Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Ricevo da Roberto Malini sui fatti di Pesaro
INTERROGAZIONE AL MINISTRO DELL'INTERNO MARONI E AL MINISTRO DEL LAVORO,
DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI SACCONI
BERNARDINI
– Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle
politiche sociali.
– Per sapere –
Premesso che:
– Nella mattina del 25 febbraio, a Pesaro, circa 20 tra agenti della Polizia di
Stato e della Polizia Locale sono intervenuti in via Fermo 49, all’altezza
della fabbrica dismessa dove da quasi un anno si erano rifugiati 30 Rom romeni –
tra cui vittime di pesanti aggressioni e agguati razzisti, pazienti cardiopatici
e oncologici dell’ospedale San Salvatore, molte donne e 9 minori, compreso un
bimbo di pochi mesi – con l’obiettivo di notificare una denuncia di invasione di
stabile privato e notificazione di prossimo sgombero (senza alternativa
abitativa né assistenziale) e sottrarre tutti i minori ai genitori;
– Secondo gli attivisti del Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i
Diritti Umani incaricata ufficialmente dall’on. Viktoria Mohacsì al Parlamento
Europeo di monitorare e indagare sulla condizione del popolo Rom in Italia, gli
agenti avevano annunciato alle famiglie, alla presenza degli attivisti, che i
bambini sarebbero stati affidati ai Servizi Sociali e quindi sistemati in una
comunità. Solo le mamme, però, avrebbero potuto restare con loro, mentre i padri
sarebbero stati messi in mezzo alla strada;
– Durante l’operazione di polizia, secondo le testimonianze degli attivisti di
EveryOne accorsi sul posto (attestate da materiale fotografico), una giovane
donna è stramazzata a terra ed è stato necessario richiedere l’intervento di
un’ambulanza, mentre altre donne si lamentavano disperate e una mamma Rom
nascondeva un coltello da cucina in una piega della gonna e sussurrava che si
sarebbe sgozzata se l’avessero divisa dal marito. Inoltre, alcuni padri di
famiglia esprimevano le loro tragiche intenzioni di darsi fuoco con taniche di
benzina nel caso le loro famiglie fossero state smembrate. La preservazione
dell’unità familiare fa parte infatti della cultura Rom, nonché delle leggi
etiche e sociali del popolo Rom;
– E’ stata limitata e in diversi momenti interdetta dagli agenti ogni mediazione
umanitaria, nonché la libertà di movimento e comunicazione, da parte degli
attivisti del Gruppo EveryOne tra Rom e forze di Polizia, anche da parte di Nico
Grancea, giovane attivista Rom testimone e consulente con mandato per il
Parlamento europeo e organizzazioni internazionali per i Diritti Umani;
– Impaurite dalle parole e dall’atteggiamento degli agenti di polizia, le madri
Rom hanno approfittato di un momento di distrazione degli agenti per mettersi in
fuga con i propri bambini, scongiurando un’azione di sottrazione dei minori da
parte delle Forze dell’Ordine e facendo perdere definitivamente le proprie
tracce, mentre i padri e gli altri Rom sono rimasti senza alcuna meta né punto
di riferimento, e alcuni di loro hanno deciso di rientrare in Romania per
evitare repressioni di qualunque tipo;
– Secondo articoli de “Il Messaggero” e de “Il Resto del Carlino” del 2 agosto
2008, nelle edizioni locali pesaresi, il Comune di Pesaro si era impegnato
formalmente a garantire, anche ai membri EveryOne, un programma assistenziale
casa–lavoro per la comunità Rom in questione ed escludeva ogni azione forzosa,
come per l’appunto uno sgombero. Tale asserzione è confermata da dichiarazioni
pubbliche su quotidiani locali dell’assessore alla Sicurezza Riccardo Pascucci,
del Sindaco Luca Ceriscioli e dell’assessore alla Cultura Marco Savelli. Per
questi motivi la comunità Rom pesarese è rimasta nella fabbrica, in attesa
dell’attuazione del piano di integrazione promesso, mai portato a compimento;
– Il Gruppo EveryOne aveva segnalato da alcuni mesi nomi, cognomi e
caratteristiche della comunità Rom sia ai Servizi Sociali che alle Autorità per
sollecitare un intervento assistenziale di tipo umanitario che sopperisse ai
bisogni primari delle famiglie in indigenza;
Considerato che:
1. La legge 149/2001 stabilisce che lo stato di povertà della famiglia non è
motivo sufficiente al fine dell'adottabilità o dell'inserimento del minore in un
diverso ambiente: “Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore
esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio
del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia
sono disposti interventi di sostegno e di aiuto” (art. 1 c. 3)
2. Secondo quanto prescrive la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
d'Europa 2004/38/CE, riguardante la libera circolazione dei cittadini europei
all'interno degli Stati membri, le norme europee tutelano l'integrità delle
famiglie e trattandosi di cittadini dell'Unione europea con residenza regolare
in Romania è da escludersi in ogni sede l’adozione di procedure che possono
ritardare il loro libero e volontario rientro in Patria, così come l'affidamento
ingiustificato dei figli a persona o Istituzione diversa dai genitori;
3. Le norme europee che tutelano il popolo Rom sono ancora più esplicite
riguardo al valore civile e sociale delle famiglie unite, come riassume la
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2007, ed è sottolineata
l'importanza del nucleo familiare Rom e la sua tutela da parte delle Istituzioni
nella Risoluzione del Parlamento europeo del 31 gennaio 2008 su una strategia
europea per i Rom;
se siano a conoscenza dei fatti e se l’operazione delle forze dell’ordine è
stata concordata con l’amministrazione comunale di Pesaro e per quali motivi nel
caso di specie non si è tentato di procedere in modo alternativo e meno
traumatico;
quali iniziative intendano prendere al fine di ripristinare il rispetto della
legge, evitando il perpetuarsi di ulteriori episodi quali quelli descritti,
configurabili come una violazione dei diritti umani, in particolare quelli alla
non–discriminazione e alla libera circolazione, diritto previsto dalle norme
europee;
cosa si intenda fare, vista l’evidente emergenza sociale e sanitaria esistente
in numerosi campi rom, abusivi e non, al fine di salvaguardare la salute di
coloro che ci vivono con particolare riferimento ai bambini;
se non si ritenga un errore gravissimo continuare ad affrontare l’emergenza rom
come un problema di ordine pubblico e che di conseguenza sia necessario, con il
contributo delle stesse comunità, ricercare politiche di accoglienza che
favoriscano l’inserimento e salvaguardino la dignità e la cultura degli stessi.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
info@everyonegroup.com ::
www.everyonegroup.com
Tel: (+39) 334–8429527 – (+39)331–3585406
Da
Romanian_Roma
by
Barbara Frye - 2 marzo 2009
Un ambizioso progetto offre alle Romnià e ad altre donne una possibilità
di uscire dai parti a ripetizione
HOLOD, Romania | Lenuta Gruia ha appena dato alla luce il suo settimo figlio.
Lei aveva 28 anni e, per un certo periodo, ha avuto un figlio all'anno. Suo
marito era un violento alcolista che non contribuiva per niente alle attività di
casa.
Mentre era un'altra volta in ospedale, disperata ed esausta, ha chiesto ad un
dottore se ci fosse niente che potesse prendere per non avere bambini. Gruia era
contraria all'idea della sterilizzazione, così accolse il suggerimento di usare
il Depo-Provera, un contraccettivo iniettabile.
Lenuta Gruia
"Era pazzesco" ha detto in un pomeriggio di metà dicembre. "Sette bambini e
tutti piccoli. Non potevo farci fronte e con un marito ubriaco."
Ogni tre mesi per il seguente paio d'anni, Gruia fece il viaggio di circa 15
miglia sino al villaggio vicino per avere un'altra iniezione. Ogni volta, pagava
circa $ 100. Fu una fortuna che qualcuno appoggiasse quella famiglia di nove
persone con lavori occasionali che lei dice fruttavano circa € 150 al mese.
E' un quadro fosco, ma Gruia, una Romnì, è davvero l'eroina di una storia di
successo. Quando il dottore locale - l'unico per una municipalità di otto
villaggi e 3.000 abitanti - introdusse la pianificazione familiare gratuita, fu
la prima ad aderire ed è diventata la più abile nel far proseliti.
"La gente dice sempre che i Rom sono pigri," dice Gruia che era solita
raccontare alle donne riluttanti del villaggio. "Ma guardate me. Sette anni fa,
io andavo a Beius per non avere figli e pagavole medicine. Ora le avete gratis e
non siete disposte a farlo?"
Benché sembri che le donne non abbiano bisogno di grandi convincimenti. A
Dumbrava, un insediamento di circa 600 Rom, ha detto Relu Andor, il dottore, che
quando partì il programma nel 2003, 10 donne vi presero parte. Nel 2005, vi
partecipavano in 105. Il numero è sceso poi rapidamente a 30, soprattutto come
risultato della migrazione in altri paesi dopo l'entrata della Romania
nell'Unione Europea - e molte di quelle donne optarono per la sterilizzazione
dopo la partenza - o perché, continua Andor, alcune donne scelsero di volere
nuovamente dei bambini.
Ci fu una piccola riluttanza inizialmente tra gli uomini più religiosi, che
sono Pentecostali e ritengono che usare il controllo delle nascite sia uccidere
lo sperma. "Questo non è vero," ha detto loro il dottore. "Vogliamo solo dare
loro un po' di tranquillità."
UNO E' PIU' FACILE DI TRE
Ogni giovedì, Andor monta sul suo SUV nero e supera le rattoppate strade per
Dumbrava, dove fa i suoi giri, distribuendo iniezioni e pillole.
Sua moglie ed assistente, Aurelia, compila uno spesso registro, pagina dopo
pagina riempite a mano: nome, prescrizione e data. In questo modo, il dottore sa
a chi è dovuto un certo trattamento.
Se non trova una donna a casa sua, di solito può contare sul vederla nella
clinica, a diverse miglia da Dumbrava. "Loro sono qui," dice. "Se c'è neve in
inverno, caldo in estate, il giorno stabilito per l'iniezione sono qui. Arrivano
la mattina col bus o più tardi in bicicletta."
Il tasso di fertilità è cresciuto ancora. Nel 2003, nell'insediamento c'era
una nascita ogni 19 donne in età fertile. L'anno scorso, il tasso era di una su
17. Questo supera parecchie volte la media rumena, ma Andor dice che la maggior
parte delle gravidanze sono state programmate. Altrimenti, il numero sarebbe
stato ancora superiore, aggiunge.
L'urgenza del programma è ovvia. Un freddo giorno di dicembre, adulti e
bambini stanno fuori dalle loro case o sulla strada fangosa che taglia
attraverso Dumbrava. Le donne portavano secchi di plastica verso un pozzo
comunale. La maggior parte degli uomini era andata nella foresta per guadagnare
circa 10 euro al giorno tagliando legna. Andor racconta che la scuola più
vicina, distante diversi km., non avrebbe accettato i bambini rom.
E' giorno di scuola, ma questi ragazzi rom non sono i
benvenuti nella scuola più vicina
Qui le case sono solide, fatte di legno coperto d'intonaco, ed alcune sono
dipinte di uno strano blu cielo. La maggior parte ha due stanze. Dumbrava è
molto lontana dai terrificanti insediamenti rom in alcune parti d'Europa,
accanto a discariche e depositi tossici. Nondimeno, qui la gente vive alla
giornata, e le donne accolgono le domande del giornalista sull'importanza di un
programma di pianificazione familiare con educata incredulità.
"E' logico che è più facile con un bambino invece che con tre," dice Maria
Gruia, 23 anni e nessuna parentela con Lenuta, cullando in grembo sua figlia
Marina di 7 anni.
Le statistiche sui tassi di nascita suddivise per etnia non sono disponibili
in Romania, ma setacciando le statistiche UE e quelle governative, un gruppo di
appoggio ha estrapolato che circa il 23% dei bambini in Romania sono Rom. Dato
che i Rom rappresentano circa l'11% della popolazione, ciò rende il loro tasso
di nascita significativamente più alto della media nazionale.
"Mediante aneddoti, quando nei gruppi di discussione chiediamo alle Romnià
qual'è il numero ideale di bambini in una famiglia, la grande maggioranza dice
due," ha scritto in unae-mail Leslie Hawke, co-fondatrice di Asociatia Ovidiu Rom,
il cui scopo è che ogni bambino rumeno vada a scuola. "La ragione per cui il
loro tasso di nascita è così alto NON è perché vogliano così tanti bambini! (e
neanche perché lo domandino i loro mariti) E' perché la principale forma di
controllo delle nascite è l'aborto - che significa diverse volte all'anno, una
donna altamente fertile deve decidere se tenere o no un bambino. E allora deve
attivamente cercare il termine ed agire con dottori che frequentemente sono
sprezzanti verso di lei."
Anche i tassi di aborto non sono disponibili, e le donne di Dumbrava
intervistate per questo articolo hanno detto di non averne avuti. Ma i tassi
d'aborto in Romania sono storicamente alti, dove un divieto sul controllo delle
nascite sotto il regime comunista portò molte donne a terminare illegalmente le
gravidanze indesiderate.
JSI Research and Training, un gruppo di ricerca sulla sanità pubblica
di Boston, Massachusetts, ha formato i dottori, incluso Andor, per il programma,
che è durato dal 2001 al 2006. Nel rapporto finale si certifica che il tasso
d'aborto è sceso da 1.157 a 685 aborti ogni 1.000 nati, durante i cinque anni
del programma. Sono scese anche la mortalità materna ed infantile.
JSI ha varato il programma con l'Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale
ed il Ministero Rumeno della Sanità Pubblica allo scopo di migliorare
l'assistenza sanitaria primaria per i gruppi vulnerabili in Romania. Nel 2004, è
stato allargato da otto a tutte le 42 contee del paese, e dal 2001 al 2006, la
spesa del Ministero della Sanità per "acquisizione e gestione" dei metodi
contraccettivi è cresciuta di 18 volte, da $ 100.000 a $ 1,8 milioni.
Sin dall'inizio del programma, il governo si è mosso per rendere gratuito a
tutti i rumeni i servizi di pianificazione familiare, senza curarsi dello status
assicurativo e ora fornisce contraccettivi gratuitamente a chi ne ha i
requisiti. Dal dicembre 2006, l'80% dei villaggi rurali ha almeno un assistente
sanitario formato alla pianificazione familiare.
Aurelia Andor ha detto che alcune Romnià con cui lei e suo marito hanno avuto
a che fare, hanno partorito due volte in un anno prima del lancio del programma,
e suo marito ha detto di aver deciso di partecipare al programma dopo aver visto
troppe ragazzine incinte. Quel problema non è stato superato: una dodicenne e
una quindicenne sono incinte e un'altra ragazza di 15 anni ha recentemente
partorito.
Ma Relu Andor ha aggiunto che molte delle madri hanno iniziato a portare le
loro figlie nella clinica per le pillole per il controllo delle nascite o
iniezioni di Depo-Provera quando raggiungono la pubertà.
Lenuta Gruia ha aspettato un poco più a lungo. Ha detto che quando la sua
figlia maggiore, 19 anni, ha avuto il primo figlio: "Le ho detto 'Ragazza, vuoi
avere sette figli come me?' L'ho presa per mano e portata dal dottore.
Barbara Frye è redattrice di TOL. Robert Matei, studente di
giornalismo all'Università Babes-Bolyai di Cluj, ha contribuito all'articolo.
Foto di Barbara Frye.
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