Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 13/09/2008
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:12:10 in blog, visitato 2169 volte)
Da
Steatrando
11 settembre 2008 -
Trovato uno scritto inedito di Lucio Mastronardi. Lo scrittore, in base a
ricerche storiche, ha scoperto che la famiglia di Eleonora Duse era di origini
gitane. Si propone la cancellazione o la rimozione di tutte le lapidi che
rievocano la ex-divina.
Lucio Mastronardi, il famoso "maestro di Vigevano", aveva iniziato la sua
carriera di scrittore inviando brevi racconti e articoli a un settimanale della
sua città. Tutti pubblicati, tranne uno. Il motivo è presto detto. Lo scrittore,
anticipando la vena sarcastica che poi rivelerà nei suoi romanzi, portava a
conoscenza dei suoi concittadini una verità che essi non volevano certo sentire,
cancellava senza alcun rispetto una delle glorie civiche. Riportiamo per intero
il breve articolo, nel quale la critica letteraria non mancherà di trovare in nuce alcuni tratti salienti del Mastronardi maggiore: lo spirito iconoclastico,
la satira pungente dei vezzi del provincialismo, la messa in ridicolo degli
eruditi di storia locale.
"Ogni borgo custodisce gelosamente il proprio ‘albo d’oro’: personaggi illustri
che hanno voluto scegliere quel determinato luogo per fissarvi i propri natali,
o anche solo per transitarvi durante il loro glorioso peregrinare sulla terra.
Vigevano si può vantare di aver ospitato due di questi personaggi superiori
della storia: il Leo e la Nora!
Tutti i miei concittadini avranno già capito a chi mi riferisco: al genio
Leonardo da Vinci e alla divina Eleonora Duse. Sul Leo tanto sappiamo sulla sua
permanenza in città. Secondo il Colombo è sua la regolazione delle acque alla
tenuta Sforzesca, come si evince, senza dubbio alcuno, dai disegni del ‘Codex
Pacificum’; e, secondo il Barni, suoi sono i dipinti in piazza ducale, i
medaglioni sopra le colonne, i motti, le allegorie. I due professori concordano
basandosi su fatti, date, circostanze storiche, anche in assenza di documenti
probanti. Ma tant’è. Il sole illumina ogni luogo.
Ben più preoccupante la vicenda della Duse. Com’è noto ella nacque a Vigevano,
al seguito della compagnia teatrale familiare. La madre partorì qui tra uno
spettacolo e l’altro. Non è per la casualità della nascita, senza mai più una
visita in città, che noi condanniamo la dedica di piazze, vie, scuole e della
famosa lapide affissa davanti all’edificio dell’ex-albergo del "Cannon d’Oro",
sede dell’augusto parto. Sono le origini della ex-divina, ormai dobbiamo
chiamarla così, che ci spingono, pur a malincuore a chiedere alle autorità la
cancellazione di ogni riferimento alla Nora nella nostra città.
Come alcuni sapranno la compagnia teatrale Duse era itinerante; peregrinava di
città in città, di teatro in teatro, per rappresentare i propri spettacoli.
Girovaghi, come sono stati e sono ancora oggi tutti gli attori, diranno i miei
cinque lettori. Sì ma debbono essi sapere che questo vagabondare non era dovuto
alle sole necessità professionali ed economiche, ma a un germe interiore che non
lasciava sostare i Duse in nessun luogo. Il nonno paterno della Nora, per primo
in famiglia, si era fermato in quel di Padova, dove aveva aperto un piccolo
teatro e fondato una compagnia stabile, ma già il figlio non aveva saputo
resistere al richiamo del mondo e aveva intrapreso quel giro di borghi e città
che avevano già percorso suoi avi, non tornando alla natia Padova neppure con la
moglie in avanzato stato di gravidanza.
Spirito irrequieto, animato dal fuoco sacro del teatro, magari in conflitto col
padre o di lui emulo geloso, diranno i miei, ormai quattro, lettori; ma forse
ben altro e più profondo, interiore, immutabile come una macchia indelebile,
come una tara ereditaria nel sangue.
Una mia recente visita nella città del Santo Antonio, mi ha permesso di
consultare vecchi documenti custoditi nell’Archivio Storico cittadino. Lo scopo
della mia ricerca, in verità, era scoprire il passaggio, anche nella città
patavina, del Leo, in modo da poter tracciare la mappa dei luoghi da lui toccati
(o meglio escludere i pochi da lui non percorsi). Ed ecco che un giorno mentre
mi cimentavo nella difficile impresa di trovare negli inventari qualsiasi carta
riguardasse il Vinci mi imbatto in un curioso documento che riporterò per
intero:
"Anno del Signore milleottocentesimo trentesimoterso, addì primo de martio,
città di Padova verso il mastro girovago Aloisio de’ Dusini, detto Duse della
Ruota. Visti i meriti et le allegrezze che detto saltimbanco et teatrante à
accumulato negli anni passati verso i patavini si concede a lui et alla sua
familia di prendere casa stabile nella città, alla condizione che et fino al
giorno che la sua condotta sarà quella di un bono et onesto christiano e abbia a
dismettere le carovane e il girovagare delli antenati suoi".
I miei tre lettori diranno, il nonno della Nora, da grande ed apprezzato artista
aveva avuto un riconoscimento dei suoi meriti dalla città di Padova, che gli
concedeva di prendere dimora fissa. Sì, ma perché un normale attore dovrebbe
ottenere il permesso per stabilirsi in qualunque luogo? La vecchia carta ci dice
molto di più. La famiglia dei Dusini o Duse non era solo girovaga per motivi di
lavoro, ma per etnia e condanna divina, era, ed è rimasta, se ha ancora
rappresentanti, zingara!
Lo rivelano senza possibilità di equivoco il riferimento alla ruota nel
soprannome, simbolo universalmente noto degli zingari ed emblema del loro
perpetuo viaggiare e anche il cognome: infatti ‘drusina’ è la parola gergale che
indica tra di loro la famiglia. Quindi i Duse, se pur stanziali per una
generazione, furono sempre vagabondi per scelta e nomadi per istinto.
Ai miei due lettori rimasti l’ardua sentenza: può una città menar vanto di aver
dato i natali a una zingara, seppur poi osannata e riverita in tutto il mondo? E
se mi è rimasto almeno un lettore gli chiederei di condurre con me la civica
battaglia perché tale infamia, seppur un tempo ritenuta gloria, sia cancellata
dagli onori di una sì grande città, sede vescovile e, ancor prima, della corte
degli Sforza. Può il Leo nella sua immortale fama essere accomunato con una
siffatta plebea, infima tra gli umili, e probabile fonte di contagio del colera
che in quel fatale anno imperversò nella innocente e fino ad allora
incontaminata Vigevano?
Può una miserabile ‘senza patria’ avere gli onori di una patria?"
Il Lucio, come al solito, in grande anticipo sui tempi si vide cestinare questa
vibrante denuncia, frutto di spirito civico e amor di patria. Ma ora che le
autorità comunali, provinciali, regionali e nazionali hanno ben altra coscienza
e maturità di quelle dei suoi tempi, si può chiedere una sana e doverosa
damnatio memoriae?
(Per firmare l’appello presentarsi con un documento d’identità presso tutte le
sedi locali di partito dell’attuale governo).
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:01:06 in casa, visitato 1486 volte)
Da
Mundo_Gitano
EL PAIS
In piazza Numancia a Santander c'è un cartello molto curioso che annuncia la
vendita di un appartamento. Sin qui, tutto normale. La curiosità arriva quando
si comprova che l'immobile non è in vendita ai "payos",
come i gitani denominano le persone che non sono della loro etnia. L'annuncio è
posto da abbastanza tempo ed è molto commentato tra i vicini. Così, se sei "payo",
vai a comprare da un'altra parte.
Ricevo da Agostino Rota Martir
La 1a tappa della Carovana Missionaria per la Pace di quest'anno è stata a
Livorno, essa ha avuto il merito e il coraggio di dedicarla interamente al
popolo Rom.
Gli organizzatori: Centro Missionario Diocesano, Caritas, Salesiani, S.
Egidio... eravamo consapevoli della sfida anche per i suoi esiti incerti, perché
oggi parlare di Rom, anzi dare la Parola ai Rom non è cosa facile e scontata e
questo in qualsiasi città italiana, ma farlo a Livorno lo è ancora di più.
La prima serata è stata celebrata sul piazzale della Chiesa di S.Jacopo,
affacciata sul mare Tirreno, è lì che hanno "Liberato la parola" 2 testimonianze
Rom (un uomo e una donna), cercando di presentare i valori e l'importanza della
famiglia nella vita dei Rom. Ma anche i balli, curati da un gruppo di bambine
Rom del campo nomadi di Coltano (PI), era un modo per "Liberare la Parola",
attraverso la musica, la danza dei colori al ritmo di melodie orientali. Come
pure l'offerta di alcuni piatti tipici dei Rom, preparati con cura da una
famiglia hanno contribuito a "liberare la Parola", attraverso i sapori che
parlano di migrazioni dei Rom lungo i secoli tra culture e popoli diversi.
Anche la lettura di poesie di Rom ha "Liberato la Parola", raccontando e
descrivendo speranze, gioie, timori e delusioni di questo popolo in cammino
anche a causa di rifiuti e di continue espulsioni.
Il vescovo, Mons. Simone era presente, anche lui ha saputo liberare la
Parola, perché quando si parla con il cuore il messaggio supera e vince le
barriere e incoraggia cammini di amicizia e di fraternità.
Mentre la piazza che faceva da palco liberava sulla città di Livorno suoni,
sapori, racconti, i suoi cittadini ad eccezione dei pochi presenti, mostravano
la loro fredda indifferenza, preferendo frequentare in massa il Bar, chiamato
guarda caso:la "Baracchina bianca" posta solo a pochi metri: adolescenti,
giovani distratti e accalcati dentro a sorseggiare rapidi e freddi aperitivi,
tramezzini surgelati e cocktail, intenti a consumare monotoni divertimenti...
mentre le onde del mare frangevano quasi accarezzando con tremore e rispetto la
"parola liberata" del popolo Rom, ancora inascoltato, come sempre.
Integrazione! Sembra la parola magica, gridata dal mondo dei "gagè", spesso è
una parola vomitata addosso ai Rom a piè sospinto, anche a vanvera, perché è
sempre a senso unico: perché noi siamo già "integrati", siete voi "zingari" che
non volete integrarvi nella nostra società, vivete di espedienti, rubate,
sfruttate i vostri figli, non volete lavorare, abitate in baracche, ma per
cortesia lasciateci bere in pace i nostri cocktail alla "Baracchina bianca", e
state a dovuta distanza di sicurezza, non si sa mai e non disturbate la nostra
passeggiata sul lungo mare, integratevi!...
I popoli si integrano a vicenda quando la vita li porta a mescolarsi
reciprocamente, perché forse la vera integrazione è come un innesto dove linfe
diverse si incontrano armonizzandosi, dando vita a delle nuove germinazioni.
Libera l'impronta di Dio...
Digos e vigili urbani ci aspettano a Pian di Rota, sotto il cavalcavia dove
un anno fa' morirono tragicamente 4 bimbi Rom, bruciati in piena notte insieme
le loro povere baracchine, ancora sono visibili i resti bruciati a ridosso del
cavalcavia. E' in programma un momento di preghiera per ricordare Eva, Danciu,
Menji e Tutsa.
Anche qui siamo veramente in pochi, il gruppo raggiunge una ventina di
persone, grazie anche ai carovanieri venuti da Firenze appartenenti ai
Missionari Comboniani, poi questi proseguiranno per la seconda tappa Toscana a
Follonica.
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei
lamenti e non avete pianto".(Mt.11,17)
Sì, fare memoria è pericoloso, soprattutto quando questa pretende mettere in
crisi la tranquillità di una città, come Livorno che si rifiuta ostinatamente di
essere disturbata dalla vita e dalla morte dei poveri. Vuol essere una veglia
particolare, con gesti e segni "zingari", una preghiera che tenga conto della
sensibilità religiosa tipica dei Rom.
Anche Dio ha impresso la sua impronta nella vita di questo popolo, in quanto
Lui non ha vergogna di sedere nella vita dei Rom, non teme di perdere consenso o
il suo tempo prezioso intrattenendosi amabilmente a parlare e bere una tazza di
caffè presso le loro baracche e campine poste tra i canneti o sotto i cavalcavia
alle periferie delle nostre città.
E' un Dio che gli piace sconfinare, guai se non lo facesse: sconfina dalle
nostre belle cattedrali, dai nostri centri, dagli stessi Istituti religiosi,
compresi quelli dei Missionari, dai nostri spazi sacri per far visita a tutti
quei "fuori luogo" che oggi in nome del Vangelo della sicurezza stanno
proliferando senza trovare molta resistenza.
Anche da questi luoghi nascosti (Cristi occultati) è possibile imparare a
guardare dentro noi stessi, ma anche le nostre città con occhi diversi e
lasciarci interrogare dai punti di vista di chi vive il margine: sono i Rom, i
lavavetri, gli accattoni, i migranti, i clandestini...
Per Eva, Danciu, Menji e Tutsa abbiamo pregato e osato chiedere perdono anche
a nome di quella cittadinanza assente e che fa fatica a sentirsi in colpa per
queste giovani vite spezzate a causa della sua indifferenza e chiusura, che non
basta certo donare qualche caramella o qualche abito dismesso ai bimbi Rom se
poi non si è capaci di "compassione evangelica", cioè saper andare oltre noi
stessi (sconfinare!) per lasciarsi rivestire dall'altro, diverso da me.
Un giornalista del Tirreno presente all'incontro, chiudeva il suo articolo
all'indomani con queste parole che mi sembrano riassumano molto bene il senso
della carovana: "La carovana parte verso la Maremma, ora ne fanno parte anche
Eva, Menji, Danciu e Tutsa."
Allora, buon cammino piccoli Rom, ovunque in ogni città e paese la Carovana
si troverà a passare, lasciate le vostre piccole impronte sulle nostre
coscienze, saranno punti di riferimento indelebili per far crescere un mondo
diverso, più umano e fraterno, mettendo nei nostri corpi gli occhi dei poveri,
che sono le lenti del Dio di Gesù con le quali ama e guarda questa nostra
umanità. Ce lo auguriamo tutti insieme!
Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) – 10 settembre '08
Fotografie del 13/09/2008
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