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Articoli del 11/03/2010

Di Fabrizio (pubblicato @ 17:31:37 in Regole, visitato 1777 volte)

Segnalazione di Cristina Seynabou Sebastiani e Stefania Ragusa

Corriere della Sera Cronache

il nuovo orientamento smentisce una recente sentenza
L'esigenza di garantire la tutela delle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei bambini

MILANO - Marcia indietro della Cassazione sugli immigrati: i clandestini con figli minori che studiano in Italia non possono chiedere di restare nel nostro Paese sostenendo che la loro espulsione provocherebbe un trauma «sentimentale» e un calo nel rendimento scolastico dei figli. Secondo il nuovo orientamento della Suprema corte, che smentisce una propria recente sentenza, l'esigenza di garantire la tutela alla legalità delle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.

LE MOTIVAZIONI - Con la sentenza n. 5856 la Cassazione ha respinto il ricorso di un albanese, con moglie in attesa della cittadinanza italiana e due figli minori, residente a Busto Arsizio (Varese): chiedeva di poter restare in Italia in nome del diritto del «sano sviluppo psicofisico» dei suoi bambini che sarebbe stato alterato dall'allontanamento del papà. I supremi giudici hanno risposto che è consentito ai clandestini la permanenza in Italia per un periodo di tempo determinato solo in nome di «gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d'emergenza». Queste situazioni d'emergenza, però, non sono quelle che hanno una «tendenziale stabilità» come la frequenza della scuola da parte dei minori e il normale processo educativo formativo che sono situazioni di «essenziale normalità». Se così non fosse, dice la Cassazione, le norme che consentono la permanenza per motivi d'emergenza anche a chi è clandestino finirebbero con il «legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l'infanzia». Con questa pronuncia i supremi giudici superano la precedente decisione della stessa Cassazione che aveva dato il via libera alla permanenza di un papà clandestino, definendola «riduttiva in quanto orientata alla sola salvaguardia delle esigenze del minore, omettendone l'inquadramento sistematico nel complessivo impianto normativo» della legge sull'immigrazione.

PD: ERRORE GRAVE - Il verdetto ha sollevato diverse critiche nelle file dell'opposizione. I deputati del Pd Jean-Leonard Touadi e Guido Melis scrivono: «La scuola è un grande fattore di integrazione, che molto bene può operare nel riassorbire i problemi legati all'irregolarità, avviando un percorso di nuova cittadinanza. È un errore gravissimo far prevalere invece le ragioni del respingimento condannando anche i figli insieme con i padri». Antonio Borghesi (Idv): «Questa sentenza è frutto delle leggi razziste e inutilmente crudeli del governo Berlusconi». Per Paolo Ferrero, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, «la marcia indietro della Cassazione corrisponde a una sentenza inumana, aberrante e indegna di un Paese civile». Il Pdci con Maurizio Musolino parla di «sentenza che lascia sbigottiti, un ulteriore passo verso la barbarie»; i Verdi con Cristina Morelli di «sentenza che lascia senza parole, somiglia molto a quella in cui i giudici della Cassazione stabilirono che non poteva esserci stupro se la vittima indossava i jeans». Savino Pezzotta, candidato dell'Udc alle regionali in Lombardia, parla di «un'esagerazione»: «Così non si fa altro che creare tensione».

UNICEF: CAOS - Dal mondo delle associazioni, la Caritas ritiene che la sentenza non rappresenti «un pericolo»: «La Cassazione verifica caso per caso - afferma il responsabile immigrazione Olivero Forti -. Penso quindi che in questo specifico caso, abbia verificato che non veniva pregiudicato lo sviluppo psicofisico del minore. Non ho elementi per dire che con questa sentenza viene meno il principio del sano sviluppo del minore rispetto alla posizione irregolare del genitore». Per l'Unicef aumenta lo stato di caos che esiste in materia: «Il legislatore dovrebbe mettere un po' di ordine. Questa sentenza crea un ulteriore problema» dice Roberto Salvan, direttore di Unicef Italia. Per Raffaele Salinari, presidente di Terre des Hommes, «con questa sentenza si fa un vistoso passo indietro nel senso civile della nostra nazione e nella coerenza fra politica interna e rispetto delle convenzioni internazionali sulla tutela dei minori, di cui l'Italia è firmataria».

Redazione online - 11 marzo 2010

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:43:14 in Italia, visitato 2763 volte)

Scrive Gaia Moretti

Oggi alle ore 12.30 i portavoce rom di Tor de Cenci sono stati convocati in V dip. Dal Dir. Scozzafava, Com. VVUU Di Maggio, Lattarulo e altri della segr. della Belviso.

I rom avevano con loro le firme di tutti gli abitanti del campo che chiedevano di non essere trasferiti né a C. Romano né alla Barbuta, ma di rimanere a Tor de Cenci con la richiesta di riqualificazione dell’esistente, e le hanno consegnate ma sono state rifiutate dagli astanti.

Le personalità istituzionali che stanno provando a predisporre il piano di trasferimento hanno dichiarato:

  • il campo si deve chiudere. Voi portavoce dovete convincere i “vostri” a tutti i costi.

Intanto faremo lavorare la vostra coop. e la vostra associazione alla gestione di Tor de Cenci finchè non lo chiudiamo. (?)

Lunedì 15 inizieranno le operazioni di foto segnalamento della Polizia. Ritornate Venerdì 19 con le firme di chi vuole essere assistito, con cifra da concordare, per il rimpatrio . (?)

I rom, allibiti, hanno chiesto spiegazioni e si son sentiti rispondere:

  • in XII municipio ci devono essere massimo 600 rom, che per 10 municipi fa 6000 rom che è il numero massimo che la giunta ALEMANNO ha deciso di “accogliere” nella Roma Capitale.

I rom hanno chiesto di spostare quelli di C. Romano a Tor de Cenci, ma la risposta è stata che il campo di Tor de Cenci è troppo vicino ai cittadini di TdC e Spinaceto.(?)

Ritornati al campo i rom hanno chiesto aiuto, vogliono la presenza delle associazioni, dei giornalisti e soprattutto di AVVOCATI che li garantiscano da eventuali “procedure” sommarie.

Ora permettetemi una riflessione personale:

alla faccia della “trattativa”, prima fuori gli italiani, perché “vogliamo trattare solo con i rom”, poi “faremo solo passi concordati con i portavoce”, e ora dichiarazioni di guerra con modalità che dovrebbero far rabbrividire tutti:

max 6000 rom suddivisi in 600 per i municipi limitrofi alla provincia, lontani dai centri abitati

e infine video sorvegliati H24, senza contare false promesse e carte false e intanto fotosegnalamento a tutti cittadini italiani rom compresi.

Io allerterei Famiglia Cristiana , la Comunità Ebraica (Magiar o Pacifici), il Vaticano e qualche intellettuale di peso che s’incazzi, se avete idee e contributi son bene accetti.

Davide Zaccheo e Paolo Perrini

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:36:35 in Italia, visitato 2085 volte)

Repubblica Milano

Un vino Rom - Rosso di origine migrante - per sostenere progetti di integrazione dei bimbi nomadi di Milano, sgomberati dal campo di via Rubattino lo scorso settembre. L'idea di vendere bottiglie di Merlot e Sangiovese 2007 - prodotte in una unica partita di poche migliaia di esemplari dalla cooperativa Eughenia - è venuta alle mamme e alle maestre del quartiere Feltre e Lambrate a Milano. In questo modo, grazie all'iniziative di mamme e maestre, si potrà continuare a a sostenere l'integrazione delle famiglie rom che da due anni mandano i loro bambini nelle scuole elementari della zona.

Sostenuto dalla Comunità di Sant'Egidio e Naga - si legge in una nota - il progetto prevede borse di studio per i piccoli e l'inserimento lavorativo delle famiglie che in Romania lavoravano la terra nelle cascine e nelle aziende agricole situate nell'hinterland. I vini Rom sono in vendita unicamente allo stand di InterGAS Milano di Fa' la cosa Giusta!, fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, in programma alla Fiera di Milano dal 12 al 14 di marzo prossimi.

(10 marzo 2010)


Ricevo inoltre

Cari amici e conoscenti che state seguendo la vicenda dei bimbi rom di Rubattino, della battaglia delle loro maestre e di noi tutti che li vogliamo veder andare a scuola come e con i nostri bambini,ho il piacere di inviarvi, di seguito sotto nella mail, le etichette del vino ROM, Rosso di Origine Migrante, che venderemo alla fiera “Fa’ la cosa giusta”, 12-14 marzo, presso lo stand di Intergas (che raggruppa tutti i Gruppi di Acquisto Solidale milanesi) per finanziare borse di studio e di lavoro per loro e per i loro fratelli più grandi, ma anche per i loro genitori.

Chi non potesse sostenere il progetto con l’acquisto diretto di questo vino lo potrà presto fare sottoscrivendo quote per le borse studio e lavoro che stiamo istituendo con la Comuità di Sant’Egidio.

Ma l’importantissimo sostegno che, come genitori e maestre delle scuole di Lambrate, vi chiediamo è la segnalazione di possibilità di stage di lavoro, da retribuirsi con le nostre borse, anche di breve periodo, presso cascine, officine meccaniche, imprese edili ecc.; inoltre cerchiamo segnalazioni per case in affitto, anche modeste o da ristrutturare, presso cascine, in aree peri-urbane, che possano essere economicamente accessibili a queste famiglie.

Il progetto abitativo e quello lavorativo hanno come garanti, anche finanziariamente, Segnavia- padri somaschi e la Comunità di S. Egidio, che affiancano da anni le famiglie rom nel loro percorso di integrazione.

Molti capifamiglia hanno al momento già contratti di lavoro ed esperienze lavorative precedenti. Ma precarietà dei loro lavori sommata alla loro estrema indigenza ed alla loro persecuzione tramite gli sgomberi continui li tiene oppressi e senza uscita dalla loro condizione.

Allego anche una significativa cronologia dell’esperienza di Rubattino scritta da alcune maestre.

Alla vostra salute con un bel bicchiere di Rosso di Origine Migrante!

assunta vincenti

INTORNO A RUBATTINO: STORIA DI UN’INTEGRAZIONE POSSIBILE

Da quasi due anni le scuole elementari della zona Lambrate, a Milano, sono coinvolte in un percorso di integrazione scolastica dei bambini rom. Intorno a questa realtà si è costituita una rete fatta di volontari, cittadini, associazioni del territorio, insegnanti, genitori, parrocchie, a sostegno di un processo di integrazione che cerca di tenete conto di tanti aspetti della vita: socialità, lavoro, casa, scuola anche per ragazzi e adulti, aiuto concreto nei momenti più drammatici. Questo lavoro viene continuamente interrotto e reso difficile dagli sgomberi, che però paradossalmente hanno rinsaldato le relazioni tra le persone italiane e rom. Ora queste a queste famiglie vogliamo bene, le stimiamo, soffriamo con loro per le ingiustizie subite.

Possiamo forse lasciarli soli?

Giugno 2008:

Le maestre vengono a sapere che dopo l’estate arriveranno 9 scolari rom.

“Ragazze, ricordiamoci di tenere stretta la borsetta!” è il commento di qualcuna, iniziano contatti preoccupati tra alcuni genitori decisi a opporsi; tutti gli altri tacciono e lasciano fare.

Settembre 2008

Preparandosi ad accoglierli, qualche maestra immagina bambini con comportamenti problematici, poco abituati alle regole.

Arrivano invece bambini educatissimi, che tengono gli occhi bassi e non dicono una parola, disciplinati, ubbidienti. All’inizio cercano sicurezza cercando di fare gruppo tra di loro durante gli intervalli.

Capiamo che il lavoro non comincerà dai quaderni, ma dal restituire ai bambini rom la dignità di tutti i bambini.

I volontari della Comunità di S. Egidio e dei Padri Somaschi, che seguono quotidianamente la comunità rom, con pazienza ci aiutano a capire un mondo che non può essere guardato solo con i nostri occhi.

Fuori da scuola genitori italiani e genitori rom iniziano a conoscersi

Un anno di lavoro

L’inizio è stato duro per molte maestre e per loro.

Loro parlano il romanes, noi l’italiano.

Per noi è normale avere degli orari scanditi, l’acqua e il bagno (scopriremo che i bambini rom, che non ce l’hanno ci vanno spessissimo e si lavano, si pettinano, si profumano), del materiale di cui avere cura….

Loro in silenzio si adattano a tutto, ma chissà che fatica è per loro il nostro “dare per scontato”!

Per molti di loro è la prima occasione per stare con bambini non rom: un mondo sconosciuto. Per molti di noi i loro genitori sono i primi rom guardati senza paura. Un po’ alla volta ci si scopre uguali; le differenze ci sono, ma come è normale che accada quando le provenienze sono diverse.

Il primo periodo è per conoscersi e imparare a comunicare: vita quotidiana e gioco sono la strada migliore da seguire.

SETTEMBRE 2009

Gli alunni rom nelle nostre scuole sono diventati 26, altri 10 frequentano altre scuole elementari o medie della zona.

Le relazioni tra italiani e rom si intensificano: le maestre vengono invitate a una festa di battesimo al campo, i bambini rom vanno alle feste di compleanno dei compagni, fanno delle merende insieme, i genitori scambiano qualche parola tra loro, in una classe gli scolari usano i loro risparmi per regalare alla compagna rom l’astuccio delle Winks che le piace tanto…

Nella scuola di Via Pini viene aperto una sportello settimanale di ascolto e consulenza curato dai Padri Somaschi, rivolto a insegnanti e genitori.

In un anno abbiamo imparato tanto e abbiamo accumulato tante belle storie.

All’inizio della scuola arriva come una doccia fredda l’annuncio dell’imminente sgombero del campo, dove ormai vivono 300 persone rifugiatesi lì in seguito agli sgomberi di altri campi.

Si possono perdere 36 scolari senza batter ciglio? Inizia una battaglia fatta di raccolte firme, parte del quartiere si mobilita, sulla stampa il fatto che degli italiani agiscano in favore dei rom ha un’eco grandissima e le iniziative a sostegno della comunità di Rubattino si moltiplicano e raccolgono un numero sempre maggiore di sostenitori.

Si mobilita anche Amnesty International, si cerca un dialogo con le istituzioni.

All’inizio di novembre una fiaccolata porta la solidarietà dei cittadini italiani fino al campo rom, dove avvengono incontri commuoventi: solitamente le torce arrivavano ai campi per dare fuoco alle baracche, qui vogliono solo illuminare facce di persone che per la prima volta si incontrano.

19 novembre 2009

Il giorno prima della celebrazione dei 20 anni della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia il campo di via Rubattino viene sgomberato.

20 novembre 2009

Le famiglie si accampano nel capannone semi crollato della Innocenti di fronte all’ex campo, in mezzo a macerie e topi.

21 novembre,

Sgombero da parte della polizia dal capannone, 30 minuti per andarsene. “esodo” verso la chiesa di S.Ignazio. L’arcivescovo e la chiesa Milanese intervengono.

Donne e bambini trovano rifugio temporaneo in vari centri di accoglienza. Dopo tornano alla baracchine, dispersi in tante zone della città e nell’hinterland. Li seguiamo come possiamo, senza mai perderli di vista.

De Corato annulla la festa organizzata per celebrare lo sgombero.

Nonostante tutto una dozzina di bambini continua a frequentare le scuole

Gennaio 2010

molte famiglie si rifugiano al campo di Redecesio dopo aver subito numerosi altri sgomberi (Corsico, Bovisa, Bovisasca, Chiaravalle)

Inutili gli appelli dell’Arcivescovo Tettamanzi che in occasione della festa di S.Ambrogio in chiesa si rivolge agli amministratori chiedendo di non vanificare quello che i rom stanno costruendo insieme ai volontari, della Caritas che chiede inutilmente al Sindaco una moratoria degli sgomberi almeno nel periodo di grande freddo.

16 febbraio 2010

Sgombero di Redecesio. Sono sempre le stesse famiglie. L’accanimento porta a intervenire su queste persone altre 5 volte nella stessa giornata. Siamo accanto a loro, salviamo materassi, coperte, pentole, vestiti. Li ospitiamo nelle nostre case.

In seguito troveranno rifugio in un edificio messo a disposizione da un comune vicino.

Adesso

In questi mesi abbiamo imparato a conoscerci e a capire.

I bambini vengono a scuola con assiduità, nei momenti di grande difficoltà andiamo a prenderli nei posti in cui sono dispersi, le famiglie contano su di noi e noi ci troviamo a svolgere il compito che dovrebbe essere della protezione civile.

A renderci diversi dalla protezione civile è il fatto che ora noi a queste famiglie teniamo, che ci vogliamo bene, che siamo indignati nel vedere le ingiustizie che sono costretti a subire.

Molti gruppi, scuole, parrocchie, ci chiedono di raccontare.

Molti ci offrono disponibilità a collaborare. Arrivano proposte che mai avremmo pensato. Forse Milano ha ancora voglia di solidarietà, di una legalità che non sia a senso unico, di legami e di giustizia.
 

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:05:24 in scuola, visitato 1685 volte)

Segnalazione di Alessandra Meloni

Bambini rom con la loro insegnante, in una scuola elementare speciale a Pavlovce nad Uhom, Slovacchia, marzo 2008. © Amnesty International

(9 marzo 2010) Amnesty International ha denunciato che la realizzazione di collegi per bambini e bambine rom e "il distacco graduale dal loro attuale stile di vita negli insediamenti" sono provvedimenti discriminatori e rappresentano un evidente attacco al modo di vivere dei rom.

Secondo quanto dichiarato l'8 marzo dal primo ministro slovacco Robert Fico, il governo proporrà un piano per cui i bambini e le bambine rom saranno prelevati dagli insediamenti e messi in collegi.

"L'idea che i bambini rom debbano essere sottratti alle loro famiglie e messi in collegi, quando potrebbero ricevere un'istruzione in scuole normali vicine alle loro case, va chiaramente contro il miglior interesse del bambino" - ha dichiarato Halya Gowan, direttrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.

Il fatto che alcune famiglie rom, come altre non rom in Slovacchia, vivano in insediamenti e abbiano difficoltà nel portare avanti l'istruzione dei bambini a causa di povertà, barriere linguistiche e altri fattori, mette in evidenza la necessità che il governo garantisca supporto e assistenza a tutti per superare queste barriere.

Amnesty International già in precedenza aveva espresso grave preoccupazione per la discriminazione e segregazione dei bambini rom nelle scuole slovacche, compreso il loro inserimento in scuole speciali e in classi per alunni con "disabilità mentali".

L'organizzazione per i diritti umani chiede al governo slovacco di affrontare il punto centrale del problema, vale a dire la persistente discriminazione dei bambini rom nell'accesso all'istruzione, che deve essere superata attraverso una riforma del sistema educativo che assicuri realmente l'istruzione di tutti i bambini. Il governo deve fornire adeguato sostegno alle famiglie e agli alunni che ne hanno bisogno, in modo che possano effettivamente partecipare e sviluppare il loro massimo potenziale all'interno del sistema elementare principale.

Maggiori informazioni sono disponibili online

 

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