Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 21/03/2006
Di Fabrizio (pubblicato @ 11:48:25 in casa, visitato 3307 volte)
Mangiatoia anche al campo di via Triboniano?
Ci sono lavori in corso, ne parlava un recente comunicato di Aven Amentza: ... si è cominciato dai Rom bosniaci, una famiglia allargata di 50 persone. Essi hanno assistito, dal fango del prato, in cui hanno trascorso questi mesi di pioggia e gelo, alle varie fasi dei lavori e, con grande sconcerto, a quella che ha portato all’installazione dei containers...
Il recente incendio ha provocato nel settore dei Rom rumeni un gran rimescolamento, se il campo era prima un labirinto inestricabile, ora la situazione è persino peggiorata: come ricordava una recente denuncia: Non corrisponde al vero anzi, è una palese e sfacciata menzogna, che vi fosse la possibilità di accogliere quanti si fossero rivolti per chiedere un riparo. [...] Solo 7 o 8 persone, compresi alcuni bambini, hanno potuto occupare un letto in camerata. Nel settore dei Khorakhané (Bosniaci) quanto scritto un mese fa è praticamente uguale. Davanti a un camper, fa bella mostra uno scaramantico estintore. Il ragazzo che voleva fare il cuoco, ha cambiato idea e pensa ad un futuro da elettrauto. Nonostante i rivolgimenti, lo sportello sindacale continua sotto i miei occhi.
Sono gli stessi Rom, con i volontari di Aven Amenza, che mi accompagnano nel cantiere dove si sta costruendo il loro nuovo campo. Subito prima dell'ingresso, due segnali forti e di segno opposto:
- tre famiglie si sono accampate accanto al muro di cinta esterno. Le loro roulottes sono bruciate nell'incendio dell'otto marzo e da allora vivono in tenda. Avevano perso tutto e un negoziante lì vicino ha dato loro tre tende nuove, per 18 euro. Non so se questo negoziante posso chiamarlo benefattore, o soltanto una persona onesta.
- questo cartello fa bella mostra di sé:
Comune di Milano Lavori di messa in sicurezza e adeguamento igienico sanitario campo nomadi - 2° intervento - campo nomadi di via Triboniano
Importo progetto |
Euro |
1.000.000,00 |
Importo base d'asta |
Euro |
749.662,51 |
Oneri per la sicurezza |
Euro |
42.237,83 |
Importo del contratto |
Euro |
611.349,78 |
Inizio lavori |
29/08/05 |
Fine lavori |
28/08/06 |
Sospensione lavori |
dal 30 /08/05 al 14/09/06 |
Gara in data 15/04/05 |
Euro 611.349,78. Gara al ribasso del 18,45% |
|
 |
Preciso di non avere competenze in materia, ma che mi sfugge la logica di come sono stati spesi un miliardo e due del vecchio cono.
I 50 Khorakhané sono accampati da questo inverno in una spianata, attrezzata di 6 bagni chimici (tutti funzionanti per fortuna). Al cantiere lavorano 5 operai. Il nuovo campo è un rettangolo di circa 20/25 metri per lato, con una gettata di cemento e una rotonda. Al centro è stata ricavata una strada vagamente circolare, con in mezzo una fontanella comune. Nella rotonda forse potrebbe manovrare un Ape piaggio, non di più.
Il resto dello spazio è occupato dal blocco dei bagni e da 6 container, staccati di un paio di metri (e anche meno) l'uno dall'altro. Se per caso dovesse scoppiare un incendio, diventerebbero una trappola micidiale.
|
I 6 container. ...mentre la gru li sollevava per collocarli sul terreno, hanno potuto constatare che essi erano ampiamente danneggiati nella parte sottostante. Alcuni lo sono anche nell’interno e nel soffitto. Insomma, ci piove. Uno dovrà essere sostituito, perché i suoi allacciamenti non corrispondono a quelli che l’impresa ha realizzato nel terreno. (op. cit.)
Controllo le targhette su ogni container: provenienza Commissariato del Friuli, costruiti nel 1992, ultima revisione nel 1993.
OK, ho fatto una rapida ricerca. Container simili, ma nuovi li vendono proprio in via Triboniano (hanno persino un sito web, cercatelo con google) i costi variano tra 1.400 e 5.800 euro l'uno a seconda del modello. Rimane da capire dove siano spariti gli altri soldi da quest'estate: tra bagni chimici, una passata di ruspa e una gettata di cemento.
Puntata precedente
Dal Kosovo, due documenti (AVVISO di lettura lunga e complicata):
- la riflessione di Rand Engel, coordinatore dei volontari per la ricostruzione in Kosovo
- la lettera aperta di Brahim MUSIĆ, Rom della diaspora e
presidente dell'associazione Ternikano Berno
Sviluppi della diaspora della Mahalla di Mitrovica
Tema: Il nodo irrisolto
della Diaspora nelle decisioni sulla Mahalla dei Rom può causare il ritiro dei
dispersi interni (IDP) dalla partecipazione e dalla presa delle decisioni, e
questo può danneggiare seriamente tutta la comunità. Le loro necessità sono da
risolvere subito.
Retroscena del caso:
Il ritorno nella Mahalla di
Mitrovica è stato tentato praticamente ogni anno, a partire dal 2000. Gli sforzi
precedenti non hanno mai ottenuto risultati concreti e c'è a possibilità che nel
2006 si arrivi ad un risultato. La comunità internazionale e le municipalità
procedono sulla base degli accordi siglati il 18 aprile 2005, che però non sono
mai stati approvati dai rappresentanti IDP dei campi attorno a Mitrovica o dai
residenti della ex Mahalla. Si registra un'iniziativa dei rappresentanti degli
IDP, che richiede di essere ammessi ai tavoli negoziali che trattano il ritorno.
Proposta che è attualmente
dibattuta seriamente dal "Gruppo Direttivo" - il comitato interagenzia
responsabile del progetto di ritorno nella Mahalla. Il Gruppo Direttivo si è
diviso tra chi ritiene
la proposta 1) facilmente accettabile, 2) valida se ci fossero futuri negoziati,
3) quasi impossibile.
Nell'ultimo incontro del 3 marzo i
rappresentanti degli IDP hanno espresso la loro insoddisfazione per:
- l'inattività del comune all'interno del Gruppo Direttivo. Il comune
avrebbe un ruolo attivo da assumere su diversi punti chiave, ma la mancata
partecipazione induce gli IDP a credere di essere abbandonati a se stessi;
- non si tiene conto degli interessi degli ex residenti della mahalla, la
maggior parte dei quali è oggi dispersa in altre nazioni. La loro
preoccupazione è che tutta l'area venga riconvertita ad altri scopi oppure
abbandonata e che gli ex residenti siano obbligati ad accettare condizioni
vessatorie per il loro ritorno.
Ci sono preoccupazioni temporali: la ricostruzione nell'area dovrebbe partire
il 1 aprile. Inoltre, i finanziatori si ritroveranno a convegno a Mitrovica il
27 marzo. Per questo continuano gli incontri tra il Comitato Direttivo e i
rappresentanti dei RAE (Rom, Askali ed Egizi) che attualmente sono sparsi nei
campi profughi.
In ogni caso, la ricostruzione partirà con o senza un accordo in tal senso.
Nel 2006 il programma prevede circa 57 case su terreno privato e due
appartamenti su terreno municipale accanto all'istituto di agricoltura.
Le urgenze:
I rappresentanti degli IDP al momento possono ricercare un accordo ragionevole
per quelli che sono dispersi nei campi profughi interni. Non hanno alcun mandato
e mancano di rapporto con la comunità della diaspora. Dati i tempi pressanti, si
trovano di fronte due scenari:
- se riuscissero ad ottenere un accordo congiunto col comune e il Gruppo
Direttivo, molte delle loro richieste del 18 aprile 2005 verrebbero
incorporate nel piano d'azione. Tra queste, contratto d'affitto per gli
abitanti della mahalla con scadenza a 99 anni, riconsegna delle case agli ex
abitanti anche in assenza di documenti originali. La cooperazione tra
finanziatori e comune assicurerebbe eque condizioni di ritorno.
- in mancanza di accordo, i finanziatori della ricostruzione sarebbero
comunque tenuti a provvedere alla ricostruzione, ma non ci sarebbero
garanzie per gli ex abitanti della mahalla. Le ipotesi più probabili
sarebbero che il comune assegnasse queste case a nuovi proprietari,
piuttosto che divisioni e tensioni nella comunità per poter ritornare alle
case originali.
Presupposti:
- questo è il migliore anno per avere progressi nella mahalla;
- molti finanziatori sono stanchi di dover continuamente cambiare i piani
esistenti ed hanno perso la fiducia nel fatto che le cose possano
migliorare. Credono che non riusciranno mai raggiungere un accordo coi
rappresentanti degli IDP;
- alcuni finanziatori minacciano di ritirare i loro soldi se non vedranno
significativi processi;
- molti di quanti vivono la diaspora e che provengono dalla mahalla,
comprendono la tragedia di vivere in campi per profughi interni, e sono
pronti ad accettare qualsiasi ragionevole accordo che permetta di fare
ritorno nella mahalla;
- altri viceversa hanno interesse nel bloccare ogni accordo, perché questo
accelererebbe la loro espulsione dai paesi dell'Europa occidentale;
- non c'è tempo ulteriore. L'accordo va siglato entro questo mese;
- i componenti della diaspora sono vari, dispersi e i loro interessi non
sempre coincidono. Il problema è come rappresentarli unitariamente ed in
modo appropriato.
Interessi della diaspora contro interessi degli IDP
Si stima che sino al 1999 vivessero 8.000 persone nella mahalla di Mitrovica.
Poco meno di 700 sono nei campi IDP in Kosovo. Il resto sono dispersi, buona
parte in Serbia e Montenegro, e molti di più nei paesi dell'Europa occidentale.
Tra loro ci sono interessi divergenti. I 700 nei campi IDP vivono in condizioni
deplorevoli e hanno una fortissima necessità di migliorare la loro condizione.
Possono anche accettare il compromesso di andare a vivere in case in affitto,
pur di no restare nei campi. I compromessi non sono mai desiderabili: si può
pensare che siano un ricatto, ma verrebbero accettati, anche al costo di perdere
la proprietà della loro casa.
Il popolo della diaspora ha meno ragioni per cedere a compromessi. Vivono più
o meno sicuramente altrove. Molti probabilmente non hanno intenzione di
ritornare a Mitrovica - almeno nei prossimi anni. Vedono qualsiasi compromesso
come una violazione dei loro diritti umani fondamentali (diritto al ritorno,
alla proprietà, minaccia di rimpatrio forzato).
Soluzioni proposte:
- IDP: i loro rappresentanti hanno chiesto che i Rom della diaspora
nominino propri rappresentanti, in tempo utile per la chiusura dei colloqui
preliminari.
- Diaspora: Brahim Music suggerisce la formazione di una
commissione che coinvolga le OnG dei diversi paesi. Un primo incontro si è
già tenuto a Bruxelles ed un altro si terrà entro fine mese a Vienna. E'
un'opzione che comprende la partecipazione di un ampio spettro della
diaspora, ma che necessita di tempi più lunghi.
- Gruppo Direttivo: da parte loro vorrebbero dividere la trattativa
tra il settore est e quello ovest della mahalla, senza intervenire nel
settore ovest finché non sia risolta la questione della rappresentanza della
diaspora. La proposta può essere accettata anche dai rappresentanti degli
IDP - che però chiedono: 1) una presa di posizione dai Rom della diaspora,
2) la presa d'atto da parte di questi ultimi che nel frattempo si inizierà
ad operare nel settore est, 3) la comprensione dei diversi attori
(istituzioni, comunità internazionale, finanziatori) e l'impegno che la
mahalla potrà ritornare ai legittimi abitanti.
Se fosse possibile da parte dei componenti della diaspora, di promuovere una
visita non ufficiale di una propria delegazione, questo sarebbe di grande aiuto.
Si potrebbe anche organizzare una conferenza telefonica a cui prendano parte
componenti della diaspora.
Questioni irrisolte:
- Chi parlerà a nome della diaspora? Quanto e come potrà dirsi
rappresentativo?
- Se il Gruppo Direttivo ed assieme gli altri soggetti locali ed
internazionali coinvolti, garantissero di non intervenire nel settore ovest
della mahalla sino al coinvolgimento di una delegazione della diaspora,
questo sarà sufficiente perché nel frattempo i Rom delle comunità all'estero
avvallino il ruolo di mediatore sin qui assunto dai rappresentanti degli IDP?
- La diaspora potrà accettare che nel frattempo inizi la ricostruzione nel
settore est? Questo non li porterà viceversa ad appellarsi all'accordo del
18 aprile 2005?
Attualmente, i piani approvati prevedono la ricostruzione delle case
distrutte a tutti gli ex residenti, indipendentemente dalla dimensione delle
case, o che fossero in affitto o di proprietà. I Rom confinati nei campi sono
disposti ad accettare di ottenere casa anche in località e condizione
diversa dalla loro provenienza. Non è una soluzione ottimale, ma il Gruppo
Direttivo ritiene che questo compromesso potrebbe smuovere le resistenze del
comune.
Conclusioni:
Il tempo a disposizione è quasi scaduto. Certo, sarebbero stati invece necessari
mesi per lavorare a questa fase, ma non è così. I finanziatori e gli
amministratori (UNMIK, OnG, comune) mostrano sempre più la loro impazienza, ma
anche per gli IDP è così. Il ruolo della diaspora verrà tenuto in conto, se si
dimostrerà capace di accelerare il processo di ritorno.
Rand Engel
Balkan Sunflowers
Da: Ing. Brahim MUSIĆ
President of the NGO «Ternikano Berno»
Clichy-sous-Bois
FRANCE
To: Mrs. Laurie WISEBERG Minority Rights Adviser & Executive Officer for Return to Roma Mahalla Project
Mrs. Els de GROEN, MEP
Mrs. Anastasia CRICKLEY, Special Representative of OSCE Chairmanship
Mr. Yves DOUTRIAUX, Ambassador of France at OSCE
Mr. Nicolae GHEORGHE, OSCE/ODIHR Adviser on Roma and Sinti Issues
Mr. Rudko KAWCZYNSKI, President of ERTF
Mr. Bashkim IBISHI, President of ERTF’s Kosovo Commission
Mr. Rand ENGEL, Coordinator Volunteers for Social Reconstruction Signore e
Signori
Come Rom di Mitrovica, che vive in Francia da oltre tre decadi, sono
profondamente preoccupato per gli ultimi sviluppi nella mia città. La Rromani Mahlàva,
lo storico quartiere dove vivevano oltre 8.000 Rrom, Askali e Balcano-Egizi,
è stato svuotato dai suoi abitanti da oltre sei anni. La maggior parte di
loro è in esilio nell'Europa occidentale. Circa 700, i meno fortunati, dal
1999 sono confinati nei capi della parte settentrionale della città, in
un'area altamente pericolosa, causa l'inquinamento da metallo di tutta la
zona. Sono tutti fatti a voi noti, per cui il mio scopo non è di informarvi,
ma piuttosto portare la vostra attenzione sui rischi attuali. In realtà, la
disastrosa situazione di questi 700 IDP è stata internazionalmente discussa,
- più come si trattasse di uno "scoop", mentre i rischi erano già noti sei
anni fa, - ed ora il dibattito si sta accelerando, avviandosi verso la
confusione totale. Nella fretta di spostare gli IDP dall'area contaminata,
sono apparse due opzioni: a) una caserma dismessa, inappropriata perché
posta sulla stessa area contaminata, b) il ritorno nella Mahlàva. Proprio su
quest'ultima ipotesi vertono le mie osservazioni:
Sin dal 2002, diverse OnG rromani con sede in Francia, hanno proposto una
serie progetti per assicurare, in fasi diverse, un ritorno sicuro e
sostenibile dei rifugiati e degli IDP del Kosovo. E' la nostra personale
esperienza che insegna come spesso, il ritorno debba essere preparato e
guidato, incluso quei rari casi, - come la Francia - dove i richiedenti
asilo Rrom dal Kosovo sono stati garantiti dallo status di rifugiati. In
molti farebbero ritorno volontariamente,. Nondimeno, nessuno dei loro
progetti ha ottenuto l'attenzione dei finanziatori.
Con la crisi della contaminazione ambientale a Mitrovica nord, il tema
del rimpatrio ha invaso la discussione. Ma se agissimo nel senso sbagliato?
Cioè, l'inquinamento dei campi profughi è una questione prettamente
umanitaria, e come tale dev'essere affrontare ed urgentemente risolta.
invece, il rimpatrio e "la ricostruzione della Mahlàva" sono più un processo
politico, da affrontare in fasi differenti e senza precipitazione, pena il
fallimento e probabili conflitti. Per questo, occorre definire cosa sta
accadendo a Mitrovica. La mia opinione - condivisa da tutti i Rrom con cui
mi sono consultato - l'intero processo altro non sarebbe che una soluzione
d'emergenza per i 700 IDP che sono in pericolo di vita. Riguarda
esclusivamente la rilocazione di queste famiglie, senza dover dipendere da
quelle che fossero le loro precedenti proprietà o la ricostruzione della Mahlàva
nel suo complesso (prego notare che il 90% degli ex abitanti è rifugiata
all'estero e quindi non coinvolta).
Per quanto le famiglie che vivono nei campi per IDP si trovino in una
situazione senza via di scampo, non hanno ritenuto di prendere una posizione
netta sul piano di rilocazione proposto, perché sanno di non poter decidere
a nome dei loro ex-vicini e di potersi trovare nella situazione di ledere i
diritti ed interessi di questi ultimi. Preoccupazione comprensibile e
condivisibile, che trova d'accordo anche i rifugiati di Mitrovica che
appartengono alla diaspora, che si sentono esclusi dal processo di
"ricostruzione della Mahlàva", e nel contempo sono a rischio imminente di
rimpatrio forzato, quando questo non sia già avvenuto come nel caso della
Germania.
Alcune tra la parti in causa nel processo di ricostruzione, richiedono il
coinvolgimento della diaspora tramite uno o più rappresentanti. Con tutto il
rispetto per quello che si chiama processo di autorappresentazione politica
- che non sempre si è mostrato efficace - penso che questa strada sia
inappropriata. Progetti ed interessi delle singole famiglie sono diversi.
Talvolta variano tra gli stessi componenti di un gruppo familiare. In queste
condizioni, non è possibile arrivare ad una rappresentanza univoca. Questa
forma di coinvolgimento, d'altro canto, è in contrasto col diritto alla
scelta libera e cosciente dei rifugiati, come riconosciuta dalle leggi e
dalle norme internazionali. Per questo, diverse OnG, esperti ed attivisti
rromani hanno proposto la creazione di una Commissione che indaghi sui
diritti di proprietà e sui piani riguardanti ogni singola famiglia che ha
abbandonato Mitrovica dall'inizio del conflitto. Ciò permetterebbe il
disegno di un piano urbano ed eviterebbe futuri conflitti sulle proprietà.
E' un metodo che trova d'accordo gli IDP e la diaspora, perché assicurerebbe
una soluzione a lungo termine. Ancora, non abbiamo ottenuto nessuna risposta
dall'UNMIK. Siamo coscienti che la nostra proposta prenderà più tempo, ma è
l'unica su cui si può fondare la ricostruzione del quartiere rromani di
Mitrovica. Tra le varie ragioni, ne elenco tre:
- Prima che inizi la ricostruzione, è necessario identificare ogni
possibile reclamo sull'area che verrà edificata. I documenti del catasto
di Mitrovica sono incompleti e gli ex residenti (che siano in possesso
di documenti che comprovino il loro status o viceversa ne siano
sprovvisti) non sarebbero rintracciabili stramite una ricerca sul campo
o incrociando i dati a disposizione.
- La Mahlàva si è progressivamente sviluppata nel corso dei secoli,
senza seguire alcun piano urbano. Di questo c'è invece bisogno ora,
quando se ne affronta la ricostruzione. Ragione ulteriore per
coinvolgere gli ex residenti nelle scelte che competeranno le unità
abitative e le infrastrutture.
- Il ritorno dev'essere affrontato come un processo globale.
Soddisfare esclusivamente il bisogno di alloggio, non è
sufficiente per programmare un ritorno sostenibile, se non è
accompagnato da misure che riguardino l'occupazione, i servizi sociali,
la scuola ecc. Nel passato , molti Rrom della Mahlàva campavano di
piccole e medie attività commerciali. Come ricordavo in precedenza, gli
IDP confinati nella parte nord della città, tornerebbero in una
situazione di estrema deprivazione sociale, economica e sanitaria, e non
sarebbero in grado da soli si assicurare al quartiere il necessario
dinamismo economico. Per questo, l'ipotesi più probabile è che sarebbero
obbligati a rivendere le loro case. Un piano globale e ragionato,
inclusa l'opzione del ritorno degli ex residenti in esilio, darebbe
maggior sicurezza sia in termini economici che di atmosfera generale.
Le attuali pressioni, in vista della conferenza indetta dai finanziatori
il 27 marzo, non devono farci ulteriori fretta per una soluzione in tempi
brevi. Certamente, è necessario raccogliere quanto necessario per finanziare
la ricostruzione, ma ragionando in semplici termini economici, ogni
investimento deve prevedere la successiva redditività. Colgo l'occasione per
ricordare che il prezzo delle case nel quartiere è praticamente il doppio di
quanto si vorrebbe stanziare. Siamo perfettamente consci che attualmente c'è
un'incompatibilità tra una soluzione emergenziale per gli IDP e quella più a
lungo termine della ricostruzione. Ma questi due nodi estremi non possono
essere separati. Dobbiamo per forza proseguire secondo una logica che
preveda tempi diversi: prima gli IDP e poi i rifugiati che sceglieranno il
ritorno. Più breve sarà il tempo che intercorre tra queste due fasi, più
avremo la certezza di un ritorno sostenibile. Per tutte queste ragioni,
caldeggio la Commissione che abbiamo proposto, a fronte di un esplicito
mandato e che entri in funzione prima che la ricostruzione abbia inizio. Le
ragioni sono tanto pratiche quanto politiche. Quanto qui proposto no solo
raccoglie il parere favorevole dei diretti interessati - gli stessi
Rrom - ma assicura anche l'esperienza e la pratica maturata da me e dai miei
colleghi. Per questo, chiediamo il vostro appoggio istituzionale
finanziario.
Siamo naturalmente disponibili al dialogo e a fornire tutte i chiarimenti
e le spiegazioni necessarie.
Brahim MUSIĆ

Ti Press |
Problema nomadi, altri cinque anni per
risolverlo |
BELLINZONA - Serviranno altri cinque anni al
Governo per poter individuare quali saranno le aree di sosta per i
nomadi. È quanto sostiene il Consiglio di Stato rispondendo a
un'interrogazione firmata dal deputato leghista Lorenzo Quadri e
cofirmatari. Alla domanda di Quadri "quali sono i tempi previsti per
l'annunciato Piano di utilizzazione cantonale (PUC) che definisca le
aree nomadi", il Governo ha risposto che "sulla base dell'esperienza
già avuta con simile procedura si può indicare in circa cinque anni la
durata della procedura tendente a formalizzare nel PUC le aree di sosta
per i nomadi". Insomma un problema - quello delle aree da destinare ai
nomadi - che non è affatto facile da risolvere anche perchè come
sottolinea il Governo nella sua lunga risposta all'interrogazione la
collaborazione da parte dei Comuni è parecchio scarsa: "La riluttanza
della popolazione sedentaria e la diversità della cultura nomade, sono
sicuramente dei fattori che condizionano la collaborazione e
disponibilità dei Comuni alla realizzazione, sul loro territorio, delle
aree di sosta. Questo atteggiamento, che di fatto ha scaricato sul
Cantone tutta la responsabilità concernente la gestione dei nomadi,
compresa quella finanziaria, non risulta essere consono ad uno spirito
di collaborazione che dovrebbe sussistere tra gli enti locali e
l'Autorità cantonale". |
Il Governo ricorda che:
- il Ticino è da sempre terra di accoglienza e continuerà a dare
ospitalità ai nomadi, garantendo un soggiorno dignitoso e facendo in
modo che ciò avvenga nel rispetto delle leggi e della sensibilità delle
popolazioni indigene.
- è improponibile pensare di risolvere il problema dello
stazionamento delle carovane di nomadi in Ticino semplicemente impedendo
loro con la forza di fermarsi nel nostro cantone. Questa via non è solo
impraticabile dal punto di vista legale, ma anche e soprattutto dal lato
etico
- riteniamo che la presenza delle famiglie nomadi debba sempre
rimanere in forma transitoria, numericamente sostenibile, in relazione
con la capacità di accoglienza possibili nel Cantone. |
Per quanto riguarda il progetto
della Commissione nomadi di individuare "almeno quattro, meglio sei"
aree attrezzate per i nomadi, il Governo afferma di ritenere "giudizioso
poter disporre di quattro aree di sosta, due ubicate nel Sottoceneri e
due nel Sopraceneri".
Sui relativi costi è ancora prematuro poter esprimere cifre, dato che
prima devono essere individuate le aree, aree che - viene precisato dal
Consiglio di Stato - "sono indispensabili per evitare che i nomadi
sfuggano la controllo delle autorità di polizia e vadano a sistemarsi,
senza autorizzazione, in terreni privati". |
Fotografie del 21/03/2006
Nessuna fotografia trovata.
|