Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Da
Roma_ex_Yugoslavia
http://www.youtube.com/user/pravonanaseljetv
Oggi (4 aprile ndr), le organizzazioni rom ed i loro alleati a Belgrado,
stanno organizzando una dimostrazione in risposta alla demolizione degli alloggi
della comunità rom nel Blocco 67, situato a Nuova Belgrado. La violenta e
sorprendente mossa di distruggere le case e l'intera comunità è stata
organizzata dalle autorità della Città di Belgrado, col supporto del sindaco
Dragan Djilas. C'è bisogno della vostra solidarietà!
Venerdì mattina (3 aprile), è iniziato lo sgombero violento e forzato delle
famiglie rom che vivono nel Blocco 67. I residenti di questa comunità dicono che
la demolizione è iniziata improvvisamente alle sei di mattina, guidata da un
ampio schieramento della polizia e di forze speciali. La brutalità della
polizia si è mostrata nell'evacuazione di emergenza di due donne della comunità.
Le proprietà ed i beni sono stati lasciati sotto le rovine. Una parte della
comunità sta ora passando la notte di fronte al Consiglio Cittadino. Sono senza
abiti pesanti, coperte, cibo e medicine (molti le hanno dovute abbandonare). I
residenti dicono che durante la giornata giovano non identificati su
motociclette li hanno provocati ed hanno installato la paura nella comunità.
Nel contempo, non è stata assicurata alcuna alternativa alloggiativa dal
governo della città, e nessuno si prende cura delle loro esigenze. Il Sindaco
Djilas ha annunciato che è "necessario che siano rimossi dall'area cosicché
possiamo costruire un nuovo viale necessario per lo sviluppo della città, e
tenere gli eventi pianificati per il futuro." Ha anche minacciato di impiegare
le forze di polizia per rimuovere qualsiasi protestante che intendesse bloccare
le strade. Queste azioni sono state precedute da una campagna sui mezzi di
informazione che giustificavano l'espulsione dei Rom che vivevano a Nuova
Belgrado, sotto considerazioni di "sicurezza" e "immagine cittadina" in vista
delle Universiadi 2009. Attraverso le sue dichiarazioni, il Sindaco Dragan Djias
ha contribuito alla relazione fascista contro i cittadini rom e giustificato la
distruzione delle loro case. Come alternativa il comune suggerisce un muro
attorno alla comunità cosicché "non vengano viste le deformità cittadine durante
l'Universiade."
Questo significa che l'Universiade sarà pagata con vite umane se necessario?
I nostri concittadini che sono stati lasciati senza casa sono determinati a
combattere per i loro diritti, il loro diritto alla vita, alla libertà, alla
casa e al lavoro.
Oggi (sabato) alle 13 è stata organizzata una protesta contro il brutale
comportamento con cui il governo di Belgrado preferisce risolvere i problemi
della città. Appoggiate la gente che è stata buttata per strada in questa
maniera violenta. Dobbiamo alzarci in solidarietà con i Rom di Belgrado, non
dobbiamo permettere che le loro case siano distrutte, che siano costruiti muri
fascisti e che la gente sia rinchiusa nei ghetti!
Chiediamo solidarietà internazionale per coordinare queste azioni (traduco il
testo sotto elencato in italiano, al link
Roma_ex_Yugoslavia trovate quello in inglese, se preferite ndr):
VI PREGHIAMO CONTATTARE I SEGUENTI: (1) Ufficio del Sindaco della Città di
Belgrado; (2) Ufficio del Presidente della Repubblica di Serbia; (3) Ufficio
Centrale della Federazione Sportiva Universitaria (che organizza l'Universiade a
Belgrado); (4) La vostra più vicina ambasciata o consolato serbo.
(1) Mayor's Office:
E-mail: natasa.golubovic@beogradsg.org.yu
Head of Office, tel: 3246-764, 3229-787
tel: 3247-424, tel/fax: 3344-675
Natasa Golubović
esperta
indipendente associata in affari internazionali
Spettabile Sindaco Dragan Djilas:
Le scrivo per esprimere il mio oltraggio sulla recente espulsione razzista di
50 famiglie dalla comunità rom del Blocco 67, vicino a Belvil a Nuova Belgrado.
Chiedo che il vostro governo prenda tutte le misure necessarie per fornire la
restituzione ai residenti della comunità e prevenire ogni ulteriore espulsione
di famiglie rom o la loro ulteriore esclusione sociale.
Belgrado non può aspettarsi di riqualificarsi agli occhi del mondo ospitando
le Universiadi o i contesti dell'Eurovisione, mentre continua a negare i diritti
fondamentali alla casa, impiego, vita e sicurezza dei suoi residenti,
particolarmente i più vulnerabili e socialmente esclusi.
Io chiedo che il vostro governo risponda ed incontri i propri obblighi di
fronte a numerose convenzioni internazionali e lavori per assicurare i diritti
dei residenti rom invece di schierare le forze di polizia per sopprimerli ed
ingaggiarli nella "pulizia sociale."
Distinti saluti,
(2) Presidente della Repubblica di Serbia:
GENERAL SECRETARIAT OF THE
PRESIDENT OF THE REPUBLIC OF SERBIA
Andricev venac 1, 11000 Beograd, Serbia
tel: +381 (0)11 3632-007, 3632-136
e-mail: kontakt.predsednik@predsednik.rs
www.predsednik.rs
Spettabile Presidente Boris Tadic:
Le scrivo per esprimere il mio oltraggio sulla recente espulsione razzista di 50
famiglie dalla comunità rom del Blocco 67, vicino a Belvil a Nuova Belgrado.
Imploro il vostro governo perché prenda tutte le misure necessarie per
sanzionare le Autorità della Città di Belgrado ed assicurare che forniscano
restituzione ai residenti di questa comunità rom e lavorino per prevenire ogni
ulteriore espulsione di famiglie rom o la loro ulteriore esclusione sociale in
Serbia.
Belgrado non può aspettarsi di riqualificarsi agli occhi del mondo ospitando
le Universiadi o i contesti dell'Eurovisione, mentre continua a negare i diritti
fondamentali alla casa, impiego, vita e sicurezza dei suoi residenti,
particolarmente i più vulnerabili e socialmente esclusi.
Io chiedo che il vostro governo risponda ed incontri i propri obblighi di
fronte a numerose convenzioni internazionali e lavori per assicurare i diritti
dei residenti rom invece di schierare le forze di polizia per sopprimerli ed
ingaggiarli nella "pulizia sociale."
Distinti saluti,
Segnalazione di clochard
[mercoledì 8 aprile 2009]
Alla Camera viene soppresso l’art. 5 del decreto legge che prevedeva il
prolungamento dei tempi di detenzione a sei mesi
Nuova battuta d’arresto sui Cpt. Già il Senato, nell’ambito della discussione
sul disegno di legge 733 (quello che tra le altre contiene la soppressione del
divieto di segnalazione da parte dei medici) aveva cassato la previsione di
trattenere un anno e sei mesi i migranti irregolari nei centri di detenzione.
Ma il Viminale, indisponibile a cedere sul governo delle migrazione tramite
l’incarcerazione (si dice in attesa di espulsione) aveva riproposto attraverso
il cosiddetto decreto "anti-stupri", tuttora in vigore, una norma simile,
che prolungava a sei mesi il trattenimento. Questo, non solo nel caso di
ostruzione all’identificazione (come previsto dalla contestatissima direttiva
europea sui rimpatri) ma semplicemente per difficoltà (magari burocratiche e
attribuibili alle autorità dei paesi d’origine) nel risalire alla
nazionalità dei migranti in attesa di espulsione.
Sulla sorte del decreto legge, che il Parlamento deve ratificare entro 60 giorni
dalla sua emanazione) per la parte relativa ai Cie, è però intervenuto un
emendamento di Udc e Pd che ha fatto sopprimere l’art 5 sostenuto dal voto
segreto di alcuni esponenti della maggioranza.
Uno "smacco" che non va giù alla Lega Nord che sull’immigrazione sta rigiocando
la sua legittimità.
Il terreno è tutto aperto, il decreto ancora in vigore, si attendono le
successive votazioni del Senato. Intanto però si afferma uno spazio di
possibilità nella realtà di una crisi che sta travolgendo profondamente gli
assetti monolitici della rappresentanza politica incapace di trovare risposte
adeguate allo scenario che abbiamo davanti. Le risposte sono confuse e vanno
dalle dichiarazioni belligeranti del Ministro Maroni (ricordiamo la sua
annunciata "cattiveria contro i clandestini") a quelle spiazzanti del
presidente della Camera Fini (macchè tolleranza, ci vuole integrazione...),
a quelle bonapartiste del presidente del Consiglio, attento a colpire la "pancia
del popolo" ma tanto astuto da saper ammorbidire le controversie spinose.
Chi volesse guardare a questo scenario con gli occhi classici della politologia
rischierebbe di impazzire. Chi prova a farlo con quelli dell’ideologia, di
ritrovarsi in una visione fantasiosa.
La nuda e cruda realtà è quella che tiene insieme il razzismo più becero che
vorrebbe scaricare la crisi sui migranti, insieme e contemporaneamente alle
centinaia di firme raccolte dai parlamentari della maggioranza contro la
segnalazione degli irregolari. Una matassa nuova.
A quanti pensano che il voto alla Camera contro l’art 5 del decreto significhi
la possibilità di rispondere al razzismo col voto dell’opposizione, diciamo che
il suo sguardo è corto e mistificatorio.
In gioco non c’è la capacità di votare, la decisione su questo o quel
provvedimento, ma la forza di decidere.
C’è qualcosa di nuovo che ha bisogno di trovare nuove istituzioni, nuovi momenti
di decisione. Le reti di solidarietà, quelle dei medici contro la delazione, le
reti auto-organizzate dei migranti, possono parlare ad un paese in cui la crisi
ha rotto ogni inibizione alla xenofobia.
La risposta al razzismo, nella crisi, non può che essere una risposta
moltitudinaria. Non quella degli esperti dell’immigrazione, non quella dei
migranti soli contro altri, ma quella di una società che dal basso sappia
riprendersi ciò che questo mondo così mal governato le ha tolto. La capacità di
decidere sul proprio futuro.
N. Grigion, Progetto Melting Pot Europa
Vedi anche:
The road
to Lampedusa - L’inferno ora dura 6 mesi
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