Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 19/12/2005
da sucar drom Pubblichiamo l'articolo apparso giovedì 8 Dicembre 2005 sul quotidiano L'Arena. Come molti dei nostri lettori sanno la situazione a Verona è molto difficile e nutriamo forti dubbi, dopo l'intervento della magistratura per sospetta concussione, pedofilia e traffico di stupefacenti a Boscomantico, che l'Istituto Don Calabria riesca a gestire la grave situazione. Ne è prova il giornaliero arrivo a Mantova, proprio da Verona, di bambini Rom Rumeni che chiedono l'elemosina nelle vie della nostra città, insieme ai genitori. Speriamo che il progetto del Don Calabria possa offrire realmente risposte postive e concrete alle famiglie presenti.
 In arrivo 115mila euro Finanziamenti per la scuola dei bimbi Rom Dalla Fondazione San Zeno La Fondazione San Zeno finanzierà interamente il progetto per l’integrazione scolastica dei bambini Rom presenti nel campo nomadi di Boscomantico. È stata l’assessore alla Cultura delle differenze, Stefania Sartori, a comunicare ieri, nel corso di una riunione straordinaria della Giunta, la decisione presa dal Consiglio di amministrazione della Fondazione promossa da Calzedonia. Lo stanziamento è di 115 mila euro e il progetto finanziato riguarda l’anno scolastico in corso. «Questi fondi», commenta l’assessore Sartori, «serviranno a supportare l’accompagnamento, il tutoraggio e l’intervento dei mediatori culturali. Si tratta di azioni fondamentali per garantire la frequenza costante e proficua dei bambini Rom alle attività didattiche e soprattutto ad evitare che la classe risenta di questi inserimenti». L’assessore fa inoltre sapere che «grazie a questi fondi, potranno essere liberate risorse comunali per il progetto, della durata di 18 mesi, per l’inserimento lavorativo degli adulti, con iniziative di formazione professionale nelle aziende». Entrambi i progetti sono gestiti dal Don Calabria. Attualmente nel campo di Boscomantico si trovano circa 70 adulti e altrettanti bambini, molti dei quali in età scolare. (e.s.)
Rif: L'Arena
Di Fabrizio (pubblicato @ 14:11:58 in casa, visitato 1957 volte)
Scrive Paola Dispoto su luigigallo.info domenica 18 dicembre 2005
Nel 2000 è stato pubblicato un libro dal nome "Il Paese dei campi", autore l'ERRC (European Roma Rights Center), edizioni Carta .
Il paese dei campi è l'Italia. Nel resto d'Europa non esitono "campi nomadi".La nascita dei campi risale agli anni '80, quando con leggi regionali a "tutela delle minoranze rom e sinte" 10 regioni italiane decidono che rom e sinti sono nomadi e in quanto tali devono stare nei campi. Sull'uso scorretto e strumentale del termine nomadi ho già scritto, non scriverò invece quali abusi e prevaricazioni subiscono rom e sinti nei campi su territorio nazionale, i rapporti dell'ERRC sono esaustivi a riguardo.
Voglio invece tornare alla nostra situazione locale. A Bolzano non siamo stati da meno, pur non avendo una legge provinciale (che invece in provincia di Trento hanno). Esistono due campi, quello dei sinti alla spaghettata (Bolzano Sud), e quello dei rom a Castel Firmiano, entrambi aperti dal '96.
Cosa non va nei campi? Sarebbe una lista troppo lunga da elencare, ma ad esempio,entrambi sono fuori dalla città, quasi a voler sottolineare l'emarginazione, la distanza "sociale" tra zingari e gage, entrambi sono collocati in un contesto che presenta molte problematiche per la salute delle persone che nei campi vivono, il campo rom su una discarica mai bonificata e il campo sinti circondato da strade a scorrimento veloce, inceneritore, antenne della telefonia mobile, elettrosmog. Se invece entriamo nello specifico delle attitudini di sinti e rom rispetto all'abitazione, per nessuno dei due gruppi il campo rappresenta la condizione desiderata. Partiamo dai rom: la maggior parte di loro in Macedonia viveva in casa, quando sono arrivati a Bolzano non si è trovato di meglio che metterli in roulotte cadenti della protezione civile già utilizzate per i terremotati. Erano sfollati di guerra, molti hanno chiesto lo status giuridico di rifugiati politici, ma erano rom, cioè nomadi, e quindi roulotte, campo e zitti. Non sorprende che al Villaggio rom attualmente non ci siano più roulotte ma piccoli manufatti autocostruiti che almeno preservano la dignità di queste persone, la maggior parte delle quali lavorano regolarmente da anni (con buona pace di chi continua a sostenere che i rom non vogliono lavorare!). E non sorprende nemmeno che tutte le famiglie aspirino a vivere in un alloggio. Molte famiglie rom, con sacrifici sono riuscite ad affittare appartamenti sul mercato privato ( e non dell'IPES) tornando così ad uno stile di vita desiderato. Certamente anche tra i rom si registra qualche pecora nera, qualche famiglia (pochissime in verità) che vive in alloggio IPES e fa parlare di se. Come centinaia di altre famiglie bolzanine.
Per quanto riguarda i sinti la situazione è più complessa. Esiste una spaccatura generazionale rispetto alla preferenza per una condizione abitativa piuttosto che un'altra. Le giovani generazioni in genere preferiscono gli alloggi, sentono meno la necessità della vita con la famiglia allargata, con cui mantengono comunque i contatti. Gli anziani e le generazioni di mezzo invece opterebbero ancora per la vita non in alloggio, ma nemmeno in un campocome quello della spaghettata.
Oltre ai problemi cui ho accennato sopra, la vita del campo, dove per campo si intende un campo con un gestore/custode dove risiedono diverse famiglie allargate, implica una forzatura rispetto alle modalità spontanee di aggregazione dei sinti. In poche parole se potessero scegliere non starebbero lì tutti insieme. Piccola divagazione: non esite e mai esisterà un capo o re o imperatore degli zingari: questo principalmente perchè l'organizzazione sociale dei sinti è acefala, non prevede un capo. Ogni capofamiglia è il riferimento per il proprio gruppo (famiglia nucleare o allargata) e basta.
Riportare questa logica all'interno di un campo dove sono presenti ad esempio 8 famiglie allargate comporta il dover affrontare 8 punti di vista molto probabilmente tesi gli uni contro gli altri in una lotta alla sopravvivenza. Questo è solo il più ecclatante dei motivi per cui, potendo scegliere, nessun sinto andrebbe a vivere in un campo così concepito.
Quindi non gli alloggi, non i campi, allora cosa? Le micro aree.
Cosa sono le micro aree? Sono delle aree più piccole di un campo dove risiede una sola famiglia allargata o altrimenti più famiglie in accordo tra loro o affini. Sono aree dove ogni singola famiglia dispone di uno spazio privato e di servizi adeguati. Non sono marginali rispetto all'abitato e ai servizi. Non sono custodite ma affidate alla responsabilità delle persone che la occupano, così come qualsiasi appartamento concesso in affitto. Non esiste un regolamento, come al campo, dove quasi devi chiedere il permesso per andare via per qualche settimana, o se vuoi ospitare parenti per un po'. Tuttalpiù un contratto d'uso e contratti delle relative utenze.
Che i campi abbiano prodotto più danni che vantaggi se ne sono accorti quasi tutti (per fortuna), anche la nostra amministrazione. Per questo ancora la vecchia legislatura Salghetti aveva commissionato alla Fondazione Michelucci di Firenze uno studio per il superamento dei campi. Lo studio verrà presentato prossimamente, ma le conclusioni sono state anticipate e prospetano, tra le altre proposte, proprio questa delle micro aree.
L'aspetto che secondo me è da rilevare di una soluzione come la micro area è rispetto all'impatto che questa ha con il territorio circostante. Faccio un esempio: quanti sanno che su via Resia esiste una micro area da circa 20 anni? Si tratta di villa Gabriel (così detta dal nome della famiglia che la abita, i Gabrielli), una ex casa ANAS con attorno dello spazio occupato da alcune roulotte. E quelli che ne conoscevano l'esistenza hanno mai sentito qualcuno lamentarsi per quella presenza? qualcuno ha mai avuto personalmente un contatto negativo con la famiglia che lì abita?
Io so che la famiglia Gabrielli è una famiglia di antico insediamento qui a Bolzano, una famiglia di bravi musicisti, conosciuta e stimata da molti in città.
Mettendo il naso fuori provincia, vicino Reggio, in Emilia, si sta ultimando il primo residence per sinti.
Torniamo a noi. Durante la sua campagna elettorale, il sindaco Spagnolli, che i sinti li conosce bene, ha inserito nel programma la realizzazione di micro aree per le famiglie sinte che vivono al campo della spaghettata. Io confido molto nell'impegno preso pubblicamente dal sindaco, e spero davvero che non siano state solo promesse.
Paola
Di Fabrizio (pubblicato @ 11:59:27 in blog, visitato 3085 volte)
Si mangia e si beve, anche dalle nostre parti. Gli elementi più "selvaggi" hanno già stappato le bottiglie, le donne stanno già alimentando la stufa.
Chi è rimasto sobrio (spera di recuperare poi il tempo perduto) ringrazia Mastro nns & the ChalgaUntzBrassMetalJazzBbbanda
Qualche suggerimento per un piatto diverso dal solito?
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La prima ricetta, la dedichiamo a un blogger che da un po' è in "silenzio stampa", sperando di vederlo scrivere presto:
Burek (via Tiscali Europa)
La pasta: - 350 gr di farina - 1 cucchiaio di olio di oliva - 1/8 l di acqua tiepida - 1 pizzico di sale
La farcitura: - 600 gr di spinaci bolliti tritati - 200 gr di panna fresca - 2 cipolle sminuzzate - 1 spicchio d'aglio pestato - sale e pepe
Impastare la farina, l'olio, il sale e l'acqua per formare una pasta molle. Spalmare con l'aiuto di un pennello dell'olio d'oliva sulla pasta e ricoprirla con uno strofinaccio. Lasciare riposare per mezz'ora. Fare rosolare le cipolle e l'aglio in una padella, e aggiungervi gli spinaci con sale e pepe. Aggiungere la panna fresca e un po' di farina in modo che l'impasto non diventi troppo liquido. Tagliare la pasta in 8 o 10 pezzi. Stendere ciascun pezzo di pasta in strati molto sottili, quasi trasparenti. Imburrare il fondo di una teglia da crostata e stendervi uno strato di pasta, più uno di spinaci, più uno di pasta e così via. Nella parte superiore stendere due strati di pasta per una migliore tenuta. Fare cuocere il Burek nel forno preriscaldato per 30 minuti a 180-200°. Un altro modo per realizzare il Burek consiste nel mettere la farcitura di spinaci in ognuno dei pezzi di pasta, arrotolarli a forma di lumaca e disporli nella teglia con il resto degli spinaci sparsi tra i piccoli Burek. Anche in questo caso fare cuocere per una trentina di minuti.
Dober tek!
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Involtini di cavolo alla romena (Sarmale)
via Rete Civica San Donato Milanese
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1/2 Kg di Cipolle tagliate fine
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1 Carota
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150 g di Riso
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700 g di Carne trita di maiale e di vitello
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1 Uovo
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1 cucchiaino di Semolino
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2 cucchiai di Concentrato di pomodoro
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1 Cavolo di media grandezza
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1 Limone
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Sale, Pepe, Olio q.b.
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1 bicchiere di Vino bianco
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La cipolla tritata con la carota a julienne (ed eventualmente altre verdure in modo da creare un soffritto, va a gusti) si fa sciogliere con 100 ml di acqua e 100 ml di olio a fuoco basso, deve bollire, non si deve rosolare.
Si fa raffreddare. Si fa bollire il riso per 10 minuti e poi si risciacqua con l’acqua fredda. Quando è tutto freddo si mescola con la carne, l’uovo, il semolino e il concentrato di pomodoro. Si aggiunge sale e pepe q.b. Si lascia riposare il composto per mezz’ora.
Le foglie del cavolo si lavano e poi si sbollentano nell’acqua alla quale si è aggiunto il succo del limone e un cucchiaio grande di sale. Quando le foglie di cavolo sono fredde si possono fare gli involtini. (Si può fare in estate anche con foglie di vite, bisogna allora farle sbollentare di meno perché sono meno dure).
Si mette la foglia nel palmo della mano, si adagia un cucchiaio di composto e si arrotola dopo di che si spingono in dentro le due estremità in modo da chiudere bene l’involtino. Sul fondo della pentola si mettono 2 cucchiai di olio e un strato di cavolo tagliato a listarelle (perché così non si attaccano) e poi si cominciano e mettere gli involtini a strati.
Quando sono state messe tutte si aggiunge acqua fredda fino quasi a coprirle e si fa cuocere a fuoco basso da quando comincia a bollire per un’ora e mezza. Poi si aggiunge un bicchiere di vino bianco e si fa ancora cuocere un quarto d’ora. Non bisogna mai mescolare perché se no si disfanno e viene una poltiglia. Bisogna solo ogni tanto smuovere bene la pentola soprattutto quando l’acqua sta per consumarsi tutta.
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Polneti Piperki
Ho chiesto ad alcuni amici provenienti dalla ex Yugoslavia quale fosse il loro piatto preferito. Inutile dire che si sono divisi in varie fazioni anche su questo argomento. Alla fine della discussione, per una volta abbiamo raggiunto un accordo:
Peperoni ripieni, qui nella variante macedone (via Padania - ricettario mutietnico)
- 8 peperoni medi verdi - 2 peperoni piccoli verdi tagliati a pezzettini - 150 gr di burro - 4 cipolle piccole, tagliate fini - aglio macinato, 2 chiodi di garofano - 1 barattolo di passata di pomodoro - sale e pepe - 500 grammi di prosciutto affumicato - 2 uova - 500 gr di pan grattato
Tagliare gli 8 peperoni secondo le nervature, lavarli e rimuovere i semi. Scottarli in acqua salata per 5 minuti e poi scolarli. In un tegame a parte, sciogliere il burro, aggiungere le cipolle tagliate fini, l'aglio, e il sale. Quando sono dorati, porre nel tegame la passata di pomodoro, il prosciutto, i 2 peperoni piccoli tagliati fini e i chiodi di garofano. Dopo 15 minuti, togliere dal fuoco e mescolare con le uova e il pan grattato. Riempire i peperoni tagliati, e ricoprire col resto del pan grattato. Mettere in forno a 250° per 25 minuti e fare brunire la parte superiore.
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Non so se siate cattolici, ortodossi o musulmani (o evangelici), quindi sul bere decidete voi e non scateniamo altre guerre.
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Comunicazione di servizio per milanesi e dintorni:
Veglione di capodanno al campo
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Musica, balli, fuochi per una serata che ricorderete. Contattatemi per informazioni o partecipare
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Soundtrack:
Per una volta, abbandoniamo la musica balcanica, per promuovere nuovi suoni:
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Gypsy Punk
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Dai Gogol Bordello: Qui
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Jazz sinto & manouche:
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Aperitivo con Patrick Saussois:
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E se avete già mangiato, il digestivo è dei Manomanouche Quartet:
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Dimenticavo: gli auguri dal mondo
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15/12/05 - Una coppia bulgara, il cui figlio nato in Irlanda è morto qui due anni fa, ha fatto appello per la revisione della sentenza governativa di rimpatrio forzato.
Andon Kozhukarov e Bilyana Spasovo, entrambe parte della comunità rom, hanno vissuto in Irlanda da quando hanno lasciato la Bulgaria nel 2002.
Ora chiedono asilo a causa della persecuzione politica, motivando la richiesta col fatto che nella loro città natale il signor Kozhukarov sarebbe stato malmenato e la signora Spasovo trattenuta dalla polizia. Gli avvocati della coppia sostengono che il Ministero di Giustizia non ha considerato come uniche e tragiche le circostanze del loro caso e che non ha vagliato se questo rimpatrio fosse avvenuto nello spirito della Convenzione Europea sui Diritti Umani.
Il loro primo figlio, Davide, morì nel dicembre 2003 ed ora è sepolto nel cimitero di Glasnevin a Dublino.
Affermano che sarebbe impossibile per loro visitare la sua tomba, se fossero rispediti in Romania.
Fotografie del 19/12/2005
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