Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Due articoli di Giulia Cusumano da ChiAmaMilano:
MENO
FACILITATORI, PIU' DIFFICOLTA'
Sempre meno fondi statali per l'integrazione degli alunni stranieri. La
Provincia corre ai ripari e stanzia 4 milioni di euro
Una decina di anni fa erano 447, oggi sono appena 98. L'esercito dei
facilitatori di inserimento all'interno delle scuole della provincia di
Milano è stato letteralmente falciato via da una raffica di tagli dettati
dal Ministero dell'Istruzione.
A fronte di un aumento annuale del 13% dei ragazzi stranieri nella
popolazione studentesca milanese, diminuiscono viceversa le figure di
riferimento capaci di aiutare i giovani stranieri ad inserirsi nelle classi. Il
rapporto alunni-insegnanti, che nel ‘99-2000 era di 1 a 50, nel 2007-2008 è
stato pari a più di 1 a 500.
Per questo la Provincia scende in campo stanziando per il 2009 ben 4 milioni di
euro. Con il progetto "Non uno di meno", giunto al quarto anno e realizzato in
collaborazione con il Centro COME, l'Ufficio Scolastico e l'Università Bicocca,
verranno finanziati laboratori di italiano per gli studenti e corsi di
formazione per i docenti, oltre ai servizi di consulenza delle scuole, di
orientamento scolastico per i ragazzi e le famiglie immigrate e di mediazione
culturale. Il progetto, che negli anni scorsi ha coinvolto 29 istituti e 1.761
studenti, è rivolto a tutte le scuole superiori che ne faranno richiesta.
"La scuola è il primo elemento di integrazione –ha spiegato l'Assessore
Provinciale all'Istruzione Giansandro Barzaghi (ascolta
l'intervista) – Siamo contrari alle classi ponte che invece segregano gli
studenti stranieri e li differenziano. Noi vorremmo seguire il modello integrato
europeo, non quello separatista di alcuni lander tedeschi".
Con la legge 517 del 1977 in Italia venivano abolite le classi differenziali
per gli studenti svantaggiati. Oggi, con l'istituzione delle "classi ponte"
promossa dalla Lega, c'è il rischio di tornare indietro di 30 anni.
Eppure oggi gli studenti "svantaggiati" oggi sono molti di più. Dati
ministeriali parlano di un incremento di mezzo milione di iscritti di origine
straniera in dieci anni. Se nell'anno 1999-2000 gli studenti di cittadinanza non
italiana in Italia erano 119.679, oggi sono 572.621.
Secondo il Dossier Immigrazione Caritas/Migantes la Lombardia è la prima regione
per quanto riguarda la numerosità delle presenze (137.444 pari al 24%
dell'intera popolazione straniera nelle scuole italiane), mentre la Provincia di
Milano con i suoi 53.387 alunni stranieri, è la prima per numerosità non solo in
Lombardia, ma anche a livello nazionale.
Oggi in Italia circa 1 bambino su 20 non è italiano, in Lombardia 1 su 10. E'
stato stimato che nel 2050 i bambini di origine straniera nelle scuole saranno
di più di quelli italiani.
Risulta chiaro come gestire il multiculturalismo all'interno delle classi sia
di fondamentale importanza. Di soldi lo Stato e gli enti locali ne mettono
sempre meno, tanto che, come ormai accade frequentemente, sono i privati ad
investire in un servizio che dovrebbe essere garantito dal pubblico. La
Fondazione Cariplo quest'anno investirà un milione e duecentomila euro per
finanziare progetti di integrazione culturale in 15 scuole di Milano e altre 15
tra Brescia e Mantova.
"Il Comune ha via via ridotto la sua presenza –spiega Patrizia Quartieri,
consigliere comunale di Rifondazione Comunista– Invece di investire nella figura
dei facilitatori si è preferito allocare le risorse ai singoli istituti che li
gestiscono autonomamente affidandosi a cooperative che non sempre mettono a
disposizione operatori preparati e competenti. Non solo le poche risorse a
disposizione conducono a una scelta al ribasso. Il Comune non compie neppure un
controllo sulla qualità dei servizi".
Anche da Roma mancano fondi specificamente destinati alla figura dei
facilitatori. "Ci vorrebbe cooperazione tra stato ed enti locali; non è soltanto
una questione di soldi; manca una volontà politica e una regia." Conclude la
Quartieri.
Tra la grande stagione dei tagli avviata dall'attuale Governo e
le
sconfortanti previsioni di bilancio previste da Palazzo Marino per il 2009
(link articolo 16 ottobre "futuro da ribilanciare"), difficile che saltino fuori
soldi per il ripristino dei facilitatori. Più facile, oltre che politicamente
più coerente con la linea "protezionista" tanto cara alla Lega, creare delle
classi differenziali per chi italiano non è.
L'INTERCULTURALITA'
NASCE TRA I BANCHI DI SCUOLA
Soprattutto per i più piccoli l'integrazione e l'apprendimento dell'italiano
è più facile all'interno di classi normali e accanto ai coetanei italiani
"I bambini si aiutano, si capiscono, creano solidarietà e amicizia. Sono loro i
veri facilitatori linguistici".
Lo assicura Luigi Ambrosi, insegnante della scuola elementare Fabio Filzi in
zona Corvetto. Lì di bambini stranieri ce ne sono tanti: 6 su dieci hanno
origine non italiane, anche se molti di loro nel nostro paese ci sono nati.
Lì fino a 10 anni fa di facilitatori ce n'erano diversi, lui era uno di loro.
Oggi ce n'è solo uno.
"L'anno scorso eravamo supportati dagli operatori di due cooperative
incaricati dal Comune che si sostituivano ai facilitatori. Quest'anno ci hanno
tolto anche questo servizio, non sappiamo perché" spiega Ambrosi.
Le cooperative, ci racconta l'insegnante, essendo composte da operatori che
girano e che cambiano in continuazione, non erano comunque la soluzione ideale.
I facilitatori, viceversa, si inseriscono a 360 gradi nell'ambiente in cui
lavorano, conoscono le storie dei bambini che seguono e delle loro famiglie, il
loro passato e il loro presente.
Eppure la situazione è gestibile. Non ci sono alunni che bloccano i lavori
della classe, anzi; i casi di eccellenza si registrano proprio tra i bambini
stranieri. "C'è più impegno, più rispetto dell'istituzione scolastica, e
soprattutto c'è la speranza del riscatto attraverso la mobilità sociale. Una
speranza che molte famiglie italiane disilluse hanno perso da tempo".
Nelle classi in cui lavora Ambrosi ci sono bambini con gli occhi a mandorla e
bambini con la pelle color caffelatte. Molti di loro sono nati in Italia.
"I neoarrivati a Milano dopo 6 o 7 mesi tra i banchi di scuola hanno già
acquisito il 70% della conoscenza dell'italiano. Ma non è solo una questione di
lingua-spiega l'insegnante- il progetto mandato avanti per anni attraverso la
figura dei facilitatori parlava di interculturalità e integrazione, di aiuto
alla comprensione e di insegnamento alla solidarietà".
Ambrosi ci racconta dei capodanni cinesi e delle ricorrenze musulmane
preparati e festeggiati con entusiasmo e divertimento dai "suoi" bambini; ci
racconta immagini di amicizia ed uguaglianza, di condivisione e curiosità, di
avvicinamento e reciprocità.
Ci racconta che l'integrazione, quella parola di cui si riempiono la bocca
alcuni politici sostenitori delle "classi ponte", prevede bilateralità, non
assimilazione; scambio, non imposizione.
Perché il rapporto tra culture diverse non arricchisce soltanto i bambini
stranieri; anche quelli italianissimi, le cui origini ed usanze qualcuno si
affanna a voler preservare a tutti i costi da eventuali pericolose
contaminazioni esotiche, ricevono insegnamenti e informazioni preziosissime per
la loro crescita individuale.
Imparare a comprendere che esistono punti di vista differenti, imparare a non
fossilizzarsi in schemi prestabiliti. Imparare che la "diversità" è bella,
stimolante, costruttiva; questo è l'arricchimento più prezioso.
Da
Roma_Francais
9 novembre 2008 - 122 Rom abitano su un terreno abbandonato di Fréjus dal
maggio 2007. In cinque anni, è il quarto sito dove si sono installati e da cui
sono stati sgomberati. Sono state acquistate dal Soccorso cattolico alcune
roulottes in buono stato.
Alin ha 23 anni. I suoi due bambini corrono nella roulotte, il terzo nascerà
tra poco. La famiglia abita [...] lì da cinque anni. Prima, questi Rom hanno
percorso l'Italia e il Belgio. La Romania, il suo paese? "Non bene," si
scioglie, la voce grave."No lavoro, no casa. Niente." Tuttavia, questi metri
quadrati illuminati da un debole lampada sono lontani da costituire un paradiso.
Ma si riesce a guadagnare un po' di denaro. Non molto - e sempre di meno, si
rammarica. Prima dell'estate, il rottame di rivendeva a 26 centesimi al chilo.
Il prezzo è crollato: 3 centesimi oggi. Neanche di che rimborsare il gasolio
sino a Pignans, dov'è la raccolta.
"Quando i bambini hanno fame," va a mendicare. Così da portare qualche euro
al giorno.
Accompagnamento sociale e professionale
Come Ali e sua moglie Grenguta, 21 anni, ci sono 122 Rom che vivono da maggio
2007 su quest'area, che appartiene ad un proprietario privato. Da almeno cinque
anni che il piccolo gruppo si è formato a Fréjus, le 28 famiglie ed altrettante
roulottes hanno già cambiato posto quattro volte. Anche da qui devono partire,
l'ordine di espulsione è ufficiale. Ma hanno ottenuto una proroga. La forza
pubblica non sloggerà le famiglie. Piuttosto che smuoverli, si cerca di
risolvere il problema.
Lo Stato ha indetto un comitato pilota per trovare una soluzione "prima della
fine dell'anno," spera Caroline Gadou, sotto-prefetto incaricato della missione
(alloggio, impiego, politica cittadina). Sono stati esplorati due siti. Ma tra
le zone inondabili, quelle esposte agli incendi, i proprietari recalcitranti ed
i vicini malfidenti, non è per niente facile. "L'obiettivo non è soltanto
trovare un luogo d'accoglienza, ma anche organizzare l'accompagnamento sociale e
professionale," aggiunge Caroline Gadou.
E' il compito affidato a Sichem. Mediatore di questa associazione, Philippe
Loiseau conosce i Rom da tempo. Inizialmente con il Soccorso cattolico, dove ha
militato e che ha aiutato molto. "Quando li ho incontrati, mi sono detto: che
problema!" Ha imparato a conoscerli uno per uno, con le loro qualità e difetti.
"E' la povertà della povertà," dice semplicemente di questa popolazione fuggita
da un paese (da quando si sono aperte le porte della Romania dopo Ceausescu),
colpiti dalla discriminazione.
Le ragioni per essere lì: "Quando voi non avete da mangiare, se trovate un
posto dove mangiare, anche male, vi fermate." Ma in nessun caso, insiste il
mediatore, le associazioni presenti sul terreno hanno contribuito a far fermare
i Rom. Erano già là, radicati su questa terra.
Rompere i pregiudizi
Cittadini europei, attualmente i Rom hanno il diritto di circolare
liberamente e di vivere in Francia. Ma restano miserabili, perché per il lavoro,
"è più complicato, spiega l'assistente sociale di Sichem, Christelle Berger, il
padrone deve chiedere un autorizzazione per loro, come la carta verde negli
USA."
Christelle aiuta quanti vogliono organizzare il loro ritorno. Il suo lavoro è
anche di difendere il loro diritto alla sanità e all'istruzione. Una ventina di
bambini vanno a scuola o al collegio, a Fréjus, in edifici diversi. L'assistente
sociale si occupa dell'urgenza: una bombola di gas, un aiuto, "con un contratto,
Non siamo una banca." E' un dare per avere. I Rom apprendono a farsi carico, a
tenere il terreno pulito, ad essere buoni cittadini.
"Ma hanno bisogno di talmente tante cose," sospira Philippe. E rompere i
pregiudizi, non è facile. Conclude Christelle: "Mi piacerebbe che la gente
venisse a vedere la realtà. Comprenderebbero che se un bambino arriva coperto di
fuliggine a scuola, è perché si scalda ad un fuoco di legna. E che non ha acqua
calda per lavarsi."
Catherine Aubry
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