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Articoli del 24/05/2010

Di Fabrizio (pubblicato @ 12:21:22 in media, visitato 2004 volte)

Finite le violenze dopo gli scontri nel campo di Triboniano, è già iniziata la guerra sporca dell'informazione. Domenica pomeriggio era previsto un incontro tra gli abitanti del campo e gli antirazzisti, al campo stesso. Domenica sera ricevo questa breve mail dalla Federazione Anarchica Torinese:

Milano. La polizia impedisce l’assemblea e porta via gli antirazzisti

Domenica 23 maggio. La polizia sta cercando di impedire l’assemblea al campo rom di via Triboniano. Dopo le violente cariche http://piemonte.indymedia.org/article/8837 di giovedì 20 gli abitanti della baraccopoli alle spalle del cimitero maggiore avevano deciso di fare oggi un’assemblea. La polizia ha bloccato l’ingresso, imprigionando gli abitanti all’interno dell’area del campo. Gli antirazzisti sono stati tenuti lontani e poi portati via di peso dalla polizia.
Uno dei loro ha cercato invano di resistere, gridando a chi lo allontanava con la forza “fascisti!”.
Difficile trovare una definizione migliore per quanto sta accadendo.
Persino riunirsi in assemblea e discutere è vietato. Se sei rom, povero devi tacere ed accettare in silenzio la deportazione.
Quella che stanno rubando ai rom di Triboniano è la dignità e la libertà di noi tutti.
Seguiranno aggiornamenti.

Sorprendete, per chi ha letto sopra, la ricostruzione del Giornale:

Blitz degli autonomi: ma neanche i nomadi li stanno ad ascoltare
di Enrico Silvestri I no global provano a sfondare i cordoni della polizia. Poi chiedono ai rom un incontro al Torchiera: disertato

Anche ieri Triboniano è finito sotto assedio, causa Centri sociali in missione di agit-prop al campo nomadi dove volevano organizzare una assemblea. Ma si sono trovati davanti a un massiccio schieramento di agenti che li ha respinti al mittente. Di peso. Qualcuno s’era infatti sdraiato a terra ed è stato sollevato e portato via a braccia. Dopo un lungo conciliabolo è stato deciso un incontro al vicino Centro sociale Torchiera. A cui i nomadi, si sono ben guardati dal partecipare.
Dopo i violenti scontri di giovedì dunque, da tre giorni sembra essere tornata la calma allo storico campo nomadi, passato dall’abusivismo selvaggio a una parvenza di legalità. Da anni infatti in quell’area dietro il cimitero maggiore si erano accampati zingari e profughi vari dai Balcani. Arrivati in certi momenti fino a mille. Creando una zona franca, fuori da ogni controllo. Poi nel 2007 il patto di legalità: il Comune organizzava condizioni minime di vivibilità, allacciamenti di acqua, luce, fogne, ma dentro ci sarebbero finiti solo i regolari, incensurati e che mandavano i figli a scuola. E nel momento di trasferimento dal campo abusivo, gli esclusi scatenarono scontri feroci, con incendi, sassaiole e bambini branditi a mo’ di clava.
Poi la situazione si avviò alla normalità, anche se non sono mancati in questi anni i momenti di tensione. L’ultimo la settimana scorsa quando lo sgombero di una famiglia proprietaria di una casa finì in tafferugli. Una tensione destinata a salire. Sul campo ballerebbe infatti uno sgombero da effettuare entro il 30 giugno, perché quell’area è interessata a lavori per l’Expò. Giovedì un gruppo di rom si apprestava a marciare verso Palazzo Marino per chiedere quali fossero le intenzioni della Giunta, trovando la strada sbarrata dalle forze dell’ordine. Subito bersagliate da una fitta sassaiola. Gli agenti hanno risposto serrando i ranghi e ricacciato i nomadi dentro il campo.
In quella, come in tutte le altre occasioni, però non erano mancati i «suggerimenti» di alcuni esponenti dell’area antagonista, in particolare gli «Antirazzisti milanesi» di Fabio Zerbini che anche ieri alle 15 si sono presentati in Triboniano per riprendere la loro azione di «agitazione e propaganda». Venendo rimbalzati da polizia e carabinieri, che ne hanno alzati diversi di peso, portati a 500 metri di distanza e mollati in mezzo alla strada, dove sono rimasti guardati a vista. Ma subito dopo anche dagli stessi rom. Non essendo possibile entrare al campo, i nomadi venivano invitati ad un incontro al Torchiera. «Si, si ora veniamo» hanno risposto. Senza poi farsi vedere. Preferendo rimanere sulle verande dello loro roulotte a fumare e chiacchierare. E verso le 19, dopo quattro ore di attesa sotto un sole cocente, gli «antirazzisti» se ne sono andati delusi. Cacciati alla fin fine non dalla polizia, ma dal «2 di picche» rimediato dagli zingari.

Lascio a voi decidere chi mente e perché, a questo punto riporto un'ulteriore lunga mail di stamattina del gruppo EveryOne

Triboniano: dobbiamo recuperare fiducia e umanità

Milano, 24 maggio 2010. Ieri pomeriggio, dalle 15, alcuni operatori umanitari, difensori dei Diritti Umani ed esponenti del movimenti di critica globale hanno trascorso alcune ore nei pressi dell'insediamento. Era previsto un incontro fra il Comitato Antirazzista Milanese, che da tempo offre il suo sostegno ai Rom di via Triboniano, ed altre ong, fra cui il Gruppo EveryOne. Dopo i recenti scontri, la questura però ha impedito lo svolgersi dell'assemblea all'interno del campo, considerata anche la presenza di bambini e persone malate. L'ingresso dell'insediamento è stato bloccato da un cordone di agenti, ma è stato possibile durante tutto il pomeriggio un dialogo con i rappresentanti delle forze dell'ordine. Alcuni attivisti si sono opposti alle operazioni di blocco dell'accesso al Triboniano attuando una resistenza nonviolenta, che hanno proseguito di fronte all'invito da parte degli agenti ad allontanarsi fino a una distanza di circa 200 metri dall'entrata. Gli attivisti, dietro disposizione del funzionario di polizia che coordinava le operazioni, sono stati spostati a braccia - per amor del vero senza alcuna brutalità - dagli agenti. Roberto Malini, Dario Picciau e Steed Gamero di EveryOne hanno intrattenuto un dialogo sereno con il funzionario della polizia di Stato, finalizzato ad evitare qualsiasi tensione e a prevenire, grazie al confronto di esperienze, futuri tumulti. "Da parte mia," ha detto nel corso della conversazione il funzionario, "mi rendo perfettamente conto che il problema di questo insediamento è la povertà delle famiglie che vi abitano. I Rom chiedono l'elemosina e commettono qualche furto, ma a volte mi chiedo: e se fossi io a trovarmi, con moglie e figli, nelle loro condizioni, come mi comporterei? E' vitale aiutare queste famiglie, che hanno tanti bambini, ad inserirsi. Se potessero vivere in appartamenti e i loro giovani potessero pensare solo a studiare e non a lottare per sopravvivere, avremmo risolto gran parte di questa emergenza".
Non vi era alcuna ostilità, negli sguardi dagli agenti, molti dei quali assai giovani. "Quel ragazzino sembra il mio fratellino," esclamava un poliziotto indicando un monello Rom dagli occhi chiari e vivacissimi. Un clima umano, in cui gli attori di un dramma metropolitano che dura da troppo tempo riuscivano, anche grazie alla presenza di alcuni operatori sociali che seguono da tre anni i bambini e gli adolescenti del campo, a guardarsi negli occhi senza inimicizia. Questa era l'aria che si avvertiva ieri al Triboniano, dove qualcuno, è vero, ipotizzava nuovi scontri e nuove barricate, ma dove è ora tempo di riflettere per ritrovare la via del dialogo e della solidarietà. "Il nostro Gruppo rispetta le scelte effettuate da alcuni Rom del Triboniano," commentano gli attivisti di EveryOne, "ma sta cercando di promuovere il recupero di un clima sereno, perché si formi una piattaforma di fiducia reciproca da cui ricominciare. E' evidente che il progetto del Comune di sbarazzarsi di 600 persone Rom, con tanti bambini e malati, senza attuare tutte le procedure di sostegno sociale necessarie è un progetto disumano, che porterà solo nuova violenza e intolleranza. Sfrattare famiglie inermi con i più disparati pretesti, essere causa di drammi umanitari senza via di uscita, instillare odio nei giovani Rom contro la nostra città e il nostro Paese è una politica palesemente sbagliata, come dimostrano tutte le persecuzioni etniche nella Storia. E' altrettanto evidente che proseguire in una lotta senza quartiere - anche se è comprensibile e giustificato persino dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che sancisce la liceità della ribellione di fronte all'emergenza sociale - è una strada pericolosa e lontana dalle migliori esperienze nel campo della difesa dei Diritti Umani. I Rom sono un popolo, non una classe sociale, e ognuno di loro ha gli stessi obiettivi di tutti gli altri cittadini: essere felici, avere una famiglia, svolgere un lavoro soddisfacente, godere della libertà e dei beni che offre la vita".
Anche qualora si ritenga necessario proseguire con gli squilli di rivolta, vi sono numerosi operatori sociali e difensori dei Diritti Umani convinti che non esista via di uscita se non si prosegue contemporaneamente ogni possibile tentativo di dialogo con le Istituzioni e con tutte le componenti della struttura sociale, politica e umanitaria della città, del Paese e delle realtà oltre i nostri confini.
"Il popolo Rom pone i bambini e le donne in cima ai valori da difendere," prosegue EveryOne. "Ad Auschwitz, dove le famiglie Rom e Sinte potevano restare unite in attesa delle camere a gas, migliaia di genitori morirono di stenti, perché rinunciavano al poco cibo disponibile per nutrire i loro bambini. Nel campo del Triboniano, durante gli scontri, bambini e donne si sono posti in prima fila, armati di sassi e bastoni, come prevedono certe tecniche di guerriglia o resistenza violenta. Ripetiamo che, di fronte alla persecuzione, non possono essere considerate illegittime, tuttavia snaturano la cultura di pace che da ottocento anni caratterizza i Rom e i Sinti in Europa, tanto che gli anziani di questi popoli affermano con fierezza di essere 'l'unico popolo al mondo che non ha mai fatto guerre'. Non è una debolezza, ma una straordinaria virtù di questa gente. Non togliamola loro, neanche per una causa che riteniamo giusta. Non rendiamo i Rom siimili ai loro aguzzini".
Verso le 19.30m i Rom hanno tenuto una riunione all'interno del campo, manifestando timore per il futuro. Gli operatori umanitari e i difensori dei Diritti Umani non hanno potuto incontrare i capifamiglia, per una decisione che nasce da precedenti opzioni e che gli attivisti presenti vicino al campo hanno responsabilmente accettato. "Abbiamo tuttavia parlato con alcuni giovani Rom," conclude EveryOne, "che si augurano di vivere in pace il prima possibile. Non chiedono la luna, ma solo un posto dove vivere, una sicurezza minima da cui partire per trovare un lavoro e avere la possibilità di provvedere alle famiglie. Si sentono traditi da tante promesse e hanno assistito all'espulsione di tanti loro fratelli, colpevoli di aver ospitato parenti 'non autorizzati' o di possedere un rudere inabitabile, definito 'appartamento' da persone in cattiva fede. Si sentono diversi dagli altri cittadini, perché devono obbedire a un regolamento speciale, pieno di norme che non toccano gli altri. Anche un cane può ricevere la visita di un suo simile, ma i Rom del Triboniano no. Se lo fanno e non sono 'autorizzati', vengono messi in mezzo alla strada, condannati al randagismo. Se vogliamo, unendo le forze di tutte le persone di buona volontà, recuperare la fiducia dei Rom e contemporaneamente la nostra umanità, dobbiamo stracciare le regole e gli inganni del passato e ripartire dalla solidarietà. In caso contrario, avremo perso tutti. Avremo perso tutto".

Contatti:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: 39 331 3585406
info@everyonegroup.com :: www.everyonegroup.com

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:46:48 in musica e parole, visitato 1902 volte)

La Federazione romanì tra tanto altro si è posta l'obiettivo di promuovere una politica per la cultura romanì e di riconoscere e valorizzare le professionalità romanì con la finalità di diffondere la conoscenza della cultura e della lingua romanès o romanì chib.

Dal mese di settembre 2010 prenderà il via il primo corso di lingua romanès standard, oggi la Federazione romanì comunica l'avvio di un progetto editoriale “O romanò gi” (l'anima romanì), saggi di letteratura romanì, anche strumento pedagogico del corso di lingua.

Un’opera che vuole essere anche un’antologia letteraria e un valido strumento educativo e divulgativo.

Tanti hanno letto, commentato ed analizzato le opere di autori Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals viventi e non, e da questo lavoro di studio ed analisi sono nati dei saggi critici riguardanti la letteratura romaní. 

Si tratta di un analisi sui testi in lingua romanì nei diversi dialetti in cui si ramifica la romanì chib, la lingua romanì o romanès, la lingua di tutte le comunità appartenenti alla popolazione romanì, una popolazione indo-ariana che treae origine dalle regioni a Nord-Ovest dell’India (Punjab, Rajasthan, Valle del Sindh, Pakisthan).

Il progetto editoriale “O romanò  gi” porta all'attenzione del lettore i commenti, le analisi, le critiche delle opere di autori rom, sinti, kalè, manouches, romanichels viventi e non.

Un progetto editoriale ambizioso, originale ed innovativo per la diffusione della conoscenza della cultura e la lingua romanì. 

Un progetto editoriale dal costo sostenibile per la sua realizzazione, avendo già  raccolto e sistemato il materiale, e che vogliamo realizzare con il sostegno volontario di tutti coloro che credono nell'interculturalità.

I sostenitori di questo progetto editoriale saranno mensionati nell'operra, che riceveranno in omaggio. Contributi a sostegno di questa iniziativa possono essere inviati al codice IBAN: IT 20 O 05387 03204 000001892874 intestato a Federazione romanì, causale: Progetto editoriale. Per informazioni inviare email a: federazioneromani@libero.it

La letteratura romanì

 

 
La letteratura romaní, in modo particolare la poesia, è piena di singolari bellezze primitive, di delicato calore umano, di rara fantasia selvaggia che non si può misurare in nessun altro metro se non nella lingua romaní stessa.

 

La letteratura romaní è lo specchio fedelissimo del sentimento di un popolo oppresso nell'anima la cui voce si eleva al cielo per chiedere giustizia.

 

 
Le diverse varianti della stessa lingua rappresentano la ricchezza culturale di un popolo che ha saputo conservare, nel tempo e nello spazio, i suoi tratti essenziali traendo linfa dall’ambiente circostanze e dagli scambi artistici, culturali e linguistici con i popoli che via via ha incontrato lungo il viaggio dalle regioni indiane fino all’Occidente passando per la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino e attraverso le disumane deportazioni con i popoli delle Americhe e dell’ Australia.

 

 
Questi saggi permettono di penetrare “O Romano Gi”, l’anima dei Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals, i cinque grandi gruppi che con le loro infinite comunità costituiscono di fatto la nazione romanì senza Stato e senza territorio dove i confini sono rappresentati proprio dall’estensione sui cinque Continenti della lingua romanì.

 

 
 La letteratura romaní nasce in Serbia grazie a Gina Ranij©i© (nata verso il 1830), le cui poesie furono raccolte nel libro Canti Zingari pubblicato in Svezia nel 1864. È una voce isolata.

 

Nell’Unione Sovietica nel 1925, nasce invece un vero e proprio movimento letterario romanò: si iniziò la pubblicazione del periodico Nevo Drom (nuovo cammino) in lingua romaní da parte di un gruppo di Rom russi che si erano riuniti in una associazione. Sempre in Unione Sovietica nel 1931 fu fondato a Mosca il celebre teatro Romen, tutt’ora esistente, grazie a Anatole Vasilievi© Luna©arskij, inaugurato con un’opera di Alexandr Vie©eslavovi© Germano (1893-1956), il precursore della letteratura romaní in Russia.

 

Bronislawa Wajs detta “Papùshka” è una figura mitica nel moderno panorama letterario romanó.

 

 
Nacque in Polonia nel 1910 in una famiglia girovaga.

 

Papùshka rappresenta per la letteratura romaní quello che il grande Django (Jean Baptiste Reinhardt) rappresenta per la musica: un’artista autodidatta straordinariamente geniale, capace di lasciare agli uomini un’enorme ricchezza umana e culturale, prima che artistica.

 

 
Papùshka fu una grande risorsa di forza e di speranza per i Rom durante la II° guerra Mondiale. Profondamente toccante è la poesia “Lacrime di Sangue” composta per le vittime del folle genocidio romanó ad opera dei nazi-fascisti.

 

Le sue opere, racchiuse in una trentina di collezioni, furono raccolte e pubblicate per la prima volta nel 1956 col titolo Canto di Papùshka dallo scrittore polacco Jerzy Ficowski in versione bilingue Romaní-Polacco.

 

 
 La sua produzione artistica è essenzialmente legata alla sua esistenza e al legame con la natura, alla sua romanipé.

 

Il suo pensiero fu originariamente interpolato e manipolato da Ficowski tanto che fu isolata dalla sua comunità. Delusa e amareggiata, Papùshka brucishk parte dei suoi componimenti letterari.

 

Visse gli ultimi anni di vita malata e sola, morì nel febbraio del 1987. Dalla sua storia personale lo scrittore Colum McCann ha tratto ispirazione per il romanzo Zoli edito in Italia dalla Rizzoli nel 2007.

 

John Bunyan (1618-1688) è autore del famoso The Pilgrim's Progress, un classico della letteratura inglese ed era un Romanichal.

 

 
 La grande produzione letteraria romaní trova il suo pieno sviluppo soprattutto nella seconda metà del novecento e, in particolar modo, negli ultimi trent’anni grazie alla produzione letteraria di autori con una statura artistica internazionale come: Slobodan Berberski (1919-1989) autore di una decina di raccolte, Rajko Diuri© (di origine serba, oggi vive in Germania), Joseph Daroczy detto “Choli” (Ungheria), Nagy Gustav (Ungheria), Bari Karoly (Ungheria), Leksa Manushk, al secolo Alexandr Belugin (Russia, 1942-1997), Matéo Maximoff (Francia, 1917-1999), Veijo Baltzar (Finlandia), Alija Krasnici (Kossovo), Jorge F. Bernal detto “Lòlo” (Argentina), Jimmie Storey (Australia), Lumini†a Mihai Cioabæ (Romania), Margarita Reisnerovà (originaria della Repubblica Ceca, oggi vive in Belgio), Rostas-Farkas György (Ungheria).

 

In Italia ricordiamo Santino Spinelli, Olimpio Cari, Nada Braidich, Paola Schöps, Bruno Morelli, Spatzo Vittorio Mayer Pasquali, Giulia Di Rocco, Demir Mustafa e lo scomparso Rasim Sejdi© di origine serba (1943-1981), ecc.

 

 
L’uso scritto della lingua romaní, tramandato per dieci secoli e fino a pochi decenni fa solo oralmente, è un dato importante: la forte e sicura presa di coscienza porta gli scrittori Rom, Sinti, Manouches, Romanichals e Kalé a cercare il posto che gli compete nelle moderne società rifiutando lo storico e riduttivo ruolo di “liberi emarginati”, quale riflesso delle politiche di annientamento della cultura romaní.

 

 
Sono loro i pionieri eroici della possibilità di esistere senza dover essere né assimilati, né emarginati, ma soggetti attivi e liberi di esprimere le proprie specificità culturali in seno alle società  ospitanti.

 

Lo scrittore romanó si affaccia sulla pagina a specchiarsi ed è proprio il netto contrasto fra le immagini negative stereotipate esterne e la propria interiorità che provoca incertezza e sbalordimento, ma al tempo stesso determina una maggiore presa di coscienza della propria identità.

 

E l’ostinata ricerca d’identità è al tempo stesso ricerca di una mitologia romaní. 

 

 
 Allo specchio della pagina gli stessi letterati chiedono di più di un fedele riflesso.

 

Su di essa si affacciano desideri inespressi, preghiere, incantesimi, volontà di partecipazione che trovano realizzazione nella parola.

 

Ogni pagina, ogni poesia è un diario, una trascrizione di vita, un’epitome di esperienze vissute.

 

Pur nelle loro differenze stilistiche e contenutistiche nella letteratura romanì  si possono rimarcare delle caratteristiche costanti come:

 

  1. l’immediatezza, dovuta alla necessità di stabilire un punto di contatto con gli altri per comunicare;
  2. l’essenzialità del linguaggio, per essere sicuri di non essere fraintesi e per eliminare la frustrazione di non essere capiti;
  3. la spontaneità, per sottolineare le proprie buone intenzioni;
  4. la semplicità, in cui si riflette la desolazione della realtà circostante e il proprio sereno distacco;
  5. l’uso di ritmi e musicalità, dovuti all’esigenza di rilevare un’emozione direttamente.
 Le opere romanès paiono dar luogo ad una lunga ed ordinaria conversazione per rompere il mortale silenzio, per scacciare la solitudine causata dalla mancanza di comunicazione.

 

 
 Sono prodotti artistici vivi, genuini, spontanei con una profonda considerazione dei valori umani, soprattutto l’amore per la vita è grande nonostante le sofferenze e le incomprensioni.

 

 
 I temi sono quelli che riguardano l’uomo universalmente, come ad indicare che esiste un solo essere, quello umano, seppur con tante diverse culture.

 

Sono temi che vanno dal dolore del vivere all’amore, alla famiglia, dalla relazione con il Gagio (non Rom), alla condizione femminile, dall’emarginazione alla festa religiosa passando attraverso una ricca simbologia, come l’albero, il bosco, l’uccello, la pioggia, le stelle. L’albero è simbolo della vita, di fertilità. Il ©iriklò (l’uccello) è l’anima del poeta, la gioventù, il viaggio, la libertà. Il bosco rappresenta la sicurezza, la famiglia, la creatività.

 

 
La pioggia è simbolo di pensieri e di emozioni nascosti.

 

Le stelle rappresentano il subconscio, ma anche un barlume di luce in un mondo ottuso e oscuro.

 

La ricchezza della cultura romaní consiste proprio nella multipla capacità  di espressione e nelle varianti linguistiche maturate in differenti regioni del mondo che esprimono la medesima comune sensibilità in sfumature prismatiche.

 

 
La letteratura romaní, in modo particolare la poesia, è piena di singolari bellezze primitive, di delicato calore umano, di rara fantasia selvaggia che non si pushk misurare in nessun altro metro se non nella lingua romaní stessa.

 

L'anelito supremo ad armonizzarsi e ad identificarsi con la natura libera il poeta da qualsiasi asservilismo materialistico riportando così l'animo umano al candore primitivo.

 

 
Ogni membro appartenente alla comunità romaní è figlio del dolore e dell’incomprensione, ogni poeta è cantore della sofferenza, ogni canto è un intenso lamento però mai disgiunto dalla speranza.

 

Forte è  nel popolo romanó il senso del riscatto e della ribellione, dell'amore e della pace, della fratellanza e della libertà.

 

Neanche la morte è vista con orrore, ma piuttosto come un mezzo per esorcizzare gli eventi della vita.

 

La letteratura romaní è lo specchio fedelissimo del sentimento di un popolo oppresso nell'anima la cui voce si eleva al cielo per chiedere giustizia.

 

 
Federazione romani – il presidente Nazzareno Guarnieri

Federazione romanì
sede legale: Via Altavilla Irpina n. 34 – 00177 ROMA
codice fiscale 97322590585 - tel. E fax 0664829795
email: federazioneromani@libero.it
Web: http://federazioneromani.wordpress.com
Presidenza 3277393570 - Coordinamento 3331486005 - Segreteria 3483915709

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:35:49 in casa, visitato 1703 volte)

Da Hungarian_Roma

immagine tratta da fn.hu

Cari amici,

  • Tenendo conto che è passato oltre un anno dall'ondata di omicidi contro i Rom in Ungheria e niente è stato fatto per i parenti delle vittime,
  • Testimoniando il loro dolore quotidiano e le difficoltà,
  • Sapendo che mai hanno ricevuto un aiuto psicologico professionale,

Abbiamo dato inizio ad un'azione di solidarietà civile!

Le famiglie delle vittime devono vivere in case semi-distrutte che hanno visto l'assassinio a sangue freddo dei loro cari ...

Così abbiamo deciso di costruire nuove case per loro, per rendere le loro vite sopportabili.

Adesso stiamo ricostruendo la casa della famiglia del piccolo Robert Csorba a Tatárszentgyörgy.

L'azione di ricostruzione [...] è partita dal 16 marzo a Tatárszentgyörgy.

L'organizzazione tedesca Verband Deutscher Sinti und Roma, i volontari internazionali di International Bau Orden (IBO) e l'associazione Rom Indipendente Phralipe di Budapest stanno progredendo rapidamente nella ricostruzione della casa della famiglia Csorba. Sono state rimpiazzate porte e finestre, è stato dato il cemento ai muri per l'isolamento.

Ma c'è ancora molto da fare ed abbiamo bisogno del vostro aiuto.

Abbiamo aperto un conto bancario apposito per ricevere le vostre donazioni:

Phralipe Független Cigány Szervezet (1084 Budapest, Tavaszmező 6.)
OTP Bank
IBAN – HU56-11706016- 20825070-00000000
SWIFT: OTPVHUHB

Vi saremmo anche grati per donazioni di materiale edile o per la partecipazione volontaria diretta!

La prossima tranche di lavori partirà a luglio.

Agite, donate, unitevi a noi! Facciamolo assieme! Ricostruiamo un senso di speranza in Ungheria!

SOLO LA SOLIDARIETA' PUO' ALLEVIARE IL DISPIACERE!

Ágnes Daróczi
Phralipe
daroczia@mmikl.hu
+36 30 21 27 521

 

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