Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Da
Czech_Roma (con una chiusa personale)
Romea.cz PHOTO: Repro Česká televize
La bambina rom bruciata ha subito oltre 100 anestesie, in seguito ci
sarà un intervento chirurgico - Budišov nad Budišovkou (Opava district),
4.2.2012 21:00
Natálie Siváková (5 anni) si sta gradualmente riprendendo dalle ferite patite
nell'aprile 2009, quando fu vittima di un assalto di neonazisti, poi conosciuti
come i piromani di Vitkov. Lo scorso ottobre, i medici hanno effettuato la
ricostruzione delle dita e dell'avambraccio destro, che erano inutilizzabili a
causa del tessuto cicatrizzato dalle ustioni. La televisione ceca riporta che
ora è in attesa di un'operazione al collo ed alle ascelle.
Alla bambina non è permesso di uscire, a causa del gelo intenso nella regione.
"Il tessuto cicatriziale è più sensibile della pelle sana, si asciuga più
velocemente e può rompersi," ha detto alla televisione Iva Zámečníková, vice
direttrice del Centro Ustionati dell'ospedale di Ostrava.
L'intervento a cui sarà sottoposta presso il centro ustionati sarà il ventesimo
in sequenza. "Non riesce a reggere la testa in maniera corretta, quindi [i
dottori] la opereranno al collo e alle ascelle. Ho molta paura," ha detto alla
televisione sua madre Anna
Siváková. La bambina è già stata sotto anestesia un centinaio di volte.
Durante l'ultima operazione ad ottobre 2011, i dottori avevano fissato la
cicatrice sul collo della bambina. Allora, una specialista in chirurgia alle
mani, Alena Schmoranzová,
l'aveva operata al dito indice ed all'avambraccio, che a causa delle cicatrici
la bambina non era in grado di muovere. "Prima non li usava per niente,"
conferma Anna Siváková. "Ora ha scoperto che va meglio e lo usa tutto il tempo,"
ha detto alla televisione, aggiungendo che la figlia deve ancora indossare
plantari speciali.
Natálie venne ferita alle prime ore del mattino del 19 aprile 2009, durante un
assalto incendiario a sfondo razziale, commesso da quattro neonazisti contro la
casa della famiglia. Il tribunale ha condannato David Vaculík e Jaromír Lukeš a 22
anni di carcere, e Václav Cojocaru e Ivo Müller a 20 anni per tentato omicidio a
sfondo razziale ed atti vandalici.
ryz, Czech Television, translated by Gwendolyn Albert
E' dal 2009 che seguo passo passo la storia di
Natálka.
All'inizio mi era rimasta impressa l'efferatezza del gesto: in una casa come
tante, abita una famiglia come tante. Ma è una famiglia rom, e così una notte 3-4
teste rasate buttarono una molotov attraverso la finestra. Natálka,
di neanche tre anni, rimase ustionata sull'80% del corpo. Dichiarata quasi
morta, cominciò invece un lento recupero, che vide coinvolti in una gara
solidale non solo i suoi genitori, ma i medici, le autorità dello stato, tanti
cittadini anonimi di quella stessa Repubblica Ceca che invece è nelle cronache
europee per gli atti di violenza quotidiana contro la minoranza rom.
Da una parte facevo il tifo per i piccoli miglioramenti di Natálka,
dall'altro seguivo le cronache del processo ai piromani, interrogandomi su cosa
avesse portato dei ragazzi a un gesto simile, e se mai sarebbero stati in grado
di capirlo, e cosa avrebbero pensato quando anche loro avessero generato una
prole. Ed assieme tentavo di capire cosa significasse sopravvivere, ricostruirsi
pezzo a pezzo, per una bambina di quell'età, per i suoi genitori ed i fratelli e
sorelle.
Quel fuoco, non arde solo nella remota Repubblica Ceca. Sentiamo il
crepitare delle fiamme anche a Opera, a Ponticelli, a Torino.
E' passata da poco (e già mi sembra vecchia) la
memoria del Porrajmos, tra il ricordo di 500.000 morti e le risate di
scherno dei negazionisti.
Per me non è il Porrajmos il marchio di questo popolo, con tutto il
rispetto per la tragedia di quegli anni. Il marchio sono le storie di violenze
grandi e piccole di OGGI, del tempo dove NOI viviamo. A costo di essere retorico, è
la piccola storia di una bimba bruciata, che NON E' MORTA, che attraverso le sue
ustioni riflette la nostra immagine allo
specchio.
Lo scorso 11 ottobre, così
Nicolae Gheorghe chiudeva il convegno per i 40 anni dell'AIZO:
"L'Olocausto ancora non è stato riconosciuto come fatto politico.
La povertà del nostro popolo, la capisco sino ad un certo punto, non oltre: non
siamo a chiedere l'elemosina agli altri. La nostra miseria da forza ai nuovi
nazisti, dobbiamo averne conoscenza per combatterli.
La nostra terra, il ROMESTAN, ci è stato copiata ed è diventato patrimonio dei
discorsi della destra. Ricordatevi: in Germania la prima misura dei nazisti fu
di togliere la cittadinanza ai sinti, e la loro prima richiesta a guerra finita
fu di riaverla. Allora: la cittadinanza EU, richiesta da molti, non può essere
una riparazione per la mancata cittadinanza nazionale.
Siamo una nazione culturale: IL NOSTRO SIMBOLO NON E' LO STERMINIO, MA
LA SOPRAVVIVENZA."
Il giornale di Brescia Le roulottes in via Orzinuovi, a ridosso del macello comunale, dove
vivono diciotto famiglie di Sinti italiani - ORE: 13:22 | VENERDĚ, 3
FEBBRAIO 2012
Iscritti e cancellati dall'anagrafe, a discrezione. Accade agli italiani
della minoranza Sinti che vivono dal 2003 in via Orzinuovi. Sono loro a
raccontarlo, in una lettera in cui denunciano un "presunto abuso di potere". Il
documento è stato indirizzato ai ministri dell'Interno Annamaria Cancellieri,
del Lavoro Elsa Fornero, della Cooperazione ed integrazione Andrea Riccardi, al
prefetto di Brescia Narcisa Brassesco Pace, all'Ufficio nazionale
anti-discriminazioni razziali che ha sede alla presidenza del Consiglio dei
ministri e al Difensore regionale della Lombardia.
Le diciotto famiglie Sinti - per un totale di 61 persone - chiedono "una
verifica delle procedure e delle modalità utilizzate dai Servizi demografici del
Comune in materia di iscrizione e cancellazione anagrafica di cittadini italiani
della minoranza Sinti residenti in via Orzinuovi e che venga rimosso ogni
atteggiamento o procedura che possa rivestire un carattere discriminatorio nei
confronti della minoranza ivi residente".
"Dal 2008, ogni volta che ci rechiamo agli sportelli dell'anagrafe del Comune,
sorgono problemi per ottenere sia la residenza anagrafica di nostri congiunti di
primo e secondo grado sia le certificazioni conseguenti - scrivono -. Inoltre,
si ripetono episodi per cui le certificazioni vengono rilasciate solo su
richiesta protocollata e, dopo il rilascio, la certificazione viene di nuovo
bloccata".
Cosa significa "bloccata"? Significa che, se dopo alcuni controlli, la persona
non viene trovata nel luogo di residenza, l'anagrafe blocca la certificazione
per un anno. Poi, ne cancella il nome. E, con esso, la possibilità di avere una
tessera sanitaria e l'assistenza pediatrica per i bambini. Ancora:
"L'Amministrazione comunale ha stabilito che il 28 febbraio la struttura
comunale autorizzata in cui sono residenti le famiglie Sinti verrà, senza se e
senza ma, sgomberata senza dare alternative alle famiglie ivi residenti.
Riteniamo - si legge nella lettera sottoscritta dalle famiglie Sinti - che il
Comune ponga in essere prassi discriminatorie nei nostro confronti e che vi
possono essere gli elementi per ravvedere un reato di abuso di potere da parte
dell'organo amministrativo e di abuso d'ufficio da parte dei Servizi
demografici".
Una lunga vicenda, quella dei Sinti di via Orzinuovi che, pur essendo residenti
al civico 108, non possono abitare le casette costruite per loro con fondi
regionali perché le strutture sono state destinate ad altro uso. Così, da tempo,
vivono nel campo provvisorio poco distante, dove erano stati trasferiti durante
i lavori. Con la spada di Damocle che continua a pendere sulla loro testa e che,
entro la fine di febbraio, potrebbe "colpirli" in modo definitivo, dato
l'annunciato smantellamento del campo da parte dell'Amministrazione comunale.
Che ha, come obiettivo, quello di trasferire alcuni nuclei nel campo di via
Borgosatollo, dove risiedono ancora alcune famiglie Rom. Alle altre - come
testimoniano in via Orzinuovi - "sono stati offerti 4500 euro per andarsene. Ma
noi non ci stiamo: le nostre famiglie risiedono permanentemente nel Comune di
Brescia a partire dagli Anni Settanta".
Poi, per "andare dove?". La domanda si alza forte, nei corridoi innevati e
ghiacciati che separano una roulotte dall'altra. "Vogliamo vivere insieme, nella
nostra piccola comunità e non dispersi in condomini, divisi ed isolati" dicono
le donne Sinti che hanno incontrato alcune aderenti all'Associazione "Se non
ora, quando?". La sistemazione potrebbe essere il campo di via Borgosatollo,
dove nel primo dei tre lotti di case prefabbricate, peraltro, vivono già alcune
famiglie Sinti. "Se si liberasse anche il secondo lotto, il problema potrebbe
trovare una definitiva soluzione".
Anna Della Moretta
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