Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 20/02/2011
Corriere della Sera BRESCIA - I VIGILI DEL FUOCO HANNO TOLTO LA
CORRENTE PER SLOGGIARE GLI ABUSIVI
Tommaso, 15 mesi, ha una malattia genetica. Staccata l'energia, si ferma la
macchina salvavita
Tommaso nella roulotte con i genitori (Cavicchi)
BRESCIA - Avete già sentito un bambino di un anno e tre mesi, quasi immobile,
emanare dei pigolii, come fosse un uccellino triste o ferito? Bisognerebbe
andare al campo sinti di via Orzinuovi per avvicinarsi all'angoscia di due
genitori che non possono far altro che asciugare la saliva emessa di continuo
dalle labbra del piccolo Tommaso quando gli manca il respiro. Cioè ogni due-tre
minuti. Ma ci vuole calma, per raccontare questa storia. Piove sulle roulotte
del campo nomadi, dopo il fuoco di lunedì sera. Il conflitto tra i nomadi e il
Comune non è una novità. Dopo una tormentata vicenda, l'amministrazione ha
investito 180 mila euro per bonificare un campo che costeggia il parco del fiume
Mella e ora, da una ventina di giorni, la situazione dei circa centoventi sinti
di Brescia (italiani da secoli) sembrava avviarsi verso un epilogo pacifico, con
la ghiaia pulita sul terreno, gli impianti idraulici ed elettrici a norma, le
fognature.
Restava una questione ancora in sospeso: quel terreno prevedeva sin dall'inizio
l'«abitabilità» per 15 famiglie. Rimanevano fuori cinque nuclei, corrispondenti
all'ampia famiglia Terenghi, ai quali il Comune ha offerto il trasferimento in
via Borgosatollo, dove è stanziata da anni la comunità rom. Proposta
inaccettabile, per gli interessati, per motivi ambientali (le famiglie rom
vivono ammassate). Non è escluso che gli stessi sinti temano anche una
convivenza non proprio pacifica con i rom e chiedono di lasciare che i Terenghi
rimangano con la propria comunità, anche se i patti non lo prevedevano. Insomma,
di fronte al persistente rifiuto del trasferimento, lunedì sera arriva
l'ultimatum, i vigili entrano nel campo e disattivano la corrente per punire i
morosi e quelli che non vogliono saperne di spostarsi. È lì che i sinti non ci
pensano due volte e bruciano baracche, cassonetti e roulotte ai margini del
campo e creano uno sbarramento di fuoco. Il vicesindaco Fabio Rolfi parla di
problemi di sicurezza e ci tiene a precisare che si tratta di tutelare anche le
altre famiglie.
Ma nessuno avrebbe immaginato che il muro contro muro (e in particolare la
mancata corrente) avrebbe creato gravi problemi a due bambini malati che vivono
nella comunità sinti. Gabriel ha cinque mesi e soffre di una malattia cardiaca:
ieri, in seguito a complicazioni dovute al freddo, è finito in ospedale per
accertamenti e il padre si dice deciso a far causa al Comune. L'altro caso è
ancora più grave. Eccolo lì, il piccolo Tommaso, tra le braccia di mamma Fenni,
vent'anni, seduta sul salotto a fiori grigi, ancora avvolto dalla plastica. Al
suo fianco c'è papà Samuel, chiuso in un giubbotto scuro, trent'anni. Tommaso
soffre di una malattia genetica rarissima (solo 14 casi al mondo) che si chiama
H-ABC: quel che gli permette di sopravvivere è un sondino fissato a una narice e
a una macchina per l'ossigeno pronta all'occorrenza (cioè ogni mezz'ora).
Quando, lunedì sera, è mancata l'elettricità, il signor Marin ha dovuto
procurarsi con le buone o con le cattive un generatore portatile, e l'ha trovato
a San Zeno. Tra le braccia di sua mamma, continua a tossire sputando catarro:
pulirlo con un fazzoletto è ormai un gesto automatico che papà e mamma fanno
centinaia di volte al giorno. «Buono Tommaso, buono...».
Sulla porta della roulotte c'è un cartello scritto a mano: «Per piacere, non
salite con scarpe, tosse, febbre, bambini vi prego non ho più voglia di stare in
ospedale». Firmato Tommaso, che prega i bambini del campo di non entrare per non
procurargli infezioni. «Ogni venti giorni al massimo - dice Samuel - bisogna
ricoverarlo perché si prende l'influenza. È nato così, non c'è guarigione, non
hanno ancora capito che cosa succederà». Purtroppo non è difficile sapere che
cosa succederà, leggendo i due soli studi specialistici che esistono sulla
H-ABC. È una malattia degenerativa, che colpisce i gangli basali. «Non sappiamo
come crescerà, sappiamo che porta cecità, sordità e immobilità», dice mamma Fenni. Oggi in ospedale hanno cambiato il sondino. La storia della famiglia
Marin è presto detta: originari di Piacenza, hanno lasciato il campo della loro
città il mese scorso e si sono trasferiti qui perché l'ospedale di Brescia
dispone di mezzi più aggiornati: «Ora però vogliono mandarci via, perché siamo
residenti a Piacenza: è già partita l'ordinanza».
Scarpette blu da ginnastica, su cui non camminerà, felpa verde, Tommaso si
agita, pigola pigola, gira gli occhi al soffitto: «Me lo dice come possiamo fare
con un bambino così delicato? Ci sono notti che ci fa tribolare, bisogna sempre
tenerlo attaccato all'ossigeno, dieci giorni fa alle tre di notte aveva pochi
battiti, appena appena, era nero in faccia e all'ospedale ce l'hanno salvato».
Nove chili, i pugnetti sempre chiusi. Come gli altri sinti, anche Samuel si
arrangia andando a raccogliere ferraglia nei dintorni per rivenderla nei centri
di rottamazione. Oppure viene chiamato per svuotare qualche cantina in città.
Questo è tutto. I suoi antenati erano giostrai e circensi. «Con Tommaso ci
vogliono tanti soldi, ogni tanto dobbiamo andare a fare controlli a Milano e a
Padova». Il ministro spirituale del campo si chiama Renato Heric. È un pastore
evangelico ed è fiero della sua comunità: «Il sindaco dice che usiamo i nostri
bambini per ricatto, venga qui a trovarci, per favore, venga a vederli». Tommaso
ha sonno. Mamma Fenni lo adagia nel lettone pieno di cuscini. Ci sono due
tubicini per l'ossigeno da infilargli nel naso e il saturimetro da fissare al
pollice con un cerotto. Ora può dormire.
Paolo Di Stefano - 17 febbraio 2011
Al
Corriere il giorno dopo non sarà sembrato vero, di aver trovato una storia
strappalacrime in cui buttarsi
BRESCIA - RIMANE ALTA LA TENSIONE DOPO LA RIVOLTA DELLA NOTTE DI SAN
VALENTINO
Il piccolo sinti che ha rischiato di morire: partita la gara di solidarietà
Un lettore del Corriere ha deciso di raccogliere i fondi necessari per
pagare le visite specialistiche al bambino
BRESCIA - Una raccolta di fondi per aiutare Tommaso, il bambino di 15
mesi che vive nel campo sinti di via Orzinuovi a Brescia e soffre di H-abc,
una malattia genetica rarissima. Il piccolo, che vive grazie a un sondino
fissato a una narice e a una macchina per l'ossigeno, sarà aiutato da un lettore
del Corriere della Sera che, commosso dalla storia di Tommy, ha deciso di
raccogliere i fondi necessari per pagare le visite specialistiche al bambino.
Intanto rimane alta la tensione dopo la rivolta della notte di San Valentino,
quando il Comune ha staccato la corrente elettrica mettendo a rischio la vita di
Tommaso, che vive proprio grazie al funzionamento di particolari macchinari. Non
solo. La famiglia Terrenghi (la più numerosa del campo) ha annunciato una
denuncia contro Fabio Rolfi, vice sindaco di Brescia: i sinti lo ritengono
responsabile del malore di un altro piccolo di 5 mesi cardiopatico ricoverato
dopo il black out ordinato dalla Loggia.
Ieri, grazie alla mediazione della Cgil è stato possibile riaprire il
tavolo delle trattative tra i sinti e l'amministrazione comunale. «La questione
- ha spiegato Damiano Galletti, segretario Cgil - riguarda 3 delle 5 famiglie
che il patto di cittadinanza vorrebbe spostare. Due hanno trovato sistemazione
in una casa popolare dell'hinterland e a Reggio Emilia. Le altre sono disposte
ad uscire liberando le piazzole a condizione che non ci sia alcun intervento
della forza pubblica e che la Loggia apra un tavolo di discussione sul loro
destino». Il patto firmato nei mesi scorsi prevedeva espressamente lo
spostamento dei 5 nuclei familiari. Ma ora i Sinti sostengono che il
trasferimento al campo di via Borgosatollo, fianco a fianco ai Rom, creerebbe
problemi di convivenza tra le due etnie.
G. Spa.
18 febbraio 2011
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:14:43 in media, visitato 1674 volte)
15-02-2011
Negli ultimi cinque anni sulle principali reti televisive italiane si è
assistito al dilagare delle notizie relative alla cronaca nera, cronaca
giudiziaria e criminalità organizzata, nei telegiornali come nelle trasmissioni.
Mentre nel periodo 2003-2005 la rappresentazione di eventi criminosi si era
mantenuta costante, a partire dal 2006 si è rilevato un sensibile incremento del
tempo dedicato a questa tipologia di notizie, con un ulteriore aumento nel corso
del 2007.
Infatti, se nel 2003 le edizioni principali dei telegiornali di tutte le
emittenti nazionali trattavano questi temi per il 10% del loro tempo, nel 2007
la percentuale di tali argomenti saliva al 24% con punte, su alcune testate
televisive, del 30%. Tale sovraesposizione mediatica si rivelava poi del tutto
ingiustificata se confrontata con i dati ufficiali del Ministero dell'Interno
che evidenziavano un calo di oltre il 10 per cento dei reati nel 2007 con un
ulteriore conferma nei primi sei mesi del 2008.
E' in particolare l'"emergenza rom" a spiccare tra le notizie di cronaca dei
telegiornali quando, nell'aprile del 2007 ad Appignano, in provincia di Ascoli
Piceno, un giovane rom alla guida di un furgone travolge e uccide quattro
ragazzi. Qualche giorno dopo il campo nomadi del paese viene dato alle fiamme e
le cronache dell'incidente proseguono per i successivi cinque mesi fino al
processo, nel settembre dello stesso anno.
Ma il culmine della sovraesposizione delle notizie di cronaca nera, con
particolare riferimento alla popolazione rom e rumena si raggiunge a partire
dall'ottobre del 2007 quando Giovanna Reggiani, aggredita e rapinata alla
stazione ferroviaria di Tor di Quinto, muore due giorni dopo.
L'aggressione viene segnalata da una donna rom, che indica l'autore del delitto
in un giovane, anche lui rom rumeno.
Nei primi giorni i media non danno molto risalto alla notizia credendo la
Signora Reggiani appartenente alla comunità rom, quindi di rilevanza marginale.
Non appena si apprende che la vittima aveva nazionalità italiana scoppia il
"caso Reggiani": il processo viene trattato frammentariamente dalla stampa e
strumentalizzato politicamente.
Di lì a pochi mesi (aprile 2008) si terranno le elezioni politiche e le
amministrative per l'elezione del Sindaco di Roma e il tema emergenza sicurezza,
con particolare riferimento alla comunità rom e ai cittadini di origine rumena,
è l'argomento principale dei media e della campagna elettorale del centrodestra.
In questo periodo, con cadenza quotidiana, hanno particolare rilevanza
nell'agenda dei telegiornali le notizie relative agli sgomberi dei campi nomadi
in tutta Italia.
Si giunge addirittura ad un decreto legge (181/2007) sollecitato dall'allora
sindaco di Roma Walter Veltroni che prevede l'attribuzione ai prefetti del
potere di espulsione dei cittadini comunitari per ragioni di pubblica sicurezza.
Il decreto non verrà mai convertito in legge poiché in netto contrasto con la
direttiva 2004/38/CE.
Come dimostrano diversi studi, media, opinione pubblica e realtà hanno
alimentato l'insicurezza percepita, facendo raggiungere livelli elevatissimi
alla preoccupazione sociale e all'allarme per i crimini contro la persona e la
proprietà privata nei confronti degli immigrati, percepiti come vera e propria
minaccia, mai come risorsa.
Sono rari i casi in cui il tema dell'immigrazione è trattato al di fuori di un
contesto di cronaca o comunque svincolato dalla criminalità.
In un campione di notizie delle edizioni principali dei telegiornali di tutte le
emittenti dei primi sei mesi del 2008, su 5.684 notizie analizzate, solo lo
0,45% di queste affrontano l'immigrazione senza legarla, al contempo,a un fatto
di cronaca o al tema della sicurezza.
Non solo il singolo fatto di cronaca viene ricondotto all'immigrazione in quanto
tale, ma tutto il recente interesse al tema sicurezza sembra ruotare intorno
alla presenza – vista sempre in termini emergenziali e straordinari – di persone
provenienti da luoghi diversi.
Su 163 servizi televisivi che trattano fatti di cronaca con protagonisti
migranti, 65 contengono
informazioni/immagini che possono portare all'identificazione di persone
(adulte) colpevoli di atti di violenza (39,9%). Un dato di dieci punti superiore
rispetto ai servizi di cronaca che non riguardano solo migranti e che si
attestano, infatti, al 29,7%.
Su tutto domina l'etichetta di clandestinità che, prima di ogni altro termine,
definisce l'immigrazione in quanto tale. Rom e rumeni sono il gruppo etnico e la
nazionalità più frequentemente citati nei titoli di tg.
Le parole, dunque, contribuiscono a tematizzare la presenza degli immigrati in
Italia con un riferimento forte alla minaccia costituita dagli stranieri alla
sicurezza degli italiani.
Si assiste inoltre alla tendenza di diffondere informazioni e immagini lesive
della dignità delle persone coinvolte, direttamente o meno, in fatti di cronaca
soprattutto quando i protagonisti sono migranti.
Nel febbraio del 2009, per più di un mese, telegiornali e trasmissioni
"processano" Karol Racz, un cittadino rumeno arrestato all'indomani dello stupro
di una ragazza in un parco di Roma, indicandolo come "faccia da pugile", il
mostro della Caffarella.
Il suo volto è mostrato per settimane, nonostante le indagini stessero
proseguendo e non si avessero prove della sua colpevolezza.
Durante le indagini sono ripetute le accuse alla comunità rumena, mentre la
situazione sociale esplode in una serie di vere e proprie spedizioni punitive ai
loro danni, quasi legittimato dai ripetuti sgomberi effettuati in quei mesi in
tutta Italia.
Nessuno dei due fermati ricalca le descrizioni fornite dalle vittime, le prove a
loro carico decadono dopo pochissimi giorni, ma per loro le porte del carcere
non si aprono comunque.
Così un cittadino comunitario incensurato proveniente dalla Romania è
trasformato in "faccia da pugile" dai media e usato come prova dell'idoneità
delle misure di sicurezza adottate dal Governo.
Un mese e mezzo dopo l'arresto Racz è ospite di Porta a porta, una delle
principali trasmissioni televisive, nel giorno della sua scarcerazione. E' il
conduttore a porre le scuse.
La stampa e la televisione italiana sembrano le uniche in Europa a descrivere un
crimine mettendo in evidenza la nazionalità del criminale, quasi a sollecitare
la creazione di un capro espiatorio nel quale far confluire tutti i malcontenti
possibili.
I media, attraverso la scelta del linguaggio e della trattazione "criminale" del
tema immigrazione predispongono un terreno fertile su cui poi lavorare durante i
casi di cronaca più eclatanti.
L'enfatizzazione di alcuni aspetti di questi episodi (ad esempio la nazionalità
dell'aggressore) in un clima così ansioso finisce per agevolare l'insorgere del
panico morale.
Queste ondate emotive, rivolte contro un capro espiatorio che viene identificato
come minaccia per la conservazione della società, sono teoricamente destinate a
risolversi in poche settimane.
Se è la cronaca l'unico argomento utilizzato dai media per descrivere la
presenza straniera e i fenomeni migratori è possibile chiedersi quale sia il
ritratto delle persone di origine straniera nei mass media.
In generale, più del 70% delle notizie di cronaca presentate da tg e quotidiani
descrive un atto criminoso, l'attività delle forze dell'ordine o un procedimento
giudiziario o penale. Per oltre i tre quarti delle volte (76,2%), persone
straniere sono presenti nei telegiornali come autrici o vittime di reati. Le
persone straniere compaiono nei telegiornali, quando protagonisti di fatti
criminali, più facilmente degli italiani (59,7% contro il 46,3%).
Al contrario, le notizie di cronaca giudiziaria che riguardano stranieri sono il
16,5% del totale.
Questo risultato, oltre a essere un primo segnale di un diverso trattamento
informativo sulla base della nazionalità dei protagonisti, può avere qualche
conseguenza più profonda sulla rappresentazione dei migranti.
Gli stranieri sono ritratti nel momento dell'atto criminale, sovraesposti nella
dimensione inquietante e drammatica della cronaca nera, tendono invece a sparire
nel momento processuale, cioè nel momento in cui non solo possono essere
evidenziate le effettive responsabilità penali, ma anche in cui ne possono
emergere le caratteristiche umane, la personalità, le difficoltà, la voce.
I delitti compiuti da stranieri presenti sul suolo italiano diventano allora
delitti senza movente né conseguenze, rimangono ritratti spesso da senza storia,
umanità o ripercussioni penali.
Episodi di cui l'unica conoscenza certa può essere la loro brutalità e la loro
residua matrice comune: l'immigrazione.
Non è mai presentata l'immagine reale dell'immigrato che vive e lavora in
Italia.
Negli ultimi trent'anni l'immagine dell'immigrazione fornita dai mezzi di
informazione appare come congelata, immobile.
Ancorata alle stesse modalità, alle stesse notizie, agli stessi stili narrativi
e in qualche caso agli stessi tic e stereotipi. I risultati delle ricerche
avviate sullo stesso tema a partire dalla fine del 1980, con molti elementi
comuni con il passato di altri paesi europei, appaiono straordinariamente
simili.
Da una parte, c'è una rappresentazione dominata da una visione "naturalmente"
problematica del fenomeno: l'immigrazione è, in sostanza, un problema da
risolvere. Dall'altra parte, il tipo di notizie evidenziate: la cronaca appare
l'elemento ancora dominante della trattazione riducendo la complessità della
realtà alla sua eventualità criminale.
Fotografie del 20/02/2011
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