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Articoli del 13/08/2008

Di Fabrizio (pubblicato @ 14:50:35 in Italia, visitato 1931 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

La disobbedienza dei rom - Enrico Miele - da il Manifesto, pag. 1 del 13/08/08 (disponibile online domani)

ROMA - "Siamo tutti identificati". Saranno rimasti sorpresi i volontari della Croce rossa sentendo la risposta dei 40 rom che occupano lo stabile di via delle Cave di Pietralata, nella zona Quintiliani a Roma. Lunedì mattina la Croce rossa si era presentata nel vecchio capannone del quartiere a est della capitale. Nella lista degli operatori quel campo non era ancora stato censito. Quello che la Croce rossa non sapeva è che lì abita una comunità di rom rumeni, presente in Italia da oltre otto anni. "Siamo tutti iscritti negli elenchi dell'Asl, abbiamo la tessera sanitaria prevista per i neo-comunitari e non capiamo la ragione di un'ennesima identificazione" rispondono gli occupanti ai volontari. Che fanno marcia indietro, con l'impegno di ripassare a settembre. Una sorpresa, ma relativa. "Controlli ne subiscono spesso da parte delle forze dell'ordine" dice Claudio Graziano, responsabile solidarietà dell'Arci che sostiene l'occupazione dei rom. "Questo non è il classico insediamento, qui hanno un progetto di autorecupero dello stabile per ricavarne abitazioni". L'Arci ha già raccolto 1500 firme tra gli abitanti del quartiere. Nel capannone occupato non ci sono soltanto rom ma anche italiani. "Il loro è un progetto comune - precisa Graziano - con un'area di verde pubblico per il quartiere, come previsto dal sistema Sdo e mai realizzato". Lo Sdo (sistema direzionale orientale) è il progetto di riqualificazione dell'area est della capitale. Previsto fin dal '90, non è mai stato portato a termine. "Ci chiediamo perché la Croce rossa sia venuta - conclude il rappresentante dell'Arci - qui i rom sono responsabilizzati e i bambini vanno a scuola accompagnati direttamente dai genitori". La comunità rom ha occupato l'area lo scorso 14 febbraio perché minacciata di sgombero nel precedente campo di fortuna in via dei Quintiliani. Un gesto per rispondere alle proprie necessità abitative. Un'occupazione che ha "migliorato la qualità della vita di oltre 60 persone" come sottolinea anche il movimento romano di lotta per la casa, sceso ieri in difesa della comunità. Con il sostegno delle associazioni del territorio (Arci, bottega "Tutti giù per terra", DiversaMente e altre) il campo rom ha avviato un dialogo costruttivo con le istituzioni del V municipio di Roma, la parrocchia e le scuole del quartiere. Insomma, un caso d'integrazione reale che andrebbe valorizzato. La reazione avuta dai rom sorprende il presidente della Cri, Massimo Barra: "È la prima volta che succede. La natura dell'insediamento è indifferente per noi, in quanto la nostra missione è fornire assistenza umanitaria. I problemi li pongono gli assistenti e non gli abitanti. Temo gli intellettuali o i burocrati, non i rom". In realtà il censimento dei campi nomadi è facoltativo. Chiunque ha la possibilità di sottrarsi, se vuole. A maggior ragione se, come nel caso del campo in via Quintiliani, i rom sono già registrati presso l'Asl e posseggono la regolare tessera sanitaria prevista per i cittadini dei paesi recentemente entrati nella Ue (Bulgaria e Romania). "Se il censimento è facoltativo significa che non si può imporre. Ed allora dov'è il problema se una comunità decide di sottrarsi? - si chiede Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci -. Se i rom di via Quintiliani hanno già assistenza sanitaria perché dovrebbero sentire l'esigenza di prendere la tessera della Croce rossa?". Nel frattempo, anche se i riflettori sul censimento negli insediamenti abusivi si sono abbassati, l'operazione della Croce rossa prosegue. Fino a oggi a Roma sono stati venti i campi nomadi visitati dai volontari. Le persone identificate sono 620, appartenenti a 123 diversi nuclei familiari. Tra loro i minori sono 288.

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:48:57 in Europa, visitato 2317 volte)

Da Roma_und_Sinti

DW-WORLD.D - DEUTSCHE WELLE 11.08.2008

Musicisti mendicano per strada, è ancora uno stereotipo, dice Rose

Il presidente del Consiglio Centrale Tedesco per i Sinti e i Rom ha detto a DW-WORLD.DE che non è stato fatto abbastanza per sradicare le cause del pregiudizio in Europa. Ha detto che molti Sinti e Rom si integrano negando la loro etnia.

Romani Rose è il capo del Consiglio Centrale Tedesco per i Sinti e i Rom. Ha combattuto per il riconoscimento ufficiale delle sofferenze dei Sinti e dei Rom sotto il nazismo. Tredici dei membri della sua famiglia morirono nei campi di sterminio.

DW-WORLD.DE: I neonazisti cechi vogliono ritornare 200.000 Rom in India e le autorità italiane vogliono prendere le impronte a tutti i Rom e Sinti in base alla loro etnia. Incendi dolosi nei campi Sinti e Rom. Il Consiglio Centrale Tedesco per i Sinti e i Rom ha detto che il razzismo sta crescendo. Sono i Sinti e i Rom i nuovi capri espiatori dell'Unione Europea?

La vita per alcuni Rom è più simile al Bangladesh che all'Europa, dice Rose

Romani Rose: Al momento che stiamo avvertendo uno sviluppo spaventoso. I più recenti eventi in Italia lo rendono chiaro. Le misure prese dall'amministrazione di Berlusconi nel dichiarare uno stato d'emergenza e altri passi sono una chiara frattura del Trattato UE. I Sinti e i Rom sono cittadini UE. La causa del problema è che il governo italiano permette che si formino le baraccopoli. E' naturale che la popolazione si preoccupi, quando qualche migliaio di persone senza possibilità di migliorare la loro vita vivono ai margini delle città in condizioni indescrivibili. Ma agganciarsi al problema ed usarlo in campagna elettorale, come ha fatto la Lega Nord, usando le minoranze per far sentire impaurita la maggioranza -è qualcosa che non avrei pensato ancora possibile in Europa.

Il presidente del parlamento italiano ha fatto commenti razzisti rivolti ai Sinti e ai Rom. Questo sarebbe stato inimmaginabile in Germania. La discriminazione e il razzismo esistono anche qua, ma abusare delle difficoltà di una minoranza per sviare l'attenzione della gente su altri temi, è qualcosa che pensavo impossibile dopo 60 anni della nostra storia.

Perché così tanti Rom e Sinti lasciano le loro case in Romania e Bulgaria?

La ragione principale è la discriminazione massiva in tutte le aree della vita - dall'istruzione, al lavoro alla vita comune. Là siamo nella necessità estrema di progetti sull'istruzione e sulle infrastrutture. Il problema è che quella gente non ha nessuno status. Non esistono e non hanno possibilità per il futuro. Vivono in condizioni degradanti. Niente acqua, niente elettricità - sembra più il Bangladesh che l'Europa. Le condizioni di vita sono il problema maggiore. La gente non ha possibilità di avere un lavoro. Molto di quello che accade ci ricorda l'apartheid del Sud Africa. In Ungheria, nella Repubblica Ceca e in Bulgaria i Sinti e i Rom sono tenuti fuori dal sistema scolastico. Ai bambini non è permesso frequentare le scuole regolari e devono andare alle scuole per ritardati mentali - o ci sono scuole con insegnanti impreparati e meno materiale educativo. Questo è il vero problema.

La UE ha speso molti soldi ed richiesto un decennio per l'integrazione nei nuovi stati membri - si dice oltre 11 miliardi di euro...

Molti italiani sono scesi in strada per protestare contro le impronte a Sinti e Rom

Invece di tenere conferenze, la UE dovrebbe mettere in atto misure che migliorino realmente la situazione. Misure che dovrebbero rivolgersi alle cause dei problemi che fanno andare via tante persone. Durante l'allargamento della UE, non abbiamo dato attenzione al fatto che ogni nazione ha la responsabilità di combattere il razzismo e la discriminazione. Questo è ancora nell'agenda di Romania e Bulgaria. In questo caso, devo realmente rimproverare i commissari UE, incluso gente come Verheugen. I nuovi paesi UE sono obbligati a fare il necessario quando si tratta di leggi che proteggono le minoranze. Quando i cittadini sono posti in categorie differenti perché appartengono a gruppi etnici differenti, bisogna semplicemente chiamarlo razzismo. I programmi correnti per combatterlo non sono stati efficaci ed hanno raggiunto a fatica le persone interessate. Ad una minoranza non si possono dare i vantaggi che non ha la maggioranza, ma abbiamo da fare qualcosa nell'interesse dell'uguaglianza.

Dall'allargamento della UE, molti tedeschi sono preoccupati per la migrazione di gente per lo più povera dalla Romania e dalla Bulgaria. La gente pensa che i Sinti e i Rom finiranno a lavare i vetri ai semafori, suonare mendicando per strada o a unirsi a bande di ladri.

Naturalmente, ho familiarità con i reclami sul fastidio. Questo soprattutto ha a che fare con i rifugiati dalla Romania e dalla Bulgaria che sono abituati a molto peggio della discriminazione che affrontano qui. Nessuno si diverte lasciando la sua casa. Dobbiamo risolvere là il problema.

Come descriverebbe le relazioni tra i Sinti e Rom in Germania e quelli dell'Europa dell'Est?

In Germania molti Sinti e Rom devono negare la loro etnia, dice Rose

In Germania siamo stati integrati per 600 - 700 anni. Ma integrato spesso significa che la gente mente sulla sua affiliazione etnica, perché pensa che così potrà eludere la stigmatizzazione generale. Le immagini dell'antiziganismo sono ancora vive. Questo forza il nostro popolo a vivere nell'anonimato benché sia coinvolto in tutti gli aspetti della vita - dalla politica allo sport. Il nostro obiettivo è che possano parlare della minoranza di cui sono parte. La nazionalità e l'identità culturale non dovrebbero essere messe in opposizione l'una con l'altra. Ciò deve avvenire come parte della democrazia. La criminalità pubblica semplicemente spaventa i Rom e i Sinti tedeschi. Abbiamo un'esperienza di antiziganismo in tutta la UE. Non è stata inventata dai nazisti, ma porta alloro programma di annichilimento. Per questo è enormemente importante per noi che, nel nostro sistema legale, le persone debbano rispondere delle proprie azioni. Non si devono permettere generalizzazioni su base etnica. Soprattutto la Germania ha la responsabilità di fare in modo che questo non avvenga. C'è un caso lampante nella nostra storia quando il ministro degli interni del Reich Frick ordinò che la razza non-Ariana fosse sentenziata in tribunale. Questo è ciò che rende differente uno stato costituzionale da un dittatore. Parte schiacciante dei media l'hanno compreso e agiscono di conseguenza.

E' possibile definire i Rom e Sinti europei come un gruppo unito?

Quanto ci tiene assieme è un'esperienza condivisa di persecuzione e uccisioni durante l'Olocausto. Sinti e Rom furono metodicamente identificati, deportati ed uccisi in tutti gli 11 stati occupati dai nazisti. E questo sulla sola base della loro etnia - proprio come gli ebrei.

Ma l'antiziganismo sembra più esteso dell'antiebraismo.

Sì, lo è. Per quanto riguarda l'antiziganismo, viene accettata una forma più esplicita di rigetto. Quando si arriva all'antisemitismo, le conseguenze diventano rapidamente più serie. Spero che una sensibilità simile abbia effetto. Aiuterebbe la nostra coesistenza con la società maggioritaria se le politiche chiarissero che un senso storico di responsabilità è indivisibile. L'obiettivo di distruzione dei nazionalsocialisti si è applicato a entrambi le minoranze. Nel 2009, verrà dedicato un memoriale ai Sinti e Rom uccisi nel Reichstag,  speriamo che cresca anche la consapevolezza. Questo non riguarda la collocazione della colpa, ma la responsabilità del presente.

All'inizio di agosto, in parallelo all'uscita del rapporto di stato tedesco, avete presentato un altro rapporto alla Convenzione ONU sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale. La polizia, in particolare, è accusata di discriminazione.

Abbiamo richiesto che il governo tedesco si distanziasse dai commenti discriminatori fatti dal vice-direttore dell'associazione degli investigatori tedeschi. In una pubblicazione dell'associazione aveva detto che i Rom e i Sinti ritenevano di "poter vivere del grasso della società ricca" e che le "persecuzioni durante il Terzo Reich erano legittimate per i furti ed il parassitismo sociale." I premier di Baviera e Brandeburgo, Beckstein ae Platzeck, si sono distanziati dalla dichiarazione, ma pensiamo sia triste che i procuratori abbiano detto che era coperto dalla libertà di espressione. Dal nostro punto di vista era diffamatorio ed incitante. E' il gergo dell'era nazista - Goebbels ci paragonava agli animali. Immaginate se solo una dichiarazione simile fosse stata fatta sulla minoranza ebrea. L'associazione degli investigatori tedeschi non si è distanziata da quel commento. Lo troviamo spaventoso, così abbiamo portato le nostre preoccupazioni al parlamento tedesco e pure al Ministro degli Interni, Wolfgang Schaeuble, perché diano linee adatte su cosa è appropriato per la polizia tedesca.

Intervistatore: Oliver Samson

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 00:08:21 in Europa, visitato 2672 volte)

Da Roma_Francais

LE MONDE | 12.08.08 | 14h58 . Mis à jour le 12.08.08 | 15h26 - MARSEILLE CORRESPONDANCE

AFP/ANNE-CHRISTINE POUJOULAT Un quartiere povero, nel nord di Marsiglia

Davanti alla porta della casa nel 3° distretto di Marsiglia, Mariana e il suo sposo mostrano il retro rotto della loro Opel break. Una copertura in plastica fa le funzioni di parabrezza. La giovane racconta "Hanno premuto e gettato delle bottiglie sulla vettura, gridando Romani! Romani!"

Nel cuore di zona industriale, le baracche abitate dai Rom sono state recentemente l'obiettivo di bottiglie riempite di benzina e lanciate con un innesco infiammato. Mariana parla anche di colpi dati con mazze da baseball. La decisione è ferma: questa giovane Rumena di 25 anni e la sua famiglia vogliono tornare a Bucarest entro due settimane, nella speranza "che questo si calmi". Ma il ritorno sarà realizzato: "Siamo venuti a Marsiglia perché è meglio qui." Nelle baracche dei Rom, nelle scuole dove i bambini hanno frequentato questo inverno, le testimonianze fanno riferimento ad un'ostilità ed una violenza crescenti verso l'ultima comunità che s'è impiantata a Marsiglia, principalmente nei quartieri più poveri. Saranno 1.000/1.500 Zigani di nazionalità rumena o bulgara a vivere alle Bouches-du-Rhône dopo l'allargamento dell'Unione Europea, nel 2007. Alloggiati in condizioni insalubri, senza acqua, a volte senza elettricità, i Rom lavorano principalmente nella raccolta della ferraglia che trasportano in carrozzine per bambini o con delle camionette, i loro utensili di lavoro.

Furgoni bianchi che hanno alimentato, in giugno, una voce in gran parte trasmessa per email, SMS o MMS, sui portatili degli adolescenti marsigliesi, principalmente quelli dei quartieri a nord di Marsiglia. Dicevano che i Rumeni rapivano i bambini in vista di un traffico d'organi.

Di fronte alla propagazione delle voci, il prefetto di polizia e le autorità giudiziarie non hanno cessato di sottolineare il loro carattere infondato. Ma sabato 21 giugno, tre Rom sono stati violentemente presi da parte, nella zona di La Bricarde (15° distretto). La loro vettura è stata bruciata. Erano arrivati, come hanno in seguito spiegato, per frugare nelle pattumiere. Degli abitanti li hanno accusati di aver avvicinato un ragazzino. Molto presto, una sessantina di persone, chiamate in rinforzo dalle zone vicine, hanno assalito i tre Rumeni che si sono rifugiati in un locale frequentato dagli anziani della zona, sino all'arrivo della Polizia chiamata sul posto.

Il "ritorno alla calma" ha necessitato l'arrivo di copiosi rinforzi, e s'è svolto sotto un getto nutrito di proiettili, con l'impiego di Flash-Ball e lacrimogeni. "Queste violenze urbane sono state di una tale intensità che dobbiamo identificare gli autori", si garantisce al Tribunale. In questo quartiere, costruito a balcone sopra il porto di Marsiglia, il sentimento anti-Rom ha contagiato i più giovani e si esprime con grande durezza. "Sono ladri, prendono l'acqua dalle fogne, non pagano affitto" si sfoga così Kader, addossato ad un muro del locale riservato ai giovani del quartiere. "Aspettano i camion e vi si buttano sopra. Quando mangiano, devono mangiare bene, con i denti d'oro che hanno." I compagni annuiscono. Le voci di giugno hanno la pelle dura: "Anche se si è marsigliesi, c'è sempre un fondo di verità."

La Bricarde - 700 appartamenti, 3.500 abitanti - è una zona ben tenuta, animata da qualche commercio ai piedi degli immobili, dove i giovani i cui genitori o nonni sono immigrati, conoscono una disoccupazione endemica,  vicina al 50%. Difensore dell'idea "meglio vivere insieme", Kamel Dachar, direttore del controllo di zona, deplora "un forte communitarismo": "A La Bricarde, i due grandi gruppi, gli Arabi e i Gitani, si rispettano, sono vicini ma non si mescolano. E' patetico".

Mustapha, una figura di La Bricarde, assicura che la città è sempre "all'erta" dopo l'esplosione di violenza del 21 giugno. "I Gitani, li conosciamo. Ci chiedono se possono prendere quello che cresce, le carcasse delle macchine. I Rumeni, loro, non chiedono niente, sbucano dal nulla. Non parlano francese, si ha l'impressione che abbiano qualcosa da rimproverarsi".

Questa aggressione ha terrorizzato le famiglie rom. "Sono dovuta andare a vedere perché i dodici bambini iscritti alla scuola in febbraio improvvisamente non venivano più", spiega un'insegnante di uno stabilimento vicino alle baracche del 3° distretto. "Mi hanno parlato di molotov lanciate sulle loro abitazioni, di bambini insultati. E' un danno perché questi studenti hanno molta volontà, sono molto presenti, avidi di apprendere ed hanno tutte le possibilità di progredire. Ora s'è fermato tutto." Anche il suo collega, Alain Mauro, insegnante in una classe d'accesso per studenti non francofoni nella scuola di Parc Bellevue, s'è inquietato per l'assenza dei bambini alla fine dell'anno scolastico. "I genitori ci hanno detto che avevano paura." I "bricconi" della missione Rom di Médecins du monde, destinati a portare cure e consigli amministrativi, confermano l'inquietudine.

Le baracche, gli accampamenti sembrano essere stati abbandonati di fretta. In una casa occupata in rue de Lyon, il dottor Philippe Rodier è accolto dall'odore di pane caldo e dai bambini in una piscina improvvisata. L'acqua è portata ogni giorno dalle donne in una ventina di grandi bidoni. A maggio, Donitza e la sua famiglia è stata sloggiata da una casa occupata dove vivevano circa 70 Rom. La loro richiesta di pagare un affitto, di regolare l'acqua e l'elettricità, allora non era stata accettata. Il dottor Rodier esamina un'ecografia, da due scatole di antibiotico per un ascesso. "Questa gente è di una dignità molto grande ed ha una capacità straordinaria di adattamento, testimonia il medico. Dico alla gente del quartiere: Andate a vedere da loro! Questa nuova comunità è destinata alla rivendicazione? Forse..." Durante la campagna delle municipali, gli attacchi ai residenti dell'occupazione sono stati di una rara virulenza. "Ho lavorato a lungo nei quartieri a nord di Marsiglia ed ho sentito cose terribili sugli Arabi. Là, contro i Rom, c'era odio."

Alain Fourest, militante di Rencontres tziganes, analizza questo sentimento come la ripetizione del fenomeno "dell'ultimo arrivato che chiude la porta ai nuovi arrivati e designa il capro espiatorio a cui togliere il pane di bocca". Senatore comunista, Robert Bret deplora "questi riflessi di paura e di rigetto": "In questi quartieri molto fragili, la gente vive la presenza dei Rom come un rischio di destabilizzazione." Si appella ad una risposta dei poteri pubblici e "auspico che non avvenga come in Italia, tanto a livello della risposta dello Stato che del razzismo e della violenza". Il fenomeno non è nuovo: Italiani nel 1920-1930, Magrebini a metà del XX secolo, Marsiglia ha già conosciuto questa forma violenta di accogliere i nuovi arrivati.

Luc Leroux

 

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