Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Di Fabrizio (pubblicato @ 22:13:10 in media, visitato 1724 volte)
La prima mi arriva da Marco Brazzoduro:
*Domani la fine della schedatura nei campi rom a Radio Popolare Roma*
Domani giovedì 16 ottobre 2008 Radio Popolare Roma dedicherà la puntata
settimanale della trasmissione /Interferenze rom/ alla conclusione del
censimento nei campi della Capitale. Com'è andata la schedatura partita il 22
luglio scorso? Come la giudicano a cose fatte i rom che vivono nei campi
"censiti"? Ma soprattutto: che succederà ora negli insediamenti abusivi - e
non - della Capitale? Dalle 11.30 in studio e al telefono interverranno i
portavoce delle comunità rom, la Croce Rossa, il Campidoglio, l'Arci, le
associazioni e i movimenti che si battono per i diritti dei rom. Sarà possibile
intervenire in diretta chiamando il
numero 06-82003666.
*La fine della schedatura su Radio Popolare Roma
Giovedì 16 ottobre 2008, alle 11.30
sui 103.3 FM oppure in streaming su
www.radiopopolareroma.it
La seconda riguarda un video-concorso promosso
dall'International Alliance of Inhabitants:
Videoconcorso Giornate Mondiali Sfratti Zero 2008!
Tema: Le violazioni del diritto alla casa (in particolare gli sfratti) Durata: Sezione A (tecnica libera): massimo 3 minuti (con qualsiasi tecnica) Sezione B (documentari): massimo 8 minuti (nel caso di documentari o
storie con interviste)
Le durate sono intese COMPRESI titoli di testa e di coda Sezione Extra (fuori formato): video più lunghi. E' possibile mandare
anche un video pertinente al tema, anche se non ricade nelle categorie A e B. In
questo caso non è previsto l'inserimento nel sito, né la pubblicazione in DVD.
E' tuttavia possibile mandare un trailer che ricada nelle categorie temporali
ammesse. Leggi attentamente le linee guida! Grazie in solidarietà!
La International Alliance of Inhabitants è una rete globale di
associazioni e movimenti sociali di abitanti, inquilini, centri sociali,
cooperative, senzatetto.
L'obbiettivo è la costruzione di un altro mondo possibile partendo dal diritto
alla casa e alla città senza frontiere.
Non c’è giorno che non venga diffuso un rapporto che denunci violenze e
violazioni contro le minoranze Rom e Sinte, che riporti cifre spesso estranee
alla realtà, che riferisce sulla drammaticità delle nostre condizioni di vita.
Le denunce inoltrate alle autorità preposte da Rom e Sinti non producono gli
effetti che la legge specifica, anzi spesso sono un premio per chi utilizza
violenze e violazioni contro Rom e Sinti
Con cadenza quotidiana all’opinione pubblica viene somministrata in forma
amplificata una dose di dichiarazioni pubbliche, contraddistinte dalla fierezza
dell’ignoranza e dall’arroganza del potere, che incrementano l’odio contro Rom e
Sinti e ne fanno i capi espiatori di tutti i mali della società, mentre passa
quasi inosservato che un Prefetto chiede la decadenza di un'amministrazione
comunale per infiltrazione della criminalità organizzata, come di recente nel
comune di Fondi e qualche tempo fa nel comune di Nettuno della regione Lazio,
che la stampa nazionale ed i salotti televisivi hanno quasi totalmente ignorato.
La politica è incapace di evitare le "vigliaccate" contro Rom e Sinti, forse
perché è capace di fare solo "porcate"; una politica consapevole che le
proteste e le denuncie dei Rom e dei Sinti produrranno una crescita del consenso
elettorale personale e di partito.
Questo è il contesto politico in Italia, "la descolarizzazione della società",
che amplifica le disuguaglianze sociali e trasforma la massa delle persone in
futuri "sudditi":
il 48,2% della popolazione italiana non ha un titolo superiore alla licenza
media, gli analfabeti totali sono sei milioni,
il 25% dei ragazzi italiani che escono dalla terza media fanno fatica a leggere
e scrivere, 21 milioni d’italiani sono in grosse difficoltà nel leggere un grande
quotidiano.
1 ragazzo su 5 non consegue né diploma, né qualifica professionale; il 20,6%
della popolazione scolastica "scompare" dopo essersi iscritti al primo anno
della secondaria superiore. A questo si dovrebbe aggiungere i dati
sull’insuccesso scolastico che è altissimo.
In questo contesto sociale, culturale e politico alle minoranze Rom e Sinte
manca un prerequisito fondamentale: un progetto politico nazionale e una
strategia organizzativa per realizzarla con il massimo della condivisione
possibile.
Le "passerelle" del passato sono state solo espedienti per un becero
personalismo e la strumentalizzazione di Rom e Sinti per auto accreditarsi come
presunti esperti di una disastrosa politica di assistenzialismo culturale, per
arrogarsi il diritto di sostituirsi a Rom e Sinti in tutte le sedi.
Per noi Rom e Sinti non è più il tempo di fare scelte senza gambe per
camminare, ma dobbiamo andare al cuore delle questioni per definire il
nostro futuro.
I vecchi metodi del passato non ci permetteranno di affrontare con la giusta
razionalità la vera sfida che abbiamo di fronte, occorre cambiare metodo,
cambiamento che deve coinvolgere anche noi.
Le iniziative a livello locale sono sacrosante, necessarie ed utili, ma non
sufficienti se non contenute all’interno di un globale progetto politico
nazionale per Rom e Sinti, perchè rischiano di essere il "nettare" di uno
spregiudicato personalismo che tanti danni ha prodotto nel passato a noi Rom e
Sinti.
La nostra condizione sociale e culturale non ci permette più:
- di tollerare che chi non ha competenze metta le mani sulle nostre vite
- di delegare altri per decidere del nostro futuro
- di rinunciare alla identità culturale collettiva
- di tollerare chi soffia sul fuoco della divisione
In particolare non ci permette più di rinviare la condivisione di un
"progetto politico nazionale" per le nostre minoranze e una strategia
organizzativa per realizzarlo.
Un progetto politico nazionale per Rom e Sinti capace di: - mettere al centro la cultura Rom e Sinta,
- coinvolgere Rom e Sinti in un processo di interazione
- proporre soluzioni adeguate e collaborare per la realizzazione
- costruire un dialogo diretto con la società civile e la politica senza
pregiudiziali
Se la partecipazione attiva di Rom e Sinti è la strategia fondamentale, la
costruzione di un dialogo diretto con il Governo, le Istituzioni, la
politica e la società civile è essenziale per un progetto politico nazionale
CREDIBILE e REALIZZABILE.
Il dialogo diretto NON si realizza solo perché siamo Rom e Sinti, ma richiede un
mix di condizioni; la scelta di un metodo comunicativo e relazionale, la
credibilità partecipativa e professionale, la autorevolezza del progetto e della
strategia organizzativa, sono i principali fattori per la costruzione di un
dialogo diretto in grado di dare "valore" al progetto politico nazionale
per Rom e Sinti, e "peso" mediatico e politico alla denuncia.
Nazzareno Guarnieri - presidente Federazione Rom e Sinti insieme
Segnala Jorge Bernal su
Mundo_Gitano la possibilità di scaricare da Internet la raccolta di racconti
gitani Le Paramícha le Trayóske (Los cuentos de la vida), in versione
bilingue rromanés e castigliano, nell'edizione curata dalla Comisión para
la Preservación del Patrimonio Histórico Cultural de la Ciudad de Buenos Aires.
La
raccolta completa (introduzione, testo e illustrazioni) in pdf, 148 pagine.
Di Fabrizio (pubblicato @ 08:51:34 in media, visitato 2539 volte)
Aspettando che esca in Italia il film di questo regista, da
noi poco conosciuto, tenetelo a mente. Leggevo la recensione e lo paragonavo ai tanti film di Truffaut sull'infanzia (i Quattrocento colpi, in particolare),
mentre per motivi etnici ricorda Toni Gatlif. Da
Roma_Francais
Khamsa di Karim Dridi, nelle sale francesi da mercoledì [scorso] è un
film senza fronzoli sull'infanzia delinquenziale di un eroe che ne traduce tutta
l'emergenza. Intervista senza peli sulla lingua col cineasta franco-tunisino.
Mercoledì 8 ottobre 2008, par Falila Gbadamassi -
Marco, alias Khamsa, è scappato dalla sua famiglia d'accoglienza per rendere
visita a sua nonna malata. Ritrova il campo dei Gitani dove è nato, 11 anni fa a
Marsiglia, e la banda dei suoi amici: il cugino Tony, nano ma fortemente
protettivo, e Coyote. Se il primo ha deciso di guadagnarsi da vivere con i
combattimenti dei galli, Coyote s'è specializzato nei piccoli furti che
organizza con Rachitique, un piccol Arabo. Khamsa presto raggiunge il trio di
piccoli delinquenti per ingannare la noia e la tristezza di un ragazzo che non
ha più alcun riparo familiare. Lasciato a se stesso, Khamsa si da i mezzi per
sopravvivere. In un vero campo di Gitani, Karim Dridi filma da vicino questa
volontà incrollabile ma contrastata dalla precarietà. Lontani da essere vittime
consenzienti, questi ragazzi che recitano quasi il loro essere personaggi, si
battono con collera e frenesia contro il rullo compressore della delinquenza. Karim Dridi
non edulcora mai la realtà, anche se ne sublima la proiezione filmando in campo
d'azione. Il cineasta se ne fa eco. Consegna così una pellicola forte e
avvincente su un aspetto, incarnato da un giovane Marc Cortes sottile ed
ispirato, dell'infanzia in emergenza.
All'inizio, lei voleva fare un film sulla delinquenza. Come ha fatto
questo progetto a scivolare verso la narrazione del quotidiano di Marco, questo
ragazzo meticcio gitano-arabo che ritrova dopo una fuga il campo dei gitani
dov'è nato? Avevo voglia di parlare nel modo in cui la delinquenza si fabbrica, di come
nasce. C'è gente nel nostro paese, non ne citerò il nome ma si riconosce, che
pensa che la delinquenza è culturale, comportamentale, o genetica. Per queste
persone, si nasce delinquenti all'età di 3 anni, si possono anche fare dei test
per determinare se il bambino è delinquente o no. E' molto pericoloso. Questo
tipo di asinerie non è lontano da altre, come quella di pensare che una razza è
superiore all'altra. Questi pregiudizi sono fondamentalmente legati ad un
pensiero coloniale che, malgrado tutto, oggi sopravvive ancora. Per tornare alla
delinquenza, è fabbricata dal contesto socio-economico in cui vivono i bambini.
Il mio film lo prova.
Perché ha fatto di Marco, soprannominato Khamsa nel film, un meticcio? Nella mia testa è sempre stato un meticcio. Ma l'avevo pensato metà
maghrebino e metà francese, come me. Non avevo affatto l'intenzione di fare un
film sui gitani. E' stato il mio amico, Sofiane Mammeri, il mio giovane attore
in Bye-Bye, che all'epoca aveva l'età di questi ragazzi che recitano in Khamsa,
che mi ha parlato del campo dei Gitani. Poi, sono tornato a Marsiglia con
l'intenzione di girare un film ed ho parlato del mio progetto a Sofiane, che mi
ha detto: "ti voglio presentare dei ragazzi formidabili". Così ho incontrato
Tony, il piccolo nano, e Coyote. Ero allucinato davanti alla loro energia, la
loro lingua, la loro parlantina, la loro potenza visuale. Ma sono rimasto
scioccato per il contesto sociale in cui vivevano. Mi dicevo che non era
possibile nella seconda città più grande di Francia, in una delle più grandi
città d'Europa, che ci fosse una miseria così nera subita da dei Francesi. Non
sono degli esiliati, immigrati venuti dalla Romania o sans-papiers. Il film
parla di cittadini francesi da almeno 400 anni. Il padre di Nicolas Sarkozy è
Ungherese.
La sua ibridazione è tanto più simbolica perché i Gitani ed i "capretti",
è così che i primi soprannominano gli Arabi, non si amano molto in questa parte
della città? I poveri si accapigliano spesso tra loro e gli altri aspettano che si
massacrino.
Lo dice nel suo blog. Su Khamsa, la problematica di lavorare con ragazzi
l'ha sfidata molto. Mi hanno fatto osservare che in tutto il film o quasi, ci sono dei ragazzi.
Dopo aver visto Los Olvidados di Luis Buñuel, Pixote:
A Lei do Mais Fraco d'Hector Babenco, sono colpito dalla potenza cinematografica
dei bambini. Un bambino, è l'innocenza, anche se gioca molto, non lo fa con i
sentimenti e le sensazioni. Avevo voglia di lavorare con esseri molto puri,
anche deboli, i più poveri di fronte alla vita. Khamsa è uscito dal ventre di
sua madre da 11 anni e cerca il suo posto in una società che non lo vuole. E'
drammatico, ma il dramma è il carburante dei film, dei romanzi, delle grandi
opere. Ci sono due tipi di cinema. C'è chi ama quelli che divertono per
dimenticare la loro condizione terrena e chi vuole scoprire un'altra realtà.
Scoprire un'altra realtà, è quello che propone Khamsa. Alcuni giornalisti, non
molti, mi hanno detto che il film non è ottimista. Confondono la realtà in cui
vivono con la rappresentazione che guardano. La rappresentazione è una proposta,
si presume descriva, testimoni una realtà il cui scopo è toccare lo spettatore.
E' la funzione del cinema e dell'arte. In Francia, questa è la prima buona
notizia, si possono girare dei film come Khamsa, finanziato un mese prima
dell'elezione di Sarkozy. Spero che in futuro sia ancora possibile.
Marco porta molto bene questa ambivalenza - sofferenza e innocenza - sulla
sua faccia adorabile. Cosa l'ha decisa a conferire questo ruolo a Marc Cortes,
che non era la sua prima scelta? Era un altro ragazzo che doveva interpretare Marco, ma commise una gran
bestialità e il giudice gli ha impedito di partecipare al film. Dunque ho dovuto
rivoluzionare il casting ed ho incontrato Marco. Gli piace il calcio e diverrà
sicuramente un giocatore professionista, se non sceglierà di diventare attore.
Ho anche scoperto che sapeva cantare il flamenco. Cantava a cappella ed ho avuto
i brividi. Questo piccolo ragazzo è capace di interpretare la collera, la forza,
la tenerezza, il dolore, le emozioni più varie. Si vede bene nel film. E' capace
di una grande violenza come di tenerezza. E' quello di cui avevo bisogno. Marco
è formidabile. Khamsa è stato la scoperta di un grande attore. L'altra buona
notizia di questo film, è che si scopre che questi ragazzi che si ritiene
perduti, con cui si pensa non ci sia niente da fare, sono capaci di consegnare
una prestazione notevole ed notata, visto il numero d'interviste. Si assiste
così all'emergere di un attore come Marco che viene dagli ambienti più
svantaggiati di Francia. Se questo non è ottimismo, non so cosa sia.
Lei ha racconti su tutti questi ragazzi. Come si comportano e come
reagiscono al film? Marco si comporta bene. Ha la chance che manca al suo personaggio, cioè
avere dei genitori ed una struttura familiare molto solida. Va a scuola, gioca a
calcio in un club semi professionale. E' molto inquadrato. Gli altri sono sempre
nel campo ed il guaio è che non c'è niente da fare.
Nella vita reale vivono di piccoli furti? Quelli che vivono nel campo, no. Possono aver avuto esperienze simili nel
passato. Ma oggi, come nel film, non hanno intenzione di farlo. Aspirano, come
tutti, ad una vita normale.
Alla fine, questi giovani non recitano il loro personaggio, recitano un
ruolo? Per Marco, al 99% è un ruolo. La sola cosa che ha in comune con Khamsa, è
l'essere gitano. Quello che interpreta Rachitique, Mehdi Laribi nella vita, l'ha
già fatto. Anche Mehdi ha molto talento, ma vive in una città molto povera. La
delinquenza è paragonabile ad un mulinello che ti aspira verso il fondo. La sola
soluzione, è estrarre i ragazzi dal fiume e metterli altrove. Cosa che è molto
difficile da fare.
Lei ha passato due anni a lavorare sulla delinquenza infantile per fare
questo film. Cos'ha imparato? A livello della delinquenza stessa, non ho imparato niente. Ho solo
dimostrato quello che già sapevo con la mia arma, il cinema. Ma ho scoperto una
minoranza, i Gitani, gli Zigani, i Rom, la Gens du voyage. Chiamateli come
volete. Persone, che appartengono da diversi secoli alla nostra società
francese, e che mettono in evidenza un problema che si pone a noi democratici
europei. Siamo capaci di integrare queste minoranze senza disintegrarle? Voglio
dire accettare l'altro con la sua cultura, accettare che queste minoranze
integrino il tessuto repubblicano apportando un di più alla Francia. Quando
vince la squadra francese, che è composta da Arabi, da Neri che vincono, tutta
la Francia scende a festeggiare per strada. Questo dev'essere possibile anche
quando si tratta di scienziati, cineasti, scrittori, sindaci. In Francia, si
deve poter accettare l'altro quando vuol vivere sul suolo francese e si piega
alle regole della Repubblica. "Tutti aspirano alla felicità" diceva
Houellebecq. Vale per i Neri, gli Arabi ed i Gitani.
Perché le interessa tanto il problema dell'immigrazione? Molto semplicemente perché sono meticcio franco-tunisino. Dopo Bye Bye, ho
battuto sullo stesso discorso. Credo in una Francia meticcia e meticciata, che
integra tutte le minoranze per fare un cemento repubblicano, democratico
francese. E' l'opposto di una corrente di pensiero, non tanto vecchia, che stima
la razza bianca superiore alla razza nera, per esempio. E' intollerabile. Ho in
progetto di fare un film con dei protagonisti di origine africana, perché c'è un
problema vero in Francia. Dove sono i Neri in Francia? Son passati 15 anni da
quando ho girato Bye Bye e c'era lo stesso problema per i Magrebini. Oggi ci
sono Sami
Bouajila, Roschdy Zem... (attori franco-magrebini, per chi non vuole cercare
su Google ndr). Lavorano e si ha l'impressione che il problema per i
Magrebini sia a posto. Può essere. Per quanto riguarda i Neri, è molto difficile
citare un film francese con attori neri. Questo vuol dire che non hanno il
diritto di raccontare le loro storie? Molto semplicemente, il pensiero coloniale
non esiste più nella vecchia maniera, ma esiste ancora.
Quali sono i progetti che abbondano nel suo spirito, che sembra in
costante ebollizione? Lavoro ad un progetto relativo all'esposizione coloniale del 1930, dove sono
stati rinchiusi dei Kanachi. Amerei anche girare in Etiopia perché la musica
etiopica mi tocca parecchio, ed è un paese dove l'Islam e la cristianità
coesistono pacificamente. Non si sa per quanto tempo durerà ancora. Ugualmente
lavoro a Le Dernier vol di
Lancaster con Marion Cottillard e Guillaume Canet. L'azione del film si
svilupperà nel Sahara del 1930.
L'immigrazione, i rapporti intercomunitari, conviene se diciamo che lei fa
un cinema sociale? No, perché è riduttivo. Ho fatto anche un blog con altri cineasti su questo
tema. Bisogna fare attenzione con il termine "sociale". Quando Catherine Deneuve
gira un film in 400 m2 sulla XVIe, non si dice che fa cinema sociale. Tuttavia,
lo è. Film sociale significa film sui poveri? Preferisco che si dica che faccio
film sui deboli, gli esclusi, i marginali. E' vero, sono soggetti che mi
attirano. Lascio ad altri il compito di fare dei film sulla pena di essere
ricchi: a ciascuno il suo sociale. L'ingiustizia è un motore artistico e
drammatico molto forte per me.
I delinquenti, i borseggiatori, c'erano già in Pigalle. I suoi personaggi
sono sempre su un filo. Ho scritto una pellicola sui borseggiatori con Simon
Abkarian, che incarna il padre di Marco in Khamsa. In Khamsa, va tutto liscio
finché non gira male. Avrei voluto essere un funambolo o un musicista. Essere al
limite di resistere o di cadere tra le spine, dalla bellezza alla vita. Nel
contempo, va a finire male per tutti. La morte ci attende. La vita è una
tragedia.
Qualche parola su di lei. Come cineasta lei è così precoce come i suoi
personaggi? Ho cominciato a filmare che avevo 12 anni, l'età di Marco. Avevo voglia di
fare delle foto e mia madre m'ha offerto un apparecchio fotografico. Ho trovato
che non si muovevano. Quindi mia madre a 12 anni m'ha regalato una cinepresa, da
allora non ho smesso di fare film.
Khamsa de Karim Dridi
Avec Marc Cortes, Raymond Adam, Tony Fourmann, Mehdi Laribi
Durée : 1h 48min.
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