Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 31/08/2010
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:57:20 in blog, visitato 2594 volte)
Premessa: Filippo Facci mi piace per come scrive,
meno come persona (anche se devo ammettere di non conoscerlo personalmente);
forte con i deboli e debole con i forti, sempre pronto a cambiare idea a secondo
del vento che tira, è l'esempio classico del tipo di "intellettuali" (di destra
e sinistra) che ci siamo sempre trovati in Italia. Comunque, conosce bene i suoi
lettori, e quanto segue ne è un esempio
il Post (in una risposta ai commenti, Facci chiarisce che l'intervento è
stato pubblicato su Libero)
28 AGOSTO 2010
Il punto di partenza è questo: che cosa uscirebbe da un sondaggio sui
pregiudizi degli italiani sugli zingari? Ma non solo degli italiani. Azzardo una
risposta. Uscirebbe che una percentuale quasi totale, da destra a sinistra,
dall'alto in basso, pensa che si tratti di un popolo di ladri, di rapitori e se
va bene di accattoni. Credo che si debba prenderne atto: nei loro confronti
sopravvive l'unica forma di razzismo puro presente oggi in Italia, mentre tutto
il resto è xenofobia. Esistono rom onestissimi, accampamenti stanziali che non
hanno mai creato problemi: ma non gliene frega niente a nessuno, probabilmente
neanche a me. Non c'è futuro per i rom, intesi come nomadi, come zingari, come
volete: non c'è da nessuna parte. Dati alla mano, i rom corrispondono a un
problema sociale e purtroppo criminale: è difficile fingere che buona parte di
loro non tenda a compiere reati con regolarità, a non integrarsi nella comunità
che li circonda, a non scegliere uno stile di vita alternativo per sé e
soprattutto per i figli. L'allargamento della Ue e le nuove ondate migratorie
non sono una causa, ma una conferma. Per via della loro astrazione e separatezza
– espressione che ad alcuni ricorderà qualcosa – i rom sono perlopiù disinseriti
da qualsiasi circuito culturale che non sia quello compassionevole o amante
delle sottoculture: basti che l'Olocausto nazista dei rom resta l'unico, con
quello ebraico, che i nazisti delegarono a motivazioni esclusivamente razziali.
Ma pochi amano ricordarlo. I rom furono sterminati in quanto razza inferiore
destinata non alla sudditanza, come altre, ma alla morte e basta. Furono
imprigionati, seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici e
infine gasati. Ad Auschwitz sopravvissero solo quattro zingari maschi, e il
celebre dottor Mengele amava iniettare la malaria ai piccoli rom. L'Olocausto
ebraico prende il nome di Shoah, quello degli zingari si chiama Porrajmos, che
significa Distruzione. Ma questa è considerata, appunto, sottocultura, roba da
preti, roba che adesso non c'entra niente. Può essere. Io, del resto, non sto
facendo del pietismo: sto solo cercando di elencare dei fatti con sovrumana
freddezza. Ed è un fatto, pure, che la maggior parte dei rom dipende dalla
beneficenza statale e che i loro livelli di scolarità sono inesistenti, spesso
vivono in caseggiati senza né acqua né elettricità, i loro mestieri tradizionali
sono scomparsi, campano spesso di furti ed elemosina e in parte di economia
marginale, tipo raccolta di ferro vecchio e cartoni, vendita per strada di
fazzoletti e di fiori. Qualcuno fa ancora il giostraio, trascina piccoli circhi,
le famiglie Togni e Orfei sono di origine sinti. La gente comunque non li
sopporta, e anche i più tolleranti – a parole – girano al largo, se li
incrociano, stringono i figli contro di sé e con essi i cordoni della borsa. E
io non sono migliore di altri. Resta il fatto che non esiste un altro popolo per
il quale siano state organizzate delle ronde mirate, per il quale sia stato
appiccato il fuoco alle tendopoli. Non importa la differenza tra un romeno, un
rumeno, un rom, un rom romeno, un rom non romeno, un rom polacco, uno zingaro,
un sinti, un gitano, un semplice nomade. E' un razzismo che non fa
discriminazioni.
Potete contestualizzarlo, spiegarlo, ma si chiama razzismo: credo l'unico –
vero – che ci è rimasto. Da noi si tende a gridare al razzismo per ogni
sciocchezza, a confondere con questo termine ogni intolleranza, distinguo,
pregiudizio o anche solo giudizio. Ed è insopportabile. Ma ciò non toglie che
questo sia razzismo e basta. E non è che i giornali, tutti i giornali, non ne
tengano conto nell'inseguire gli umori popolari. Nel maggio 2008 tutti i
maggiori quotidiani scrissero che al quartiere Ponticelli di Napoli avevano
tentato di rapire una bambina: non era vero, ma per ritorsione – di un fatto
falso – una ventina di giustizieri aggredirono un romeno che non c'entrava
nulla, e pestarono e accoltellarono un operaio che aveva un lavoro regolare e
che non viveva neppure in un campo nomadi. Poi, a Catania, due rom si fecero
quattro mesi di galera per un altro rapimento farlocco: assolti, ma sui giornali
neppure una riga. Ricordo che rilevai la cosa sulla prima pagina del Giornale e
debbo dire che raramente, in lettere o mail di commento, mi era capitato di
rilevare tanta freddezza o aggressività da parte dei lettori. Ricordo pure che
menzionai che La Fondazione Migrantes (centro studi della Cei) aveva
commissionato una ricerca all'università di Verona circa i tentati rapimenti
addebitati ai rom dal 1986 al 2007, e che l'esito spiegava questo: «Non esiste
alcun caso in cui viene commesso un rapimento, nessun esito corrisponde a una
sottrazione dell'infante effettivamente avvenuta». La freddezza che ne ricavai
fu anche maggiore.
Ora non mi aspetto niente di meglio, eppure io, ripeto, non sto difendendo i
rom: a meno che il semplice parlarne in termini crudi, e cercar di chiamare le
cose col loro nome, non sia reputata una difesa d'ufficio. Quindi non mi si
dicano, ora, cose tipo «prenditeli a casa tua», o più spesso «se li prendano in
Vaticano» – come ho letto in molti commenti sul web. Io non li voglio a casa
mia, il Vaticano non so. Ma almeno si dica la verità, dopodiché ricominciamo a
discuterne. Si può scegliere se abbinarvi un aggettivo (per esempio:
giustificato, indotto, cercato, inevitabile, giusto) ma razzismo rimane. Anche
il mio.
Prima di salutarvi, una citazione da un paragrafo di un
articolo che
parlava di sport:
[..] La tessera "ad personam" introdotta dal Viminale non piace ai fronti più
irriducibili delle tifoserie italiane. "Ci vogliono schedare come gli
zingari? – afferma un tifoso dell’Atalanta dopo gli incidenti dell’altro
giorno a Bergamo in occasione della festa di Sant’Alessandro, "e noi facciamo
casino".
con due rapide osservazioni: perché il primo paragone che
viene in mente al tifoso è quello degli zingari? E' più impattante il casino che
fanno i suoi amici, o quello degli zingari? Ci sarebbero molte altre cose da
estrapolare da quella semplice frase. Le lascio a voi.
by Paul Polansky
[continua]
Saša Rašić
(foto da
medijacentar.info)
IL PREMIO OFFUSCAMENTO: mette in discussione le intenzioni, l'apertura e
la trasparenza di un ministro del governo kosovaro riguardo al salvare gli
zingari dei campi di Mitrovica sotto la sua giurisdizione.
Saša Rašić, Ministro per le Comunità ed i Ritorni nel Governo del
Kosovo, è nato il 18-07-1973, nel povero villaggio serbo di campagna di Dobrotin,
comune di Lipljan. Prima di diventare ministro del governo kosovaro, questo
Serbo è stato vice ministro agli Affari Interni. Prima ancora ha lavorato come
avvocato, interprete della KFOR britannica a Lipljan, ed assistente e
coordinatore della polizia UNMIK a Lipljan e Priština.
Uno dei suoi compiti dopo essere diventato Ministro per le Comunità ed i
Ritorni era di supervisionare ed evacuare i campi zingari che si trovano su
terreni contaminati, la cui gestione è stata passata nel 2008 dall'UNHCR al
governo del Kosovo. Nonostante i ripetuti rapporti dei media mondiali (BBC,
International Herald Tribune, Washington Times, Aljazeera, Bild Zeitung, ZDF,
ARTE TV, The Sun, ecc.) che richiamavano l'attenzione su questi "campi di
morte", né Rašić né nessun membro del suo ufficio hanno mai visitato i campi. A
tutt'oggi, il Ministro Rašić non ha ancora rivelato un piano per evacuare
medicalmente i campi, come richiesto dall'OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità) e da innumerevoli altre OnG.
Da quando è diventato membro del gabinetto del Primo Ministro Thachi, Rašić
ha rifiutato di incontrare i giornalisti stranieri che volevano discutere il
tema dei campi contaminati dal piombo, o la costruzione dei 60 appartamenti per
IDP (Persone Disperse Internamente), nel villaggio di Laplje Selo dove gli
zingari dei campi fuori dalla città di Mitrovica (che non hanno mai vissuto nel
quartiere Fabricka a Mitrovica sud) potrebbero essere trasferiti. Nonostante
fosse programmato come uno sviluppo multietnico dal ministero di Rašić, i 60
appartamenti sono stati assegnati soltanto a Serbi, che non hanno sofferto una
situazione di minaccia alla vita come gli zingari sui terreni contaminati.
Sebbene in loco ci siano forti sospetti che chi ha costruito i 60
appartamenti ha costruito nel contempo sull'altro lato della strada un palazzo
per il Ministro Rašić, anche se la stupenda casa in effetti esiste (l'ho
fotografata), non credo ci sia una prova scritta che provi questo gossip. Sono
sicuro che il governo del Kosovo ha già investigato su questi rumori locali
senza sostanza e li abbia trovati infondati. Nondimeno, sarebbe conveniente che
il Ministro Rašić ed il governo kosovaro fossero più trasparenti con i
giornalisti e con il pubblico e, naturalmente, per salvare i Rom/Askali assieme
ai vicini serbi del Ministro Rašić.
sasa.rasic@ks-gov.net
Ambasciata Svizzera a Pristina
Agenzia Svizzera per lo Sviluppo e la Cooperazione (SDC)
Società per i Popoli Minacciati (GFBV - sezione Svizzera)
(immagine da
img.webmd.com)
PREMIO "NON FATE NESSUN RUMORE": disonora i summenzionati partner che
rifiutarono di "fare rumore" a favore dei bambini zingari che soffrivano di
livelli di piombo mortali negli ex campi ONU ora gestiti dal governo del Kosovo.
Poco dopo la morte di Jenita Mehmeti, quattro anni, per avvelenamento da piombo
nel campo ONU di Zitkovavc, mi precipitai nell'ufficio SDC di Pristina e li
supplicai di aiutarmi. Per due anni SDC aveva generosamente finanziato le mie
classi per insegnare l'inglese ai Rom nelle enclavi serbe vicino a Pristina, ed
anche nei quartieri Gabeli/Egizi a Peja e Gjakova. SDC aveva anche finanziato i
miei piccoli progetti lavorativi per gli zingari di tutto il Kosovo.
La morte di Jenita non era stata causata soltanto dal terreno contaminato dove
l'ONU aveva piazzato la sua famiglia, ma anche dal fatto che suo padre riciclava
batterie d'auto nella loro baracca ONU. L'attività era stata approvata dai
gestori del campo. I Serbi che gli portavano le batterie avevano una licenza
rilasciata dall'ufficio ONU di Zitkovac. ACT (Agenzia Svizzera di
Soccorso) e NCA (Norwegian Church Agency) che assieme amministravano il campo
ONU ammettevano che le batterie per auto, consegnate di solito a mezzogiorno in
un camioncino aperto, venissero scaricate dai bambini zingari che non avevano
altro da fare. L'atteggiamento di NCA era che gli zingari trovassero un lavoro
(di qualsiasi tipo) invece di essere parassiti, dipendenti dagli aiuti
umanitari.
La mia richiesta all'SDC era di farmi finanziare piccoli progetti lavorativi per
i campi Rom/Askali, così che non dovessero smaltire le batterie delle macchine.
Sfortunatamente, l'SDC aveva appena cambiato il proprio capo missione. Ero
sicuro che il capo precedente avrebbe istantaneamente approvato il mio progetto
che salvava delle vite, ma il nuovo, una donna svizzera di nome Barbara Burri,
rifiutò.
Non ne fui sorpreso. Per diversi anni come vice capo missione, aveva rifiutato
di assumere personale delle minoranze, solo Albanesi. Il capo precedente dell'SDC
a Pristina era imbarazzato per questo atteggiamento, ma fece con me un accordo.
Fintanto che non mi lamentavo del rifiuto dell'SDC di assumere minoranze,
avrebbe finanziato i miei progetti zingari. Ma il nuovo capo missione non la
pensava così. Ero andato troppo oltre nel tentare di coinvolgere la Svizzera. L'SDC
intendeva ancora aiutare gli zingari onesti che vivevano nelle enclavi. Ma non
gli zingari che morivano nei campi ONU. Sarebbe stato troppo politico per la
loro "mentalità svizzera neutrale". Dopo tutto, dove aveva l'UNHCR (gli
amministratori dei campi della morte) il proprio quartier generale? A Ginevra,
Svizzera.
Con l'Ambasciata Svizzera non andò meglio. Anche loro si rifiutavano di assumere
dalle minoranze, solo Albanesi. Quando feci appello all'ambasciatore in carica
per aiutare questi bambini che morivano di avvelenamento da piombo, mi disse di
cercare dei fondi altrove. Farsi coinvolgere in un progetto che avrebbe potuto
imbarazzare l'ONU o gli Albanesi, non era nelle corde della Svizzera.
Il mio terzo tentativo di cercare aiuto dalla Svizzera avvenne cinque anni più
tardi, quando contattai la Società per i Popoli Minacciati, a Berna. Sin
dall'estate 1999 l'organizzazione madre in Germania era stata attiva nel
denunciare l'avvelenamento da piombo nei campi e a chiederne l'evacuazione
assieme all'OMS ed altre OnG. Infatti, la GFBV tedesca aiutò mandando una TV
della Germania (ZDF) e la Bild Zeitung nei campi per dare più risonanza
possibile sulla sofferenza di quei bambini. All'inizio GFBV (Svizzera) mostrò
appoggio per un'azione diretta, proponendo persino di tenere assieme a noi una
manifestazione presso il quartier generale UNHCR a Ginevra. Ma dopo una visita
in Kosovo e dopo discussioni con l'Ambasciata Svizzera a Pristina (che disse
loro di non creare rumori attorno ai campi), GFBV (Svizzera) non solo rifiutò di
appoggiare la nostra campagna ma convinse anche GFBV in Germania ad unirsi a
loro nel non dare più risalto alla questione dei campi.
Adottando la medesima mentalità della II guerra mondiale, la neutralità rimane
il modus operandi della Svizzera. E proprio come agli Ebrei venne impedito di
entrare in Svizzera durante la guerra, così pure ai nostri bambini Rom/Askali
veniva proibito adesso di entrare nei cuori e nelle menti dell'Ambasciata
Svizzera e dell'ufficio SDC a Pristina.
Ancora, non ne fui sorpreso. Assumendo solo Albanesi per lavorare nei loro
uffici; essendo uno dei primi paesi a riconoscere il Kosovo come uno stato
indipendente; perché ora gli Svizzeri avrebbero voluto "salvare gli zingari" e
mettere in imbarazzo il governo del Kosovo? Probabilmente gli Svizzeri avevano
paura che salvare dei "gypos" nei "campi della morte" ora gestiti dagli Albanesi
poteva causare uno sciopero del loro staff albanese.
(immagine da pcr.ps/partners)
Fine undicesima puntata
Fotografie del 31/08/2010
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