Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 24/03/2010
Osservatorio Balcani e Caucaso (leggi anche
QUI ndr)
Risto Karajkov da Skopje
Quello che sembrava un esodo di massa da Serbia e Macedonia verso l'Unione
europea, grazie alla liberalizzazione del regime dei visti, si è rivelata una
truffa in grande stile. False agenzie di viaggio trasportavano migranti verso
Bruxelles in cambio di poche centinaia di euro
Le tensioni causate dalla notizia del crescente numero di cittadini macedoni
che hanno richiesto asilo politico in vari paesi dell'Unione europea dall'inizio
del 2010, soprattutto in Belgio, sembrano essersi lentamente smorzate.
Giovedì 11 marzo sono arrivati a Skopje i primi autobus carichi di delusi
“aspiranti rifugiati” provenienti da Bruxelles. Il Belgio è stato uno dei paesi
più segnati dall'onda di migranti che hanno sperato di assicurarsi un futuro
migliore nella ricca Unione attraverso la richiesta di asilo. Gli autobus,
pagati dal governo belga e con a bordo funzionari degli uffici addetti alle
questioni migratorie, hanno riportato a casa anche molti cittadini serbi.
Nei prossimi giorni si aspetta la partenza di nuovi autobus non solo dal Belgio,
ma anche da altri paesi europei. Gli sviluppi della questione sembrano aver
calmato le acque, dopo che nelle settimane scorse i media avevano surriscaldato
il panorama politico europeo con notizie che parlavano di ondate massicce di
emigranti richiedenti asilo dalla Macedonia a dalla Serbia.
A inizio marzo, dopo essere stata sollecitata dal governo belga, la Commissione
europea ha reso nota l'esistenza del fenomeno. La stessa Commissione ha poi
richiesto esplicitamente ai governi dei paesi balcanici che hanno recentemente
beneficiato della liberalizzazione del regime dei visti (Macedonia, Serbia e
Montenegro) di spiegare ai propri cittadini non solo i diritti, ma anche gli
obblighi che derivano dal nuovo regime senza visti.
Michele Cercone, portavoce della direzione Giustizia, Libertà e Sicurezza della
Commissione ha fatto il punto sulla situazione, parlando di fenomeno migratorio
dovuto a motivi economici, sottolineando poi che le reali chance di ottenere
asilo sono estremamente basse per la maggior parte dei richiedenti.
Dall'inizio del 2010 le autorità belghe hanno registrato un netto aumento delle
richieste di asilo da parte di cittadini macedoni e serbi. Vari i numeri tirati
in ballo dai media: secondo alcune stime sarebbero circa 400 i macedoni ad aver
chiesto asilo in Belgio dall'inizio dell'anno, un numero nettamente maggiore se
confrontato con le statistiche dell'anno scorso.
Altre fonti stampa hanno scritto di 300 richiedenti asilo dalla Serbia solo a
febbraio, soprattutto albanesi e rom provenienti dalle regioni meridionali del
paese. Richieste di asilo sono aumentate anche in altri paesi dell'Ue. Sarebbero
state 160 quelle presentate a febbraio da cittadini macedoni in Svizzera, un
numero tre volte maggiore a quelle sottoposte nell'intero 2009. Secondo i media
macedoni, un migliaio di rom provenienti soprattutto dalla Serbia meridionale,
ma anche da Macedonia e Montenegro sarebbero entrati in Svezia via autobus. In
questo caso, però, molti sarebbero riusciti ad ottenere asilo e assistenza da
parte del paese ospitante.
Fin da subito, comunque, la vicenda ha mostrato molti aspetti poco chiari e
difficilmente spiegabili. Senza il regime di visti, infatti, i migranti
potrebbero semplicemente entrare in Unione europea come semplici turisti,
scegliendo poi di restare illegalmente nel paese prescelto e nascondendosi alle
autorità, magari per anni.
Quello che invece è successo in queste settimane, con decine di “aspiranti
rifugiati” pronti a dichiarare immediatamente la propria presenza in Belgio alle
autorità di Bruxelles per sottoporre la richiesta di asilo, non sembra la
situazione tipo dell'emigrazione clandestina spinta da motivi economici.
Una serie di indagini giornalistiche in Macedonia ha cominciato a portare un po'
di luce sull'inspiegabile fenomeno. Gli “aspiranti rifugiati”, persone
provenienti dalle fasce più deboli della popolazione, poveri e spesso
analfabeti, sono stati ingannati da truffatori che li hanno convinti che, con la
richiesta di asilo, avrebbero potuto godere dell'assistenza sociale del paese di
arrivo. A molti dei migranti era stato detto che i ricchi paesi dell'Ue
avrebbero garantito loro un appartamento dove vivere e un assegno mensile.
I giornalisti che si sono occupati del caso sono presto arrivati a individuare
delle “agenzie di viaggio”, spesso senza alcuna licenza, che hanno trasportato i
disperati verso Bruxelles e altre destinazioni europee per 100 euro. Il prezzo,
oltre al biglietto, comprendeva un ricco assortimento di bugie, ritagliato su
misura per convincere i propri clienti a partire in cerca di un'opportunità di
vita migliore.
Per molti degli sfortunati “aspiranti rifugiati” 100 euro rappresentavano i
risparmi di una vita. In seguito alle reazioni provenienti dall'Ue e ai
reportage pubblicati sui media, il governo di Skopje ha reagito in fretta,
mettendo fine all'attività delle “agenzie di viaggio” implicate.
Il premier belga Ives Leterme è arrivato in Macedonia l'8 marzo, per aiutare le
autorità locali a fare chiarezza sulle mistificazioni diffuse nel paese. Leterme
ha ribadito che il suo paese non concede asilo politico per motivi economici. Il
premier belga ha poi chiesto al suo omologo macedone, Nikola Gruevski, di
diffondere informazioni precise ai propri cittadini. Il giorno seguente
funzionari belgi, guidati dal Segretario di stato per l'immigrazione Melchior
Wathelet, hanno visitato la regione di Lipkovo, nel nord della Macedonia, luogo
di origine di molti richiedenti asilo.
Il governo macedone ha iniziato una campagna sui media per mettere i propri
cittadini in guardia da false promesse. Per molti giorni vari ministri hanno
fatto dichiarazioni a riguardo sui media nazionali. L'azione ha portato presto a
risultati visibili, e il flusso di autobus diretti a vari paesi dell'Ue si è
interrotto.
Come detto, il primo autobus in direzione opposta è arrivato l'11 marzo. Le
autorità giudiziarie hanno già cominciato le indagini: la speranza è che si
arrivi a punire chi ha approfittato delle speranze dei più poveri tra i poveri.
Quello che all'inizio è stato descritto come un esodo di massa, in grado
addirittura di mettere a rischio l'appena ottenuta liberalizzazione dei visti,
si è rivelato una truffa in grande stile. I governi della regione balcanica,
così come quelli dell'Ue combattono contro il traffico di persone da anni. E'
una lotta difficile, contro avversari organizzati e scaltri. Vista la natura di
quanto accaduto, i severi ammonimenti di Bruxelles sulle possibili future
ripercussioni sul regime dei visti sembrano esagerate.
I media hanno avuto il merito di portare alla luce la natura truffaldina di
quanto accaduto, indicando gli organizzatori e aiutando le possibili future
vittime a orientarsi e ad evitare di essere sfruttate. C'è però anche chi, come
Alexandra Stiglmayer dell'European Stability Initiative (ESI), ha sottolineato
come molti media abbiano in realtà gonfiato irresponsabilmente la vicenda.
“Ci sono stati abusi in tempo di visti, ed è chiaro che ce ne saranno anche in
regime di liberalizzazione. E' un peccato che alcuni media abbiano esagerato nei
toni nel raccontare questa vicenda”, ha dichiarato la Stiglmayer.
“Si tratta di un problema amministrativo, non politico”, ha dichiarato in
un'intervista alla tv macedone “A1” Pavel Gantar, presidente del parlamento
sloveno. La Slovenia è stato uno dei più convinti sponsor della nuova politica
di liberalizzazione verso Macedonia, Serbia e Montenegro.
Di certo la vicenda ha rappresentato il primo test importante per la politica di
liberalizzazione, che per i tre paesi sopra indicati è cominciata a partire
dallo scorso 19 dicembre. Bosnia Erzegovina e Albania dovrebbero essere i
prossimi paesi a godere della possibilità di viaggiare senza visto già nel 2010.
Sempre che le polemiche di queste settimane non si riflettano negativamente su
un'ulteriore apertura da parte dell'Ue.
Segnalazione di Barbara Stazi

Da venerdì 26 marzo 2010 alle ore 19.00 a venerdì 9 aprile 2010
Padova, via san Pietro 3
Si inaugura il 26 marzo alle ore 19 la mostra fotografica "INTERNO ROM" di
Alessandra Quadri.
Questo progetto è stato realizzato dal settembre 2006 fino al febbraio 2010,
periodo della chiusura del campo Casilino 900, il più grande campo abusivo
d’Europa. Queste immagini documentano la vita familiare delle popolazioni rom di
Roma, dal “Residence Bravetta” a diversi campi attrezzati e abusivi. Il lavoro
si colloca in due significative fasi di transizione per i Rom d’Italia: una
politica, che ha portato alla chiusura di molti campi, e una culturale, che con
l’avvento di nuove generazioni sta portando a una graduale perdita dell’identità
etnica rom. Avendo instaurato un rapporto di fiducia con alcune famiglie, ho
potuto documentare momenti spontanei di vita quotidiana, comuni a tutte le
popolazioni del mondo, concentrandomi sull’interno delle abitazioni e
sull’intimità familiare. Nonostante le indubbie peculiarità della cultura rom,
ho cercato di non indugiare sul mito romantico gitano, soffermandomi piuttosto
sulle relazioni interne, nel tentativo di conservare la memoria di una comunità
varia e in continuo mutamento che, nonostante i preconcetti che la circondano, è
sempre più integrata ai costumi della società di oggi.
L'esposizione rimarrà aperta fino al 9 aprile presso Sabspace, contenitore di
arte contemporanea
Dal martedì al sabato dalle ore 16.30 alle 19.30
L'appuntamento su
Facebook
Segnalazione di Isabella
PisaNotizie
La lettera di Marco Della Pina e di Giorgio Gallo, docenti del Corso di
Laurea in Scienze per la Pace dell'Università di Pisa
Sono passati diversi giorni dallo sgombero del campo rom delle Bocchette, ma
alcune riflessioni possono essere ancora utili. Il tempo allontana le emozioni.
Non tutte però: certamente continua a fare male aver visto quasi in diretta su
internet la ruspa che demoliva le abitazioni. E vederle demolire davanti alle
stesse famiglie, con i bambini che guardavano impauriti l’impotenza e
l’umiliazione dei propri genitori.
Ciò che colpisce nell'accaduto alle Bocchette, così come in casi precedenti, è
l'apparente mancanza da parte delle istituzioni di una capacità di vedere i
problemi nella loro complessità. L'esistenza di comunità rom ed il problema che
esse hanno di trovare spazi per una vita dignitosa, sono dati di fatto che non
possono essere affrontati con le ruspe e con provvedimenti di sicurezza.
Le famiglie sgomberate finiranno per ricostruire altrove un precarissimo campo,
o ritorneranno nello stesso luogo e intanto qualcuno avrà perso il lavoro e
molti bambini avranno lasciato le scuole con l'interruzione di percorsi
limitati, ma fondamentali per una progressiva integrazione.
Rischiamo così di omologarci ad una realtà nazionale dove le politiche nei
confronti dei migranti e dei rom sembrano rispondere solo ad esigenze
securitarie, se non a logiche razziste. E questo in una Toscana che ha una buona
legge sull'immigrazione.
È anche essenziale una politica nuova per case popolari, problema delle
abitazioni sfitte e degli affitti in nero. Sono politiche non particolarmente
mirate ai rom, ma che se portate avanti possono aiutare a risolvere anche il
loro problema. Farebbe emergere gli interessi comuni fra i cittadini italiani
senza casa, gli studenti sfruttati dal mercato irregolare, gli immigrati o i rom
che non trovano casa. Sarebbero politiche "generali", basate sui diritti di
cittadinanza sociale e non indirizzate ad un particolare gruppo etnico. Si
eviterebbero le discriminazioni e diminuirebbe quel clima di lotta tra poveri,
inasprito dalla crisi economica.
In questo contesto si aprirebbe anche uno spazio per un'opera di mediazione
sociale, in generale tra cittadini e immigrati. Una mediazione che faccia
crescere la consapevolezza dei propri diritti, nell'ascolto delle ragioni degli
altri, e porti al superamento dei conflitti.
A Pisa abbiamo una ricchezza che potrebbe essere sfruttata, il corso di laurea
in "Scienze per la Pace: cooperazione, mediazione, prevenzione e trasformazione
dei conflitti", che proprio nella mediazione sociale e nella trasformazione
creativa del conflitto ha uno dei suoi temi centrali, e che potrebbe
ulteriormente valorizzare il rapporto tra la città e la sua università.
Marco Della Pina - Giorgio Gallo (docenti del Corso di Laurea in Scienze per
la Pace dell'Università di Pisa)
Fotografie del 24/03/2010
Nessuna fotografia trovata.
|