Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 19/09/2008
Di Fabrizio (pubblicato @ 20:40:48 in media, visitato 1863 volte)
Ultimamente mi occupo poco di cronaca. Un po' per problemi di tempo, un po'
perché chi naviga in Internet può trovare da sé le notizie e magari discernere. Preferisco dedicare
il mio poco tempo a mettere in evidenza notizie sui Rom che altrimenti
passerebbero inosservate. Per capire un popolo devi conoscerlo, ed i Rom sono il
popolo più malvisto e meno conosciuto, tante nella sua tradizione che nei
problemi del giorno per giorno.
Riprendo questo post del blog del
circolo Pasolini di Pavia perché (stranamente?) la notizia è passata quasi
inosservata. Tra le eccezioni, la solita
Carta
(anche se la notizia è confinata nelle ultime righe) e
Terrelibere. Se avete altre segnalazioni, fatemele sapere. Comunque, ecco la
notizia:
Sebastian che fu accusato di rapimento
Ringraziamo Paolo Fornelli per la segnalazione.
Mercoledì 17 settembre, il tribunale di Catania ha assolto il giovane Rom,
Sebastian di 24 anni che il 15 maggio era stato accusato di avere tentato di
rapire, assieme ad una donna Rom romena, Viorica di 20 anni - una bimba di tre
anni nell'area di parcheggio di un ipermercato nella zona catanese.
L'infamante accusa era totalmente FALSA! Così ha sentenziato il Tribunale di
Catania, in maniera netta, senza nessuna ombra di dubbio. Molti ricorderanno
l'evento, rilanciato roboticamente, ad arte, per diversi giorni da tutti gli
organi di informazione nazionali, televisivi e cartacei. Nel clima massificante
e di obbedienza quasi tutti gli addetti ai lavori giornalistici tranne alcune
eccezioni - non furono sfiorati da nessuna ombra del dubbio, che dovrebbe essere
sempre figlio diretto del democratico e civile raziocinio umano.
Dagli ai nuovi nemici untori e distruttori della pacifica e civile convivenza
degli italiani! Quelli che tranquillamente, in parecchi casi, si ammazzano e si
stuprano in famiglia e tra gli affetti d'amore.
Le carte stampate locali dedicarono intere pagine, lunghi, stigmatizzanti e
solenni furono i servizi televisivi, inseguendo la sciocca e velenosa velina.
Emerse, complessivamente, dalle Alpi a Capo Passero, una voce unica e
totalizzante: dagli ai Rom. I partiti e le organizzazioni delle destre
amplificarono in maniera possente e perversa l'attacco ai ROM, accusati ancora
una volta di essere dediti al rapimento dei bambini.
Per Loro era tutto grasso che colava. Si scagliarono lancia in resta: in nero
paludati, in gesso griffato o con l'ampolla. Da sfruttare al massimo, giusto per
aizzare l'odio.
Il drammatico ed inesistente caso fu montato ad arte ad appena quattro giorni
dalla vicenda di Ponticelli (Napoli), dove una ragazza Rom di 16 anni fu
accusata di aver tentato di rapire una bimbetta di pochi mesi.
Caso ormai smontato, risultato privo di veridicità.
A seguito del razzismo, della caccia ai diversi, scientificamente propagati,
furono bruciati tutti i campi Rom esistenti nell'area di Ponticelli.
Nell'evento catanese i due innocenti giovani, a seguito dell'accusa, finirono in
carcere.
Le conseguenze per tutti i Rom stazionanti a Catania furono tragiche e pesanti.
A pochi giorni di distanza ai residenti nel principale campo (circa duecento),
quello ubicati nel quartiere di Zia Lisa, fu comandato di andare immediatamente
via, e ritornare in Romania. La qual cosa avvenne.
I Rom, terrorizzati, che avevano tanti bambini che frequentavano regolarmente le
scuole elementari cittadine, „preferirono scegliere il consiglio, abbandonando
velocemente il campo.
Successivamente le povere baracche furono reiteratamente date a fuoco e
distrutte.
Come si fosse tornati alle orride persecuzioni nazifasciste contro gli ebrei.
Il tutto è tranquillamente avvenuto sotto il mantello della nostra italica
democrazia, nell'anno di grazia 2008, mese di maggio, nell'era del terzo governo
delle destre dopo Tangentopoli.
Meno male che Giustizia è stata fatta.
Civico e democratico onore ai giudici catanesi! anche se la donna rom è ancora
detenuta, per approfondire se nell'evento in causa, inesistente, non siano
ravvisabili altri reati minori.
La vicenda catanese (e quella napoletana) insegnano ancora che è molto facile
che un popolo, sottoposto a continua pressione mediatica in chiave razzista,
possa facilmente perdere la testa, e quindi, vilmente e brutalmente agire,
ubbidir tacendo.
Da
Welfare Cremona

Associazione culturale MARGINeMIGRANTE 'ROMANCES' Sabato 20 Settembre
2008,
Teatro Monteverdi, Cremona ore 21.00
Le storie raccolte durante una ricerca condotta in un campo nomadi di Padova
sono il tessuto intorno a cui si intrecciano le maglie della drammaturgia. Come
in un gioco di bambini, il gruppo di sei attori in scena crea e distrugge
frammenti di mondi: emozioni, situazioni ed immagini si sviluppano in una
concatenazione continua per dare vita ad una narrazione collettiva,
rielaborazione delle storie raccolte.
Dagli argini della città le storie raggiungono il centro come sassi leggeri che,
trascinati dal flusso, arrivano a destinazione carichi di esperienza. Ogni
storia è un viaggio, ogni viaggio è una pietra che lanciata nell'acqua si
moltiplica in tanti anelli per intersecare altre storie. La pietra si deposita
poi sul fondo, aggiungendosi alle fondamenta, per modificare un po' il corso
degli eventi.
Piccoli frantumi di vita diventano così schegge che generano spiragli nelle
categorie condivise, creano spifferi pungenti ed inafferrabili che
destabilizzano le categorie per dare vita a nuovi immaginari in continua
metamorfosi.
Lo spettacolo Romances è uno dei risultati del progetto Rappresentazione al
limite, finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del programma Youth in
Action, promosso dal gruppo informale AltreLenti dell’Associazione Culturale
Marginemigrante. Tema del progetto è l’indagine dello stereotipo della figura
dello “zingaro”, attraverso uno studio approfondito delle realtà rom e sinti
presenti in alcune città venete.
La necessità di approfondimento di questa tematica nasce dalla constatazione di
una distanza, di un vuoto relazionale generato da entrambe le parti da un
pregiudizio.
Il racconto inizia con il viaggio che Mari, il fratello Cristian, sua moglie
Catarina e i bambini fanno dalla Serbia all’Italia dopo lo scoppio della guerra
nel 1999. La scena si svolge fra il pubblico, gli attori salgono e scendono da
tre sedie che spostano nella platea, raccontano i vari passaggi fino ad
avvicinarsi al palcoscenico – Italia.
Le scene dello spettacolo si riducono a tre sedie che vengono utilizzate di
volta in volta a seconda delle necessità che ogni singola immagine richiede e
non in tutte le scene. L’uso dello spazio e della divisione fra platea e scena è
convenzionale: gli attori salgono e scendono dal palco come entrano ed escono
dalla narrazione, lo spettacolo non necessita di quinte né sipari.
regia: Beatrice Sarosiek
con: Aurora Diotti, Margherita Fantoni, Tommaso Franchin, Anna Manfio,
Laura Serena, Anna Serlenga
costumi: Aurora Diotti, Isabella Sannipoli
luci: Tommaso Trivellato
per informazioni:
marginemigrante@gmail.com
tel. 3488853241
http://www.marginemigrante.org/
Da
Altrenotizie
di Elena Ferrara - Questa volta scendono in piazza per chiedere
solidarietà e per affermare il loro diritto all’esistenza. Stanchi ed esasperati
per le ripetute aggressioni contro le loro famiglie e forti dell’appoggio
ricevuto dal recente congresso mondiale svoltosi a Frisinga, in Germania,
giocano la carta della manifestazione di massa. Sanno di essere 36 milioni
sparsi in Europa, nelle Americhe e nell’Asia. E sanno, appunto, che nel vecchio
continente arrivano già a 12 milioni. Ora presentano il conto. Sono gli
zingari che tra pochi giorni - e precisamente il 20 settembre - si ritroveranno
a Budapest dove il presidente del "Consiglio nazionale tzigano" - l’ungherese
Orban Kolompar - ha invitato i rom magiari a protestare contro la Guardia
ungherese che è l’organizzazione paramilitare estremista e razzista che si sta
sempre più distinguendo con aggressioni contro gli zingari.
Kolompar chiede, inoltre, di avviare una serie di azioni che tendano a bloccare
la diffusione del razzismo. E così sarà la prima volta che gli "tzigani"
scenderanno in campo in Ungheria in difesa dei loro diritti, contro il razzismo.
La manifestazione servirà anche a ricordare all’opinione pubblica che quella rom
è la più numerosa minoranza in terra magiara. Secondo calcoli approssimativi
conta da 600 mila a 800 mila membri che sono stanziati soprattutto nelle regioni
nordorientali, quelle più povere e depresse.
I rom, tra l’altro, collezionano una serie di dati negativi sulla
disoccupazione, i livelli di scolarizzazione e l’aspettativa di vita alla
nascita rispetto al resto della popolazione ungherese. Tutto questo mentre
vengono "collocati" nell'area spregevole del "diverso", con ciò che ne consegue
in termini di disprezzo, odio, violenza ed emarginazione. E così, precostituito
il colpevole, è facile ricercarne le colpe seguendo un copione storicamente e
sociologicamente sperimentato, scritto con il peggiore inchiostro degli istinti
barbari e della ragione deviata. Arriva però il momento della riscossa e questo
è quello che si augurano i dirigenti del movimento che prende le mosse
dall’Ungheria.
E proprio a Budapest si ricorda che gli zingari hanno ispirato in ogni epoca
l'immaginario collettivo e quello individuale artistico, ma non hanno quasi mai
stimolato serie ricerche storiche e sociologiche. Essi subiscono così, oltre
alla ben nota emarginazione di fatto, un’emarginazione culturale frutto di
avversione intellettuale e di sostanziale ignoranza dei loro reali costumi di
vita e dei valori che li sottendono.
Ora la decisione di invitare ad una rivolta pacifica di piazza (sarà la più
grande manifestazione nella storia degli tzigani) è dovuta anche al fatto che
proprio nelle ultime settimane si sono registrati attacchi contro case abitate
da zingari ed è chiaro che la situazione ha superato i livelli di guardia. Tanto
che in una conferenza sulla situazione dei rom, organizzata da "Lungo Drom" che
è la principale associazione civica rom, il presidente Florian Farkas ha detto
che in Ungheria la convivenza fra ungheresi e rom è arrivata a una situazione
nuova.
''Gli argini si sono rotti da ambedue le parti - ha detto - e ci troviamo di
fronte a un estremismo radicale razzista da una parte, e un radicalismo etnico
rom dall'altra. La violenza avrà fra poco una risposta violenta''. Dal canto suo
il garante dei diritti delle minoranze, Ernoe Kallai (rom) ha sottolineato
l'insuccesso delle politiche attuate da Budapest per la minoranza tzigana. Ed ha
poi ammonito che ''senza cambiamenti, l'esplosione del problema dei rom sarà
inevitabile''.
Ora mentre le organizzazioni sociali e molti partiti ungheresi si preparano per
l’appuntamento del 20 settembre si registra anche una precisa presa di posizione
della chiesa cattolica ungherese che, come è noto, ha una forte influenza nella
società locale. La Chiesa dice "no" alle discriminazioni nei confronti degli
zingari e si rifà anche alle recenti decisioni prese dal Congresso mondiale
della "Pastorale per gli zingari" che si è svolto nelle settimane scorse in
Germania. E proprio in tale occasione un alto esponente del Vaticano - il
segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli
itineranti, arcivescovo Agostino Marchetto - in un’intervista alla Radio
Vaticana ha denunciato la gravità della situazione delle comunità zingare. "Dai
rapporti che ci pervengono dalle Chiese locali – ha fatto notare l’arcivescovo –
constatiamo che un pò dappertutto gli zingari sono vittime di discriminazione,
disuguaglianza, razzismo e xenofobia".
Non si salva neanche l’Europa, dove "i Rom e Sinti, pur se cittadini di Stati
membri dell’Unione europea e muniti di documenti validi, non possono godere
degli stessi diritti dei comuni cittadini. "In alcuni Paesi – ha aggiunto
Marchetto – i bambini zingari sono costretti a frequentare scuole speciali per
disabili fisici o mentali, mentre non poche donne vengono sottoposte a
sterilizzazione forzata. E la generale mancanza di fiducia fa sì che ai giovani,
pur se ben preparati professionalmente, non è concesso l’ingresso al mondo del
lavoro come agli altri".
Di qui la decisione di affrontare le questioni degli zingari come una risorsa
per la società e non come un problema. Non si tratta, avverte la Chiesa, di una
"ingerenza politica" ma di un "dovere", così come, appunto, è doveroso
"difendere la dignità della persona in tutte le sue espressioni". Forse si apre
ora - grazie agli zingari ungheresi - una nuova pagina distensiva che potrebbe
favorire il riconoscimento di distinte identità nazionali.
Tom Welschen mi suggerisce questo post di
Viadellebelledonne (Io trovo l'uso dell'aggettivo "romantico" un trucco per
trattare i Rom come una categoria aliena, esotica, per forza distante dalla
nostra vita. Altra cosa: un Rom definirebbe mai se stesso "romantico" o è una
definizione che noi gli abbiamo appiccicato? Comunque, non è giusto giudicare un
libro dal titolo o dalla copertina: leggendo la recensione che segue, si trovano anche molte
considerazioni interessanti e condividibili. Fatemi sapere)

Chi sono veramente i rom? Il diario edito da Magi svela la vera identità di
una popolazione umiliata, bistrattata e dalle tradizioni incomprese.
Un popolo senza patria, dalle origini avvolte nel mistero, che mantiene un senso
estremo dell’unità e un grande rispetto delle tradizioni. Sono questi gli
elementi che contraddistinguono la peculiare identità dei rom, i quali affollano
i paesi europei da tempi immemori ma che continuano, ancora oggi, a richiamare
su di sé pregiudizi che alimentano il disprezzo e in alcuni casi addirittura
l’odio degli autoctoni. Ecco, allora, che emerge la necessità urgente di fare
chiarezza e gettare luce su un mondo troppo spesso misconosciuto e frainteso, in
modo tale da favorire il rispetto reciproco e l’integrazione. È proprio questo
l’ambizioso obiettivo del libro scritto da Daniela Lucatti, Romantica gente
(Edizioni Magi). Si tratta di un prodotto letterario dalle caratteristiche
inconsuete, dato che non assume la forma tradizionale del romanzo e neppure
quella del saggio. Si presenta, invece, come un diario, grazie al quale
l’autrice, una psicologa, rievoca e ricostruisce i momenti salienti del suo
lavoro come referente presso il Centro informazione e consulenza cittadini
extracomunitari e rom del comune di Pisa, sua città natale. È nel corso di
questa importantissima esperienza lavorativa che l’autrice entra per la prima
volta in contatto ravvicinato con la comunità di etnia rom e impara a conoscerne
la cultura, le tradizioni, le abitudini, i difetti e gli straordinari pregi. Il
suo contributo letterario è pregnante, proprio perché nasce dall’esperienza
diretta sul campo, maturata giorno dopo giorno e a prezzo di notevoli difficoltà
per ben undici anni, contrassegnati dalla soddisfazione di avere fatto tutto il
possibile per migliorare le condizioni di vita di chi stenta a essere
riconosciuto e accettato.
Chi sono realmente i rom?
Per sradicare il pregiudizio e il sospetto dal nostro cuore è fondamentale,
innanzitutto, conoscere e comprendere l’identità di coloro che siamo abituati a
tacciare sbrigativamente come “diversi”. La confusione e l’ignoranza sono
accresciute dalla mancanza di libri scritti dai membri di questa popolazione,
testi che ci raccontino il loro universo, le loro individualità e le loro
storie. Ciò accade perché quella romanì è una cultura prettamente orale, che
solo negli ultimi anni sta assistendo a qualche rara eccezione. Inoltre, i rom
dislocati in Occidente sono generalmente frequentati soltanto da operatori
pubblici e del privato sociale, i quali danno loro assistenza, o da
rappresentanti di confessioni religiose disparate, che tentano di fare
proselitismo, per non parlare dei molteplici criminali, che se ne servono
facendo leva sulla povertà per i loro sporchi traffici. Questa situazione non
produce altro effetto se non quello di incoraggiare i sentimenti di timore,
preconcetto e razzismo, ulteriormente accresciuti dai più recenti casi di
cronaca nera, che hanno ricoperto i rom di pubblicità negativa. Ma non si può
certo fare di tutta l’erba un fascio. Tocca, dunque, chiederci chi siano
realmente gli appartenenti al popolo romanì. In primo luogo, dobbiamo chiarire
che “rom” significa “uomo” e che con questo termine si fa riferimento a coloro
che appartengono alle comunità di lingua e cultura romanes, giunte per la prima
volta in Europa all’inizio del XV secolo. Si tratta di una popolazione
indoariana, costituita da cinque grandi gruppi: rom, sinti, manouches,
romanichals e kalé. Ciascun raggruppamento è costituito da numerosi sottogruppi
contrassegnati da caratteristiche economiche, etiche, linguistiche e
socioculturali particolari, sebbene vi sia comunque un’omogeneità sostanziale.
In tutto il mondo si contano circa dodici milioni di individui (otto milioni
circa in Europa e quasi centoventimila nel nostro paese, di cui l’ottanta per
cento di antico insediamento e con cittadinanza italiana). Essi rappresentano
una nazione senza stato e senza territorio e sulle motivazioni del loro esodo
esistono solo supposizioni non suffragate da dati di fatto. Si crede provengano
dalle regioni a Nord-Ovest dell’India (Pakistan, Panjub, Rajasthan, Valle del
Sindh) e pare che abbiano intrapreso un percorso storico comune (inizialmente
raggiungono l’Armenia, l’Impero bizantino e la Persia, per poi distribuirsi nei
paesi europei e infine allontanarsi ulteriormente a causa delle deportazioni
nelle colonie delle potenze europee in Africa, America e Australia).
Il termine con il quale noi occidentali usiamo definire le popolazioni romanes è
“zingari”, che deriva dal nome di origine orientale di una setta eretica, quella
degli athingani, che, a partire dall’VIII secolo, si introdussero nell’Impero
bizantino. L’accezione fortemente negativa del termine “zingari” deriva proprio
dalla cattiva fama di cui questa setta, confusa con la comunità romanì, godeva,
essendo dedita all’arte della magia. Un altro nome con il quale vengono
designati i rom è “nomadi”, anche quando questi sono stanziati nel territorio da
secoli. Dobbiamo, inoltre, tenere in considerazione che la continua mobilità che
ha caratterizzato la popolazione romanì in Europa e nel mondo non è stata il
frutto di una scelta culturale, bensì la conseguenza di politiche inospitali e
repressive (basti pensare alla persecuzione di cui fu fatta oggetto dai
nazisti), di cui la creazione dei campi nomadi costituisce solo l’ultimo
baluardo. In questi luoghi, infatti, si è determinata una vera e propria
situazione di segregazione razziale, una ghettizzazione che spinge i rom al
degrado sociale e culturale e all’impossibilità dell’integrazione, se non a
prezzo di un’assimilazione forzata che produce l’annientamento della propria
peculiare identità.
Storie toccanti di uomini e donne che lottano per un futuro migliore
Il diario scritto dalla Lucetti tratteggia, attraverso la ricostruzione dei
giorni di servizio, vite umane autentiche che non vogliono arrendersi
all’apartheid a cui sono costretti e che, giorno dopo giorno, tentano di
costruire per se stessi, e in particolare per i propri figli, un futuro più
roseo, improntato all’integrazione e al multiculturalismo.
Vi è Argia, dai capelli brizzolati legati a coda di cavallo e l’andatura
tipicamente maschile, donna che incute un senso di rispetto profondo, come se
fosse un’anziana, pur non essendolo realmente. Sarà per il colore dei capelli o
per il viso provato, ma soprattutto per la sua straordinaria saggezza, che le
consente di fronteggiare con estrema determinazione anche le difficoltà più
ardue. Argia si reca al Centro informazione e consulenza cittadini
extracomunitari e rom per poter riavere la sua casa, una stanza nel cimitero, da
cui è stata mandata via, costretta a vivere in una precaria roulotte infestata
da “creature minacciose”.
Poi c’è Nariba, la quale non vuole che i suoi figli vengano inseriti nella lista
dei bambini rom, perché «non sono “zingheri” come quelli del campo». La donna è
disposta a rinunciare agli aiuti previsti per coloro che ne fanno parte, purché
le sue creature non diventino oggetto del dileggio, del disprezzo e del
pregiudizio razzista dei compagni di scuola e dei borbottii infastiditi e
intolleranti dei loro genitori. Malgrado un marito sfaccendato e una vita ben al
di sotto delle aspettative di gioventù, Nariba si fa in quattro per garantire ai
suoi bambini un’esistenza serena e dignitosa e per fare in modo che non nutrano
complessi di inferiorità nei confronti dei loro coetanei.
Il dramma di Lukia è, invece, determinato dal fatto che in un periodo di grandi
difficoltà le è stato sottratto il figlio, rinchiuso in un Istituto per minori.
Da mesi non vede il suo bambino e non le è neppure consentito di parlargli per
telefono. Nonostante un marito violento e innumerevoli sacrifici, la donna non
si arrende e lotta disperatamente per il bene più prezioso della sua esistenza.
Trascorsi «i primi tempi di studio reciproco e di estraneità nei quali viene
mantenuta una certa distanza valutativa», si creano splendidi rapporti di
vicinanza emotiva e confidenza tra l’autrice e queste donne tormentate, eppure
così «piacevoli e intelligenti». È Lucatti stessa a raccontarci, non senza una
punta di malinconia e commozione, quanto sia importante, anche nell’ambito
lavorativo, instaurare relazioni autentiche, improntate alla reciproca
comprensione. Ci svela, infatti: «Parlare con le donne straniere è una cosa che
ogni volta mi fa sentire più ricca e le rom in particolare mi lasciano dentro un
senso strano, quasi un antidepressivo. Nonostante il dolore che riescono a
trasmettere, mantengono sempre qualcosa di estremamente vitale che si attacca
addosso a chi si permette di lasciarlo entrare, non ponendo nel mezzo il muro
del pregiudizio». E ancora: «Nei momenti di più acuta tristezza incontrarli mi
calma, mi restituisce un senso. Sento che nonostante tutti gli sforzi che fanno
per riuscire ad assicurarsi la sopravvivenza non sopravvivono ma vivono comunque
e a qualsiasi costo. Come se non perdessero mai, anche nel dolore più grande,
questo senso del vivere nel quale riescono a includere tutto senza lasciarsi
portare via».
Romantica gente umiliata per il colore della pelle e l’aspetto dimesso
Il rapporto speciale e simbiotico con le “sue donne rom” fa emergere nell’animo
sensibile della scrittrice un profondo senso di colpa e di vergogna per la razza
a cui appartiene, la quale costringe i “diversi” a una vita che non è degna di
essere definita tale, caratterizzata da ingiustizie, disparità di trattamento,
umiliazioni e torti, “giustificati” unicamente dall’appartenenza a un’etnia
differente.
La forma di diario scritto in prima persona mette in evidenza i sentimenti e le
emozioni provati dall’autrice del libro nei suoi undici anni di lavoro
entusiasta presso il Centro, durante le innumerevoli battaglie (alcune perse con
onore, molte altre vinte con soddisfazione) condotte fianco a fianco a questa
umanità bistrattata e, nonostante ciò, mai fiaccata del tutto. È proprio questa
carica di straordinaria empatia, che filtra da ogni pagina di Romantica gente, a
costituire il principale punto di forza e di attrattiva di un libro, scritto in
uno stile semplice, asciutto e diretto, che si propone l’intento di instillare
nelle menti dei lettori il concetto per il quale professionalità significa anche
umanità e compartecipazione e, soprattutto, lo scopo di contribuire a condurre i
rom fuori dai campi, «intesi simbolicamente come recinti pregiudiziali
all’interno dei quali sono collocati». Speriamo davvero che l’obiettivo venga
centrato.
Annalice Furfari
Di Fabrizio (pubblicato @ 08:49:39 in casa, visitato 1927 volte)
Anche se datato (29 luglio) segnalo questo lancio di
International Alliance of Inhabitants (IAI) arrivato ieri
Istanbul, il coordinatore dell'IAI ha incontrato le vittime delle
demolizioni
ISTANBUL (29.07.2008) – Cesare Ottolini, coordinatore dell'International
Alliance of Inhabitans, ha visitato ieri Sulukule e Ayazma dove gli abitanti
sono rimasti vittime delle demolizioni causate dal Progetto di riqualificazione
urbana.
Ottolini, presente ad Istanbul per partecipare al congresso del Cooordinamento
popolare per il Diritto alla Casa, ha incontrato i residenti di Sulukule le cui
case sono minacciate di demolizione. Ha poi preso conoscenza dei problemi dei
residenti ad Ayazma, che da vivono sotto le tende dal novembre 2007, quando
furono violentemente sgomberati.
Nell’ambito della visita organizzata dal “Coordinamento popolare per il Diritto
alla Casa” il presidente della “Associazione Residenti di Sulukule”, Şükrü Pündü,
assieme ad altri membri, hanno fornito informazioni sul caso. Pündük ha
affermato che più di mille famiglie saranno vittime delle demolizioni.,
ribadendo che le demolizioni avranno effetti negativi anche sul piano culturale.
Per queste ragioni il progetto di ristrutturazione urbana deve essere fermato.
Ad Ayazma la situazione e’ grave
La seconda tappa di Ottolini è stata Ayazma. Le condizioni di vita estremamente
disagiate degli oltre 110 residenti, ha colpito particolarmente l'attivista
italiano per i diritti umani. Incontrando le famiglie nelle loro baracche,
Ottolini ha affermato l’intenzione di lanciare una campagna di solidarietà
internazionale per Ayazma.
Ottolini, dopo aver raccolto informazioni sulle demolizioni e le violazioni dei
diritti umani ad Ayazma, ha assicurato il sostegno IAI alle vittime delle
demolizioni.
Fotografie del 19/09/2008
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