Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 12/02/2011

Una società che non sa fermarsi, anche piangere, e pensare cose nuove quando
quattro bambini muoiono bruciati perché senza la stufetta, alla lunga,
morirebbero di malattia e di freddo, ha poco futuro. Perché la pietas,
che contiene commozione, compassione, rende intelligenti e aiuta a costruire
soluzioni più umane. Non è chiaro se Roma, la gente comune, riuscirà a resistere
alle banalità volgari di chi invoca misure «drastiche», «se ne tornino a casa
loro», «se non hanno occupazione e un luogo dove stare vengano espulsi con la
forza» (il responsabile del Comitato per la sicurezza), e così via.
Tutte le indagini su intolleranza e razzismo rilevano un sentimento anti-rom
in cima alla graduatoria, in tutta Europa. E si scatena di più in tempi di
fragilità sociale, indicando capri espiatori facili, gli "zingari". Un popolo di
ragazzini (la metà di quelli che sono in Italia sono minori), la metà italiani
da secoli (dove andrebbero espulsi?), gli altri tutti europei, di cui una parte
consistente ex-jugoslavi, alla seconda generazione di nati in Italia: ma sono
anni che la proposta della Comunità di Sant'Egidio di rilasciare un permesso di
soggiorno di lungo periodo non ha risposta, e vengono lasciati in un limbo
legale che crea marginalità e, davvero, il contrario della sicurezza.
Su tutto questo scontiamo, oggi, il precipitato di una predicazione del
disprezzo e della paura che a Roma – in una delle città più sicure del mondo –
ha fatto della questione "rom" un perno di campagne elettorali che non sono mai
finite e che hanno autorizzato i romani a non vergognarsi dei propri istinti un
po' bassi. Per gli "zingari", vittime dello sterminio razzista mai risarcite e
di un "anti-gitanismo" per cui non esistono nella società europea e italiana gli
anticorpi che esistono verso l'antisemitismo, non valgono, anche per gli
amministratori, quasi mai, quello che vale per la gente comune. Che hanno gli
stessi desideri e necessità che abbiamo "noi". E finché non si pensa in questo
modo le soluzioni offerte sono tutte parziali e alla fine inefficaci.
Per gli zingari non vale normalmente l'idea che la responsabilità anche
penale è personale. Se uno commette un reato tutto il gruppo può essere
allontanato perché pericoloso socialmente e anche la "casa", persino in campo
attrezzato legale e pagato dai contribuenti, può essere abbattuta, assieme
all'intero campo (è accaduto). Per gli zingari continua la leggenda che «non
vogliono casa» e il massimo che si pensa è «villaggi attrezzati», finora di
pessima qualità: se temporanei è un conto, se uno li concepisce come l'approdo
di una vita è un altro.
Non è solo la giunta attuale, a Roma, che è in ritardo. Tutte le giunte degli
ultimi vent'anni, nonostante gli sforzi, similmente hanno fallito l'obiettivo:
perché mai, simultaneamente, è stata creata la sicurezza abitativa per tutti,
assieme a un piano di inserimento scolastico accompagnato, per tutti: anche con
borse di studio, come si è fatto per l'Italia più povera, nel dopoguerra o negli
anni '70 a Roma, quando sono state eliminate le baracche e i borghetti.
E da vent'anni e più, a metà anno, in un gioco dell'oca autolesionista, gli
sgomberi sollecitati dalla popolazione interrompono i percorsi di inserimento
scolastico e anche il monitoraggio delle forze dell'ordine. C'è da augurarsi che
con la commozione si avvii un piano vero. Per l'inverno, se non c'è di meglio,
anche le caserme, cose con un tetto. Ma che sia un piano che accanto ai 13 campi
da finire di realizzare preveda una transizione e una compensazione anche di
affitti e edilizia "normale". Che preveda la possibilità di un'alternativa
quando due gruppi sono troppo disomogenei e non possono vivere insieme. Il
diavolo sta nei dettagli e questi sono dettagli da tenere in considerazione.
Come generalizzare il progetto europeo (già attivo con sant'Egidio) di
scolarizzazione incentivata, con percorsi di inserimento professionale
accompagnato, in maniera personalizzata.
Sono in tutto 7000 persone, in gran parte ragazzini. Per Roma si tratta di
350 persone per circoscrizione. Non è una grande emergenza. L'unica emergenza
vera è fare rientrare i bassi istinti di tutti. O qualunque soluzione sarà
difficile.
Mario Marazziti
Segnalazione di Marco Brazzoduro
OPINIONI
8/2/2011 Caro direttore,
La Stampa ha dedicato la sua apertura al rogo nel campo nomadi della via Appia,
a Roma, sottolineandone il carattere tragico e il rilievo politico. Le scrivo
per sottoporre alla considerazione dei suoi lettori alcune informazioni sulla
situazione dei rom in Italia che non ho ancora visto riportate sui giornali.
Il sindaco Alemanno si è lamentato, ieri, per gli impedimenti burocratici che
avrebbero ostacolato una da lui auspicata accelerazione della politica di
sgomberi attualmente in vigore in almeno cinque regioni d'Italia, una politica
che faciliti il ricollocamento dei nomadi nelle aree a loro destinate dalle
municipalità sulla base di piani nomadi formulati dalle municipalità. Ebbene, mi
pare che il sindaco dimentichi che in Italia vige ufficialmente, dal maggio
2008, uno «Stato di emergenza in virtù della presenza delle comunità nomadi» che
conferisce - sulla base di una legislazione di protezione civile concepita per i
disastri naturali - dei poteri straordinari ed eccezionali ai commissari
delegati all'emergenza, tra cui i prefetti di Roma e Milano.
Dal maggio 2008 con cadenza annuale lo stato di emergenza in virtù della
presenza dei nomadi è stato rinnovato puntualmente ed esteso a cinque regioni
italiane - l'ultima volta nel dicembre scorso protraendo la fine dell’emergenza
al dicembre 2011. I commissari straordinari hanno goduto, negli anni passati, di
ampissimi poteri che hanno loro consentito addirittura di censire le popolazioni
rom presenti nelle loro regioni (cittadini italiani o no), con un'iniziativa del
tutto dubbia dal punto di vista del diritto alla privacy e alla non
discriminazione. La stessa emergenza nomadi ha permesso che nella sola città di
Milano siano stati eseguiti 170 sgomberi nel 2010 e che sia nel capoluogo
lombardo che a Roma siano stati adottati dei regolamenti comunali eccezionali
che si applicano ai soli campi nomadi, prevedendo condizioni di soggiorno
speciali per i loro abitanti, quali la necessità che l’intero nucleo familiare
sia esente da condanne passate in giudicato anche se scontate; che si debba
mostrare un tesserino di riconoscimento per accedere alla propria area
attrezzata; che non si possano invitare conoscenti e che non si possa circolare
nei campi dopo le 22. Campi spesso sorvegliati da polizia privata. E’ una
legislazione dubbia e speciale nelle mani dei sindaci delle due principali città
d'Italia per fronteggiare l'emergenza nomadi. Inoltre esiste una banca dati
fornita dal «censimento nomadi» che serve a conoscere la sussistenza e la
collocazione degli accampamenti informali.
Quanto le descrivo qui sopra è tutt’altro che esente da profonde criticità sotto
il profilo del rispetto della parità di trattamento e dei diritti umani
fondamentali. Oggi, mi chiedo, quali altri poteri desidera avere il sindaco
Alemanno per fronteggiare l'emergenza? Persino cospicui fondi statali - più di
15 milioni di euro per commissario delegato - sono stati messi a disposizione.
Sia a Milano che a Roma quei finanziamenti sono stati usati per gli sgomberi e
per il ricollocamento in aree destinate, scelte tra le più inaccessibili e meno
appetibili delle periferie urbane, aree ampiamente sovraffollate perché a Roma -
complice un sentimento antirom efficacemente diffuso dalle pubbliche istituzioni
- nessuno ha voluto vendere al Comune aree da destinare ai «villaggi della
solidarietà».
Diciamo piuttosto che dal maggio 2008 l'emergenza nomadi è stata un pretesto che
non ha risolto i problemi creati dall'effettivo afflusso di molte comunità rom
dall'Est dell'Europa in una situazione già ampiamente degradata da politiche
locali irresponsabili di segregazione, adottate in oltre venti anni nei Comuni e
nelle regioni italiane. I poteri di emergenza in uso dal 2008 sono serviti ad
attuare politiche ampiamente inaccettabili dal punto di vista del diritto
all'eguaglianza ma altamente popolari data la comune antipatia verso i rom:
censimenti, sgomberi, rimpatri, spostamento forzoso verso campi sovraffollati e
dove vige un diritto «speciale». Perché il padre di quei bambini avrebbe dovuto
portarli a vivere in un campo attrezzato regolato da norme simili? E magari
ancora più inaccessibile del luogo dove effettivamente si è compiuta la
tragedia? Pochi giorni fa, qui a New York, l'Italian Academy della Columbia
University ha dedicato la sua annuale conferenza sulla memoria dell’Olocausto ai
rom. In Italia non si sa neanche che c'è stato un Olocausto rom, in cui, come
succede oggi, i rom erano obbligati a vivere in campi speciali, dove vigevano
leggi speciali e dove le condizioni di vita non erano certo migliori di quelle
che si potevano creare da soli, nelle baracche certo pericolose e pericolanti,
ma almeno esenti dal diritto speciale dei sindaci.
COSTANZA HERMANIN Ricercatrice dell’European University Institute Fulbright
Fellow alla Columbia Law School, New York
sabato 19 febbraio alle 16.30
presso la Biblioteca, Via Piave - CESATE (MI)
Il Gruppo 135 di Saronno è lieto di invitarvi all'evento "Porrajmos - la
persecuzione dei sinti e dei rom" organizzato dall'Associazione Culturale
UmanaMente in collaborazione con la Biblioteca di Cesate e Opera Nomadi.
Interverrà Goffredo Bezzecchi - superstite rom dello sterminio nazista.
Suonerà Jovic Jovica - fisarmonicista serbo.
Seguirà filmato "A forza di essere vento".
Breve intervento di Amnesty International in merito all'attuale politica di
sgomberi forzati, senza adeguate alternative abitative, che non costituisce una
risposta alla povertà e all'emarginazione di tante persone rom.
Al termine aperitivo etnico. Ingresso libero.
Per informazioni: gr135@amnesty.it -
info@umanamentecesate.it
L'evento su
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Fotografie del 12/02/2011
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