Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 18/01/2006
Pubblicato su:
17/01/2006 - 15:09
Un'indagine dell'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr rileva un generale inserimento degli studenti stranieri con gli italiani e con i docenti. Il rischio razzismo serpeggia però nelle superiori. Confermato il problema bullismo.
Immigrazione? Non è un problema, almeno a scuola, dove però è emergenza bullismo. Per gli alunni stranieri, anzi, insegnanti e coetanei sono un punto di riferimento e talvolta sono le famiglie dei ragazzi immigrati a ostacolare la socializzazione. E' quanto emerge da una indagine svolta da Camilla Pagani e Francesco Robustelli, psicologi dell'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, su 10 scuole (3 superiori, 5 medie, 2 elementari) dell'Italia centrale (8 a Roma, una nella provincia di Roma, una nella provincia di Firenze), che ha coinvolto 86 insegnanti (73 femmine, 85%, e 13 maschi, 15%). "Un campione che rappresenta piuttosto fedelmente la realtà della scuola italiana", sottolineano gli autori. L'indagine è stata condotta con la tecnica del focus group: interviste collettive con i docenti (da un minimo di 5 a un massimo di 10) alla presenza di un ricercatore che fungeva da moderatore e di un altro come osservatore.
I focus group hanno seguito questa traccia: situazione della scuola per l'inserimento di alunni stranieri; preparazione degli insegnanti; atteggiamenti degli alunni italiani; rapporti tra gli alunni stranieri e gli alunni italiani; influenza delle diverse culture sugli atteggiamenti degli alunni; i rapporti tra la scuola e le famiglie degli studenti stranieri e degli studentii italiani; strategie adottate dagli insegnanti. Il primo dato emerso è che il dibattito sul concetto di integrazione, se cioè vada intesa come assimilazione o come conservazione della propria identità culturale, nei focus group si è sviluppato solo in 3 scuole medie, mentre nelle altre 7 l'integrazione viene intesa con una valenza decisamente positiva.
Ma soprattutto, in quasi tutte le scuole non ci sono state particolari difficoltà nell'inserimento di alunni stranieri, specie quando questi sono in Italia da qualche anno e hanno frequentato già la scuola materna e la scuola elementare da noi. Solo un insegnante di una scuola superiore lamenta esplicitamente che i rapporti tra ragazzi stranieri e italiani non sono buoni, ma il problema si riconduce a quello più generale del bullismo. "In tutti i dieci incontri, nell'analizzare il problema dell'inserimento degli alunni stranieri, gli insegnanti hanno fatto riferimento a quello che viene definito 'disagio giovanile'", evidenziano Pagani e Robustelli.
Molti insegnanti indicano insomma le ragioni dei rapporti difficili tra gli alunni più sul versante psicologico che su quello culturale: per esempio, quando i ragazzi manifestano aggressività nei riguardi dei soggetti più deboli come i portatori di handicap, indipendentemente dal fatto che siano stranieri o italiani. Di bullismo in senso stretto parlano gli insegnanti di 7 scuole, confermando quanto la letteratura scientifica ha rilevato sulla diffusione e gravità di questo fenomeno anche in Italia. Alcuni insegnanti, soprattutto nelle scuole superiori, riferiscono con rammarico che talvolta ragazzi italiani e stranieri non si frequentano molto fuori della scuola e attribuiscono in alcuni casi la responsabilità di questo fatto alle famiglie degli alunni stranieri (a parte le famiglie rom, il riferimento è in particolare a quelle cinesi, filippine e mussulmane) che non incoraggerebbero la socializzazione dei loro figli. In 2 scuole superiori alcuni docenti si sono però dimostrati preoccupati per la diffusione di atteggiamenti razzisti tra gli alunni, in particolare verso negri, zingari ed ebrei. "Anche il fatto che questa denuncia arrivi solo dalle superiori conferma i risultati della ricerca psicologica", sottolineano i ricercatori.
Le insegnanti delle scuole elementari sottolineano inoltre come l'inserimento degli alunni stranieri sia stato molto facilitato grazie alla collaborazione dei bambini italiani. In 3 scuole, 2 medie e 1 elementare, i docenti fanno riferimento a forme di vero e proprio attaccamento affettivo degli alunni stranieri alla scuola. In una elementare e una media, alunni stranieri, nonostante non abitino più vicino alla scuola, continuano a frequentarla. In un'altra scuola media sono gli insegnanti, oltre che i compagni di classe, a fungere da punti di riferimento: "Ad esempio una ragazza chiede alla sua insegnante di accompagnarla a comperarsi un costume per andare in piscina, attività che viene svolta con tutta la classe, e l'insegnante l'accompagna volentieri" è un esempio citato da Pagani e Robustelli.
Ogni singola disciplina comporta vantaggi e alcuni svantaggi per quanto riguarda l'inserimento dell'alunno straniero, soprattutto nella fase iniziale. Ad esempio, l'educazione fisica e l'educazione musicale non creano particolari problemi, in quanto materie che si basano molto sull'attività pratica. L'inglese risulta spesso molto difficile per gli stranieri, in particolare per quelli che già sono impegnati nell'apprendimento dell'italiano. Per quanto riguarda la matematica, l'inserimento sembra facilitato dall'uso di una simbologia internazionale, mentre difficoltà si riscontrano nelle scienze, che richiedono l'uso di un linguaggio molto specifico. Il problema della lingua viene segnalato dagli insegnanti di tutte le scuole intervistate.
Uno degli aspetti del problema linguistico, sollevato da 5 scuole su 10, è che in numerosi casi vengono inseriti nelle classi alunni stranieri, che non conoscono o conoscono molto poco l'italiano, 2-3-4 anni più grandi rispetto ai loro compagni. Mentre un problema affrontato nei focus group in 1 media e in 1 elementare, ed accennato in 1 superiore, è la preoccupazione di alcuni insegnanti e genitori per il fatto che l'inserimento di alunni stranieri o di portatori di handicap possa nuocere agli alunni più dotati e abbassare il livello generale della classe. I risultati della ricerca sono contenuti nel volume "Marek a scuola" edito da Franco Angeli, che sarà presentato domani 18 gennaio alle ore 16 preso la Sala Conferenze dell'Istituto "Galileo Galilei" - via Conte Verde, 51 - Roma. Oltre agli autori della ricerca interverranno: Maria Coscia - Assessore alle Politiche Educative e Scolastiche Comune di Roma, Vinicio Ongini - MIUR, Melina Decato - Vicesegretario generale Presidenza della Repubblica, Francesca Gobbo - Università di Torino, Paola Bastianoni - Università di Lecce, Paola Gabbrielli - Consulente Intercultura.
HC 2005 - redattore: NZ
Rif: l'inaugurazione domenica scorsaDa redattoresociale.itTerreni e non campi: sarebbero ormai 5000, soprattutto nel nord Italia, le aree private ad uso agricolo acquistate da famiglie sinte e rom per viverci con le proprie roulotte. Ma per lo Stato si tratta di abusi edilizi Il campo nomadi di Guastalla GUASTALLA (RE) – Sarebbero ormai 5000 i terreni privati agricoli acquistati, prevalentemente nel nord Italia, da famiglie sinte e rom, per viverci con le proprie roulotte. La stima è dell’Associazione Sucar Drom – Opera Nomadi di Mantova secondo cui sceglierebbero questa soluzione soprattutto i sinti italiani - sinti piemontesi, lombardi, veneti, Teich, Gackane, emiliani e marchigiani, Rom Harvati, Lovara e abruzzesi - decisi ad uscire ad ogni costo dalla logica assistenziale del campo. Una tendenza iniziata negli anni ’80 ed esplosa in un decennio, perché poco onerosa a livello finanziario - più difficile sarebbe l’acquisto di una casa o di un terreno edificabile - e non straniante culturalmente. Più cauta nei numeri la valutazione di Nicola Solimano della Fondazione Michelucci di Firenze, realtà all’avanguardia nella progettazione e nella ricerca urbanistica e della architettura moderna e contemporanea, con particolare riferimento ai problemi delle strutture sociali. “E’ una tendenza in crescita, soprattutto tra i sinti. In Toscana nel 1992 erano uno o due i casi ed oggi sono almeno una ventina”. La Fondazione ha progettato e realizzato due aree, una a Prato per i Sinti ed una a Firenze per i Rom macedoni, oltre ad aver appaltato i lavori di un micro-area a Pisa ed aver esteso la propria consulenza a Trento e Bolzano. L’intervento dipende molto dalle caratteristiche dei destinatari, spiega la Fondazione; i Rom ad esempio hanno una tradizione abitativa e sono quindi pensabili soluzioni più vicine ad un modello di casa tradizionale, anche individuale, mentre per i sinti che mantengono una mobilità accentuata e sono legati ad un sistema di famiglia allargata (25-40 persone) vengono forniti più coerentemente servizi di supporto alla loro vita in roulotte. Importante adottare le diverse soluzioni insieme alle famiglie destinatarie del progetto: “E’ importante dimostrare che si sta lavorando alla loro casa e non per uno spazio di nessuno, questo mantiene un senso di identificazione e fa si che, ad esempio, non si verificano cattivi utilizzi delle strutture”. Il problema è che per la legge italiana queste roulotte sono e restano un abuso edilizio. Secondo Sucar Drom questo non solo mette in crisi le famiglie che attualmente vivono in terreni agricoli di proprietà, ma investe le amministrazioni comunali costrette a trovare anche soluzione alternative. “Il rischio evidente è il ritorno al campo nomadi”, paventa l’associazione Sucar Drom che chiede la possibilità di sanare le situazioni esistenti e creare le condizioni perché questa tipologia abitativa venga estesa, attraverso il lavoro di confronto in un tavolo interistituzionale con Ministeri e Regioni. Obiettivo: arrivare ad una soluzione uniforme su tutto il territorio nazionale. “Sono molte le famiglie che stanno facendo questa scelta – commenta Solimano della Fondazione Micheletti, secondo cui questa “è una strada da percorrere”. “Il discrimine è quello del rapporto con la legge sugli abusi edilizi – aggiunge - Occorre trovare un soluzione di equilibrio, in genere non si tratta di aree di pregio. Basterebbe consentire gli allacci alla rete idrica e fognaria, sanare piccoli abusi. Si tratta di interventi limitati”. (vedi lancio successivo) (cch) © Copyright Redattore Sociale
intervento di Fabio Suffré, mediatore culturale dell'Associazione Sucar Drom. Carissimi, vi ringrazio tutti per essere oggi qui con noi oggi a festeggiare u kher nevo (la nostra nuova casa), il Residence Sucar Plaza. Questa realizzazione è un primo segno in Emilia Romagna per costruire insieme un nuovo rapporto tra noi Sinti, le Istituzioni e il resto dei Cittadini. In questi quattro anni di lavoro partecipato abbiamo sperimentato la metodologia della mediazione culturale che vede noi Sinti per la prima volta protagonisti. Insieme con il Sindaco, il Vice Sindaco, il Geometra Eber Bianchi e tutti gli Uffici Comunali interessati abbiamo discusso, lavorato, costruito questa esperienza. Oggi io, a nome dell’Associazione Sucar Drom e delle famiglie Sinte guastallesi, li voglio ringraziare per l’impegno e la volontà che hanno dimostrato in questi quattro anni. Ringrazio anche tutto l’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna e l’Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Mantova per il concreto sostegno che hanno offerto a questa esperienza. Oggi possiamo dire che abbiamo una casa dove poter vivere, crescere i nostri figli, gioire e anche soffrire come ogni famiglia al mondo. In questi giorni qualcuno ha affermato pubblicamente che il Residence Sucar Plaza, la nostra casa, non sarebbe altro che un “campo nomadi”. Oggi io rispondo a tutte queste persone che non hanno mai provato a vivere in un “campo nomadi”. Sucar Plaza non è un “campo nomadi” dove sei costretto a vivere contro la tua volontà, al di fuori della propria famiglia, senza privacy, decine e decine di famiglie ammassate una contro l’altra. Si provino questi signori a vivere una settimana in un “campo nomadi” a Reggio Emilia, a Bologna, a Carpi e la lista è tristemente lunga. La micro-area che oggi inauguriamo sarà esempio in tutta l’Italia per chiudere i cosiddetti “campi nomadi” e offrire alle Minoranza Etniche Linguistiche Sinte un habitat dignitoso. Ma ciò non è sufficiente e per questo chiedo alla Regione Emilia Romagna e alla Provincia di Reggio Emilia di sostenere il nostro progetto di mediazione culturale perché oltre all’habitat dobbiamo tutti insieme elaborare subito, senza perdere tempo, strategie condivise negli ambiti del lavoro, della cultura, della sanità e della scuola. Oggi gioiamo per questo momento, ma da domani vi chiediamo di lavorare insieme per costruire il reale riconoscimento dello status di Minoranze Etniche Linguistiche Nazionali per noi Sinti e per i Rom.
Fotografie del 18/01/2006
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