Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Ricevo da Marco Brazzoduro, con preghiera di diffusione
(ulteriori notizie
QUI)
La Giunta Comunale di Pisa (centrosinistra) sempre più in linea con le
derive del Governo del "pacchetto sicurezza" (centrodestra)
Si ricomincia. È di mercoledì 1º luglio l'annuncio dell'assessore alle politiche
sociali, Maria Paola Ciccone: in applicazione dell’ordinanza di sgombero
generalizzato degli insediamenti "abusivi" (ord. n. 84 dell’11/12/2008), il
Comune vuole continuare a distruggere gli accampamenti dei Rom rumeni e a
concedere incentivi a chi decide di ‘rimpatriare’, posto di fronte alla minaccia
di vedere abbattuta dalle ruspe la propria dimora. Ancora una volta, il
sindaco Filippeschi non fa nulla per distinguersi dalle scelte più efferate del
Governo Berlusconi. Così, ai respingimenti dei migranti nel Mediterraneo si
risponde da Pisa con la vergogna dei ‘rimpatri assistiti’: soldi in cambio di
partenze. Il Comune dice di aver già speso circa 29mila € per i rimpatri della
prima fase (aprile-maggio 2009), sotto forma di assegni tra i 500 e i 1000 €; a
breve si prepara la seconda mandata, a cui corrisponderanno nuovi stanziamenti.
La domanda è lecita: una giunta di centrosinistra, che dovrebbe praticare
politiche di integrazione, non poteva spendere quel denaro in altro modo?
È noto che gli stranieri hanno difficoltà ad affittare appartamenti a Pisa, a
causa della discriminazione diffusa tra chi - agenzie immobiliari o proprietari
- non si fida delle possibilità di pagamento dei migranti, anche in presenza di
un contratto di lavoro a tempo indeterminato. I soldi del Comune potevano essere
usati come garanzia, a copertura della quota richiesta dalle agenzie. È solo un
esempio di un’alternativa possibile all’allucinata politica securitaria del
Sindaco, che negli ultimi mesi ha più volte portato il ‘caso Pisa’ alla ribalta
delle cronache nazionali, da Repubblica (24/12/2008) al Corriere della Sera
(19/04/2009).
Intanto, il Parlamento ha approvato il ‘pacchetto sicurezza’. Con un colpo di
mano razzista e xenofobo, ha introdotto il reato di clandestinità e le ronde.
Sarebbe normale attendersi che gli enti locali guidati dal centrosinistra
mettano in atto alternative serie e riconoscibili, e non che ripropongano la
ricetta del Governo, un misto di criminalizzazione (sgomberi) e di rifiuto degli
immigrati (rimpatri).
Guardando alle scelte del Sindaco Filippeschi, è evidente che qualcosa non
torna. Mentre la Regione Toscana, guidata dal centrosinistra, si è dotata di una
legge in aperto contrasto con le spinte razziste del Governo (legge n. 29 del
9/06/2009), il Comune soffia sul fuoco della paura e del "senso di insicurezza".
Per il Comune, i Rom che abitano nei campi non sono cittadini come gli altri. La
realtà è che si tratta di famiglie in condizioni di disagio, ma che lavorano per
le imprese locali e mandano i figli nelle scuole del territorio: per il Comune
sono solo un problema da rimuovere, da allontanare. Che ne pensa il Presidente
della Regione, Claudio Martini?
Ci preme sottolineare che i rumeni, cittadini europei, non possono essere
espulsi, a meno di gravi motivi di ordine pubblico. Nulla vieta che, una volta
‘rimpatriati’, tornino in tutta tranquillità e legalità in Italia. Nella
pratica, è esattamente ciò che avverrà al termine della surreale stagione dei
‘rimpatri alla pisana’.
Soldi pubblici spesi bene? No, solo spreco di risorse e politica fatta a colpi
di propaganda, ancora più offensiva in un momento di pesante crisi economica.
Chiediamo dunque che sullo stato di emergenza in cui vivono le famiglie Rom il
Comune apra subito un tavolo pubblico di discussione, oltre a interrompere
immediatamente gli sgomberi e la distruzione di accampamenti in cui abitano
anche donne, anziani e bambini. Lasciamo alla coscienza dei cittadini il
giudizio politico e morale sull’operato del Sindaco. Noi ci limitiamo ad
osservare, per il momento, come i finanziamenti pubblici potrebbero essere spesi
in modo assai più utile e costruttivo.
Associazione Africa Insieme
Pisa, 3 Luglio 2009
Segnalazione di Vielka Araya da
Mundogitano.net
Por: Maria de la Luz
Ahumada - Santiago -
11/06/2009
Timore, rifiuto e insulti compresi sono quello che giornalmente i gitani
ricevono per strada, nessuno può negare che la loro presenza ci fa subito
pensare "Ruberanno!" Se è così, e credo che sia accaduto a tutte, me inclusa,
abbiamo avuto gravi pregiudizi nei loro confronti.
Il fatto che la gente abbia un pensiero sociale tanto cattivo dei gitani,
risale alla storia di questo popolo, da cui discende la situazione attuale di
questa comunità, che in molti paesi è immersa nella povertà e, come conseguenza,
in gravi problemi di analfabetismo, delinquenza o marginalizzazione sociale.
I gitani sono stati "perseguitati" dal XIV secolo, quando esistevano in
Europa gruppi di loro che erano schiavi del re, della chiesa o dei latifondisti
e lo furono fino al XIX secolo. Così, i monarchi spagnoli costruirono un'intera
legislazione antigitana, da cui derivò un razzismo che si estese con la
colonizzazione. In piena epoca di espansione e scoperta del mondo. L'Europa
formulò supposizioni scientifiche che affermavano la differenza tra i popoli e,
soprattutto, la superiorità degli uni sugli altri. Questa superiorità
legittimava lo sfruttamento degli individui considerati inferiori.
Però oggi, in cerca di loro col mio compagno José, ci imbarchiamo verso il
loro mondo, il loro spazio e la loro cultura; all'inizio temevamo che ci
succedesse qualcosa e gli chiesi che non mi lasciasse sola, che avevo molta
paura perché, chiaro, crebbi ascoltando che erano ladri e che lanciavano
maledizioni se non gli davi soldi, però mi aspettava una gran sorpresa, per la
prima volta uscii dai miei pregiudizi ed ebbi l'opportunità che mi mostrassero
la loro vita, i loro sogni, dolori e speranze ed oggi posso testimoniare che
sono persone meravigliose, piene di vita ed allegria, e che malgrado la
loro condizione di povertà in cui vivono, i loro testimoni mi insegnarono
l'altra faccia della realtà; mi ricordai di un detto che coincideva con quello
che stavo sperimentando: "Guarda più in là di quel che vedi", questo feci e così
condivisi con loro questa forma di sentire che vivono quotidianamente come i
loro balli, la musica e quella gran fratellanza che ci mostrarono riuscirono ad
emozionarmi.
Non posso esprimere con le parole quello che i miei occhi vedevano, bambini
immersi nel freddo, non posso smettere di chiedermi come potevano sopravviverci,
alla pioggia, sino a cose così intime come l'igiene personale e perché fossero
stigmatizzate come ladri, se davanti a me vedevo persone accoglienti e
rispettose, così simili a noi, che provano ad essere parte di questa società,
persone semplici con molto da dare.
La vita...
I Gitani vivono suddivisi in diversi luoghi della regione e tutti vengono da
luoghi distinti del Cile, l'ideale per vivere è un posto in cui non faccia
freddo, che sia spazioso per collocare le tende, non rimangono mai in un solo
luogo, tutto dipende dalla situazione economica, così se un posto non va bene
emigrano cercando opportunità e luoghi migliori in cui il clima sia più tiepido.
Vivono della compravendita di veicoli, di artigianato, di lavoro del rame o
di lavori di impagliatura. Le notti di freddo le passano vestiti, negano
l'esistenza di un patriarca, piuttosto ogni famiglia è indipendente e sono loro
stessi che sovrintendono ai figli, i bambini vanno a scuola come tutti, però al
momento di partire devono iniziare un'altra volta il processo educativo. Secondo
la "Legge Gitana" la donna deve arrivare vergine al matrimonio, e solo alcune
cose sono realmente cambiate come la proibizione di accasarsi con una persona
che non fosse un gitano.
D'altra parte, ci raccontano sulle necessità elementari di sopravvivenza come
la luce pagata assieme e l'acqua che costa 1.500 pesos, che trasportano e
utilizzano in bidoni, le necessità basiche le effettuano presso la pompa di
benzina più vicina.
Così come esistono le tende, ci sono anche gitani che vivono in case ed hanno
una situazione economica migliore, quasi tutti si dicono cristiani e non bevono,
fumano solo sigarette.
Il testimonianza...
Lei è Esmeralda, gitana e madre di due figli, e ci ha parlato di quanto è
difficile vivere in queste condizioni. "La cosa più difficile del vivere nelle
tende è l'umidità, la mancanza di bagni, la scomodità ed il freddo per i
bambini, oltre ad essere costantemente discriminati dai vicini e dalle persone
che passano fuori e vedono le nostre tende".
Oltre alle durezze della loro condizione di vita, devono inoltre affrontare
la discriminazione quotidiana delle persone che li circondano, i mille rifiuti d
cui soffrono quotidianamente. Efraín Soto, è un gitano che fa parte di questa
comunità e ci dice che "il più difficile di appartenere a questa cultura è la
discriminazione nella salute, per le strade da tutti i lati. C'è gente che ci
discrimina molto e tra l'altro ci minacciano di bruciare le tende".
"Sappiamo che ci trattano da ladri," segnala Efraín riferendosi allo stigma
che si portano addosso. "Nel regno del signore c'è di tutto, come da voi c'è
gente buona e meno, nel caso dei gitani è lo stesso e per colpa dei cattivi ci
trattano tutti come ladri".
E' di grande importanza l'istruzione e l'appoggio delle autorità, perché
queste persone non vivano in condizione di povertà, non dimentichiamo che
l'unica cosa che ci differenzia da loro è la cultura, tutto il resto è uguale.
La cosa importante di questa esperienza è almeno di poter verificare [...]
che in molte occasioni i nostri pregiudizi possono portarci a pensare in maniera
sbagliata sugli altri, in questo caso mi fu chiaro che sono tanto umana quanto
loro e che tutti meritiamo un'opportunità per mostrarci come siamo...
Fuente:
El Observatodo
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