Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Giugliano (NA), nessun megacampo
"Con il no dell’Assise all’ordine del giorno sulla proposta della Prefettura
sulla questione rom c’è il rischio di perdere finanziamenti per milioni di
euro". A parlare è Mimmo Di Gennaro, presidente dell’O...
Milano, un ceto politico immaturo
Le sbarre sui Bastioni, alla Rotonda della Besana, per estirpare un pezzo di
rumorosa movida. Le cancellate sotto il cavalcavia Bacula, sigillato dopo lo
sgombero della favela. Le barriere attorno al Duomo e a Cordusio, all...
San Vittore di Cesena, il punk rock gitano dei Firewater
Al Vidia Club di San Vittore, in via Nazionale 1130, questa sera la musica senza
genere nata in un garage di New York. E' un mix di musica indiana,
balcanica, messicana, pop e punk quella che invaderà il Vidia clu...
Ungheria, migliaia di persone al funerale di Jeno Koka
Nel cuore dell'Europa centro-orientale tornano episodi e paure di altri tempi,
che evocano fasi oscure della storia, in cui discriminazioni e persecuzioni
contro le minoranza - etniche o religiose - erano la re...
Mola di Bari, Moni Ovadia in “Senza confini: Ebrei e Zingari”
Venerdì 1 maggio alle ore 21.00 al Teatro Van Westerhout di Mola di Bari, per la
stagione dedicata alle “Lingue del Sud” curata dal Centro Diaghilev in
collaborazione con il Comune di Mola – Assessorato al...
Milano, abusi edilizi: l'ipocrisia razzista del potere
Mentre il Vice Sindaco di Milano e il Presidente della Provincia di Milano fanno
a gara per chiedere la demolizione delle case ai Rom, scoppia in sordina un
nuovo caso tangenti a Milano. Cosa è successo? Il Tribunale di Milano ha
rinviato a giudizio 19 p...
La difesa della razza
Alcuni brani tratti dalla rivista "La difesa della razza" a cui collaborava
anche Giorgio Almirante. "Esiste un punto di spiccata analogia fra la loro vita
e quella degli ebrei, in quanto ebrei e zingari rappresentano gli unici gruppi
etnici costituiti senza espressione alcuna di vita agricola c...
Milano, piano anti-rom fra traslochi ed espulsioni
Il Comune vuole ridurre del 30 per cento le presenze dei Rom e dei Sinti in
città e portarne il numero dai 1.200 censiti a 800: i campi saranno smantellati
o ristrutturati, si of...
Perugia, una lite è sfociata in tragedia
Una lite è sfociata in tragedia la sera del 2 maggio. Sono stati arrestati a
Vicenza i responsabile della morte di un 14enne di origine rom e di suo
padre,...
Premio Ischia, vota anche tu per Step1
Per il trentennale del Premio la Fondazione Giuseppe Valentino ha istituito il
Premio Ischia dedicato al mondo del giornalismo partecipato. Da una preselezione
di 10 blog - scelti in base alle notizie più rilevanti che sono state prodotte
...
Bolzano, concerto per l'Abruzzo
Le associazioni Nevo Drom e U Giaven invitano tutti al concerto di beneficenza
“per le vittime del terremoto in Abruzzo” che si terrà domenica 17 maggio 2009,
dalle ore 20.30, presso il teatro Cri...
Ddl sicurezza, salta la norma sui presidi spia
La maggioranza torna sui suoi passi, dopo la lettera del presidente della Camera
Gianfranco Fini, e riformula la norma sui "presidi-spia", ammettendo
l'iscrizione dei figli di immigrati clandestini a scuola e ritornando alla...
Papini, lolite e meditazione zen...
In realtà sarei tentata da una pagina bianca, un vuoto profondo per fingermi
solo per stanotte fuori dal presente. Potrei fissarla a lungo e provare con un
OOOMMM prolungato, convinto, a sgombrare la mente, creare uno spazio libero e
dormire ...
Roma, il gruppo Pd incontra le associazioni del comitato 'non avere paura'
Oggi, mercoledì 6 maggio, alle ore 14.30 presso la Sala Capranichetta (P.zza
Montecitorio 125) le deputate e i deputati del Pd incontreranno pubblicamente le
associazioni del comitato 'Non avere paura' promotore...
Di Alberto
Maria Melis, tratto da "La terza metà del cielo"
(foto tratta da "Romà anni 80 e 90 Selargius Cagliari")
Roger Bastide, nel volume "Ethnologie Général, EncycIopedie de la Pléiade",
dice che ogni rito "... è un ricominciare ciò che è accaduto nei tempi
primordiali, ma non è una semplice commemorazione, abolisce il tempo profano per
fare penetrare l'uomo nell'eternità. Il mito rivive, il tempo mistico viene
restaurato, ridi viene presente, con tutta la sua forza attiva. Cosicché tutte
le feste, tutte le cerimonie, non sono altro che il ricominciare di ciò che è
accaduto... La natura e la storia vengono rigenerate mentre sono reintegrate in
questo "illo tempore ", che in effetti ha fondato all'inizio del mondo sia la
natura che la storia".
Il rivivere di questo mito, la restaurazione di questo tempo mistico, esplode
con incommensurabile vitalità quando i Roma cagliaritani festeggiano alcune
ricorrenze di carattere religioso, delle quali la più importante e la più
sentita è certamente la Festa di Primavera, che si svolge il 6 Maggio e che
viene anche chiamata Gurgevdan, cioé Festa di San Giorgio.
È parere di alcuni ziganologi che gli Zingari festeggino le ricorrenze in
qualche modo assimilate dalle popolazioni cristiane e islamiche che hanno
incontrato lungo la strada dall'India.
Di questa assimilazione sarebbero un esempio i festeggiamenti più noti tra
gli Zingari di fede cristiana, quelli cioè relativi al pellegrinaggio che ogni
anno essi fanno sino al Santuario di Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, dove
la leggenda vuole che nel 40 d.c. fossero approdate tre donne, insieme a San
Lazzaro resuscitato, a Massimino e a Sidone, su una barca abbandonata in alto
mare dagli Ebrei.
Delle tre donne, le cui reliquie sarebbero state riportate alla luce da Re
Renato di Provenza nel 1448, gli Zingari ne venerano in particolare una, Santa
Sara l'Egiziana, la santa di pelle nera che essi hanno adottato come loro
patrona e che dicono fosse della loro stessa razza.
Secondo il De Foletier è probabile che questo culto abbia avuto inizio solo
in tempi non troppo remoti e grazie all'identificazione in una santa che come
loro era "Kalé", cioè di pelle scura.
Nel caso del Gurgevdan invece le origini sono probabilmente assai più lontane
nel tempo e se assimilazioni vi sono state è altrettanto probabile che esse si
siano innestate alla perfezione su ricorrenze ancora più antiche.
Il San Giorgio, la Festa di Primavera, come cadenza temporale, si collega ad
un periodo che per gli Zingari ha un'importanza fondamentale: viene a morire
l'inverno e la Primavera dà inizio ad un nuovo ciclo vitale, le tenebre vengono
sostituite dalla Luce, cessa il sonno della natura che si risveglia nella sua
nuova esistenza.
Può essere un fatto casuale, o da ricollegarsi ad altre usanze rituali, ma
appare opportuno ricordare che anche nel Peloponneso, e parliamo di più di
seicento anni fa, gli Zingari del Feudo degli Acingani, nel mese di Maggio, si
recavano in festante corteo sino alla residenza del feudatario e qui, tra balli
e canti, rizzavano l'Albero di Maggio.
E sono proprio l'albero e l'acqua, come vedremo più avanti, i simboli
primordiali della vita, che ritornano con puntualità nelle celebrazioni della
Festa di Primavera e in quella, per gli Zingari cristiani, del San Giorgio Verde
(altra ricorrenza che si svolge in primavera).
Nel San Giorgio Verde un ragazzo viene "vestito" con rami e foglie di salice,
quasi a diventare un albero vivente il cui compito sarà quello di esorcizzare,
tra le altre cose, i corsi d'acqua.
Nel Gurgevdan invece i corsi d'acqua e gli alberi trovano una diversa
collocazione. Prima di descrivere nei particolari lo svolgersi della festa
occorre dire due parole sulla figura di San Giorgio, che nella mistica cristiana
è il simbolo della lotta del bene contro il male e di cui si sa, ma con poca
certezza, che potrebbe essere stato un guerriero martire a Lydda, in Palestina,
sotto l'impero di Diocleziano.
Ma San Giorgio è un santo particolare anche per un altro motivo: egli è
l'unico riconosciuto tale sia dai cattolici, sia dagli ortodossi e sia dai
musulmani. Viene festeggiato anche nella ex-Jugoslavia e più in generale in
tutti i Balcani. Nel Kosovo, il 6 Maggio di ogni anno, i pellegrini si recano
alla Roccia di Drahovco, luogo in cui, secondo le leggende locali, San Giorgio
arrestò il proprio cavallo sul finire di una dura battaglia. Perito ed assetato
venne salvato dall' animale, il quale, battendo gli zoccoli su una grande roccia
nera, ne fece sgorgare l'acqua che lo dissetò.
Nei Campi di Cagliari i preparativi per la ricorrenza cominciano solitamente
alcuni giorni prima. Tutte le famiglie, anche quelle più povere nelle quali di
norma i pasti non sono certo abbondanti, si sono costrette al risparmio perché
per il giorno della festa niente venga a mancare.
Gli uomini hanno provveduto per tempo ad ordinare una o più pecore, il piatto
più importante dei banchetti, presso i pastori che pascolano le greggi nelle
campagne circostanti la città.
La mattina presto, appena sorge il sole, le donne, gli uomini e i bambini più
grandi, preparano i fuochi. Mentre il Campo prende vita e il fumo dei fuochi si
confonde con la bruma, tutti si scambiano i saluti augurali: un abbraccio e un
bacio sulle labbra ripetuto alcune volte.
Poi, mentre le auto sono state agghindate con fiori e pezze di tessuto
colorato, ci si prepara ad un breve viaggio: la sua meta è un corso d'acqua, un
fiumiciattolo, sito ad una ventina di chilometri dalla città. Quando la carovana
di auto giunge sul posto è ancora molto presto e le acque del piccolo fiume sono
molto fredde.
Nonostante questo tutti fanno in modo di bagnarsi almeno le gambe; per alcuni
minuti, tra grida di gioia e grandi risate, si cammina o si corre nell'acqua,
poi ci si avvicina agli alberi che cingono le rive del fiume e ognuno prende
alcuni ramoscelli.
Anche i ramoscelli vengono immersi nell'acqua.
Prima di andar via si effettua un brindisi e si scambiano altri saluti
augurali. Rientrati al Campo i ramoscelli vengono offerti a quelli che non hanno
potuto recarsi al fiume (gli anziani, i malati, le donne rimaste a custodire i
bambini più piccoli) e altri vengono posti sulla porta di ogni baracca. L'intera
mattinata verrà poi trascorsa nei preparativi per la festa vera e propria, che
comincerà nelle prime ore del pomeriggio.
Le pecore vengono uccise, appese sui pali o sui rami degli alberi e
accuratamente scuoiate. Poi, ripulite, vengono infilzate su lunghi pali e
lasciate un paio d'ore ad asciugare al sole.
Sulla tarda mattinata gli uomini, che hanno già preparato i tappeti di brace,
sistemano le pecore sui fuochi e ne curano la cottura, girando ogni tanto i pali
per far sì che essa sia ben uniforme. Nel pomeriggio, quando anche gli ospiti
gagé sono ormai arrivati al Campo, si dà inizio alla festa.
Non si tratta, in questo caso, di un unico grande banchetto: ogni famiglia
prepara nella sua baracca il proprio personale pranzo, che viene sistemato o su
lunghi tavoli o su grandi piatti circolari chiamati Tevsie e direttamente
poggiati sui tappeti: la pecora arrosto, E Bakri, riveste un significato
particolare. Il suo sacrificio, secondo i Roma più anziani, ricorda l'episodio
di Abramo e Isacco presente nel Vecchio Testamento ed in qualche modo funge da
ringraziamento per le grazie ricevute. Se queste vengono ritenute
particolarmente importanti allora il Kurbano (il sacrificio), assume un
significato più solenne e con la carne della pecora viene cucinata la Shastimace,
il cibo della guarigione.
Esso viene poi offerto a tutte le famiglie del Campo perché ognuno possa
partecipare alla gioia del ringraziamento.
Il fatto che ogni famiglia abbia preparato il suo tavolo imbandito non
significa affatto che la festa venga celebrata in forma privata.
Infatti, mentre tra le baracche cominciano a risuonare le musiche slave
emesse ad altissimo volume dagli altoparlanti, l'intero gruppo si muove compatto
e dà inizio ad un'interminabile teoria di visite che lo porterà, di baracca in
baracca, a rendere reciproco omaggio a tutte le famiglie del Campo.
Sulla porta di ogni baracca tutti vengono accolti dal capo-famiglia, al quale
entrando si rivolge il saluto "Bahatalò givé" (felice giornata) e dal quale si
riceve l'augurio "The avé sasto taj bahatalò" (vieni salvo e fortunato).
Il capofamiglia porge poi ad ognuno dei nuovi arrivati un bicchierino di
liquore, che viene bevuto tutto d'un fiato prima di accomodarsi sui tappeti.
Poi, incrociando le gambe, ci si siede e si fa veramente festa.
Rispetto alla povertà dei pasti di ogni giorno la quantità di cibo messa in
mostra appare addirittura spropositata. Oltre alla pecora arrosto, che a volte
viene presentata ripiena con patate e riso, vengono offerti altri piatti tipici,
come la Pita, un torti no a base di farina, uova e formaggio, o la Sarma, un
involtino di foglie di cavolo verde con un ripieno di riso, cipolle, salsa di
pomodoro e altre spezie. Altri piatti che veramente vale la pena di assaggiare
sono il Suguko, una salsiccia di carne bovina, i Peré Paprike, peperoni scottati
al fuoco e poi infarciti con carne macinata, spezie e riso, e la Baklava, un
dolce a sfoglia i cui ingredienti sono farina, zucchero, strutto, noci e uva
passa. Nel corso di ogni visita tutti badano bene a non esagerare: si assaggia
qualcosa per rendere omaggio alla famiglia ma non si dimentica che si è attesi
da altre visite e da altri banchetti: tanti quante sono le baracche del Campo.
Più di un vero e proprio pasto si tratta insomma di una forma di convivialità
che si esprime nei canti, nelle chiacchiere, nelle risate, nella gioia di
un'intensità rara a trovarsi e che traspare con forza dai visi segnati da rughe
precoci.
È in questo momento che l'ospite gagé, frastornato e reso partecipe della
stessa gioia, capisce con quanta forza gli Zingari vivono la propria vita oltre
tutte le difficoltà alle quali sono sottoposti nella quotidianità.
Tra una visita ad una famiglia e ad un' altra, ma a volte anche durante i
banchetti, si svolgono i Celipé: uomini e donne, gli uni vestiti spesso di
bianco e le altre coi loro migliori e più sgargianti abiti, danzano il Kolo
(molto simile al Su Ballu Tundu sardo) o l'Ingra Indja. A volte, ma solo per
pochi intimi, viene ballato un ballo che ricorda la danza del ventre turca e che
appare di rara bellezza e plasticità di movimenti.
Così la festa va avanti per ore e ore sino al tramonto del sole.
Ricevo da Roberto Malini
Napoli, 4 maggio 2009. "La giovane Rom ha subito una condanna assurda, senza
prove, senza indagini approfondite, senza buon senso," dichiarano i leader del
Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. "Abbiamo
inviato al giudice del Tribunale d'Appello un dossier che ne dimostra
l'innocenza". Il grande giurista Juan de Dios Ramirez Heredia si è detto pronto
a "indossare la toga per difenderla, accanto all'avvocato Valle". Angelica viene
da Bistrita-Nasaud città della Transilvania. Era arrivata in Italia da pochi
mesi con il giovane marito Emiliano e alcuni familiari. Ha una figlia di 3 anni,
Alessandra Emiliana, che è rimasta in Romania. "Ma come possono pensare che
io abbia cercato di rapire una bambina?" protesta Angelica davanti a un
attivista di EveryOne, che ha avuto il permesso dal giudice di visitarla. "Sono
una mamma e se qualcuno mi portasse via la bambina, morirei dal dolore".
A Napoli la ragazza viveva di elemosina "e di qualche piccolo furto,"
confessa, "ma solo quando non sapevo come procurarmi da vivere, perché il mio
sogno era quello di lavorare, se solo avessi avuto un'occasione". Il 10 maggio
Angelica viene arrestata con un'accusa terribile: una donna di Ponticelli
afferma di averla sorpresa mentre avrebbe tentato di rapire la sua bambina in
fasce. "Per entrare nella stanza in cui dormiva la piccola," ricostruiscono gli
attivisti, "Angelica avrebbe dovuto trovare contemporaneamente aperti il
cancello esterno, il portone dell'edificio e la porta blindata
dell'appartamento, senza imbattersi in un inquilino e senza che la piccola, una
volta afferrata, si mettesse a piangere. Tutto questo, in un periodo
caratterizzato a Ponticelli da una vera e propria fobia nei confronti degli
'zingari', tanto che tre mesi prima era nato un Comitato di Ponticelli per il
problema dei Rom. Inverosimile".
Leggendo gli atti del processo e il dispositivo di sentenza, si rileva che
non esistono prove a carico di Angelica, ma solo la testimonianza della madre
della bambina neonata. "Non vediamo perché la donna avrebbe dovuto mentire,"
scrive il magistrato. "E' una sentenza priva di razionalità, proprio per la 'zingarofobia'
che si era impadronita in quei giorni degli abitanti di Ponticelli," prosegue
EveryOne. "La Storia ci insegna che fin dal Medioevo la sola presenza di
'zingari' vicino a un bambino 'cristiano' faceva gridare le comunità locali al
ratto di minore. Anche volendo credere alla buona fede dell'accusatrice, il
fattore-pregiudizio non può in alcun modo essere ignorato nel giudizio di un
caso come questo. Una perizia, che non è stata mai eseguita, avrebbe dimostrato
che Angelica avrebbe dovuto muoversi al rallentatore per essere vista dalla
madre, già sul pianerottolo e con la bimba in braccio, e quindi raggiunta e
bloccata. Sembra che la madre della neonata descriva una propria paura piuttosto
che un evento reale. I seguito è ancora più irreale. La madre leva la piccola
dalle braccia di Angelica, rientra in casa, pone la bambina a terra, grida e...
Angelica è rimasta ancora sul pianerottolo, giusto per farsi raggiungere dal
nonno della neonata e poi da altri vicini, che cercano di linciarla".
Alcuni cittadini di Ponticelli hanno ricordato che l'accusatrice ha
precedenti giudiziari per falso ideologico. Le stesse conclusioni tratte dal
Gruppo EveryOne e dal giurista spagnolo Heredia sono state tratte dal
giornalista investigativo spagnolo Miguel Mora sulle pagine di El Pais: "Il
teorema che ha portato alla condanna si basa solo sulle parole contraddittorie
dell'accusatrice. "Il caso di Angelica ha scatenato gli abitanti di Ponticelli,"
commentano gli attivisti, "che in men che non si dica hanno sgomberato con
brutalità i terreni occupati da Rom romeni, che erano al centro di un progetto
urbanistico in attesa di un finanziamento pubblico di milioni di euro,
finanziamento che poco dopo il 'pogrom' sono arrivati".
Angelica, secondo la giurisprudenza, è una "minore non accompagnata" e il
legislatore ritiene che un minore di età debba rimanere in Istituto il minor
tempo possibile, favorendo tutte le possibilità di reinserimento sociale. "Ma
Angelica è già dentro da un anno," conclude EveryOne, "e sconcerta il fatto che
non le sia stato concesso il patrocino gratuito per un motivo surreale: era
impossibile al magistrato stabilire le sue condizioni economiche in Romania". Se
in appello sarà fatta giustizia, per Angelica si aprono due possibilità: tornare
in Romania e ricostruirsi una vita con i suoi cari oppure restare in Italia,
grazie a una famiglia che si è offerta di aiutarla in un percorso di inserimento
sociale positivo, in attesa di ricongiungersi alla famiglia. Intanto il suo caso
ha destato l'attenzione della Commissione europea, del Cerd (Nazioni Unite) e
delle più importanti organizzazioni contro la discriminazione e gli abusi che
colpiscono il popolo Rom in Europa, da Union Romani a ERRC, dall'OSI al
Coordinamento Antirazzista Sa Phrala.
Scriviamo al Presidente della Corte di Appello di Napoli Sezione Minorenni dr
Vincenzo Trione e al Presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli dr.
Stefano Trapani:
info@tribunalenapoli.it
tribmin.napoli@giustizia.it
Per informazioni:
info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com
Nessuna fotografia trovata.