Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
caro Fabrizio, ti segnalo questo articolo pubblicato sul Venerdì di
"Repubblica" del 22 agosto: Dopo i mobili, ecco le case da montare.
Potrebbe diventare un sistema interessante non solo per Rom e Sinti stanziali ma
anche per tutti noi!
ciao, Maria Grazia Dicati
Dopo i mobili, ecco le case da montare. Ma comprarle è una lotteria.
di Riccardo Staglianò
Costruite con criteri ecologici e democratiche, si assemblano in un giorno,
hanno tutti i comfort e prezzi competitivi. Nate in Svezia, ma arrivate anche in
Gran Bretagna, sono richiestissime. Tanto che, per acquistarne una, bisogna
partecipare a una riffa

Vivere in una casa Ikea nel senso dei muri, non dei mobili. Dal contenuto
al contenitore è un trasloco anche linguistico. E infatti, entrando in
questi sessantadue metri quadrati inondati di luce con il Baltico che scintilla
in lontananza, non ti senti intrappolato nelle pagine del catalogo
dell’arredamento globalizzato.
La teoria di base è la stessa: bel design a prezzi accessibili. Ma la
prassi è diversa e ognuno di questi Bo Klok (in svedese «vivi con
intelligenza»), i prefabbricati più insospettabili e affascinanti del mondo, fa
storia a sé.
«Solo la cucina e un paio di pezzi sono Ikea» spiega la biondissima Joanna, al
quarto mese di gravidanza, mostrandoci le tre stanze, «tutto il resto l’abbiamo
comprato altrove». «Più bellezza per tutti» è sempre stato il programma
estetico-elettorale del fondatore Ingvar Kamprad. Che nel ‘96 ha deciso di
traslare la sua filosofia nell’edilizia. E, invece di chiedere agli architetti
da che parte cominciare, ha interpellato l’ufficio statistico nazionale. Kamprad
ha scoperto così che nelle grandi città i due terzi delle famiglie (oggi a
Stoccolma sono l’85 per cento) erano formate da una, due, massimo tre persone.
Cosicché le abitazioni in circolazione, ancora concepite per una natalità
subequatoriale, risultavano grandi, inabbordabili, vuote. «Il passo successivo»
spiega Martina Holtz, che lavora nel team dei designer che perfezionano le varie
soluzioni abitative, «era fissare il prezzo giusto. Abbiamo scelto come salario
di riferimento quello di un’infermiera con un figlio a carico. Dai nostri
calcoli l’affitto che può permettersi senza troppi sacrifici è oggi di 550
euro». Ovvero la cifra che un inquilino di una Bo Klok base, cinquanta metri
quadrati, deve pagare per una specie di super-condominio che comprende luce,
acqua e tutto il resto. Oltre ai 50 mila euro iniziali per comprare la proprietà
dell’edificio. Ci sono poi i tagli da 62, 73 e 144 metri, con un tariffario che
cresce di conseguenza. «A ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo
le proprie capacità»
sembra il sottotesto di un sistema che ricorda più una lezione in
socialdemocrazia scandinava che in urbanismo.
Nei mesi scorsi le casette in legno sono sbarcate anche in Gran Bretagna, un
centinaio di appartamenti sui 3500 assemblati in totale, a Gateshead, vicino
a Newcastle. «Ci espanderemo anche nel resto d’Europa» dice Holtz, «ma abbiamo
bisogno di partner immobiliari locali. Dall’Italia sono arrivate varie offerte,
ma siamo ancora in una fase di perlustrazione».
I Bo Klok non sono prefabbricati che compri e metti dove vuoi...
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Repubblica
CASA & DESIGN
Da
British_Roma
di LUCIA KUBOSOVA
Secondo le ultime cifre del Ministero degli Interni di giovedì 21 agosto, il
numero degli immigrati in cerca di lavoro dall'Europa centrale ed orientale
verso la Bretagna è caduto al livello più basso da quando i paesi post-comunisti
si sono uniti all'Unione Europea nel maggio 2004.
La GB è stata uno dei tre stati dell'Europa occidentale che hanno aperto il
proprio mercato del lavoro ai nuovi arrivati subito dopo che sono diventati
cittadini UE - assieme a Irlanda e Svezia - con un numero iniziale di lavoratori
arrivati che superavano largamente le previsioni del governo.
Tutti assieme, oltre 875.000 nuovi europei hanno richiesto lavoro in GB nei
quattro anni dell'unione dei loro paesi alla UE.
Ma con la sterlina più debole e l'alta disoccupazione, ora la Bretagna appare
meno attraente per chi cerca lavoro dal "nuovi" stati membri, con solo 40.000
richieste di registrazione lavoro in GB tra l'aprile e il giugno 2008.
L'erosione del valore della sterlina ha avuto conseguenze dirette per le
paghe dei lavoratori stranieri.
Gli immigrati polacchi di solito ottenevano 3.565 zloty dalle 500 sterline,
che avevano bisogno di spedire a casa per giustificare di lavorare in GB. Adesso
è meno del 40%, appena più di 2.100 zloty, secondo gli esperti citati dal
Financial Times.
Ma i lavoratori dai paesi come la Polonia, la Slovacchia o gli Stati Baltici
sono anche stati espulsi dalla riduzione del lavoro in settori come le
costruzioni, che hanno registrato un calo nei posti vacanti di circa il 13% tra
maggio e luglio.
Similarmente, i posti vacanti in ristoranti, hotel e negozi sono caduti del
9% nello stesso periodo, secondo il rapporto governativo.
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