Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Da
Slovak_Roma
17 giugno 2010 Fermate gli sgomberi dei Rom in Slovacchia -
Per firmare l'appello di Amnesty International (testo in calce)
Image: L'insediamento romanì a Plavecky Stvrtok. Copyright: Amnesty
International
"Non posso credere che nella Slovacchia di oggi, un paese che è
nell'Unione Europea, lui [il sindaco del villaggio di Plavecký Štvrtok]
voglia rendere senza un tetto 600 persone." Aneta, donna romanì, abitante
dell'insediamento.
Circa 90 famiglie romanì a Plavecký Štvrtok, un villaggio a circa 20 km.
a nord della capitale Bratislava, sono di fronte alla minaccia di essere espulsi
a forza dalle loro case, situate al margine del villaggio, da parte delle
autorità locali entro le prossime settimane.
I Rom hanno vissuto sullo sulla stessa terra di Plavecký Štvrtok per diverse
generazioni. Ma solo negli ultimi mesi è stato chiesto loro dal comune di
provare la legalità delle loro case, tramite l'esibizione dei permessi di
costruzione, certificati di proprietà ed altri documenti.
E' stato detto loro che se non avessero fornito la documentazione necessaria,
ci sarebbero stati ordini di demolizione. Nella maggior parte dei casi i Rom non
possiedono questi documenti, in quanto non sono proprietari del terreno su cui
vivono.
Da gennaio, il comune ha notificato a 18 famiglie di demolire le loro case
entro tre mesi, dato che non avevano fornito i documenti necessari. Se non
l'avessero fatto, il comune avrebbe mandato i bulldozer a demolirle.
Darina, una delle abitanti dell'insediamento ha detto ad Amnesty
International: "Non abbiamo dove andare. Questa è casa nostra. Ognuna delle case
è stata costruita dalla nostra gente, senza nessun aiuto. [...] Ognuno qui ha
dovuto costruire la sua casa coi propri sforzi."
"Questo sgombero avverrà senza riguardo per centinaia di persone, incluse
famiglie con bambini, che non sono state consultate per individuare alternative
allo sgombero od opzioni di reinsediamento, o neanche informate adeguatamente
sul potenziale sgombero," ha detto David Diaz-Jogeix, vice direttore di Amnesty
International per l'Europa e l'Asia Centrale.
Le autorità hanno detto che una delle ragioni del progettato sgombero forzato
è stata la preoccupazione per la sicurezza pubblica, dato che sette case sono
costruite entro l'area di rispetto di 8 m. attorno ad un gasdotto, e la maggior
parte delle altre case sono ad una distanza di 50 m.
Ma gli standard usati per Rom e non-rom sembrano essere differenti. A nessuna
delle famiglie non-rom, le cui case pure sono costruite nella stessa "zona di
protezione", è stato notificata l'ordinanza di demolizione o è stata contattata
in qualche modo dal comune. Ciò fa crescere le preoccupazioni per un trattamento
discriminatorio.
Nel contempo le autorità non stanno considerando nessuna possibilità di un
alloggiamento alternativo, violando gli impegni internazionali della Slovacchia
sui diritti umani.
Il giornale Slovak Spectator ha riportato il 19 aprile che il sindaco di Plavecký
Štvrtok ha dichiarato che il comune ha rigettato l'idea di costruire alloggi
popolari come soluzione, "perché il villaggio dovrebbe investirvi tropo e gli
appartamenti sarebbero del comune. La loro gestione costerebbe molto denaro e
sappiamo molto bene come questi cittadini intendono gli alloggi - in pochi anni
sarebbero tutti in rovina."
"Una dichiarazione simile indica un disinteresse totale degli obblighi della
Slovacchia di garantire un alloggio adeguato a tutti, senza discriminazione," ha
detto David Diaz-Jogeix.
"Le autorità devono assicurare che nessuna famiglia venga resa senza tetto o
vulnerabile alla violazione di altri diritti umani come conseguenza di sgombero.
Questo include fornirle di rimedi legali, incluso quello di un compenso per la
distruzione delle loro case e proprietà. Il governo ha il dovere di assicurare
che le autorità di Plavecký
Štvrtok rispondano alla legge internazionale dei diritti umani."
Segnalazione di Paolo Teruzzi
Progetto Cuccagna
Tutto ha inizio da un vino un po' speciale... vino R.O.M. per l'appunto,
ovvero Rosso di Origine Migrante. Da qualche settimana i restauratori del
Consorzio hanno dei nuovi collaboratori: tre papà rom, il cui lavoro è stato
reso possibile grazie all'encomiabile impegno di un gruppo di genitori e maestre
di alcune scuole primarie di Zona Rubattino e della Comunità di Sant'Egidio di
Milano che hanno finanziato borse di avviamento al lavoro attraverso la vendita
del vino. Un'esperienza che per Sandu, Marco e Christian porta la speranza di
una vita diversa: la possibilità di avere una fissa dimora e di mandare
finalmente i propri figli a scuola
Il campo rom di Rubattino
Tutto ha inizio due anni fa nel campo rom di via Rubattino, una vera e
propria favela cresciuta ed rganizzatasi autonomamente negli spazi di in un ex
centrale Enel abbandonata. Le famiglie di rom romeni sono molte, moltissimi i
bambini in età scolare che non hanno accesso alla scuola.
Vista la stabilità del campo di Rubattino, la Comunità di Sant’Egidio prende
l’iniziativa ed iscrive una trentina di bambini in tre scuole primarie della
zona: Toti, Morante e Munari.
Per i bambini è la prima volta a stretto contatto tra i “gagè”, sconosciuti e
temuti. Anche per le famiglie italiane è il primo incontro con i bimbi rom e le
loro famiglie, altrettanto sconosciute e temute. Questa semplice esperienza da
subito sovverte i pregiudizi: i bambini rom ora hanno nomi, storie, sorrisi, si
sentono parte dell’esperienza scolastica, nasce un rapporto di amicizia con
maestre e compagni di classe.
Lo scorso novembre, poi, arriva lo sgombero. Per un mese oltre settanta bambini
sono costretti a vivere per strada con le rispettive famiglie, senza neanche più
il tetto di una baracca sulla testa: molti spariscono da scuola per intere
settimane.
Un gruppo di genitori italiani e di maestre affezionati ai piccoli alunni e
compagni di gioco dei figli prendono in mano la situazione, aprendo le loro case
e ospitando le famiglie rom per periodi più o meno lunghi.
Rosso di origine migrante
Negli ultimi mesi, lo stesso gruppo di genitori e maestre hanno fatto il
possibile per sostenere le famiglie dei bambini rom e permettere a questi ultimi
di tornare a scuola. Con l’appoggio di Gas Feltre e Intergas hanno progettato
un’iniziativa per raccoglie fondi e sostenere con borse di studio e lavoro le
famiglie rom. Un viticoltore toscano, che con i rom avevano in comune una storia
di sgombri, mette a disposizione del vino: da questa iniziativa il vino prende
il nome di "R.O.M.", Rosso di Origine Migrante. Il vino "R.O.M." ha raccolto la
solidarietà di tantissime persone, tanto che gli incassi hanno consentito di
approntare le prime borse-lavoro, grazie anche al supporto della Comunità di
Sant’Egidio e alla sua esperienza nell'ambito di percorsi di integrazione e di
autonomia per le persone rom senza tetto in Italia.
Le borse lavoro al Cantiere Cuccagna
Ed è proprio nel cantiere Cuccagna che da qualche settimana hanno iniziato a
lavorare due papà rom, un terzo invece arriverà a giugno. Si tratta di una
collaborazione lavorativa part time della durata di due mesi.
Se l'esperienza sarà positiva, il responsabile del restauro, Juan Carlos
Usellini, ha dato la disponibilità nel riconfermare la collaborazione in
cantiere.
Per Christian, Garofita e i loro tre bambini che da un anno sono ospiti di una
comunità, questo lavoro rappresenta un reale percorso verso l’autonomia. Per
Sandu, che insieme ad Alina - donna molto coraggiosa ed intelligente - ha
quattro figli, è l’inizio di una nuova vita. Pochi giorni fa ha firmato un
contratto per una casa a Truccazzano. Finalmente non dovranno più dormire per
strada: il lavoro gli permetterà di ottenere la residenza e di mandare i due
bimbi più piccoli a scuola l'anno prossimo. Per Marco l'esperienza in Cuccagna è
la speranza di una vita diversa: da anni vive per strada con moglie e figli,
costretti a frequenti sgomberi e con il dolore di una bambina di quattro anni
persa in una roggia di Chiaravalle.
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