Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 14/02/2010
Ricevo da Roberto Malini
Lettera aperta alla Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per
Stranieri di Restinco (Brindisi)
Milano, 13 febbraio 2010
Spettabile Direzione del Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri di
Restinco (Brindisi)
In data 11 febbraio 2010 abbiamo appreso che il cittadino romeno Victor
Caldarar (cittadino dell'Unione europea e dunque con - almeno ipotetico -
permesso di libera circolazione entro gli Stati membri dell'Ue) è stato fermato
dalla polizia di Avellino e trovato senza documenti, Purtroppo i documenti erano
in possesso della moglie, che lo aspettava nei pressi della Questura
avellinese con i loro bambini piccoli. Quando abbiamo rintracciato la donna per
mandarla in Questura a consegnare il passaporto (la carta di identità era stata
bruciata dalle autorità durante lo sgombero della baracca in cui viveva, insieme
ad altri suoi beni) era troppo tardi e a nulla sono valse le nostre accorate
richieste di attendere almeno un po' prima di iniziare la sua deportazione in
Romania. "E' la procedura," ci ha assicurato un funzionario di polizia, che
pareva sinceramente dispiaciuto della situazione, "e il ministero dell'Interno
ci ha confermato tale procedura di espulsione". Victor, che è di etnia Rom,
aveva un precedente decreto di espulsione per accattonaggio e - fermato
nuovamente dalle autorità - è stato sottoposto a provvedimento giudiziario di
espulsione. In Italia vi sono circa 6 mila Rom romeni, di cui 4500 hanno
ricevuto decreti di espulsione, per i motivi più svariati: accattonaggio
molesto, resistenza od oltraggio, occupazione di terreno pubblico o privato,
schiamazzi ecc. (Sono provvedimenti "creativi", come richiesto alle autorità
locali dal ministro dell'Interno). La moglie è rimasta in mezzo alla strada con
i bambini, senza denaro né un rifugio, in chiaro pericolo a causa del freddo,
della precarietà e dell'intolleranza. Spesso, dopo l'arresto dei mariti e il
trasferimento nei Centri per Immigrati, le donne Rom (e "clandestine") subiscono
stupri e violenze gravi. I loro bimbi sono oggetto di episodi di gravità
inenarrabile, mancando improvvisamente il sostegno del padre ed essendo poco
accogliente, da nord a sud, l'Italia di oggi. Il "pacchetto sicurezza", poi,
spettabile Direzione, ha reso ancora più frequenti e tragiche queste emergenze
umanitarie e questi accadimenti orribili, che violano in toto i diritti del
bambino, della donna e dell'essere umano.
Nel caso della giovane signora Caldarar e dei suoi bimbi, per fortuna, il mio
gruppo, avvalendosi della solidarietà di alcuni Rom che vivono in Campania, è
riuscito a consentire al nucleo familiare privato del capofamiglia di ritornare
in patria: mi creda, in condizioni difficilissime e passando disagi e pericoli
spaventosi.
Riguardo al marito, Victor Caldarar, un uomo buono, conosciuto per il suo
altruismo e il suo coraggio, "colpevole" di aver chiesto l'elemosina in
compagnia di uno dei suoi bimbi, che dopo tanti sgomberi non aveva altro riparo
che... stare accanto a papà, riguardo a Victor, sta per essere trasferito presso
il Vostro spettabile Centro di Permanenza Temporanea per Stranieri. Vi preghiamo
di evitare che possa incontrare nuove difficoltà e situazioni disagevoli
all'interno della Vostra struttura, in cui, purtroppo, episodi di autolesionismo
causati da una permanenza troppo dura, sono accaduti con preoccupante frequenza.
Victor è sfinito da una vita difficilissima, da gravi episodi di intolleranza
subiti in Italia, dalla persecuzione delle autorità che hanno sempre scacciato
lui e i suoi cari da qualsiasi riparo di fortuna, da qualsiasi paese o città.
Victor è in una situazione di fragilità e sfiducia, preoccupato per la moglie e
i bambini, amareggiato dalla mancanza di punti di riferimento e sostegno,
addolorato al pensiero del futuro che lo attende: un futuro fosco, fatto di
discriminazione e ostilità. Vi preghiamo di trattarlo bene, come un essere umano
(qual è), senza aggiungere pena alla sua già insopportabile pena.
Per qualunque necessità, evenienza o anche solo per ulteriori informazioni,
contattateci senza esitare.
RingraziandoVi, salutiamo distintamente. Roberto Malini, Matteo Pegoraro,
Dario Picciau - Gruppo EveryOne
Contatti:
Gruppo EveryOne
+39 3408135204 :: + 39 3313585406
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Segnalazione di Gabriel Segura
Laboratorio di cucina, una delle attività dell'associazione. :: BLANCA
CASTILLO
ElCorreo.com
Gitani sul buon cammino
L'associazione Gao Lacho Drom celebra 25 anni di lavoro a favore
dell'integrazione
07.02.10 - 03:07 - FRANCISCO GÓNGORA | VITORIA.
"Cos'è, un carro armato?" domanda Jesús Jiménez, di 7 anni, quando la maestra
indica la ruota disegnata sulla bandiera azzurro cielo e verde terra dei gitani.
"Ma non te l'ha detto tuo padre?", insiste l'insegnante. "Ah, sì! - dice il
bambino - Che prima non avevamo case, ma solo gli alberi". La scena ha avuto
luogo nel giorno di Santa Águeda nell'aula di ripasso educativo che
l'associazione Gao Lacho Drom tiene in calle Antonio Machado del barrio di
Sansomendi de Vitoria. Vecchi ricordi si affacciano nella mente dei piccoli
gitani, che così celebrano, per esempio, la tradizione di cantare con i bastoni
alla santa martire, come qualsiasi studente.
Ne Jesús ne su fratello Ángel, di 9anni, immerso nell'imparare la tavola
pitagorica, sanno niente della vita errante, dei carri, del dormire sotto le
stelle, degli accampamenti di baracche degli anni sessanta e del villaggio di
adattamento chiamato "un popolo (villaggio) nel buon cammino" - è il significato
di Gao Lacho Drom - che è posto molto vicino all'attuale laboratorio di
Lakuabizkarra nel 1971. Non ne sapeva niente, salvo i racconti a voce un'altra
volta "dei genitori", Pascual Borja, 28 anni, vice-presidente dell'associazione,
Bartolomé Jiménez, che presto diventerà leader del collettivo.
"Siamo una nuova generazione, non conosciamo queste sistemazioni marginali e
neanche quella malavita che non ha niente di romantico. E' da idioti credere che
a qualcuno piaccia vivere nella sporcizia, come molti continuano a pensare. Io
sono nato sul suolo di Antonio Machado - tre mesi dopo che i miei abbandonarono
il villaggio. Ho potuto studiare e non vivo al margine", afferma il giovane
Pascual che maneggia, inoltre, la lingua di un patriarca, la cortesia, la
diplomazia, l'ospitalità, il saper stare con tutti. E tutto ciò è la somma di
una grande conoscenza della gente. Con le statistiche e con l'esperienza che
nasce dal ricevere la gente ed ascoltare i suoi problemi.
Chi si ricorda dettagli inverosimili di quella tappa oscura sono Bartolomé e
Julia Chávarri, la religiosa del Divino Maestro che cominciò a lavorare col
gruppo nel 1968, animata da quello spirito postconciliare del Vaticano II che
portò molti cristiani a compromettersi con i più deboli.
Una vasca congelata
"Il sindaco era Lejarreta ed ottenemmo qualcosa per la prima volta in Spagna,
abitacoli con bagno, cucina e una stanza di 36 metri che poi ciascuno separò con
mattoni, secondo le sue necessità. Era qualcosa per iniziare ad uscire dalle
baracche. Gli inverni furono durissimi. La vasca per lavare si congelava",
riferisce Julia, "l'anima ed il cuore dell'associazione", che a 77 anni continua
l'attività preparando però il ricambio.
Quando Bartolomé Jiménez va indietro nel tempo e vede il cammino percorso dal
suo popolo si inorgoglisce."Si è sofferto molto. Si sono superati conflitti, ci
sono tuttora discriminazioni, però abbiamo sempre tentato di superarle parlando.
Abbiamo contribuito a costruire Vitoria, alla pace sociale e, senza dubbio,
abbiamo ricevuto molto dal resto della gente di buon cuore". La lista è lunga:
Cáritas, Cayo Luis Vea Murguía, Pedro Mari Núñez e la sua famiglia, tutti i
sindaci meno uno "che era molto cattivo", Jesús Loza e tutti i gruppi politici,
PNV, PP, PSE, EA, IU, "tutti senza eccezione ci hanno aiutato", sottolinea
soddisfatto il patriarca.
"Integrazione esemplare"
"Credo che il processo di integrazione sia stato esemplare a livello
spagnolo. Ci sono state luci ed ombre, come la decisione di creare un collegio
per i soli gitani, ma poi è stato ricondotto. Ottenere che vivano sparsi per la
città come tutti i vitoriani senza creare ghetti è stato fondamentale", pensa
l'ex sindaco José Ángel Cuerda, che ricorda come "affrontammo il rialloggiamento
dalle case di Antonio Machado alla città negli anni '80, assieme al Ministero
della Casa. Hanno collaborato tutte le istituzioni", sottolinea.
Ma questa buona immagine trasmessa dalle istituzioni e dalla stessa
associazione incontra anche polemiche come quella dei "Bartolos" dell'avenida de
los Huetos che questa settimana hanno persola casa per non aver pagato le loro
case. "Il 95% dei gitani svolge una vita normale senza creare conflitti. Essere
differente non è sinonimo di essere cattivo, anche se ci costa rompere il muro
dei pregiudizi e degli stereotipi. Da parte nostra abbiamo fatto uno sforzo, nel
far pace con loro. Perché anche loro hanno diritti", sottolinea Bartolomé
Jiménez, 65 anni, leggenda vivente di questo collettivo. Un'attitudine che lo
onora, perché durante una discussione con il clan dei "Bartolos" nel suo
ufficio, una pallottola stava per costargli la vita.
IL DATO
3.500 sono i gitani a Vitoria e Álava, una comunità che soffre la
disoccupazione e la crisi in una maniera più virulenta che altri gruppi.
Molti di loro vivono completamente integrati e sparsi nei vari quartieri di
Vitoria, anche se i gruppi più grossi si concentrano a Sansomendi e nel
Casco Viejo.
Fotografie del 14/02/2010
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