Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 21/02/2006
Ieri, 20 febbraio, si è costituito a Napoli il Comitato Cittadino per i Diritti del popolo Rom. Dalla denuncia dell'emergenza della situazione napoletana fatta dall'Associazione Opera Nomadi, e dall'appello alle coscienze di padre Alex Zanotelli, la Rete Lilliput (una rete di cittadini e associazioni) ha lanciato un appuntamento a cui hanno risposto in tanti, tutti accomunati dall'indignazione verso la barbarie di repressività e discriminazione che ancora oggi questo popolo subisce sotto i nostri occhi e nell'indifferenza pressoché generale. Il Comitato intende rilanciare politicamente la battaglia per i diritti umani, civili, politici e sociali dei Rom, lavorando sul territorio per dare una risposta dignitosa ai problemi posti dalle sempre più numerose baraccopoli di Rom, profughi di guerra non riconosciuti (ex-Jugoslavia) o in fuga da discriminazioni razziali (Romania). Il Comitato, cui aderiscono anche Rom ex-jugoslavi e rumeni, si riunirà periodicamente per elaborare una piattaforma politico-culturale e per studiare le strategie più adeguate per attuare la stessa. Firmato:
Comitato cittadino per i diritti dei Rom
Legge sull'emancipazione di tutti i Rom. Articolo 1: "E' finita la schiavitù. Tutti i Rom che si trovino in questa situazione da oggi sono liberi e cittadini dello stato." 20 febbraio 1856
Ieri i Rom della Romania hanno celebrato i 150 anni dell'abolizione della schiavitù (vedi 2005), in un momento in cui buona parte della popolazione continua a vederli come esseri inferiori e subumani. La chiesa rumena ortodossa, responsabile di 500 anni di schiavitù, che adoperò i Rom per coltivare le sue terre, ancora si rifiuta di riconoscere le proprie responsabilità.
Si è tenuto un convegno organizzato da Amare Romentza, a cui hanno preso parte rappresentanti del mondo politico, accademico e associativo. Magda Matache, direttrice di Romani Criss, ha concluso con queste parole: “Sarebbe assolutamente normale che la Chiesa Ortodossa rendesse conto e si scusasse, sarebbe normale che il Governo si pronunciasse sull'Olocausto dei Rom Rumeni, e potesse iniziare finalmente un processo che ci avvicinasse al resto della società.”
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Fonte: Romanian_Roma
email Presentazione delle attività La cooperativa “Laci Buti due” nasce nel 1999 ad opera di un gruppo di residenti rom del campo nomadi comunale di via Idro 62 supportati da un ristretto gruppo di operatori sociali che hanno accompagnato lo sviluppo della cooperativa in una prospettiva di emancipazione, autonomia e corretta integrazione sociale della popolazione rom residente al campo. L’impegno dei soci della cooperativa è stato finalizzato alla ricerca di risposte reali al bisogno di lavoro. Questo impegno si è tradotto, inizialmente, in un percorso di analisi e confronto tra i soci del “lavoro” come “bisogno”; si è rinforzata una maggiore consapevolezza nei soci del bene “lavoro” quale strumento di crescita e sviluppo della propria famiglia e della comunità, di integrazione con la cultura non Rom, di prefigurazione del proprio futuro non più vincolato al ricorso ad espedienti, questua, od anche ad attività illegali. Si è così costituito un processo che ha generato fiducia nella possibilità di individuare ambiti e attività lavorative con reali prospettive di sviluppo e valorizzanti della specificità culturale. L’area lavorativa individuata è rivolta alla manutenzione di aree verdi e alla coltivazione florovivaistica, la scelta è stata favorita dal possesso di competenze professionali pregresse e dalle caratteristiche dell’attività professionale particolarmente adatte quali una attività all’aria aperta e a contatto con l’ambiente naturale. Al fine di implementare le competenze professionali esistenti un gruppo numerosi di soci della cooperativa ha partecipato nel 1999 al corso del Fondo Sociale Europeo promosso dal Settore Servizi Sociali del Comune di Milano Ufficio Nomadi e gestito dal Centro di Formazione Professionale Enaip per “Manutentori di aree verdi”. Nello stesso anno il Settore parchi e Giardini ha stipulato con la cooperativa un contratto di fornitura di piante, fiori e arbusti a seguito di iniziativa promossa dal Comune di Milano al fine di sostenere, mediante l’affidamento di contratti per la fornitura nel campo del verde, realtà operanti per il recupero di persone svantaggiate; la nostra cooperativa è stata individuata a seguito dell’utilizzo dei dati forniti e delle verifiche effettuate dal Settore Servizi Sociali Formazione Lavoro, Area Handicap e Area Giovani e Adulti. L’opportunità accordata alla cooperativa ha sostenuto la motivazione all’impegno dei soci Rom ed all’investimento nell’acquisto di una serra di 270 mq, delle esigue risorse economiche pur di concretizzare delle reali e stabili possibilità occupazionali, inoltre ha prodotto un f orte incentivo verso corrette forme di integrazione sociale favorendo la costruzione di relazioni significative con parti attive e sane della società, contrastando il fenomeno della coesione con realtà marginali e a rischio di devianza. Il positivo e graduale incremento delle attività di lavoro ha sostenuto la possibilità di dotarsi di mezzi e strumenti per elevare efficienza e professionalità nell’espletamento dei lavori assunti. Tutto ciò ha portato la Cooperativa a sviluppare ulteriormente i propri contatti, nel 2001 è entrata a far parte del “Consorzio Cascina Sofia” un insieme di Cooperative sociali impegnate nel settore del verde. Nello stesso anno la Zona 2 ha concesso un piccolo finanziamento per acquistare alcuni macchinari; nel 2002 dopo il primo contratto stipulato con il Comune di Milano si è deciso di acquistare due camion e ulteriori macchinari. Attualmente queste sono i principali servizi che offre la Cooperativa:
- Manutenzione delle aree verdi (taglio dell’erba e delle siepi)
- Potatura piante alto fusto
- Pulizia di arree urbane
- Sgombero cantine e magazzini
- Creazione recinzioni
Attualmente la Cooperativa vanta due responsabili, tre capo squadra e 12 soci lavoratori, inoltre in caso di neccessità si collabora con le Cooperative iscritte al Consorzio Cascina Sofia, il presidente e il vice presidente sono naturalmente di etnia Rom. Ciò nonostante è ancora necessario il sostegno di questa Amministrazione per il consolidamento delle prospettive lavorative e l’ampliamento dei lavori anche nel settore privato, dove per ora la “diffidenza” nei confronti dei Rom è ancora molto forte e radicata.
Cod. Fisc. / Part.IVA 13244160159 CCIAA n. 1341326
da: Karin Waringo
Secondo un articolo dell'Utrinski Vesnik del 15 febbraio,
la Macedonia si starebbe accordando con le autorità in Kosovo
per “facilitare il ritorno di 2.000 rifugiati”. Il
giornale cita il ministro macedone per il Lavoro e le Politiche
Sociali, che avrebbe concordato l'iniziativa durante la precedente
visita di una delegazione dal Kosovo in Macedonia.
Statistche UNHCR indicherebbero in 2.144 i rifugiati, la maggior
parte Rom, Askhali ed Egizi dal Kosovo. La Macedonia è stata
recentemente criticata dalla Commissione EU per il disinteresse
mostrato verso questo tema e perché è stato garantito
asilo solo a un piccolissimo numero di rifugiati.
La maggior parte di loro è “sotto protezione
temporanea”, una condizione soggetta a regolare rinnovo.
Dall'estate scorsa la Corte Suprema nega il rinnovo di quanti ne
facciano domanda.
Secondo il Ministro per il Lavoro e le Politiche Sociali, la
decisione negativa riguarda 477 persone, e il Ministro degli Interni
ha dato assicurazione all'UNHCR che i rimpatri forzati non avverranno
“finché non ci sarà un miglioramento della
situazione”.
Le attuali pressioni per un ritorno in Kosovo, sembrano collegate
alla fine del mandato UNHCR in Macedonia, che così sposterebbe
al governo la responsabilità per i rifugiati. “Il
governo deve affrontare questo tema nel contesto dell'integrazione
europea” dice a Utrinski Vesnik Catherine Walker, capo
dell'UNHCR a Skopje. Aggiunge che la sua organizzazione è
convinta che la situazione dei rifugiati sia da risolvere
congiuntamente alla questione dello status della regione. “Speriamo
che i rifugiati possano fare ritorno, in quanto la volontà del
governo del Kosovo è anche parte del negoziato”.
Rif: Ipocrisie
europee, carri armati e altre storie in Macedonia
2005
[RIASSUNTO] Il 2 febbraio 2005, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania, Slovacchia, Serbia e Montenegro [...] diedero inizio al Decennio dell'Inclusione Rom, che sino al 2015 promuoverà azioni positive nel campo della scolarizzazione, della sanità, del miglioramento delle condizioni abitative e la creazione di posti di lavoro.
POLINA SLAVCHEVA, TEANNA SUNBERG e NEIL CONNOLLY tracciano un rapporto sulla situazione ad un anno di distanza:
In Bulgaria sono circa 400.000 gli appartenenti alla minoranza Rom.
Scolarizzazione: Non è un compito facile questa priorità. Sono stati stanziati un milione di leva. Questa la situazione nella cittadina di Botevgrad, dove vivono 2.325 Rom.
“Vi dirò perché non vado a scuola – perché mi strappano lo zaino e mi rubano i guanti, mi spingono nei bagni e se cerco di scappare mi chiudono lì dentro” racconta Bobinka, bambina rom di sette anni; non sembra sorpresa di quanto le accade. Kamenov, suo padrino l'ha accompagnata fuori di casa per farla parlare. Lo stesso viene ripetuto da altri quattro vicini, sbucati dalle case a due piani di nudi mattoni.
“Come faccio a mandarla a scuola? Torna a casa con la febbre. Dev'essere una forma nervosa, non so”. Vicino a Bobinka si è messo Miko, un altro ragazzino. Racconta di come fu espulso da scuola, quando picchiò chi se la prendeva con lui. Da qualche parte al primo piano, esce una chalga (musica tradizionale rumena) assordante, e intanto gli adulti elencano a Martn Peev, capo del Dipartimento di Integrazione Etnica di Botevgrad le rimostranze sulla disoccupazione, sulle cattive condizioni delle abitazioni, sulla riluttanza a mandare i figli a scuola nella parte meridionale della città.
“Non ascoltate questi nonsense Malgal” (un dispregiativo per Rom) Anche Peev è un Rom e quel termine stupisce sentirlo dalla sua voce. “Le ho parlato e mi ha detto che lei vorrebbe andare a scuola,ma suo padrino non la lascia. Lui se ne frega. Non è sua figlia. Sua madre è da qualche parte in Germania, lavora. Lui non ha voglia di alzarsi presto, vestire la bambina e accompagnarla all'autobus. Poi dovrebbe andarla a prendere a mezzogiorno, quando torna. Ma preferisce andare a bere al bar.”
Il quartiere dove vive Bobinka ospita la maggior parte dei Rom di Botevgrad, circa l'11% della popolazione. Il quartiere ha un centro cittadino, negozi, uffici municipali, che il sindaco Georgi Georgiev ha donato ai Rom come regalo; il blocco di case ancora non terminate è costato circa 50.000 leva, le strade sono asfaltate. Altre case devono essere costruite e tutto sembra bello e dignitoso. Da quando è entrato in carica, Georgiev ha aiutato molti Rom a trovare lavoro nelle fabbriche comunali, ha fondato una squadra di calcio e un gruppo di ballo rom. Ciononostante, l'integrazione si blocca alle soglie della scuola. “E' una dannata fatica” dice Peev, “io mollerei, ma il boss (Georgiev) mi ripete: No, resterai fin quando te lo dirò io.”
Così, ad un anno dall'entrata in vigore del Decennio dell'Inclusione, i quattro Rom impiegati presso il Dipartimento di Integrazione Etnica si trovano ancora ad interpretare il ruolo dei genitori dei bambini di Botevgrad. Se un ragazzo non frequenta, ha brutti voti o qualche altro problema, gli insegnanti chiamano il dipartimento, che deve recarsi dalle famiglie per discutere sul da farsi. Secondo loro, spesso i genitori si disinteressano se i loro figli vadano o no a scuola.
“Gli abbiamo parlato (a Kamenov), ci ha promesso che il giorno dopo l'avrebbe accompagnata, ma non l'ha fatto.” racconta Peev. “Ora dovrò fargli firmare dei documenti in cui si impegna a continuare a manfdare la bambina a scuola, anche se dovesse ripetere l'anno.” Continua Pavel Marinov, direttore della scuola Levski, adiacente il quartiere dei Rom: “L'attitudine dei genitori deve cambiare a livello nazionale, le istituzioni devono punire chi non manda i figli a scuola.”
Kamenov dice che vuole iscrivere Bobinka alla scuola Levski, dopo che è scappata dalla più grande Nikola Vaptsarov, nella zona sud della città. La scuola Vaptsarov dista circa un chilometro dal quartiere rom, e molti genitori si lamentano di non aver tempo di accompagnare i bambini sino lì. A luglio iniziò un collegamento via pullman verso la scuola “ma i bambini non volevano andare lì lo stesso” dice Peev, “perché... non so cosa volevano ancora”.
Marinov dice che non c'è posto per Bobinka nella scuola Levski, perché tutte le classi sono al completo. “Il numero di alunni per ogni classe viene deciso dal ministero. Non possiamo fare eccezioni. Se non manteniamo le proporzioni tra alunni rom e bulgari, questi ultimi inizieranno a lasciare la scuola. Non ci sono veri e propri conflitti tra di loro, è che un alto numero di alunni rom, toglerebbe spazio agli altri”.
Non si tratta soltanto di paventata minaccia identitaria. “Non è che [i bambini Rom] non vogliano studiare, è che non ne hanno l'abitudine [...]” dice Marinov. Poi continua spiegando che nell'ultimo anno ci sono stati miglioramenti connessi al programma di inclusione, messi rapidamente in crisi dalla crisi demografica della Bulgaria [vedi QUI ndr]. Se in classe ci sono più di sei o sette bambini rom, i genitori di quelli bulgari ritirano i loro figli. Secondo Marinov la soluzione sarebbe nel coordinamento con la più grande scuola Vaptsarov, ma il suo direttore Petia Kochkova “appare prevenuto ed è alla continua ricerca di un sistema per ripulire etnicamente le proprie classi”. Kochkova rifiuta le accuse e dice di aver sempre incoraggiato i bambini rom a frequentare la sua scuola: “Il problema non sono io e nemmeno gli insegnanti. Sono i loro genitori che non vogliono accompagnare i figli alla Vaptsarov. Noi andiamo personalmente in visita dalle famiglie che non mandano i figli a scuola, li invogliamo a frequentare [...]”.
(fine I puntata)
Fotografie del 21/02/2006
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