Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 13/02/2012
di Africa Insieme (vedi anche
Sulla vicenda dello sfratto eseguito a Coltano il 31 Gennaio 2012)
Il 31 Gennaio, in piena emergenza freddo, il Comune ha sfrattato una donna
con cinque bambini al villaggio rom di Coltano: questa drammatica verità è stata
occultata da una sequela impressionante di dicerie, diffuse prima dagli
amministratori, poi dal principale partito della città. Una vera e propria
"macchina del fango" mobilitata per screditare un'intera famiglia.
A casa della donna, si è detto, si sarebbero trovati gioielli per centinaia di
migliaia di euro, frutto di attività criminose; i parenti sarebbero proprietari
di una villa e di attività commerciali confiscate dalla magistratura; infine, la
donna sarebbe tra le protagoniste del rapimento della "sposa bambina". Nessuna
di queste informazioni corrisponde a verità.
Per il sequestro dei "gioielli", la signora non è neanche imputata: è stata
giudicata estranea ai fatti, ed è un'altra la persona che andrà a processo.
Quanto alla "villa" dei parenti, il 12 Novembre 2011 la Corte d'Appello ne ha
annullato la confisca, mentre il procedimento di sequestro delle attività
commerciali è stato archiviato dal GIP il 10 Ottobre. Resta l'accusa della
"sposa bambina", su cui permangono molti dubbi che - si spera - verranno
chiariti nel processo.
La realtà dei fatti è molto semplice. La signora è stata sfrattata perché
imputata in un processo. Il Comune la considera colpevole a prescindere dalla
sentenza, violando così la Costituzione, la Dichiarazione dei diritti umani e i
principi più elementari del diritto ("l'imputato è innocente finché una sentenza
non abbia accertato la sua colpevolezza"). Con ammirevole candore, il Partito
Democratico afferma che il Consiglio Comunale avrebbe chiesto di "superare, in
questo caso, la cosiddetta presunzione di innocenza". Un principio basilare
dello stato di diritto verrebbe dunque "superato" (sic) dalla delibera di un
Comune! Quando si tratta di rom si sospendono tutte le regole, salvo poi
richiamare gli stessi rom al "rispetto delle regole".
Il PD afferma che in questa vicenda le autorità locali "non hanno nulla di cui
vergognarsi". Perché allora lo sfratto è stato eseguito lontano dagli occhi
indiscreti dei giornalisti? Cosa c'era da nascondere, se tutto era "secondo le
regole"? Si voleva occultare lo spettacolo di una donna e cinque bambini
lasciati al gelo? Si voleva mostrare che la signora aveva "rifiutato le proposte
di accoglienza", nascondendo il fatto che si volevano dividere i piccoli dalla
loro mamma? Lo stesso comunicato del PD indica come soluzione l'affido a terzi
dei bambini (temporaneo, ma per quanto?): l'unica "salvezza" dei figli
consisterebbe dunque nel levarli alla madre…
A Pisa quando si parla di rom la responsabilità personale sancita dalla
costituzione svanisce: si accusano intere famiglie, bambini compresi.
Ci pare che il senso vero di questa operazione sia più che trasparente. Il
Comune ha smantellato il programma Città Sottili, sostituendolo con una politica
sistematica di sgomberi. Lo sfratto di Coltano è solo uno dei tasselli di questa
politica, a cui si accompagnano velenose campagne di stampa: si pensi alle
continue esternazioni del Sindaco sulla presenza eccessiva di rom (come se un
gruppo fosse di per sé portatore di problemi). Pisa non è affatto
"all'avanguardia" nelle politiche sociali: le scelte di questa amministrazione
vengono al contrario seguite con crescente inquietudine dalle organizzazioni per
i diritti umani, come dimostra il recente rapporto del Consiglio d'Europa.
La nostra città è diventata il teatro di una vera e propria "emergenza diritti
umani": è questa l'amara verità che ricaviamo dalla vicenda dello sfratto di Coltano.
Africa Insieme - 11 Febbraio 2012
Autore: Daniele Ulderico
Nel settembre 2005 circa mille rom che da vent'anni vivevano nel campo di vicolo
Savini, a pochi metri dalla Basilica San Paolo a Roma, sono stati trasferiti con
grande clamore mediatico in un nuovo insediamento a 25 km dalla città. Il nuovo
campo di Castel Romano, con prefabbricati a scacchiera, circondato da un parco
naturale e da un muro di separazione, per le amministrazioni Veltroni e Alemanno
rappresenta un modello per la "soluzione del problema rom". Nella prospettiva
dell'antropologia critica della contemporaneità la vicenda si rivela esemplare:
in prima istanza perché riattualizza termini come "zingaro" e "nomade", con
tutto il loro deposito di stereotipi e pregiudizi, quindi per il fatto di
rappresentare emblematicamente i processi e gli esiti, perlopiù negativi, delle
politiche di separazione ed espulsione dei rom dagli spazi urbani. Un modello
innovativo di analisi etnografica, ridislocata nei due insediamenti e lungo le
fasi del trasferimento, mette anche in luce come il confine fra i rom e i
diversi "noi" -istituzioni, associazioni e società locale- funzioni come
criterio ordinatore dei rapporti sociali, fino a produrre differenze, alleanze e
forme inedite di potere.
Fotografie del 13/02/2012
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