Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 18/06/2010
Da
Roma_Francais
Bastamag.net Salva la vita ad un Rom: 20 anni di prigione - Par Eric
Simon (4 giugno 2010)
In Bulgaria, la giustizia ha condannato un giovane "d'origine straniera"
per l'omicidio di uno studente modello sotto tutti gli aspetti. [...] 20 anni di
prigione per il giovane in questione: l'australiano Jock Palfreeman. Ma dietro
la versione ufficiale, si profila un'altra verità, meno favorevole alla
giustizia bulgara. Dove si apprende che è meglio non aiutare dei Rom vittime di
un'aggressione razzista in seno all'Unione Europea.

Jock Palfreeman è un giovane australiano di 23 anni, da qualche mese in
Bulgaria. La sera del 28 dicembre 2007, è testimone dell'aggressione di due Rom
da parte di una quindicina di giovani, nel centro di Sofia vicino alla stazione
Serdika. Secondo gli osservatori, i giovani urlavano gli slogan razzisti dei
sostenitori del club calcistico della capitale (il "Levski"), tristemente
celebri per le loro azioni violente.
Senza riflettere troppo, Jock si interpone con un coltello in mano, tra i
teppisti e uno dei due Rom che giace incosciente al suolo. I teppisti rinculano
di qualche dozzina di metri, per poi contrattaccare con pietre e blocchi di
cementi. Quando intervengono i poliziotti, Jock è per metà incosciente. Uno
degli aggressori, Anton Zahariev, 19 anni, è ferito ed un corpo senza vita è
steso sul marciapiede: quello di Andreï Monov, studente di 20 anni. Nel
frattempo i Rom sono spariti, poco desiderosi di passare dalle mani degli
hooligan a quelle della polizia il cui razzismo non ha niente da invidiare ai
fan del "Levski". La maggior parte dei media bulgari si schiera immediatamente
contro questo "straniero", assassino di un bambino bulgaro, di conosciuta e
rispettabile famiglia. Il 7 dicembre 2009, Jock Palfreeman è condannato a 20
anni di prigione. La storia avrebbe potuto fermarsi qui.
Testimonianze rimosse
Il padre di Jock, arrivato personalmente dall'Australia per sostenere la
difesa di suo figlio, ha condotto una propria inchiesta e indicato numerose
anomalie. Il contesto della rissa - l'attacco di un gruppo contro due Rom prima
dell'intervento del giovane australiano - è stato totalmente ignorato nel corso
del processo. Diverse versioni contraddittorie di testimoni non sono state
ascoltate. Del resto la maggior parte non è stata interrogata nel corso
dell'istruttoria, particolarmente gli amici di Jock che si sono spontaneamente
presentati ed hanno lasciato i loro indirizzi.
I testimoni convocati in udienza sono stati uno degli hooligan partecipanti
all'assalto a Palfreeman, il portiere di un albergo lì vicino ed i poliziotti
arrivati sul posto che avevano proceduto ai primi interrogatori. Le versioni
sono radicalmente cambiate tra l'istruttoria ed il processo, donando alla fine
testimonianze confuse, incomprensibili ed inutilizzabili per la difesa, negando
persino la presenza dei Rom e quindi l'aggressione a questi ultimi. Lo stesso
hooligan ferito è passato dall'essere testimone a parte offesa, anche se faceva
parte degli aggressori.
Un video accidentalmente cancellato
Altra sfortunata coincidenza: una videocamera di sorveglianza aveva
fortuitamente registrato tutta la scena, l'aggressione ai Rom, poi il
contrattacco su Jock Palfreeman qualche dozzina dimetri più lontano. Ma quando
un anonimo poliziotto l'indomani andò a visionare il nastro, un corto circuito
"accidentale" distrugge la registrazione. "Non ha importanza", stima il
procuratore, Parvoleta Nikova, che considera che, in ogni modo "non avrebbe
visto il film"! Curiosa magistrato che, oltre a negare l'attacco ai Rom ed
il rifiuto di ascoltare i testimoni della difesa, respinge le conclusioni del
rapporto psichiatrico che dimostra che l'Australiano non aveva niente di un
violento psicopatico e che era invece guidato da idee di giustizia sociale. Per
tutto il processo, lo ha descritto come un pericoloso hooligan. Prodigioso
ribaltamento dei fatti!
E' questa visione che la maggior parte dei media riprende ampiamente,
insistendo sullo status di vittima del giovane Andreï Monov. Il clima
nazionalista che regna nel paese non aiuta certo a rendere una giustizia
veramente serena. Durante il processo di Jock, il fatto che la vittima, Andreï Monov
sia stato riconosciuto come adepto allo slogan "la Bulgaria ai Bulgari"
(aggiungete: senza i Rom e gli Ebrei) non ha avuto alcuna influenza sulla corte.
Al contrario: Jock Palfreeman è stato percepito come un "antifascista
esagitato" che ha deliberatamente attaccato giovani di cui non condivideva
il punto di vista. Precisiamo che l'antifascismo è visto molto male in questo
paese dove la lotta antifascista è stata per lungo tempo l'alibi del potere e
dell'ideologia totalitaria. Quanto a difendere i Rom, una minoranza apertamente
disprezzata dalla maggioranza della popolazione, questo non gioca a favore
dell'accusato. Dal canto loro, i Rom si sono discretamente interessati del caso,
come testimoniato da diversi interventi sui forum Internet della comunità.
"La Bulgaria ai Bulgari"
Jock Palfreeman vittima sacrificale delle disfunzioni del sistema giudiziario
bulgaro? Non c'è stato alcun slittamento della giustizia. Tutto è stato gestito
perché non ci fosse nessuna giustizia possibile. Perché Andreï Monov era il
figlio del celebre psicologo Hristo Monov, attualmente vice ministro della
sanità. Riconosciuto come esperto dalla polizia, resta un personaggio influente
negli ambienti politici. La famosa videocamera dal contenuto scomparso d'altra
parte si trovava su di un edificio... del ministero della sanità!
In foto: I tifosi del club Levski
Ancor prima dell'inizio del processo, il padre di Jock ha dichiarato in un
servizio del canale australiano ABC di non avere grande fiducia nella giustizia
bulgara. E' da capire: la Bulgaria, che dal 1 gennaio 2007 fa parte dell'Unione
Europea, è conosciuta per il livello molto alto di corruzione del suo sistema
giudiziario, comparabile, secondo il Barometro mondiale della corruzione 2009
dell'organizzazione
Transparency International, a quello di paesi come la
Cambogia, la Georgia e la Mongolia.
Messo in isolamento per aver ricorso in appello
Ad aggravare le cose, dal 19 febbraio Jock Palfreeman dal 19 febbraio scorso
è stato messo in isolamento totale. Questo significa che non ha più alcun
contatto con gli altri prigionieri, né accesso a libri, radio, televisione,
ancor meno la possibilità di seguire degli studi. Ha solamente diritto ad un'ora
e mezzo di aria quotidiana, da solo nel cortile. Questa situazione è la
conseguenza di una legge entrata in vigore nel giugno 2009, che si direbbe
diretta quasi espressamente contro di lui: tutti i prigionieri stranieri
condannati ad una pena detentiva superiore ai 15 anni devono restare in
isolamento sino alla fine del loro ricorso. Tuttavia, Jock Palfreeman si è
appellato alla decisione della corte. Il processo può durare ancora almeno due
anni. Quale mezzo migliore per dissuaderlo dal far valere i suoi diritti? Al
momento è l'unico prigioniero in Bulgaria in questa situazione, cosa che
evidentemente è contraria ai termini ed alle disposizioni della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo.

Forse c'è un'opportunità per
sostenere il giovane australiano. Se è vero che la giustizia non può
rendersi in un quadro nazionale, è possibile appellarsi alla Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo senza attendere la fine del ricorso a livello nazionale.
Sarebbe anche l'occasione di rendere visibile una storia che non è uscita dalla
Bulgaria se non per essere pubblicizzata in Australia, paese che non ha grandi
mezzi d'azione diplomatica a migliaia di chilometri dalle sue frontiere.
L'Unione Europea non ha mosso un dito per un caso che non riguarda uno dei
suoi concittadini. Lo stesso padre di Jock ha preferito mantenere un profilo
discreto per non infiammare, oltre il necessario, gli spiriti pronti allo
sciovinismo. Una strategia che ormai chiaramente non è più necessaria. Già la
Conferenza UNITED
contro il razzismo, riunione delle OnG antirazziste, dei gruppi antifascisti
e delle associazioni dei migranti, dei Rom e per la difesa dei diritti umani in
33 paesi europei, svoltasi a metà maggio a Budapest, ha contribuito alla
conoscenza del caso Palfreeman. Un primo colpo contro l'iniquità a cui dovranno
seguirne altri.
Il sito di supporto Jock
Palfreeman (in inglese)
Per scrivere:
Jock Palfreeman
Sofia Central Prison - 21 Gen. N. Stoletov Bul.
Sofia 1309 - Bulgaria
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:21:10 in blog, visitato 2500 volte)
Questo post (non è farina del mio sacco), è dedicato a
Giancarlo Ranaldi, che ringrazio per le informazioni e gli spunti che ogni
tanto mi da. Una piccola precisazione, conosco Miguel Martinez, l'autore
del post originale, da qualche anno, ed in passato ci scambiavamo spesso
opinioni. Mi aveva già raccontato brevemente questa storia ambientata ad Imola,
e recentemente l'ha descritta per esteso sul suo blog. Buona lettura.
Mercoledì, 20 gennaio 2010
Una decina di anni fa, abitavo a Imola e avevo in casa dieci amici Rom.
La faccenda era meno problematica di quanto potrebbe sembrare: io me ne stavo a
tradurre al mio computer, loro a guardare la televisione, allattare la bambina
piccola e raccontarsi i loro sogni o a esaurire le loro poche schede telefoniche
con chiamate interminabili a cugini sparsi per mezzo mondo. La cosa più
preoccupante era che avevano riempito il frigorifero di sacchi di carne,
comprati a poco prezzo su chissà quale mercato alternativo, ma le romnijà sono
attente casalinghe, e il sangue che colava sul pavimento, lo pulivano subito e
non dovevo mai pensare a fare da mangiare.
Così, tra una traduzione e l'altro, avevo un buon argomento per rispondere a chi
mi urlava sui forum virtuali, "parli bene tu, se ti piacciono tanto gli
zingari, perché non te ne prendi uno in casa?"
In quel periodo, avevo conosciuto a un tavolino in piazza l'allora segretaria
della Lega Nord, una giovane signora molto energica che alternava i volantinaggi
contro gli extracomunitari al suo lavoro di donna delle pulizie in case private.
Giovanna - la chiamerò così - aveva ovviamente le idee tutte sbagliate, ma era
onesta, coraggiosa e dotata di un notevole senso dell'umorismo.
Un giorno, nell'ambito delle solite cose inter-multi-culturali in cui eccellono
le giunte di sinistra, avrebbe dovuto esibirsi al Teatro Comunale di Imola la Kocani
Orkestar, un vivace gruppo di musicisti Rom della Macedonia,
sassofoni, trombe e clarinetti, con tutta l'ebbra allegria scaramantica con cui
si caccia l'orrore imminente.
Molto prima, avevo conosciuto un musicista Rom su un treno, che ascoltava nastri
con le strane melodie islamo-slavoniche dei sufi bosniaci, e mi raccontava dei
pericoli del suo mestiere: a un suo collega, avevano sparato durante un
matrimonio, perché la sua musica non era piaciuta a qualcuno. La follia,
l'inatteso, la morte, sono sempre in agguato, e per questo occorre battere forti
i piatti e ridere molto.
Ho telefonato al sindaco - impresa non facile, visto che lo avevano appena
cacciato di casa, ma questa è un'altra storia - dicendogli che avevo dodici
profughi Rom squattrinati che avrebbero voluto assistere allo spettacolo. E
così, va detto a suo onore, mi ha fatto avere subito i biglietti.
Come potete facilmente calcolare, i profughi erano solo dieci, insomma ci ho
marciato un po' anch'io.
Un biglietto era per me e uno era ancora da piazzare. Così telefonai a Giovanna,
dicendole che avevo un biglietto in più per il teatro, senza accennarle che
sarei arrivato anche con qualche
amico.
Al teatro, ci hanno dato il palco d'onore, da cui dominavamo dall'alto la folla
di abituali frequentatori di teatro, curati e composti come avviene solo in
provincia, più quella particolare umanità che non manca mai quando c'è qualcosa
di esotico.
Giovanna e la mia banda di clandestini, zoppi, profughi, extracomunitari,
musulmani, zingari e mamme allattanti (tutto in uno e pure moltiplicato) si sono
guardati in faccia, e si sono capiti subito.
Io avevo fatto conoscere molti italiani ai miei amici, ma con poche eccezioni -
tra cui Riccardo
Venturi - erano persone
in qualche maniera mediate, come sono coloro che tollerano
gli zingari nonostante tutto. I Rom, pur comportandosi con grande cortesia,
mi confidavano sempre qualche riserva, notavano qualcosa che non quadrava,
qualche sottile elemento di ipocrisia, che non era altro che la somatizzazione
della buona coscienza borghese.
Che Giovanna fosse a capo della Lega non significava nulla per i miei amici: a
parte la mitica figura di Tito, la politica era un concetto del tutto
incomprensibile per loro, una bizzarra astrazione.
In tanti secoli di difficile convivenza con i gagè avevano affinato invece
un'istintiva percezione che andava all'essenza delle persone: e con Giovanna,
capirono con uno sguardo che si trattava di una persona che non aveva nulla di
falso. Mentre la stessa semplicità non intellettuale che portava Giovanna a
militare nella Lega, la stessa concretezza manuale del suo lavoro, le permisero
di mettersi immediatamente alla pari del gruppo di Rom.
Quella sera, sul palco d'onore, tra il clamore degli strumenti della Kocani
Orkestar, la segretaria della Lega Nord, solo all'inizio un po' imbarazzata,
ballò con Bechir, gioioso e bruttissimo e affettuoso zingaro affetto dalla
sindrome di Down, arrivato in Italia su di un motoscafo, che faceva sempre la
cortesia con i non Rom, di parlare, non in Romanè, ma in un fitto serbo tutto
suo.
Qualche giorno dopo, Giovanna mi telefonò per darmi qualche dritta per trovare
lavoro per uno dei miei amici. Non alla maniera di chi aiuta
gli extracomunitari, ma come si fa tra esseri umani che si danno una mano.
Siccome i Rom mi hanno chiesto spesso di Giovanna, qualche mese fa le ho
telefonato. E' stata espulsa dalla Lega, per chissà quali feroci beghe interne,
fatta fuori da qualche potentato locale; ma dice di credere sempre nell'Ideale.
Forse capite perché mi fa orrore demonizzare o santificare qualcuno come
persona, solo in base al raggruppamento astratto - etnico, politico, religioso,
umano - in cui le incredibili complessità del destino lo hanno fatto capitare.
Fotografie del 18/06/2010
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