Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 13/11/2008
Da
Fondazione Anna Ruggiu
Comunicato stampa con preghiera di diffusione
Anche per l’anno 2008, la Fondazione Anna Ruggiu conferisce alcune Borse di
studio riservate a giovani appartenenti all’etnia Rom che frequentino con
profitto la scuola.
L’iniziativa, giunta ormai alla V° edizione, ha favorito la scolarizzazione
di diversi giovani Rom che abitano nei campi della Sardegna, alcuni dei quali
hanno già conseguito un diploma delle scuole secondarie, altri le frequentano
con soddisfacenti risultati e ci si aspetta che il contributo offerto dalla
Fondazione possa rafforzare ed accelerare il processo di scolarizzazione ormai
da anni in atto tra le comunità rom della Sardegna.
L’obbiettivo è quello di favorire, attraverso l’elevazione culturale, la
comprensione reciproca tra le culture, nella convinzione che il raggiungimento
di elevati livelli di istruzione tra gli appartenenti all’etnia Rom, possa
svolgere una funzione estremamente positiva in tale direzione. Alcune esperienze
scolastiche, peraltro, dimostrano come sia possibile raggiungere elevati livelli
di integrazione.
La cerimonia di consegna delle borse di studio, che ammontano a complessivi
5.000 euri, si svolgerà sabato 15 novembre e 10,30 presso il Centro di
aggregazione sociale di Pabillonis,
I ragazzi premiati quest’anno non sono semplicemente studenti che riescono a
superare una classe, ma giovanissimi che si sono distinti per il merito e che,
in alcuni casi, possono a buon titolo figurare tra i migliori della propria
classe. Provengono da realtà diverse, Sassari, Pabillonis, Monserrato e ciascuno
di essi si distingue per propri peculiari talenti.
Speriamo, un giorno, di trovare alcuni di essi tra i banchi dell’Università.
L’iniziativa, è realizzata in collaborazione con l’Unicef della Provincia di
Cagliari, e con l’Amministrazione comunale di Pabillonis e coinvolge altre
istituzioni, a cominciare dalla Caritas, particolarmente attive in questo
settore.
Speriamo che, almeno per un giorno, le cattive notizie di cronaca relative ai
Rom, alle quali siamo abituati possano lasciare il posto ad altre notizie di
cronaca più positive e, soprattutto, capaci di creare un clima di fiducia e di
speranza.
Da
ReteRom
18 novembre - ore 17.30
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
Via Castellaneta, 10 - Roma
Incontro con:
Beppe Rosso e Filippo Taricco, autori del libro La città fragile.
Najo Adzovic, autore del libro Il popolo invisibile.
Francesco Careri, autore del libro Walkscapes. Camminare come pratica
estetica.
Proiezione del video:
"Savorengo Ker: la casa di tutti" presentato alla XI Biennale Architettura di
Venezia nell'ambito della mostra L'Italia cerca casa - Padiglione italiano.
Regia e montaggio di Fabrizio Boni.
Immagini di Donatello Conti, Frediano Iraci Sareri, Aldo Innocenzi, Francesco
Careri, Azzurra Muzzonigro.
Beppe Rosso legge:
"Seppellitemi in piedi", primo capitolo del libro La città fragile. Zingari
romeni scappati dal loro villaggio in fiamme e accampati nella periferia di una
metropoli; ragazze albanesi rapite di casa e gettate sui marciapiedi; italiani
che vanno in rovina e sono costretti a vivere in strada. Vite consumate nella
violenza di uno spazio aperto con i tentativi di abitarlo, i gesti quotidiani e
il bisogno di ritrovare una dignità e un'ironia per stemperare il dramma.
Tre racconti in cui la città fragile si sovrappone alla città di sempre
collocandosi al centro della narrazione, e la vita, quella più vera e umana,
prende la parola al di sopra e dentro il brusio metropolitano.
Al termine scambio interculturale di sapori e saperi
INGRESSO LIBERO
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO
Via Castellaneta, 10 - Roma
info 0645460705
www.teatrobibliotecaquarticciolo.it
di Sergio Franzese
pubblicato su HaKeillah, giornale del Gruppo torinese di Studi Ebraici
Lo scorso numero di Ha Keillah ha dedicato ampio spazio alla
questione Rom pubblicando interventi da cui emerge la preoccupazione degli ebrei
torinesi per i provvedimenti dal forte sapore discriminatorio varati dal governo
Berlusconi. Tra questi, ad aver suscitato maggiori critiche, è il progetto di
schedatura con rilevamento delle impronte digitali a tutti i residenti
all’interno dei campi nomadi, anche ai minori, compresi coloro che come i Sinti
sono cittadini italiani. Dello stesso argomento si era parlato in occasione
dell’incontro "Società e xenofobia" organizzato dalla Comunità e dal Comitato
Oltre il Razzismo svoltosi il 7 luglio nei locali del Centro Sociale e che ha
visto un’ampia ed attiva partecipazione.
A settant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali è
doloroso constatare il riaffiorare di sentimenti di ostilità verso una parte
della popolazione considerata estranea, complice un clima di paura irrazionale
fomentato da forze politiche che in questo momento sono alla guida del paese e
che attraverso la progressiva demolizione dei principi democratici fanno
paventare il rischio di un ritorno al fascismo (il quale, per essere considerato
tale, non ha bisogno di olio di ricino e manganelli).
Per tornare alla questione, come scrive Francesco Ciafaloni
nel suo articolo (Ha Keillah n.3/2008 – pag. 8), "gli tzigani, per lo più,
sanno poco dei gaggi e i gaggi non sanno assolutamente nulla degli tzigani, al
di là della caricatura negativa, e di quella romantica, che possono
tranquillamente convivere" (gaggi o gagé è il termine in
lingua romaní che indica chi non appartiene all’etnia zingara). Credo che in
linea di massima abbia ragione. Una migliore conoscenza degli aspetti
storico-culturali e delle problematiche di questo popolo può far meglio
comprendere le dinamiche che sono all’origine dei conflitti che da sempre
segnano il rapporto tra zingari e gagé; per questo ho ritenuto che
valesse la pena suggerire alcune letture che potranno aiutare a gettare uno
sguardo verso quell’altrove (sia esso luogo o dimensione) nel quale Rom e Sinti
vengono spesso relegati.
La bibliografia in lingua italiana sull’argomento è vasta ma
non abbondante. Essa comprende sia testi di autori italiani che traduzioni di
autori stranieri. Diversi libri, tra cui anche alcuni basilari, purtroppo sono
ormai fuori commercio ma possono essere reperiti in biblioteca. Tra questi i
titoli più significativi sono Mille anni di storia degli Zingari di
François de Vaux de Foletier (Jaca Book, Milano, 1978) e Il destino degli
Zingari di Donald Kenrick e Grattan Puxon (Rizzoli, Milano, 1975). Sul
versante culturale, una trilogia a cura del gruppo Arca, è stata pubblicata
dalla casa editrice milanese IGIS tra il 1978 ed il 1982: La mano allo
zingaro (magia di una cultura), Arte nomade (il senso artistico degli
Zingari), Gli ultimi nomadi (poesia nel mondo zingaro). Da segnalare
anche Zingari ieri e oggi, a cura di Mirella Karpati (Lacio Drom, Roma,
1993), i volumi di Leonardo Piasere, Popolo delle discariche. Saggi di
antropologia zingara (CISU, Roma, 1991), Un mondo di mondi.
Antropologia delle culture rom (L’ancora del Mediterraneo, Napoli, 1999) ed
infine la rivista di studi zingari Lacio Drom, pubblicata dal 1965 al
1999.
Sul "Porrajmós", lo sterminio nazifascista nel quale furono
uccisi mezzo milione di zingari, hanno scritto Christian Bernadac,
Sterminateli! Adolf Hitler contro i nomadi d’Europa (Fratelli Melita
Editori, La Spezia, 1988), Otto Rosenberg, La lente focale. Gli zingari
nell’Olocausto (Marsilio, Venezia, 2000) e Guenter Lewy, La persecuzione
nazista degli zingari (Einaudi, Torino, 2002). Sullo stesso argomento vorrei
ancora ricordare l’ottima documentazione contenuta nei DVD e nel libretto ad
essi allegato dal titolo A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli
Zingari (editrice A, Milano, 2006) da me recensiti su questo stesso giornale
(n. 1/2007).
Con questo articolo intendo però soffermarmi su quattro
recentissime pubblicazioni, uscite quasi contemporaneamente nei mesi scorsi e
che seguono di poco il saggio curato da Marco Impagliazzo, Il caso zingari
(Leonardo International, Milano, gennaio 2008 – pagg. 126 - € 12), di cui ci
parla Emilio Jona sempre su Ha Keillah n. 3/2008 a pag. 9. La prima di esse è
La città fragile (Bollati Boringhieri, Torino, aprile 2008 - pagg. 92 - €
12). Si tratta della raccolta dei testi teatrali della "Trilogia
dell’invisibilità" curata dall’attore teatrale torinese Beppe Rosso e dallo
sceneggiatore Filippo Taricco. Dei tre capitoli il primo di essi "Seppellitemi
in piedi" ripercorre la vicenda dei Rom rumeni approdati alla periferia di
Torino dieci anni fa e raccontata da Marco Revelli nel suo libro-testimonianza
Fuori luogo. Cronaca da un campo Rom (1999, stessa casa editrice). È
interessante, alla luce dell’ "emergenza" dei Rom rumeni di cui tanto si
continua a parlare, riesaminare gli esordi di una vicenda che mette a nudo non
solamente la fragilità dei protagonisti ma anche quella delle istituzioni che di
fronte a ciò che interviene a scompigliare l’ordine costituito si mostrano quasi
sempre ed ovunque incapaci di fornire soluzioni adeguate e spesso ricorrono a
decisioni di natura repressiva (sgomberi, allontanamenti, espulsioni, ecc.).
Lorenzo Monasta, medico epidemiologo con esperienze di lavoro
in Africa e nei campi nomadi in Italia, è l’autore de I pregiudizi contro gli
"zingari" spiegati al mio cane (BFS-Edizioni, Pisa, 2008 - pagg.80 - € 8).
Il titolo potrebbe indurre a pensare che si tratti di un libro ironico e poco
impegnativo. Anche se in alcuni punti l’ironia non manca il testo pone il
lettore di fronte agli atteggiamenti di rifiuto che molte persone adottano nei
confronti dei Rom e dei Sinti, di cui conoscono poco o nulla, e ancora una volta
mette in risalto l’analfabetismo culturale dei politici e delle amministrazioni
locali. Facendo venire allo scoperto ed analizzando i comportamenti sbagliati,
incoerenti, buonisti, che impediscono un approccio normale con la realtà
zingara, il lettore viene posto di fronte a più di un interrogativo; la sfida è
trovare in sé le risposte. In breve, un libro sintetico ma niente affatto
banale.
Anche se il titolo Zingari di merda (Effigie, Milano,
maggio 2008 - pagg.93 - € 15) appare spiazzante e provocatorio, si deve dare
atto ad Antonio Moresco e a Giovanni Giovannetti di aver saputo descrivere, il
primo con la narrazione ed il secondo con le immagini, le tristi condizioni di
vita di una comunità di Rom rumeni costretti ad una dolorosa odissea tra
l’Italia e la Romania, il luogo da cui erano partiti e nel quale sono stati
ricacciati dopo lo sgombero dall’ex fabbrica Snia alle porte di Pavia, dove
avevano trovato rifugio. Insieme a Dimitru che fa loro da accompagnatore gli
autori hanno intrapreso un viaggio verso Slatina e Listeava, dove l’esistenza
priva di prospettive trascorre in case di fango o dentro buche scavate nel
terreno. Moresco descrive situazioni al limite dell’incredibile che spiegano le
ragioni della fuga verso l’occidente in cerca di condizioni di vita migliori;
narra ciò che vede con un linguaggio aspro e politicamente scorretto, riesce
quasi a farci percepire la puzza che lo circonda in luoghi che sembrano
concepiti per negare la dignità agli esseri umani. La lettura di questo libro
non può non turbare la coscienza di tutti coloro che "vivono sicuri in tiepide
case e tornando a casa la sera trovano cibo caldo e visi amici".
Con Non chiamarmi zingaro (Chiarelettere, Milano,
giugno 2008 - pagg. 227 - € 12,60) Pino Petruzzelli, attore anch’egli come Beppe
Rosso, ci introduce ad una realtà a dir poco stupefacente. Gli zingari da lui
incontrati non sono soltanto quelli emarginati e sudici, ladri ed accattoni,
bensì quelli che la gente non vede e quindi non giudica positivamente come
dovrebbe: una romní medico con specializzazione in neurologia, una laureata in
geopolitica, una maestra, un frate, un pittore, un giostraio, una zingara
sottratta dalle istituzioni ai genitori naturali per essere educata in una
famiglia "rispettabile" (con buona pace di chi afferma che gli zingari rapiscono
i bambini).
Molti Rom e Sinti vivono con disagio la loro condizione,
quella che li costringe a tacere sulla loro vera identità per non correre il
rischio di essere discriminati. Le testimonianze raccolte da Petruzzelli, che
tra l’altro ha partecipato all’incontro "Società e xenofobia", costituiscono un
pesante atto d’accusa rivolto ad una società ipocrita, quella che rimprovera gli
zingari di non volersi integrare ma per la quale "uno zingaro resta sempre uno
zingaro", qualcuno di cui diffidare (quanti, in fondo, la pensano allo stesso
modo nei confronti degli ebrei e, in genere, di chiunque appartenga ad una
cultura, ad un gruppo sociale o ad una religione diverse da quelle nelle quali
si riconosce la maggioranza dei cittadini?).
Questa guerra tra e contro i poveri e non contro le
ingiustizie che sono all’origine della povertà è, nell’Italia delle leggi "ad
personam", al tempo stesso cinica ed allarmante. Identificare negli zingari il
capro espiatorio di turno consente di tacere sulle vere emergenze del paese e
permette che gli istinti più bestiali si traducano in azioni di violenza e
squadrismo: dai pogrom di Ponticelli ai presidi contro la sistemazione di un
nuovo campo nomadi a Mestre, passando per numerosi episodi di aggressione
taciuti dai media, questo solo per citare fatti recenti. Che queste deplorevoli
iniziative siano firmate camorra, naziskin o Lega nulla cambia: intolleranza e
razzismo, lo sappiamo, sono un’idra dalle molte teste di fronte a cui non
dobbiamo mai abbassare la guardia.
In conclusione, la lettura dei libri che ho menzionato in
precedenza permette di andare oltre l’informazione distorta che su questo
argomento ogni giorno ci viene propinata da tivù e giornali, colmando quelle
lacune di conoscenza che sono alla base di giudizi non obiettivi.
Porsi all’ascolto di persone che vivono al nostro fianco,
imparare da un popolo che con gli ebrei ha condiviso una storia di esili forzati
e di persecuzioni, può anche aiutarci a riflettere su noi stessi e fornirci
delle motivazioni in più per contrastare la deriva morale e culturale di questo
paese. Con l’aria che si respira ha ragione Guido Fubini quando afferma che "non
basta più essere vigilanti!". Bisogna essere pronti ad agire.
Da
Czech_Roma (nessuno sa autoincensarsi come uno statunitense, talvolta a
ragione...)
La reazione di ISN alla vittoria di Obama nelle elezioni
Queste elezioni ovviamente hanno detto molto dell'America ma, per me e
probabilmente per molti Americani che vivono all'estero, probabilmente si tratta
di un esercizio di comparazione o contrasto con le nostre patrie di adozione.
Due le cose impressionanti. Mentre guardavo un gentile Mc Cain esprimere nel suo
discorso finale ammirazione per la capacità di Obama di ispirare e un Obama
sobriamente (e non trionfalmente) parlare di lavorare assieme e dei profondi
valori del Partito Repubblicano, pensavo: "Qui non sarebbe potuto accadere
affatto." Parliamo della polarizzazione negli USA, ma non possiamo paragonarla
all'odio amaro tra i due principali partiti qui nella Repubblica Ceca; è
semplicemente inimmaginabile che possano lodarsi l'un l'altro in quel senso,
figura o forma. La mancanza di cooperazione è stata la principale ragione per la
mancanza di riforme chiave.
Ad un livello più personale, sono rimasto deluso nell'ascoltare alcuni Cechi
che conosco focalizzati sulla razza; appaiono abbastanza sbalorditi che un uomo
negro sia stato eletto e ancora di più dall'idea che un Ucraino o un Vietnamita
(le due maggiori comunità minoritarie qui) sia a capo della Repubblica Ceca.
Sono semplicemente impenetrabili al pensiero che qualcosa di simile possa
succedere qui - benché sia comprensibile. La II guerra mondiale eliminò
molta della diversità della Cecoslovacchia (i nazisti che uccidevano gli Ebrei e
poi i Cechi che cacciavano chi era di etnia tedesca) ed il regime
comunista mise un coperchio sull'immigrazione, il paese divenne incredibilmente
omogeneo. Tutto questo è cambiato, lentamente, negli ultimi 20 anni, ma di
sicuro ci vorranno generazioni per i candidati delle minoranze progrediscano
nelle elezioni generali e convincano i Cechi che loro sono come tutti gli altri
(senza menzionare la minoranza Rom, che è qui da generazioni).
Così noi, in quanto Americani, dovremmo essere a ragione orgogliosi tanto
dell'elezione di Obama che, infine, per lo spirito di mutua appartenenza, ma
dobbiamo tenere a mente che tanto il nostro multiculturalismo che il sistema
politico sono maturati in centinaia di anni, potrebbe essere una lezione
importante per alcune delle democrazie più giovani, ma ci vorrà una lunga strada
perché qualcosa di simile accada nel loro cortile.
Jeremy Druker, ISN Security Watch contributor based in Prague and Director of
Transitions Online
Fotografie del 13/11/2008
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