Jovica Jovic è un maestro di fisarmonica di fama internazionale. "È
incredibile, vivo in Italia da quarant’anni, sono sempre stato in regola e amato
da tutti. Ma da due anni sono costretto a nascondermi, a vivere come un
clandestino. Eppure non ho mai fatto niente di male". La sua unica colpa è di
avere un visto scaduto di Luca De Vito
Jovica Jovic
La sua fisarmonica ha 39 anni. Jovica Jovic l’ha acquistata appena arrivato
in Italia, a Stradella, nel 1971. Per essere precisi è una fisarmonica
cromatica, uno di quei modelli introvabili con i bottoni al posto della
tastiera, difficilissima da suonare. Jovic è un serbo di etnia rom e a guardarlo
sembra un elegante pensionato sulla cinquantina, sorridente e dai modi gentili.
Ma, suo malgrado, ha una doppia vita. Quella ufficiale, che vive sui palchi di
mezza Italia a fianco di artisti internazionali e assieme alla sua band “ I
Muzikanti”. E quella da clandestino, cominciata nel 2007 e passata a nascondersi
fra un accampamento e l’altro. Con un’unica colpa: avere un visto scaduto.
«È incredibile - racconta - vivo in Italia da quarant’anni, sono sempre stato in
regola e amato da tutti. Ma da due anni sono costretto a nascondermi, a vivere
come un clandestino. Eppure non ho mai fatto niente di male». Jovic accetta di
parlare nel chiuso di un garage del centro, perché «nelle mie condizioni le
precauzioni non sono mai troppe». Insieme con lui, alcuni amici italiani che lo
hanno conosciuto grazie alla sua attività artistica. Mauro Poletti,
dell’associazione Terra del fuoco, segue da anni Jovica nella sua carriera di
musicista. «La società dice Paoletti ha un atteggiamento schizofrenico nei
confronti del maestro Jovic. Da una parte lo celebra come artista di fama
internazionale: basti pensare che ha suonato per anni al binario 21 nel giorno
della memoria della Shoah, e che ha collaborato con artisti del calibro di Piero
Pelù, Moni Ovadia e Dario Fo. Dall’a ltra lo persegue come illegale e
clandestino».
La vita del signor Jovic sembra un film di Kusturica, fatta di viaggi e colpi di
scena, anche se il presente per adesso è amaro. Nato a Belgrado nel ‘52, ha
imparato a suonare la fisarmonica ascoltando suo nonno, senza spartiti e senza
metronomi. Un metodo che utilizza per insegnare ai trenta allievi del suo corso
che tiene nella sede di “Terra del fuoco”, un corso di perfezionamento al quale
può partecipare soltanto chi ha già una buona conoscenza della fisarmonica. In
Italia ha lavorato e suonato senza problemi fino al 2007, quando è stato
bloccato all’aeroporto di Roma e - a causa di un visto non rinnovato - rinchiuso
in un Cpt, da cui è uscito solo per le sue precarie condizioni di salute e
grazie all’a iuto di un medico.
Una settimana fa l’ultimo episodio di questa vita clandestina: il Comune di Rho
- dove Jovic, con la sua famiglia, viveva negli accampamenti di via Magenta -
gli ha recapitato un “avviso di imminente accertamento” sui suoi documenti.
«Solo grazie a un nostro presidio - spiega Andrea Papoff, del centro sociale
Fornace - siamo riusciti a impedire lo sgombero di Jovica e dei suoi parenti». E
Jovic aggiunge preoccupato: «Le case accanto alla mia le hanno buttate giù,
lasciando sulla strada tre famiglie. I miei parenti temono lo sgombero da un
giorno all’altro. Mia moglie aspetta da mesi la possibilità di operarsi a un
braccio e anch’io dovrei sottopormi a un intervento all’intestino».
Nonostante i consigli degli amici, però, Jovic si ostina a fumare. Fra le sue
dita, un mozzicone che regge una torretta di cenere pericolante. «Prima o poi
smetto», assicura, accennando un sorriso poco convinto. Poi torna serio e
aggiunge con quella sua voce un po’ roca e un po’ lamentosa: «Mi appello a tutti
gli artisti e a tutti gli intellettuali con cui ho lavorato. Vorrei poter
rimanere in Italia e continuare con la mia vita di artista onesto. Il mio sogno?
Un permesso di soggiorno ad honorem, per il contributo artistico che sto dando
al vostro Paese»
In occasione della Giornata della Memoria, un presidio di 150 persone è
riuscito (pur avendo ricevuto continui rifiuti da parte del sindaco di
Comunione e Liberazione Roberto Zucchetti e dei consiglieri leghisti) a far
sedere in consiglio comunale un esponente della comunità Rom che ha chiesto
all'amministrazione di smetterla con gli sgomberi razzisti e disumani messi in
atto dal Comune di Rho, che ricordano tristemente le operazioni di pulizia
etnica subite dagli Ebrei e dai Rom durante il nazismo.
L'intervento di Johnny, in rappresentanza della comunità Rom rhodense ha
ripercorso la storia della loro famiglia fino allo sgombero, all'abbattimento
della loro casa e alla confisca dei loro terreni, sottolineando che le modalità
disumane con cui sono stati messi in mezzo a una strada e privati di ogni loro
diritto, facendogli perdere il lavoro e allontanando i bambini dalla scuola,
rispondono ad una logica razzista per cui viene chiamata l'intera comunità Rom a
rispondere di atti illegali che è pur vero che esistono tra i rom (ma anche tra
gli italiani), ma la cui responsabilità deve essere individuale.
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