fondazione romanì sia un modo serio di far politica. In questo paese abbiamo
visto anche africani nella lega nord... Questa storia mi fa pensare alle
industrie che inquinano e poi fanno micro progetti pseudo-ambientali per
"pareggiare il bilancio ambientale". Ma intanto ti hanno avvelenato per anni.
Sergio Franzese dopo aver letto gli altri commenti mi sono fatto l'idea che
questa ragazza rischia di assumere il ruolo dell'utile idiota in seno ad un
partito che sicuramente non mette al primo posto il benessere né del popolo
italiano né delle minoranze ma solo gli intrallazzi di politici corrotti e
spesso collusi con la malavita. Berlusconi, Dell'Utri, Cosentino e molti altri
nelle loro file docent...
Daniele Guarnieri Criticate la scelta di forza italia?gli altri sono migliori?i
piu puliti hanno la ROGNA!io rispetto la sua scelta e rispetto la persona a
prescindere da che colore ha!
Frank Gutenlicht Daniele, come ho detto sopra, critiche se ne possono muovere a
tutti i partiti; ma Berlusconi è Berlusconi.
La sua scelta la rispettiamo tutti, io personalmente spero che la ragazza ci
rifletta un altro po' e magari si documenti meglio su Berlusconi.
(se si fosse iscritta alla Lega, saresti stato altrettanto indulgente?)
Daniele Guarnieri Sono abbastanza documentato su quasi tutto anke su berlusconi
! QUINDI !non mi sembra ke gli'altri siano migliori!lei conosce partiti puliti?
11 aprile alle ore 21.27 · Mi piace
Elisabetta Vivaldi Complimenti per la candidatura ma il partito politico scelto
non e'di mia preferenza a causa di come ha trattato-tratta i Rom (con
particolare riferimento agli eventi e rassegne stampa contenenti le
dichiarazioni di Berlusconi del 2008). Fino ai giorni nostri comunque non ho
visto/letto di nessuna azione pro-Rom da parte degli esponenti/leader di questo
partito, al contrario dichiarazioni troppo spesso preoccupanti. Auguro comunque
alla candidata tutto il meglio e spero che venga trattata con rispetto massimo
come donna ma soprattutto come Romni soprattutto per le responsabilità che le
stanno per assegnarle.
Daniele Guarnieri GRANDE ELISABETTA!
Letizia De Torre Bellissimo !
Karin Faistnauer non mi sembra che la sinistra si fosse comportato meglio...
Karin Faistnauer complimenti alla ragazza per i suoi studi !!!
Nazzareno Guarnieri Ringrazio tutti per le riflessioni e manifesto il mio
rispetto per le idee di tutti.
Conoscendo bene la realtà abruzzese e la volontà politica delle diverse
organizzazioni politiche abruzzesi verso la comunità rom, credo che la ragazza
rom abbia fatto bene a candidarsi al consiglio comunale.
Personalmente spero, non solo che sia eletta, ma in particolare che sia uno
stimolo per la comunità rom pescarese per partecipare alle votazioni con
consapevolezza e ANDARE A VOTARE, invece di VENDERSI il voto a politicanti, come
accade da molto tempo anche in Abruzzo.
Elisabetta Vivaldi Purtroppo la vendita del voto è una pratica piuttosto comune
non solo tra i rom ma tra molte alte persone, dato che trova fondamento in una
serie di promesse anti-etiche e bugiarde fatta dai politici di turno che
vogliono accaparrarsi voti. La cosa più triste è pero' che una persona seppur
valida porta i voti di una intera comunità ed è per me difficile pensare al
fatto che una comunità voti per esponenti di una linea partitica che hanno
espressamente manifestato sentimenti anti-Rom (come dimostrato dalle rassegne
stampa). Personalmente avendo esperienza col lavoro politico parlamentare
l'unica cosa che temo è che la ragazza, della quale non conosco il nome, possa
essere messa in difficoltà, davanti a scelte difficili specie riguardo al popolo
rom al quale appartiene e per questo che le auguro fortuna e soprattutto serenità
e oculatezza.
Frank Gutenlicht Daniele Guarnieri partiti completamente puliti NON ce ne sono.
Infatti non era quello il punto, il punto era: per quanto sporchi siano tutti
gli altri, Berlusconi è PEGGIO.
Juana Azurduy Nazzareno, è importante non farsi strumentalizzare. Credo che,
come candidata, debba chiedere al partito di includere nel programma le istanze
per cui ci si batte da anni. Dubito che FI accenni in campagna elettorale alle
politiche di integrazione, quindi è propaganda. Chau, julia
Sabahudin Berisa Dopo tutti i comenti che ho leto ma vi rendete conto che una
grande idea e dobiamo sostenere i giovani eincoragiarli che siano piu ativi e
eficienti per il semplice fato che siamo una popolazione romani che sapiamo
benisimo . In quanto alla ragaza le auguro tante riuiscite in politica .
Vanessa Cirillo Cari amici,conoscenti,simpatizzanti o semplicemente lettori
curiosi,con piacere tengo ad informarvi che quest'anno abbiamo duramente
lavorato in varie città italiane ad una campagna di sensibilizzazione alla
partecipazione attiva delle comunità romanì all'esercizio del diritto di voto e
all'attività politica come servizio alla collettività. In alcune città e alcune
comunità come quella abruzzese si sono create le condizioni per sperimentare in
prima persona un impegno più concreto, un oppurtunità esperenziale, formativa e
partecipativa. I candidati che hanno scelto questo percorso sono persone
consapevoli e dotate di senso critico. Inoltre approfitto dell'occasione per
fare una piccola considerazione su una concezione "gagè-associativa pseudo
antagonista" secondo la quale le minoranze si dovrebbero riconoscere e quindi
sostenere chi TEORICAMENTE per statuto,principio o propaganda si fà promotore di
dirittti e uguaglianza: 1)La partecipazione ,l'inclusione e la vera
emancipazione delle comunità romanì NON ESISTE IN NESSUNA AGENDA POLITICA anche
perchè se esistesse toglierebbe la possibilità di lucrarci sopra sia in termini
economici che elettorali. 2) Nelle comunità romanì come in tutti gli altri
gruppi umani NON ESISTE UN'UNICA VISIONE MONOLITICA DELLA SOCIETA' E DELLA
STORIA per tanto come in qualsiasi gruppo sociale le persone hanno diritto di
scegliere chi votare o chi appoggiare. 3) In questo momento in Italia ci sono
persone rom candidate in schieramenti diversi! RISPETTO PER TUTTI E APPOGGIO
INCONDIZIONATO ALLA PARTECIPAZIONE
Giovanni Picker il mio lavoro di ricerca ha mostrato come in Italia negli ultimi
40 anni l’esclusione dei rom sia stata promossa attraverso la combinazione di
ideologie e dottrine appartenenti sia a partiti liberal-conservatori sia a
quelli liberal-progressisti. A fare da sfondo all’azione politica c’è stata una
società civile il cui primario interesse è stato cercare in tutti i modi di far
adeguare i rom alle proprie norme, aspettative, e idee sociali, morali,
politiche. Con precise differenze tra diversi gruppi, la società civile si è
mossa in maniera generalmente paternalistica, a volte riconoscendolo, ma quasi
mai impegnandosi in un’autocritica aperta e onesta, condizione necessaria per
cambiare radicalmente approccio. In certa misura, molti dei commenti che ho
letto continuano su questa linea paternalistica, perpetuando, spesso
probabilmente senza saperlo, logiche di potere radicate in secoli di
stigmatizzazione e inferiorizzazione dei rom. E il fatto che la candidata sia
appunto una candidata (donna) rende questo scambio di idee ancora più
interessante, visto che, tra i rom, le donne si sono più spesso trovate
oggettificate, razzializzate, e insomma inferiorizzate dai/dalle gagi/e. Credo
rimanga ancora da fare un grande lavoro di cambiamento, ma chi, per primo, deve
cambiare, non credo siano i rom.
Frank Gutenlicht Le donne rom "oggettificate" e "inferiorizzate" DAI GAGI?
Non so che ricerca tu abbia fatto, Giovanni Picker, ma io nei campi ho visto ben
altro.
Giovanni Picker Frank Gutenlicht. dalla carmen di Bizet a 'gypsy blood' di
Lubitsch, fino ai luoghi comuni dell’immaginario pescarese contemporaneo (dove
ho fatto una parte della mia ricerca), le donne rom sono state razzializzate e
oggettificate con un’eco più vasta rispetto agli uomini. Questa
inferiorizzazione è stata spesso operata attraverso un'estrema idealizzazione,
pensando al corpo femminile rom come emblema ultimo di molte delle
caratteristiche rom acettate, e anzi desiderate , dai gagi, come la musica
(danza, abiti esotici, ecc), la sensualità, ecc. ma anche attraverso la
costruzione di miti direttamente inferiorizzanti come 'la zingara rapitrice'.
L'ambivalenza idealizzazione/esclusione è costitutiva delle dinamiche di
esclusione razzializzata dei rom (e di tutte le minoranze iperculturizzate o
iperfolklorizzate). Nei campi non succede questo, ma io mi riferivo a come i
gagi, che nei campi non è che ci abitino in molti, vedono i rom...
Juana Azurduy É una questione annosa, questa, che ho da sempre
discusso: vedo sempre una strumentalizzazione proprio per relativismo. Accadde
anche sul tema immigrazione quando l'estrema sinistra candidò cittadini
immigrati naturalizzati ma, di fatto, non ne accolse le istanze e i CPT (oggi
CIE) non furono mai messi in discussione. La mia è una convinzione più che altro
libertaria: inutile concepire una lotta partitica ma rendersi militante e penso
che in questo la Fondazione stia facendo un ottimo lavoro. Per il resto, mi
dispiace non poterne discutere di persona, qui su FB è difficile farlo, ne
verrebbe un discorso limitato alle proprie convinzioni e, visto il tema, sarebbe
un peccato.
Frank Gutenlicht Giovanni, hai dimenticato Esmeralda de il Gobbo di Notre Dame,
la zingara di Cloris Brosca ("la luuuuna neeera") e la canzone "Gitana" di
Shakira.... ah, e le danzatrici gitane coi vestiti tutti colorati verso la fine
di Train de Vie.
Ti concedo l'osservazione sull'archetipo della "zingara rapitrice", ma tutti
gli altri esempi... sono veramente questi i problemi delle donne rom? Sono
veramente queste le rappresentazioni di cui preoccuparsi?
Annalisa Tinozzi soprattutto... il maschilismo ed il paternalismo di un certo
tipo di maschio italiano (un certo tipo di maschio italiano sia gagio che rom)
colpiscono solo le donne rom? Che l'oggettivazione e la razzializzazione siano
state maggiori nei confronti delle donne è frutto del sessismo, una sottocultura
di cui non sono vittime solo le donne rom. Interessante sarebbe completare la
ricerca studiando come i maschi gagi vedono noi donne "gagie" (si dice così..?),
come i maschi rom vedono le donne gagie e come i maschi rom vedono le donne rom.
Un generale problema di oggettivazione e riduzione a stereotipi che, purtroppo,
colpisce tutte le donne. Ma anche in questo mi sembra che FI sia la forza
politica che maggiori danni culturali ha prodotto negli ultimi decenni, puntando
su un'immagine della donna incasellata in due rigidi ruoli che si rifanno alla
più becera tradizione del maschilismo italiano: la donna sensuale, provocante,
molto bella e che costruisce il proprio successo sull'avvenenza fisica o,
all'opposto, la donna madre, bigotta e reazionaria, difensora della "famiglia"
tradizionale e ferma oppositrice di qualsiasi unione diversa dalla "norma". Ma
noi donne (tutte, non solo le "rapitrici" rom!) non siamo solo questo. Non
rispondetemi che in FI ci sono anche donne diverse da questi stereotipi, lo so e
non ho detto questo. Ho parlato di "(sotto)cultura" su cui il partito ha
costruito il proprio successo (eh si, a molti italiani è piaciuta). Berlusconi
non offese la Bindi per le sue idee politiche ma per l'aspetto fisico... e non
offese la Merkel per la sua politica ma perché era una "culona inchiavabile". In
realtà quel che voleva offendere era un modello di donna che non esiste solo in
quanto in relazione ad un maschio (la "bella" del maschio o l'angelo del
focolare) ma esiste autonomamente, non è assoggettata al potere del maschio
(Silvio o chi per lui) ma ha un suo proprio potere, un cervello che usa (bene o
male...) in piena autonomia. Che all'interno della comunità rom, come
all'interno di tutta la società, esistano e debbano esistere vari modi di vedere
il mondo lo so! Dico che questa scelta mi dispiace ma è solo una mia idea... lo
direi a chiunque, anche ad una "gaggia" come me... Non sono una "curiosa" di
questo account, sono una pescarese che è rimasta molto offesa ed addolorata dai
manifesti fatti dal pdl (Sospiri... che ora si ricandida proprio con Forza
Italia), quei manifesti enormi che dicevano "Fuori i rom e i delinquenti dalle
case popolari"... perciò alla notizia di questa candidatura sono rimasta
sorpresa... Non si offenda nessuno, ad un'amica "gaggia" avrei detto le stesse
cose!
Ma non finisce qui, perché il dibattito, sempre aspro ma rispettoso, continua altrove
Betty Michelini Per Nazzareno Guarnieri, che mi sembrava
perplesso sui commenti a proposito della rom candidata da forza italia...
Nazzareno Guarnieri Potrei rispondere con immagini di altre
organizzazioni politiche che utilizzano il razzismo contro i rom per cercare il
consenso, ma evito di farlo perchè chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Nazzareno Guarnieri Se oggi nelle istituzioni politiche
nazionali la presenza di persone rom è ZERO la responsabilità è di tutte le
organizzazioni politiche, nessuno escluso, e per rispetto alla nostra
intelligenza non raccontateci la favola che siamo divisi. Le politiche
segreganti e/o razziste e/o discriminatorie verso le persone della minoranza
romanì le adottano tutte le coalizioni politiche, nessuno escluso. Nelle
settimane scorse mi hanno offerto la candidatura alle elezioni europee alla
circoscrizione sud ed ho rifiutato perchè ritengo che in questo momento della
mia vita è più utile il mio impegno a tempo pieno nella Fondazione romanì
Italia.
Fabrizio Casavola Non mi dispiace se ci sono candidature spalmate sulle liste +
diverse, è un modo per rivendicare cittadinanza e partecipazione al di là
dell'etnia. Però, a Pescara qualche conto col recente passato si dovrebbe fare
Anche gli altri hanno le loro colpe? Può essere, ma non è una giustificazione x
svicolare dal punto FI (o PDL che sia)
L'angolo del cretino
Betty Michelini Nazzareno Guarnieri, ovviamente ognuno si candida dove ritiene o
sente più affinità. Personalmente, però, mi colpisce che ci si candidi per quei
partiti che hanno utilizzato il razzismo contro i rom e i sinti per farsi
propaganda e solleticare i peggiori istinti e ricompattare le proprie file.
Oltre che, naturalmente, aver fatto parte di un governo che ha emanato il
pacchetto sicurezza e le leggi sulle emergenze rom...
Nazzareno Guarnieri Ciao Fabrizio è un gran piacere sentirti. Hai ragione ha
pescara noi rom abbiamo diversi conti aperti con il passato e spero tanto al più
presto di poterlo risolvere. Fino a qualche anno fa ero solo a proporre,
stimolare, denunciare, oggi ci sono altri rom che hanno preso consapevolezza e
prendono iniziative. La ragazza rom è candidata a Pescara con FI, un ragazzo rom
quasi certamente sarà candidato nel comune di Montesilvano, un'altro giovane rom
in un comune della provincia di Teramo.
Nazzareno Guarnieri Caro fabrizio attenzione ... i conti non dobbiamo farlo solo
con il coordinatore provinciale di PDL (FI) ma anche con altri partiti che
durante i gravissimi fatti di due anni fa sono stati molto bravi a stare in
silenzio anche a fronte di nostra richiesta hanno evitato di esprimere
pubblicamente solidarietà.
Fabrizio Casavola Certo che sto attento, caro Nazzareno, e per non cadere nel
solito minestrone evito il ragionamento "sì, ma anche gli altri..." E' una
questione che sarebbe utile dipanare sia per i rom che per i gagé: come ho
scritto sopra non entro nel merito delle scelte personali e politiche le + varie
(anzi lo giudico un valore aggiunto). Il punto è che FI (piaccia o meno) ha
assunto, anche di recente, posizioni e decisioni quanto meno contestabili (anche
da parte tua, se ben ricordo). Il cambiamento (come vedi, sto argomentando dal
lato gagio, ognuno abbia la sua autonomia) non è una candidatura di bandiera (a
proposito, si potrebbe sapere il nome della candidata?), ma una riflessione,
pubblica e possibilmente comune, autocritica e che spieghi dove si vuole andare
e con chi. Altrimenti, la ragazza probabilmente non beccherà il quorum (non ce
la fecesti neanche tu, che eri + strumentato) e voi rimarrete fregati da un
ennesimo giro di valzer.
Anch'io ho piacere di sentirti, comunque.
Nazzareno Guarnieri Caro Fabrizio conosci la mia determinazione per la causa
romanì ed il mio totale disinteresse per fini personali. La mia critica contro
il pdl di pescara è stata forte, pubblica (al contrario di qualche partito che
si pone come paladino degli esclusi) e concreta con una denuncia al tribunale di
Pescara che abbiamo vinto. Fin dall'inizio ho detto che rispetto la scelta di
una persona rom (e non) che decide di fare politica anche perchè da alcuni mesi
stiamo facendo un gran lavoro con la Fondazione con la campagna di
sensibilizzazione politica PoLITEIA ROMANI per le comunità romanès e per i
partiti politici in 8 regioni del centro/sud, ed abbiamo sempre detto ai rom di
andare a votare ed ai partiti politici di candidare ed eleggere persone rom. La
partecipazione dei rom nelle istituzioni politiche nazionali e locali è quasi
ZERO e se riusciamo ad avere persone rom in entrambi gli schieramenti politici è
un gran bene per le comunità romanès. Ho molti motivi per credere che non si
tratta di una candidatura di bandiera perchè nella campagna elettorale è
abbinata ad un candidato uomo che ha un ottimo consenso. Devo rendere pubblico
il nome? giovedi prossimo la sua candidatura sarà presentata da un senatore di
FI e considerato che a te non posso dire no Ho promesso alla ragazza di non
rivelare il nome fino alla presentazione, ma a te non posso dire no, si tratta
di Amelia Guarnieri di 24 anni di Pescara.
Fabrizio Casavola Chiedevo il nome della candidata per iniziare a fare chiarezza
su una notizia che può essere contorta, e le reazioni che hai raccolto ne sono
una prova; non ti chiedevo di venir meno ad una promessa.
Specifichiamo un'altra cosa: non si parla di te o di me e di cosa si è fatto:
niente di personale, vorrei che questo scambio riguardasse invece le strategie
che si adottano (anche perché la strategia è un argomento che, questo sì
"personalmente", ti ha sempre attizzato).
Perché mi focalizzo su FI e non su altri? Perché:
1. è lì la candidatura;
2. il discorso (per me) non verte sulle posizioni politiche della candidata, e
neanche sul seguito che lei possa avere nella sua comunità, ma sul partito che
la candida.
Quello è il punto, e trattandosi di un partito, il discorso coinvolge tanto la
società maggioritaria che voi.
La mia tesi, è che se non si vuole che questa non sia una candidatura di
bandiera, un simile partito deve spiegare pubblicamente le ragioni di questo
accordo (a sinistra, che sono fin troppo bravi in questo, la chiamerebbero
autocritica), e ovviamente deve farlo anche la candidata stessa.
Altrimenti, esistono (+ che in altri partiti, credo che me lo concederai) in FI
delle contraddizioni che prima o poi emergeranno e, ripeto, potrebbero
riportarvi al punto di partenza del 2012.
Quindi, ragionando il + laicamente possibile, non si tratta di lanciare anatemi
contro questo o contro quello, ma di capire se e come la candidatura sia utile
oppure una trappola.
Nazzareno Guarnieri La scelta e stata della ragazza alla quale ho chiesto di
scrivere delle lettere aperte che renderemo pubbliche con i nostri canali. La
candidatura è voluta e sostenuta da un senatore. Le possibilità di essere eletta
sono molto alte a mio giudizio, ma credo che ogni elezione è un enigma.
A questo punto, finalmente la presentazione ufficiale con relativo
comunicato:
Gent.ima Fondazione romanì Italia sono Amelia Guarnieri, 24 anni di Pescara,
giovane ragazza rom e studente alla Facoltà di Farmacia dell'Università di
Chieti.
Il 28 Gennaio 2014 ho partecipato a Pescara alla Vostra presentazione della
Campagna di sensibilizzazione politica Politeia romanì. Sono rimasta colpita
dalla numerosa presenza di persone della mia comunità rom e dai politici
presenti, ma in particolare dal Vs. impegno e proposte verso la comunità rom,
che conoscevo, ma non immaginavo fosse tanto determinato e ricco di motivazioni
necessarie per la nostra comunità.
Durante la presentazione della campagna avete invitato sia la comunità rom a
partecipare alle elezioni, sia i partiti politici a candidare/eleggere persone
rom.
Lo scetticismo nei confronti della politica e delle Istituzioni è sempre stato
presente nella comunità rom, oggi ha raggiunto livelli esorbitanti. Questo
sentimento di “sfiducia”, ovviamente, nasce sulla base di ragioni fondate: lo
scenario ambientale, sociale e culturale in cui la comunità rom vive, è sempre
più caratterizzato da situazioni in cui gli individui non hanno sufficienti
riferimenti e sono come tagliati fuori, sganciati dal tessuto sociale, e di
conseguenza emarginati, esclusi dalla possibilità di profondi cambiamenti che
bisognerebbe promuovere al fine di non precludere il soddisfacimento dei bisogni
dei cittadini rom e la piena applicazione dei diritti e dei doveri.
Il clima fortemente sovversivo, discriminante, i soprusi, gli abusi di potere e
la violenza verbale e non, che subisce il popolo rom, non sono esagerazioni
concettuali, concezioni da demistificare, ma un’ovvietà, realtà lapalissiane che
trapelano in maniera inequivocabile.
Un luogo comune che dovrebbe essere superato è quello secondo il quale la
comunità rom non voglia e non intenda integrarsi; io e tanti altri come me
potremmo essere l’esempio lampante che “qualcosa di positivo” siamo in grado di
farlo anche noi, eppure non siamo valorizzati, perché additati lo stesso a
priori.
Per eliminare il pregiudizio, che incombe tra il rom e il non rom, sarebbe
necessario un incontro, un avvicinamento bilaterale che la comunità rom ha
sempre chiesto, voluto e desiderato, ma che si è sempre visto negare.
A questo punto è inutile recriminare sul passato, ed io non vorrei essere
erroneamente tacciata di vittimismo; mi premeva fare questa premessa, perché
forse in questo modo capirete le motivazioni che mi hanno stimolato a voler
partecipare alla politica cercando la mia candidatura al Consiglio Comunale di
Pescara, ma sono consapevole che non solo non è facile essere eletta, ma non è
facile trovare un partito politico disponibile a candidare un rom.
La mia non vuole essere una candidatura partitica, o ideologica, o una scelta di
campo, ma cercare l'opportunità di partecipare alla politica di una giovane rom
che vuole svolgere nel Comune un ruolo di controllo, di proposta, di
informazione, di rispetto dei diritti e dei doveri, per evitare che politiche
discriminanti verso la comunità rom, abusi di poteri verso le persone rom, siano
adottati nel silenzio di tutti, come più volte si è verificato, come è accaduto
a Pescara due anni fa.
Voglio candidarmi e con il Vs. aiuto possibilmente essere eletta al consiglio
comunale per accedere a tutti gli atti e le informazioni sulle iniziative
promosse e le opportunità, e diffonderle ai cittadini rom e non rom,
particolarmente attraverso le associazioni che operano sul territorio.
Voglio candidarmi al consiglio comunale di Pescara per partecipare alla vita
politica della mia città e contribuire al dibattito pubblico mettendo a
disposizione della collettività, gli aspetti ed i valori della mia cultura rom
all’interno di un discorso, senza imporla, ma bensì integrarla con quella della
comunità Pescarese per il futuro della città di Pescara.
Chiedo il vostro sostegno, per quando possibile.
Pescara, li 16 Marzo 2014
Amelia Guarnieri
di Pasquale Petrella su
IL TIRRENO [x fortuna MAHALLA c'è: L'INTERVISTA]
Presentata la lista di Sinistra Ecologia e Libertà per le elezioni
amministrative di Prato, diciassette uomini e quindici donne con capolista la
segretaria provinciale Nicoletta De Angelis
PRATO. Sinistra ecologia e libertà (Sel) dà voce e rappresentanza alla comunità
sinti, candidando Angela Bosco, 19 anni disoccupata e residente nel campo nomadi
di Iolo, e ripropone Marco Wong in rappresentanza della comunità cinese presente
in città. Sono questi i due nomi di rottura nella lista presentata dalla
segretaria Nicoletta De Angelis che sarà la capolista. "Abbiamo fatto una lista
non solo di iscritti a Sel ma anche composta dalla società civile. Un lista
aperta che vuole rappresentare tutta la società pratese - dice De Angelis -
Abbiamo candidato diciassette uomini e quindici donne, siamo così riusciti anche
ad ottenere una parità di genere coinvolgendo tante donne che sono numerose
nella società ma sempre troppo poche in politica".
Entrano in lista anche due assessori uscenti, Ilaria Maffei della giunta Lorenzini di Montemurlo e
Federica Pacini della giunta Marchi di Vaiano.
E sugli obiettivi programmatici la segretaria Nicoletta De Angelis è molto
precisa, "Prato non è e non può essere solo tessile, dobbiamo pensare anche ad
altre forme di lavoro. I nostri candidati provengono da culture e realtà
diverse, ci sono operai, disoccupati, professionisti, giovani ed over, saranno
loro a portare le idee e i temi per la campagna elettorale - sottolinea De
Angelis - Siamo molto fermi nel dire no all'ampliamento dell'aeroporto di
Peretola, argomento sul quale anche il candidato sindaco Biffoni ci dà ampie
garanzie. Ma abbiamo le nostre idee anche sulla sanità e sul sociale, sul sito
www.immaginaprato.it ci sono le nostre idee e dove raccogliamo quelle dei
cittadini. Tutti possono contribuire".
Angela Bosco, nipote di Ernesto Grandini, presidente dell'associazione sinti
italiani di Prato, ha studiato al Datini e poi fatto uno stage da parrucchiera e
vuole mettersi in gioco "perché voglio che i sinti vengano visti come cittadini
italiani e non come adesso che vengono ritenuti degli stranieri - dice - Siamo
una minoranza che ha bisogno di essere ascoltata". E Marco Wong, imprenditore e
presidente onorario dell'associazione no profit Associna ci riprova, era già
stato candidato per Sel anche nel 2009. "La politica fatta in questi ultimi anni
non ha potuto produrre risultati perché impostata solo sulla repressione - dice
riferendosi alle possibili iniziative per l'integrazione della comunità cinese -
L'integrazione è possibile ma servono nuove idee e un nuovo approccio al
fenomeno. Ecco perché mi ricandido, per portare le mie idee su questa materia" E
a chi gli fa notare che non ci sono altri cinesi che ci mettono la faccia, "In
questo clima che si respira a Prato è da incosciente per un cinese decidere di
candidarsi per un partito. E io forse sono un po' incosciente".
Ma ecco la lista dei candidati: Nicoletta De Angelis, Balestri Paolo, Betti
Aurora, Bernardi Duccio, Bosco Angela, Blasi Diego, Cannatella Chiara, Brizzi
Niccolò, Gentilini Milena, Caccamo Roberto, Giuliani Giuliana, Cambi Carlo
Andrea, Maffei Ilaria, Cerchiari Riccardo, Matteucci Veronica, Ciulli Giampiero,
Muratori Paola, Dell'Olio Andrea, Pacini Federica, Franceschini Mauro, Panozzo
Alessandra, Giorgetti Giuseppe, Pesca Sabina, Ristori Paolo, Portolani Franca,
Tronci Claudio, Ruggiero Maria Grazia, Vesigna Marco, Elisabetta Borgioli, Wong
Marco, Zappacosta Stefano, Zenaghi Leandro
Lunedì 28 aprile, dalle ore 21.00,
saremo in collegamento via chat (vedi la colonna a destra) con
Angela Bosco. Una chiacchierata a cui anche voi potrete
partecipare, con le vostre domande (che spero numerose). E' stato invitato a
prendervi parte anche Marco Wong, pure lui
candidato nella medesima lista. Il testo integrale dell'intervista verrà poi
pubblicato su Mahalla
Di Fabrizio (del 11/04/2014 @ 09:08:51, in Italia, visitato 1642 volte)
Pubblicato: 08/04/2014 17:47,
di Costanza Hermanin Analista
politico, Open Society Foundations. Scritto con Miriam Anati,
responsabile dei progetti sostenuti in Italia da Open Society Initiative for
Europe, l'ala operativa di Open Society Foundations in Europa.
Qualche tempo fa, l'assessore agli affari sociali di una grande città italiana
ci spiegò con malcelato orgoglio come avesse deciso di migliorare sensibilmente
le condizioni di vita dei Rom nella sua città. Era riuscito a convincere il suo
sindaco a includere nel piano di utilizzo dei fondi destinati dal
Fondo Sociale
Europeo alla città una considerevole somma per il miglioramento delle condizioni
socio-sanitarie del campo nomadi. Vi era persino la possibilità che l'attuale
campo fosse distrutto invece che bonificato, e che poco distante se ne
costruisse uno nuovo composto da deliziose casette prefabbricate, in legno, con
tutte le comodità, persino i bagni. Così finalmente i nomadi della sua città
avrebbero vissuto in maniera dignitosa.
Più ci raccontava le sue intenzioni, più eravamo allibite. Questi, uomo di
sinistra e portatore d'idee progressiste si era sì dimostrato disponibile ad un
incontro, suggerito dalle associazioni locali, con noi in quanto rappresentanti
della fondazione che più si è investita nella causa Rom in Europa negli ultimi
vent'anni. Ma la presentazione dell'assessore, in totale buona fede, ci dimostrò
chiaramente perché in Italia esiste un grave problema Rom, e perché, in assenza
di un cambiamento di mentalità, nel quale tutti dovremo impegnarci, il problema
è destinato a perpetuarsi.
La causa principale del problema Rom in Italia sono infatti i cosiddetti campi
nomadi attrezzati, creati e gestiti con denaro del contribuente dalle pubbliche
amministrazione. In molti paesi europei esistono quartieri ghetto, ma in nessun
stato membro dell'UE vi sono villaggi creati dalle istituzioni appositamente per
concentrarvi persone appartenenti a una singola etnia. Questa si chiama
segregazione razziale, e persino la Commissione europea ha recentemente
riconosciuto l'equazione "nomadi-Rom" celata dal linguaggio dell'amministrazione
pubblica italiana. La segregazione è un comportamento vietato da tutte le norme
internazionali del dopo-guerra. Ma in Italia è una pratica corrente.
Campi segregati solo per Rom esistono nella maggior parte delle città italiane.
Li gestiscono cooperative scelte dalle amministrazioni locali, sulla base di
contratti secondo i quali queste si occupano di tutto, dal sostegno alla
scolarizzazione, alla raccolta dei rifiuti, alle telecamere di sorveglianza e
alle guardie private che verificano i documenti di chi entra e chi esce. I campi
sono perlopiù lontani dai centri abitati, senza alcun mezzo pubblico che
permetta ai residenti di raggiungere facilmente una scuola o un posto di lavoro.
Il conto per le amministrazione pubbliche è salato. Una ricerca di
Lunaria ha calcolato che, nella sola città di Roma, la gestione dei campi nomadi
sia costata al contribuente 86 milioni di euro tra il 2005 e il 2011.
Perché abbiamo campi etnicamente segregati in Italia? Tre le risposte più
comuni.
In primo luogo, secondo le amministrazioni pubbliche, perché Rom e Sinti
sarebbero nomadi, e avrebbero quindi bisogno di aree di sosta dove parcheggiare
i caravan e restare temporaneamente, in attesa di partire per altri lidi.
Secondo autorevoli studi scientifici, tuttavia, il nomadismo è oramai un
fenomeno limitato al 3% dei Rom. A parte qualche giostraio - che pur non viaggia
365 giorni l'anno e ha una casa dove torna regolarmente per lunghi periodi - non
c'è quasi nessun Rom o Sinto volontariamente nomade ai giorni nostri in Italia.
I "campi attrezzati" italiani, inoltre, sono luoghi di abitazione permanente. Le
case nei campi sono baracche o container, che nulla hanno a che vedere con
abitazioni amovibili.
Una seconda spiegazione data per l'esistenza dei campi è la 'pericolosità degli
zingari' - convinzione diffusa a tal punto dal determinare, solo pochi anni fa,
l'adozione di un' 'emergenza nomadi'. Utile dunque concentrarli per
sorvegliarli. Ma se viviamo in un paese di diritto, e se la legge è uguale per
tutti, perché non lo è anche per loro? Se un Rom commette un reato deve essere
trattato di conseguenza. Ma dalla fine della shoah e dell'apartheid, è
internazionalmente vietato attribuire a un gruppo il comportamento di singoli.
Una terza e ultima spiegazione è che i Rom avrebbero una cultura diversa:
desidererebbero stare tra loro e non mischiarsi agli altri. Si tratta in questo
caso di pregiudizi belli e buoni, frutto di ignoranza o razzismo, come
dimostrano le storie di tutti quei Rom fedeli alle proprie tradizioni culturali,
che lavorano, pagano regolarmente il mutuo, vivono in appartamenti, e i cui
figli si laureano. Ma che rimangono per la maggior parte invisibili, preferendo
nascondere la propria identità per timore d'insulti e discriminazioni.
Tornando al nostro assessore, il nostro stupore proveniva dall'insistenza a
voler segregare in un 'campo nomadi' persone che nomadi non sono. E anche dalla
convinzione che un campo malsano è vergognoso, ma un campo per soli Rom lucido e
stirato a nuovo va bene. I fondi Europei per il risanamento o la ricostruzione
dei campi Rom della città non sono mai stati stanziati. Un criterio di base per
la spesa dei fondi strutturali dell'UE è infatti la non-discriminazione su base
etnica.
L'Italia ha una delle popolazioni Rom più circoscritte d'Europa, circa 170 000
individui, ossia lo 0,3% della popolazione italiana (in Romania sono 2 milioni e
mezzo e 800 000 in Spagna). Si tratta per la maggior parte di cittadini
italiani, presenti sul territorio a iniziare dal quindicesimo secolo. Oppure di
immigrati in regola, arrivati di recente, in ondate successive, da ex-Jugoslavia,
Romania e Bulgaria. Immigrati irregolari non potrebbero d'altronde stare in
campi attrezzati e ricevere i servizi delle cooperative che li gestiscono.
Nonostante il numero ridotto, le politiche d'inclusione sociale della
popolazione Rom in Italia sono state fallimentari. Con il risultato che la
stragrande maggioranza dei Rom presenti nel territorio vive in condizioni di
estrema emarginazione sociale ed economica, perdendo di conseguenza ogni
interesse a essere parte attiva e costruttiva della società circostante.
E' tempo di proibire la pratica dei campi segregati in Italia. I soldi pubblici
che servono a mantenerli possono essere usati per integrare i residenti dei
campi tramite supporti all'impiego, all'abitazione e alla scolarizzazione, in
vista di un avviamento verso l'autonomia. Vi sono persone che compiono questo
cammino in maniera autonoma. Ma sia tra i Rom che tra i non Rom, non tutti ne
hanno la forza. I fondi pubblici dovrebbero essere usati per questi, non per
discriminare e segregare.
L'otto aprile è la giornata internazionale dei Rom e dei Sinti. Usiamo
quest'occasione per fare un esame di coscienza e aprire un nuovo capitolo nelle
nostre relazioni con i Rom, che faccia onore a tutti. Solo così si renderà
dignità e rispetto ai Rom, e alla società italiana che li ospita al proprio
interno.
Di Fabrizio (del 10/04/2014 @ 09:09:56, in Italia, visitato 1684 volte)
di ZELJKO JOVANOVIC*, 08 aprile 2014 su
Repubblica
Quando a New Orleans nel 1891 una turba inferocita, fomentata
dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere e avendovi
trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li sottopose a
linciaggio. Erano tutti italiani. Nel vostro Paese di oggi i Rom sono bersagli
di pregiudizi non dissimili da quelli che subirono, oltre un secolo fa, gli
immigrati italiani negli Stati Uniti
ROMA - All'epoca fu una notizia da prima pagina. Un funzionario di polizia era
stato ucciso e nove immigrati arrestati. I giornali accusarono i sospettati di
essere "accattoni sfaticati" e "criminali violenti". Una turba inferocita,
fomentata dall'indignazione dell'opinione pubblica, fece irruzione nel carcere,
e avendovi trovato undici appartenenti alla stessa etnia dei presunti rei, li
sottopose a linciaggio.
Tutte le vittime erano italiane. I fatti accaddero a New Orleans nel 1891,
quando gli Stati Uniti erano in preda a un clima di crudele razzismo rivolto
contro la recente ondata d'immigrazione proveniente dall'Italia. Quanto fosse
profonda quell'ostilità lo si comprende da un editoriale del "New York Times",
che elogiò il linciaggio considerandolo come un monito rivolto agli altri
potenziali "delinquenti" italiani. Lo stesso Theodore Roosevelt, poi divenuto
Presidente degli Stati Uniti, lo definì "una buona cosa". E adesso domandiamoci:
contro chi si scaglia oggi più comunemente l'accusa di essere "accattoni
sfaticati" e delinquenti? Contro chi si rivolgono certe aggressioni razziste
mirate, in cui le vittime sono percosse e a volte persino uccise? Contro il mio
popolo. Contro i Rom.
Razzismo e pregiudizi. Nell'Italia odierna, i Rom sono bersagli di un razzismo e
di un pregiudizio non dissimile da quello che subirono, oltre un secolo fa, gli
immigrati italiani negli Stati Uniti. Vediamo che trattamento riservano i media
italiani ai Rom: è dominato da reportage sui pogrom anti-rom, come quello
recente di Poggioreale, su reti criminali dedite al traffico di oggetti rubati e
persino di armi. Naturalmente, sarebbe sbagliato negare che vi siano delinquenti
fra i Rom. Ve ne sono, così come in ogni altro gruppo etnico; eppure oggi in
Italia sono in molti a sostenere e a votare esponenti politici portatori di un
messaggio di disumanizzazione e demonizzazione dei Rom.
La trappola dei campi col filo spinato. Ma vediamo anche quali politiche
adottano le autorità italiane nei confronti dei Rom. Chi rientra nella categoria
"nomadi" - è questo, infatti, il termine usato per definire i Rom e i Sinti -
rischia di ritrovarsi intrappolato, insieme a migliaia di altri, in campi
circondati da filo spinato, sorvegliati dalla polizia o da vigilantes privati;
questi campi, finanziati col denaro dei contribuenti italiani - 86 milioni di
euro solo per Roma tra il 2005 e il 2011, ricordano i tempi bui dell'apartheid.
Impossibile trovare, nell'Europa odierna, un esempio peggiore di segregazione
insita nelle politiche ufficiali dello Stato.
Lo stesso odio subito dagli italiani negli Usa. L'odio nei confronti dei Rom -
lo stesso odio razzista di cui gli italiani immigrati in America furono vittime
nel 1891 - si estende al di là dei confini dell'Italia. Secondo un rapporto
pubblicato di recente, negli ultimi 12 mesi, circa un Rom su tre presenti in
Europa è stato vittima di atti criminosi motivati dall'odio. Ciò costituisce una
minaccia per tutti, indipendentemente dall'appartenenza etnica o dall'identità
culturale di ognuno. Quel che conta è come si è percepiti, immaginati o definiti
dagli altri; e su questo, nessuno ha il controllo assoluto.
La definizione di noi stessi. Il comportamento di certi italiani, e di certi
loro governanti, nei confronti dei Rom non ha nulla a che vedere con la cultura
dei Rom né con il loro comportamento. Insomma, il problema non sono i Rom, bensì
quegli italiani, e quelle istituzioni dell'Italia, che vedono i Rom soltanto
attraverso la lente dei propri pregiudizi e delle proprie idee errate sulla
cultura Rom. Non parlo soltanto di rispetto della diversità o di protezione
delle minoranze, ma di qualcosa che va molto più in profondità, qualcosa che ci
riguarda tutti. Riguarda chi siamo noi come europei, cittadini della
"civilissima" Europa, come ci definiamo con orgoglio. Riguarda la definizione
che diamo di noi stessi, come esseri umani che sono stati vittime dell'odio in
passato o potrebbero esserlo in futuro. Riguarda ciò che la nostra umanità
significa davvero. I governanti europei che denunciano e sanzionano i crimini
dettati dall'odio commessi fuori dai confini dell'Unione potranno farlo da una posizione moralmente inattaccabile solo se avranno fatto il proprio dovere in
patria, così come meritano le loro nazioni "civili".
Le occasioni per l'Italia. Chi ha subito ingiustizie in passato è oggi nella
posizione ideale per denunciarle. Il ricordo dei pregiudizi subiti dovrebbe
mettere gli italiani in condizione di capire i Rom e tutti coloro che subiscono
atti dettati dall'odio: africani, musulmani, ebrei, gay, immigrati dall'Europa
centrale o dell'est. Così come ci sono voluti tanti leader americani per
trasformare la società americana, sta ai governanti italiani trasformare
l'Italia, e ai governanti europei trasformare l'Europa. Oggi hanno
un'opportunità di farlo per l'Europa. La prossima presidenza italiana
dell'Unione europea, le elezioni del nuovo Parlamento europeo a maggio, la
designazione della nuova Commissione europea e l'approvazione della nuova
finanziaria sono tutti momenti importanti per l'Italia. Il paese dovrebbe
mettere a frutto quest'occasione di porsi alla guida degli europei per far sì
che voltino le spalle all'odio.
Le Pen non può essere un alibi. Tutti i Le Pen, i Wilder, i Vona d'Europa non
possono essere un alibi per fare di meno, anzi devono motivarci a fare di più.
L'Italia dovrebbe cominciare con l'abbandonare la sua politica di rinchiudere
Rom e Sinti in campi speciali: questa politica richiama l'apartheid e si è
dimostrata ripugnante sul piano morale e insensata su quello economico. Se il
presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, deciderà di
cogliere quest'opportunità, contribuirà nel modo più profondo a rafforzare sia
l'Italia che l'Europa. E' tempo che l'Italia, forte della consapevolezza del suo
passato, si ponga alla testa di uno sforzo per costruire un'Europa in cui
nessuno abbia a subire umiliazioni o persecuzioni a causa della sua identità.
* Zeljko Jovanovic è il Direttore del programma Roma
Initiatives Office della Open Society Foundations
da
RICONOSCIMENTO DI SINTI E ROM
8 aprile 2014 43° Giornata internazionale del popolo rom e sinto. Le
associazioni dei Rom e dei Sinti lanciano la campagna nazionale per il
riconoscimento giuridico della minoranza storico-linguistica rom e sinta in
Italia
L'8 aprile cade la 43.ma ricorrenza del Romano Dives, la Giornata internazionale
del popolo rom e sinto. In questa occasione la Federazione Rom e Sinti Insieme
(formata da 29 associazioni che operano a livello locale, regionale e
interregionale) e le associazioni Roma onlus, Romni onlus, FutuRom, Amalipé
Romanò, Forum Campania Rom, Cittadinanza e minoranze, Antica sartoria rom,
Theatre Rom, Museo del viaggio "Fabrizio De André" Isernia, Rom per il futuro,
Gruppo di azione Rom Piemonte (Romano pala tetehara, Romano Ilo, Romano Buci,
Rom e gagi insieme) Associazione Lumine lanciano la
campagna nazionale per la raccolta di firme su una legge di iniziativa popolare
per il riconoscimento giuridico della minoranza linguistico-culturale rom e
sinta italiana.
Rom e Sinti in Italia sono tra 150 e 170 mila, una cifra modesta rapportata alla
popolazione italiana ma una minoranza significativa e soprattutto una minoranza
con una propria identità linguistica e culturale. Insediati in Italia sin dal
1400 gli "zingari" sono la minoranza storica più svantaggiata e più
stigmatizzata nonostante gli obblighi internazionali e comunitari dell'Italia e
gli interventi di numerose organizzazioni internazionali come il Consiglio
d'Europa, l'OSCE e l'Unione europea.
La partecipazione di Rom e Sinti alla vita collettiva con il proprio contributo
umano e culturale è fondamentale per superare l'esclusione, la marginalizzazione
di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione fino allo sterminio
razziale e che non deve rimanere confinato nei ghetti fisici e spirituali, nei
quali troppo spesso viene relegato all'assistenza e non alla propria
responsabilità.
La campagna che le associazioni di Rom e Sinti avviano in rappresentanza delle
comunità rom e sinte italiane vuole realizzare gli articoli 3 e 6 della
Costituzione che prevedono: la pari dignità sociale e l'eguaglianza davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; la tutela di tutte le
minoranze linguistiche con apposite norme.
In questo modo si vuole superare il mancato riconoscimento istituzionale come
minoranza che è causa della scarsa integrazione nella società e della
marginalizzazione sociale ed economica.
Le associazioni rom e sinte rivolgono un appello alla cittadinanza, a
associazioni, istituzioni perché aderiscano e sostengano questa campagna. Il
riconoscimento della minoranza rom e sinta, della sua storia, della sua cultura,
della sua identità accoglie Rom e Sinti nella comunità più generale insieme con
tutte le altre identità che costituiscono il nostro patrimonio nazionale.
Grazie per l'attenzione
Per informazioni Tel. 3397608728 – E-mail:
lexsintirom@gmail.com
Federazione Rom e Sinti Insieme: Nevo Drom, Upre Roma, Sinti Italiani Vicenza,
Sucar Drom, Consulta Rom e Sinti di Milano, Museo del Viaggio "Fabrizio de
André", Sinti Italiani Busto Arsizio, Thèm Romanò Reggio Emilia, Sinti Italiani
Brescia, Sinti Italiani Milano Lambrate, Sucar Mero, Sinti Italiani Pavia, Sinti
nel Mondo, Sinti Italiani Bologna, Sinti Italiani Prato, Romano Drom, Sinti
Italiani Reggio Emilia, Romà, Sinti Italiani Verona, Nevo Drom Trento, Sinti
Italiani Piacenza, Cooperativa Sociale Aquila, Sinti Italiani Piemonte,
Cooperativa Sociale Aquila, Amici di Via Django, Cooperativa Labatarpe, Sinti
Italiani Romano di Lombardia, Istituto di Cultura Sinta
Di Fabrizio (del 06/04/2014 @ 09:06:53, in Italia, visitato 2231 volte)
Don Mario, "nomade tra i nomadi". Foto di Diego Zanetti -
CREDERE, Testo di Stefano
Pasta
Da oltre quarant'anni vive in una roulotte e percorre l'Italia per
evangelizzare rom e sinti: condivide le usanze dei nomadi e ha tradotto il
Vangelo nella loro lingua. Assicura: "Sono un popolo molto religioso"
"Ero prete da un mese e stavo andando in bici a confessarmi, quando ho visto un
gruppo di zingari e mi sono chiesto: chi porta il Vangelo a questo popolo? Sono
passati 60 anni ed eccomi qua". "Qua" è un piccolo campo di Brugherio (in
provincia di Monza), dove monsignor Mario Riboldi, che qualcuno chiama "Mario
degli zingari", vive da vent'anni insieme ad alcune famiglie di sinti tedeschi e
italiani e di rom ungheresi. Con lui - cappellaccio nero in testa e baffetti
tagliati corti - vive il padre barnabita Luigi Pieraboni, in una roulotte
piccola ma accogliente.
All'interno del campo, un container di circa cinque metri per due è stato
trasformato in una vera chiesetta. Il tabernacolo richiama la tradizione nomade:
è una piccola tenda in stoffa, con i colori del tempo liturgico, mentre la
Bibbia è sul trincast, un supporto di tre legni sul quale i rom in passato
appoggiavano la padella per cucinare. Qui don Mario e padre Luigi celebrano
tutti i giorni la Messa e recitano il Rosario con alcuni abitanti del villaggio
di case in legno e roulotte. "Tra pochi giorni partiamo per Salerno, dove
seguiamo un gruppo di rom italiani, poi andremo a Cuneo dai sinti piemontesi",
mi raccontano. Da decenni, don Mario, brianzolo di 85 anni, gira l'Italia e
l'Europa per dedicarsi alla pastorale dei rom e sinti, di cui a lungo è stato
l'incaricato nazionale: "Mi presento con la Bibbia in mano e così si cammina".
Il primo a sostenerlo fu l'allora cardinale di Milano Giovanni Battista Montini:
"Gli scrissi che avevo conosciuto un gruppo di sinti e si entusiasmò. Nel 1962,
lo accompagnai a incontrare un gruppo di zingari croati e abruzzesi che vivevano
in tende in un bosco vicino alla mia parrocchia. Disse: "Vi chiederete: cosa
viene a fare quest'uomo vestito di rosso in mezzo a voi?". Poi recitammo l'Ave
Maria davanti a un piccolo altare alla Madonna del Rosario, allestito con un
tappeto persiano". In quell'occasione, Montini disse a don Mario: "Tra due anni,
ti lascio partire". Ma poi accadde l'imprevisto: Montini divenne papa Paolo VI.
La faccenda si arenò fino al 1969, quando il cardinal Colombo gli disse: "Va
bene, posso lasciarti andare. Vediamo cosa combini". Don Mario lasciò la
parrocchia e divenne il primo prete ad andare a vivere tra gli zingari.
Racconta: "Sono un popolo a cui, pur vivendo in Europa, è spesso mancata
un'evangelizzazione; ma gli zingari sono profondamente religiosi. Lo vedo ad
esempio nel culto verso i defunti. Ho dovuto "superare" la mia mentalità, per
penetrare nella cultura di questo popolo così strano, sparso un po' ovunque in
tutto il mondo".
Don Mario ha imparato le usanze degli zingari e la loro lingua, il romanès, per
riuscire ad andare fino in fondo nei rapporti. Ha inventato canzoni religiose,
ha tradotto i Salmi e il Vangelo di Marco in cinque differenti lingue dei rom e
sinti. Spiega: "Dedico grande attenzione alla conoscenza dell'Antico Testamento.
Nell'esilio e nelle vicissitudini del popolo ebraico, si possono trovare molti
parallelismi con la storia degli zingari, spesso cacciati dai Paesi europei. C'è
poi una grande domanda sulla vita dopo la morte, che si accompagna all'idea che
i defunti continuino a proteggere i loro cari. Spesso dicono: "Se non ci fossero
stati i miei morti e Dio, sarei morto in quell'incidente"".
"Non solo il missionario porta, ma riceve molto. L'incontro profondo ti mette in
crisi, perché non ti senti più l'uomo perfetto che arriva e spiega tutto.
Avvicinando popolazioni diverse dalla propria, si impara a essere un po' più
universali, un po' più "cattolici". Un pizzico, perché in realtà si rimane
sempre troppo concentrati su se stessi". Per esempio, si impara ad avere una
vita meno frenetica, con meno ansia del risultato: "Ricordo di aver accompagnato
un prete in un campo per degli incontri: la prima volta c'erano 40 rom, la
seconda 20 e poi 4. Se ne andò sconsolato. Errore! Perché i 40 volevano il
prete, mentre i 4 cercavano Dio: non sempre la ricerca coincide...".
In Italia, ci sono una quindicina di preti e suore che vivono tra gli zingari,
ma don Mario sottolinea un'altra realtà importante, quella delle vocazioni tra i
sinti e i rom: "Fra preti, suore e diaconi permanenti zingari, ne conosciamo
170, di cui ben 40 in India".
Tra i gitani c'è anche un martire della fede: Zeffirino Jiménez Malla,
ucciso durante la Guerra civile spagnola (vedi box in alto). Anche qui, c'è lo
zampino di don Mario: "Ne avevo sentito parlare nel 1975, ma le cose da fare
erano tante. Ne parlai con il cardinal Martini, che mi disse: "Datti da fare".
Con padre Luigi andammo in Spagna per raccogliere la sua storia, ma il vescovo
della diocesi spagnola ci disse che mancava tutto: il postulatore, i soldi per
sostenere le spese della causa... Anche se non avevo né l'uno, né gli altri, gli
dissi: "Andiamo avanti, ci pensiamo noi". Così, nel 1997, Zeffirino fu
proclamato beato e a lui sono ora dedicate chiese in tutta Europa".
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