Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 23/05/2008
Ricevo da padre Agostino Rota Martir
Un episodio spettacolarizzato dai mass media, ma dai contorni ancora incerti
- una ragazza rom di 16 anni accusata di aver tentato di portar via, in una
situazione inverosimile, una bambina - ha scatenato una reazione furibonda e
violenta, un grande e diffuso pogrom, non solo a Napoli ma in tutta Italia, nei
confronti di rom e sinti.
Di fronte a questo fatto e al clima pesante che si è innescato in questi giorni
sulla “sicurezza”, ci preme fare alcune considerazioni:
* Lo svolgimento dei fatti non è ancora chiaro, ma il giudizio sembra essere già
stato emesso e la sentenza è stata già eseguita, indiscriminatamente, contro
tutti i rom e i sinti. Eppure, dati alla mano, a cominciare da quelli forniti
delle forze dell’ordine e dal Ministero degli Interni, nessuna delle numerose e
ripetute accuse abituali rivolte a rom e sinti, in questi ultimi decenni, quando
sparisce un bambino, ha trovato un riscontro oggettivo; le indagini hanno sempre
smentito che siano stati loro, anche se nessuno poi ha detto e scritto che i
sospetti e le accuse iniziali erano ingiusti e falsi.
* Non è nei costumi dei rom e dei sinti portare via i bambini a nessuno e
l’episodio di Napoli, che sembra smentire questa affermazione, in realtà
corrisponde a uno stereotipo che viene abitualmente utilizzato per
criminalizzare rom e sinti e che si è rivelato sempre falso: i fatti possono
essere stati riferiti malamente dai genitori della bambina, come è avvenuto
regolarmente in passato in casi analoghi; può essere stato montato ad arte, per
facilitare lo sgombero dei campi e permettere grandi speculazioni; può essere il
gesto di una squilibrata, come si è verificato altre volte, in casi in cui sono
state coinvolte donne non zingare con problemi personali.
* Presto uscirà una ricerca dell’Università di Verona, ricerca voluta,
sollecitata, sostenuta e finanziata dalla Fondazione Migrantes della Cei, che
partendo dal pregiudizio che “gli zingari rubano i bambini”, ha voluto
analizzare scientificamente tutti i casi di denuncia nei confronti di rom come
presunti responsabili di questo reato.
In questo modo, si è potuto accertare che, negli ultimi vent’anni, non c’è stato
neanche un caso di bambini che siano stati rapiti da rom o sinti, a fronte di
centinaia di casi di loro figli portati via con estrema facilità, superficialità
e spietatezza dai Servizi sociali, per affidarli, per lunghi periodi e più
spesso in modo definitivo, a istituti e a famiglie del tutto ignari della loro
cultura, col risultato di creare dei bambini e, poi, degli adulti traumatizzati
e disadattati, non più rom, ma impossibilitati a diventare come noi. Non si
vuole prendere in considerazione che anche i bambini rom siano affezionati ai
loro genitori e questi a loro e che la separazione temporanea o definitiva che
sia, rappresenti anche per loro e non solo per i sedentari, una sofferenza
indicibile e di difficile superamento, dato che non hanno, per l’età, gli
strumenti per metabolizzare questa perdita totale della propria famiglia.
I motivi sostanziali per cui tanti bambini rom e sinti vengono sottratti così di
frequente, ai loro nuclei familiari è che si tratta di famiglie povere, che
vivono secondo modelli di vita, culturali, educativi, abitativi, diversi dai
nostri. Queste diversità culturali e queste condizioni economico-sociali,
vengono interpretate, per mancanza assoluta di conoscenze e di rispetto, da
parte dell’assistenza sociale, delle istituzioni, della magistratura e
dell’opinione pubblica corrente, come forme di maltrattamento, di disinteresse,
di sfruttamento dei minori, di inciviltà e di mancanza di amore da parte dei
genitori. E’ da questa lettura pregiudiziale del mondo e dei modi di vita dei
rom, oltre che dalle pressioni di un’opinione pubblica sempre più insofferente
verso gli stranieri e le diversità, che le istituzioni giungono sistematicamente
alla conclusione di dover “fare il bene” di questi bambini, togliendoli dal loro
ambiente e dando loro un’abitazione, un’educazione e un ambiente “civili e
normali”. Ma in questo modo si interviene, disastrosamente, sugli effetti e non
sulle cause, perché non si parte dalla presa d’atto, dalla conoscenza e dal
rispetto delle diversità culturali e non ci si propone, salvo rare eccezioni, di
sostenere e aiutare queste famiglie e questi gruppi “diversi” a superare le
difficoltà della povertà e la marginalità escludente a cui sono condannati da
una società pregiudizialmente ostile, che considera normali e leciti solo i
propri modelli culturali e incivili quelli degli altri.
* Il clima xenofobo che si è andato diffondendo, in questi anni e
particolarmente nell’ultimo, si è scaricato soprattutto su rom e sinti,
facendoli diventare il capro espiatorio delle nostre insicurezze, ansie e paure.
Ma se c’è oggi insicurezza, è quella che riguarda soprattutto loro, sono loro
che vivono oggi nella massima precarietà, nel pericolo e sotto costante minaccia
di aggressioni violente, di espulsioni, di sempre maggiore marginalizzazione.
Sono i loro bambini che vivono nella paura e nel terrore, che vengono svegliati
nel cuore della notte per essere cacciati via dai campi sosta dalle forze
dell’ordine o dalle molotov di chi non li vuole nel proprio quartiere, come
dimostrano le vicende, gli incendi e le devastazioni ripetuti di vari campi di
Napoli e in particolare di quello di Ponticelli.
* Il supposto tentativo di rapimento è diventato il pretesto e l’occasione,
nell’attuale clima xenofobo, per cercare di risolvere alla radice, in modo
etnico e razziale, il problema dei rapporti con le comunità di sinti e rom, in
quanto si pretende di imputare un reato, tutto da verificare e, comunque, sempre
personale, a un intero popolo.
Nessuno oggi potrebbe considerare lecito far pagare a una nazione le colpe di un
suo membro, ma questo diventa normale quando di mezzo ci sono minoranze come i
sinti e i rom o, oggi, anche i rumeni e i cinesi, ieri gli albanesi e i
marocchini e ieri l’altro i meridionali. Il crimine di una persona non comporta,
in uno Stato di diritto, la perdita da parte dei suoi familiari e dei suoi
figli, dei diritti umani fondamentali, come quello all’abitazione o alla
residenza, ma, anche in questo caso, il principio non sembra valere per rom e
sinti.
I rom non sono un popolo da trattare con leggi speciali e a parte, e la difesa
dei diritti umani fondamentali è un valore non negoziabile in nessun momento,
perchè ogni persona è sacra e va rispettata al di là dell’età, della cultura,
dell’origine, della sua religione, delle sue appartenenze e di quello che,
eventualmente, può aver fatto.
* Come Chiese, comunità dei credenti, amanti della vita e di ogni persona
dobbiamo dire parole forti e inequivocabili che richiamino i valori del Vangelo,
quando minoranze, gruppi, persone deboli non sono rispettate nei loro diritti
fondamentali, e dobbiamo denunciare e rifiutare, senza paura, le parole di
razzismo e le campagne etniche che armano la violenza di gruppi esasperati per i
più diversi motivi (vedi l’omicidio di Verona) e sono fatte proprie, per motivi
elettorali e di potere, da chi ci governa e da molte forze politiche. E’ una
questione urgente perché il clima di razzismo che si sta diffondendo nella
nostra società, in modo tacito e senza trovare resistenze, si insinua anche nel
pensiero di tanti cristiani.
* La Chiesa cattolica che nel 1965, attraverso Paolo VI, aveva dichiarato a rom
e sinti “voi siete nel cuore della Chiesa”, con le parole di Giovanni Paolo II,
durante il Giubileo del 2000, ha chiesto perdono di tanti suoi silenzi; non
vogliamo sentirci ancora colpevoli e non vogliamo che ciò accada di nuovo oggi.
Abbiamo negli occhi roulottes bruciate e bambini che piangono e fuggono
terrorizzati, ma di fronte a questo stato di cose vediamo solo molta
indifferenza ecclesiale, il favore e la connivenza neanche troppo nascosti delle
istituzioni, la mobilitazione e l’organizzazione del razzismo, le ronde, i
progetti di legge e i provvedimenti speciali contro i rom e i sinti, ma anche
contro i cosiddetti extracomunitari e uno scarso impegno della società civile
per ricercare i colpevoli di queste violenze e per renderli innocui. Anche se,
come credenti, pensiamo a un altro tribunale, più alto, a cui nessuno potrà
sottrarsi, quando ci sarà detto: “avevo fame... avevo sete... ero straniero...
nudo ... malato... carcerato” e, ancora, ero rom, mendicante, senza lavoro,
immigrato clandestino, barbone, lavavetri, ingiustamente sospettato e
condannato, cacciato.
Ci auguriamo di poter sentire quanto prima da parte della Chiesa cattolica
parole più coraggiose e più ispirate al Vangelo di Gesù, capaci di guidare e di
scuotere le comunità cristiane e non solo, perché tutti ritroviamo quei sentieri
che abbiamo smarrito, per costruire fraternità nella giustizia e nel rispetto
delle vite dei poveri.
Un gruppo di credenti che vivono nei campi sosta, operatori pastorali e amici di
rom a sinti.
Don Federico Schiavon – Udine
Marcello Palagi e Franca Felici – Massa Carrara
Padre Luciano Meli – Lucca
Padre Flavio Gianessi – Bologna
Don Agostino Rota Martir – Pisa
Don Piero Gabella – Brescia
Piccole Sorelle di Gesù – Crotone
Fratel Luigino Peruzzo – Bologna
Suor Rita e suor Carla Viberti – Torino
Daniele Todesco e Lucia Lombardi – Verona
Giuseppe Bertolucci e Laura Caffagnini – Parma
Gabriele Gabrieli – Mantova
Vittorio e Gabriella Zanmonti – Vicenza
Daniela Romani – Verona
Ines – Vicenza
Alessandro e Elisabetta Bolzonello – Trento
ADESIONI :
Franca Volonte – Vicenza
Luca Scaldaferro – Vicenza
Don Marco Tenderini – Cinisello B. (MI)
Il musicista Rom Manouche, Django Reinhardt, nacque nel
gennaio 1910 nei pressi del paese belga di Liverchies e morì il 16 maggio 1953
per un'emorragia cerebrale mentre rientrava a casa sua a Seine-et-Marne en Francia,
dopo un tranquillo giorno di pesca.

Mezzo secolo ed un lustro. E' il tempo che è già passato dalla morte
dell'illustre chitarrista jazz di origine gitana che, oltre a
rivoluzionare il tocco dello strumento prima che si iniziasse ad utilizzare
l'amplificazione, fu il primo in Europa che esercitò un'influenza simile a
quella dei grandi artisti statunitensi. Più che morte, sparizione fisica: il suo
tocco permarrà eternamente.
Jean Baptiste crebbe in un accampamento gitano situato ai margini di
Parigi, a lato delle fortificazioni che la circondavano, dove si era trasferita
la sua tribù materna quando aveva otto anni, assorbendo la radice gitana che poi
mostrerà nella sua musica. Django non possedette mai giocattoli o una vera casa
sino a quando non compì vent'anni. Questi Gitani francesi o Manouches erano un
mondo a sé stante, medioevale nelle sue credenze e senza rapporti con la scienza
moderna. Django crebbe in questo mondo di contraddizioni, con un piede nella
grande e moderna città di Parigi e l'altro nella storica vita del Gitano nomade.
Sin da giovane Django si sentì attratto dalla musica. All'età di dodici anni
conseguì il suo primo strumento, un banjo regalatogli da un vicino attratto dal
suo prematuro interesse per la musica. Rapidamente imparò a suonarlo, copiando
dai musici che poteva osservare. Stupì presto gli adulti con la sua abilità con
la chitarra e, prima dei tredici anni, iniziò la sua carriera musicale col
popolare fisarmonicista Guerino in una sala da ballo nella Rue Monge. Suonò
anche con altre bande e musicisti e fece la sua prima registrazione col
fisarmonicista Jean Vaissade per la Ideal Company. Dato che al tempo Django non
sapeva ne leggere ne scrivere, il suo nome in queste registrazioni apparve come "Jiango Renard".
Il 2 novembre 1928, all'una di notte, Django ritornava alla sua casa-carovana
dopo una notte di musica nel nuovo club La Java. Il caravan era stato riempito
di fiori di plastica da sua moglie, che voleva venderli il giorno seguente.
Django credette di sentire un topo ed utilizzò una candela per cercarlo. Un poco
di cera caduta sopra quei fiori altamente infiammabili bastò a provocare un
incendio infernale. Il musicista si avvolse in un mantello per proteggersi dalle
fiamme. Tanto lui che la moglie salvarono la vita, però la sua mano sinistra e
tutta la parte destra sotto alla cintura rimasero seriamente danneggiate.
Inizialmente i dottori volevano amputargli la gamba, ma Django si oppose. Le
cure ricevute furono decisive per salvargli la gamba, ma Django rimase a letto
per diciotto mesi. Alla fine erano rimasti contratti verso la palma della mano
il quarto e il quinto dito (a causa del calore ricevuto). Nonostante ciò, grazie
al suo ingegno, inventò un sistema di digitazione per supplire al problema, che
in qualche maniera influì nell'originalità del suo stile. Poteva usare le prime
due corde della chitarra per gli accordi in ottava, però l'estensione completa
era impossibile. Ciononostante, fu capace di convertirsi in un gigante della
chitarra usando unicamente le dita indice e medio.
Secondo alcune fonti, fu durante la sua riabilitazione che Django conobbe il
jazz statunitense, quando trovò un disco di Louis
Armstrong, Dallas Blues, in un mercato originario di New Orleans. Lavorava nei
caffè di Parigi quando nel 1934 il capo dell'Hot Club, Pierre
Nourry, gli propose l'idea di formare un gruppo acustico con Grappélli. Così
nacque il Quintet of the Hot Club of France, che divenne rapidamente famoso in
tutto il mondo grazie alle incisioni per Ultraphone, Decca e HMV.
Con la II guerra mondiale nel 1939 il gruppo si dissolse, lasciando
Grappélli a Londra col resto dei musicisti e Django in Francia. Durante gli anni
della guerra, guidò una big band, un altro quintetto col clarinettista Hubert Rostaing
al posto di Grappélli e dopo la liberazione di Parigi, incise con musicisti statunitensi che
arrivavano in Francia come Mel Powell, Peanuts Hucko e Ray McKinley. Nel 1946 Reinhardt cominciò ad usare
la chitarra elettrica e realizzò un tour per gli Stati Uniti come solista
nell'orchestra di Duke Ellington, anche se non ottenne grande successo. Alcune
delle sue incisioni con la chitarra elettrica negli ultimi anni della sua vita
sono incursioni nel bop che suonano frenetiche a paragone con l'allegro swing
dei suoi inizi. Senza dubbio, a partire dal gennaio 1946, Reinhardt e
Grappélli giunsero a capo di varie riunioni sporadiche dove le influenze bop
sono più sottilmente integrate nell'antico formato swing. Durante gli anni '50, Reinhardt
si ritirò in Europa, suonando e registrando sino alla sua morte, dovuta ad
emorragia cerebrale, nel 1953.
Reinhardt rivoluziona il tocco della chitarra nel jazz proprio prima che si
iniziasse ad utilizzare l'amplificazione. Sulla base di un basso, due chitarre
ritmiche e dell'abituale violino di Stéphane
Grappélli, Django sviluppa una musica allegra e straordinariamente flessibile. I
suoi concetti armonici furono sorprendenti per la sua epoca e così impressionò
musicisti come Charlie Christian e Les Paul; inoltre la sua influenza sullo
swing fu decisiva per marcare una linea tra questo e la cosiddetta musica
country.
Anche se non sapeva leggere la musica, da solo ed assieme a Grappélli, Reinhardt
compose varie melodie originali e di successo come "Daphne", "Nuages", "Manoir
de Mes Rêves", "Minor Swing" e l'ode alla sua compagnia discografica degli
anni trenta "Stomping at Decca".
17 de mayo de 2008
LUNEDI’ 26 MAGGIO - ore 21.00
c/o Arci Bellezza, via Bellezza 16a – Milano
ASSEMBLEA PUBBLICA
Sicura discriminazione
Le politiche nazionali e locali contro Rom e migranti
L’approvazione del “decreto sicurezza” con le nuove misure contro i migranti
“clandestini” e le politiche locali di espulsione (da DeCorato a Penati) si
sposano alle ronde, ai roghi, alle campagne discriminatorie che trovano sempre
più spazio.
La sinistra deve ritrovare la sua voce e mobilitarsi contro le discriminazioni e
per una politica che affronti finalmente i temi del lavoro, dell’abitare e della
convivenza nell’area metropolitana dal punto di vista dei bisogni sociali e non
dei “padroni dell’Expo”
Ne discutiamo con:
Tommaso Vitale – docente di sociologia Università Milano Bicocca
Laura Di Martino – Direttivo Arci Milano
Dijana Pavlovic – Comitato Rom e Sinti Insieme
Maurizio Pagani – Vice presidente Opera Nomadi
Pietro Massarotto – Presidente Naga
Introduce e coordina Piero Maestri – Consigliere Provinciale Sinistra Critica
Sinistra Critica - Milano - info 02.39480650;
sinistracriticami@libero.it
Fotografie del 23/05/2008
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