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Articoli del 29/08/2009

Di Fabrizio (pubblicato @ 09:36:20 in conflitti, visitato 2285 volte)

Da Hungarian_Roma (segnalazione precedente)

NRC Handelsblad Le uccisioni dei Rom mettono in mostra le tensioni sociali in Ungheria 26 agosto 2009 10:41

Parenti di Maria Balogh, colpita a morte il 3 agosto scorso, confortano sua madre durante i funerali a Kisleta. Photo AP
Quattro neonazisti ungheresi arrestati per la grande quantità di orribili omicidi di zingari. La minoranza rom organizza la propria difesa.
By Marloes de Koning in Gyöngyöspata

Gli uomini della comunità rom di Gyöngyöspata si alternano nel pattugliare il loro quartiere. Ogni sera alle 18 girano per il villaggio in due macchine, guidando molto lentamente attraverso le strade tortuose dove vivono i Rom.

"Le case senza recinti sono le più vulnerabili" dice Tamás Bangó, un uomo grosso e ciarliero che fa parte del gruppo vigilante a Gyöngyöspata, guidando per il villaggio. "Da alla gente un senso di sicurezza sapere che siamo qua intorno."

Nove attacchi

Tra i sedili anteriori ha un bastone metallico telescopico ed un coltello. "Non li ho mai dovuti usare, ma sono pronto," dice Bangó. Sottolinea come il suo gruppo stia nei limiti della legge. L'arma più potente del gruppo è il telefono mobile.

In apparenza, qui ci sembra ci sia poco da giustificare una simile vigilanza. Nella penombra, le case isolate ai limiti del sonnolento villaggio, ad un'ora di strada a nord est di Budapest, sembra più pacifico che mai.

Ma la comunità rom in Ungheria è terrorizzata dopo la recente serie di uccisioni. Da novembre sei Rom sono stati uccisi in nove attacchi.

L'ultimo incidente è successo il  agosto, quando una donna rom, Maria Balogh, è stata uccisa nel sonno e sua figlia di 13 anni seriamente ferita, nella città di Kisleta, nell'Ungheria Orientale.

A febbraio, un padre e suo figlio di 5 anni furono colpiti a morte mentre correvano fuori dalla loro casa a cui era stato dato fuoco, a Tatarszentgyörgy nell'Ungheria Centrale.

Venerdì scorso [21 agosto ndr] la polizia ha arrestato quattro sospettati di essere dietro alle uccisioni dei Rom. Giovedì la polizia aveva detto di aver trovato il DNA di due degli uomini in diversi posti luogo di omicidi. Ha detto che gli assassinii erano motivati razzialmente e accuratamente pianificati. Secondo i media ungheresi avevano svastiche tatuate ed erano conosciuti per il loro odio verso i Rom.

Gli attacchi hanno messo in mostra e alimentato le crescenti tensioni sociali dentro l'Ungheria.

Segregazione crescente

Nella cucina della casa di János Farkas, capo dell'Autogoverno rom nella regione, un gruppo di uomini stava discutendo animatamente. "L'Ungheria sembra pacifica," diceva Farkas, un piccol uomo con baffi ispidi ed una maglietta Puma senza maniche. "Ma nel frattempo dei bambini sono stati brutalmente uccisi. Dobbiamo organizzare la nostra difesa."

Nonostante la mancanza di statistiche credibili ci sono molti segni che la divisione tra Rom e non-Rom in Ungheria si stia ampliando.

"La segregazione sta aumentando," ha detto János Ladányi dell'Università Corvinus di Budapest, esperto di Rom. Sotto il comunismo tutti in Ungheria avevano un lavoro e le differenze sociali erano sensibili. Ma dagli anni '90 molti occupati con bassa professionalità sono stati espulsi dalle città verso i cosiddetti "villaggi ghetto", riducendo inoltre le loro possibilità di trovare lavoro.  In questa categoria gli anziani ed i Rom sono sovra-presenti.

Mentre la popolazione ungherese sta invecchiando ed assottigliandosi, la giovane popolazione rom è in crescita, dice Ladányi. In cima ai problemi strutturali viene la discriminazione e la rapida ricerca di un capro espiatorio. La crisi economica serve soltanto ad aumentare il problema.

Nelle elezioni parlamentari europei di giugno, il partito Jobbik di estrema destra ha sfiorato il15% del voto ungherese. La sua campagna elettorale si è incentrata su un duro approccio verso la "criminalità zingara".

La Magyar Garda, un gruppo paramilitare collegato  Jobbik, recentemente vietato, marcia regolarmente nei quartieri rom nelle sue uniformi bianche e nere. Secondo l'European Roma Rights Centre il gruppo sta agendo anche in alcune zone della Romania, dove la minoranza ungherese sta avendo problemi coi Rumeni (vedi QUI ndr).

"Sono inarrestabili," ha detto Tomás Polgár aka Tomcat. Polgár è l'anima di Bombagyar (fabbrica della bomba), il blog più popolare di Ungheria. Si guadagna da vivere stampando, tra l'altro, t-shirt. L'ultima commissione era della Magyar Garda. Mostra una t-shirt nera con un grande leone d'argento, mentre dei giovani dalle spalle ampie e coi capelli corti vagano per l'ufficio.

"Gli zingari devono solo rimproverare se stessi," dice Polgár. "Sono criminali e sono una minaccia per noi, la maggioranza. Fanno più bambini, ci stanno superando."

Polgár dice che non vede nell'uccidere la risposta. Gli Ungheresi che sono superiori devono prendere i Rom per mano come bambini ed "insegnargli come comportarsi". Ma nel breve termine vede più violenza, con incidenti da ambo le parti. "E' una guerra," dice.

Viktória Mohácsi, Rom ungherese e sino a giugno membro del parlamento europeo, concorda. "Mi sento come se fossi in guerra," ha detto con le lacrime agli occhi. Proprio quella mattina aveva ricevuto un'altra minaccia di morte. "Ricevo più di mille lettere di minacce ogni giorno."

I Rom si stanno auto-organizzando, dice Mohácsi, e stanno usando le veglie per le vittime morte per farlo. "I leader rom mi chiamano e dicono di volersi organizzare contro i neonazisti. Ma cosa ci si aspetta da me: una donna di 40 kg. senza armi o denaro?"

Anche se, ammette, non ci sono molte scelte. "Possiamo o armarci o scappare."

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:29:02 in casa, visitato 2199 volte)

Elisabetta segnala tre articoli sulla situazione a Pavia. Mi rimane la curiosità di sentire il parere di Rom e Sinti

Il secolo dei "campi" è finito
Pavia è città dell'eterno ritorno, dell'eterno errore. Essendo un meccanismo archetipico non conosce colore politico. Siamo ancora qui a discutere di "campo nomadi", di ghetti progettati congiuntamente e
con il consenso dei ghettizzati a spese di tutti i cittadini. Nella città dei Saperi non si riesce a concepire altro che lo stereotipo, il ritorno ossessivo degli stessi concetti, degli stessi errori. La giunta (Pdl) lo vuole fare, ma non sa dove; le voci citano qualche quartiere e questi per voce di esponenti del Pd fanno sapere che "no pasaran". Lo spettacolo è deprimente, i pensieri tristi, lo spettacolo di infima qualità. Eppure basterebbe ragionare sulle parole e conferire ai Sinti e Rom lo status di cittadini, come si fa per qualsiasi altro cittadino. Ma parlare di "nomadi" è troppo attraente, fa sentire tutti competenti: tu sei nomade e io ho invece le radici. E' differenza che di per sé basta a marcare un abisso e la costrizione in un ruolo blindato di centinaia di concittadini. Nel febbraio scorso ho scritto una lettera al quotidiano locale; ho espresso ciò che penso: nomadi non ce ne sono. Mi sembra che nulla sia cambiato da allora; gli stessi equivoci, le stesse misere parole, la stessa politica che non sa essere altro che il portavoce della medietà senza coscienza, senza preparazione e senza linguaggio significativo e aderente alla storia e alla memoria. Una medietà antropologica più che politica: questa dimensione sembra perduta (per sempre?). In questa città non ci devono essere nemici (che devi farti amico) - o nodi d'incaglio - che non siano i "nomadi" (anche se nomadi non sono), i quali, servendo perfettamente l'incapacità della politica d'essere protagonista e illuminata, devono persistere ad essere artatamente tali. Di seguito è l'articolo che "La Provincia pavese" dedica oggi, 27 agosto 2009, al tema "campo nomadi") e a seguire il mio intervento del 28 febbraio 2009.
Irene Campari

Il Pd: «No i nomadi al Vallone»
PAVIA. Da un lato il vicesindaco Gian Mario Centinaio - Lega - ha ribadito che una soluzione per i 450 sinti bisogna trovarla, «perché comunque sono cittadini pavesi anche loro». Dall'altro lato Tullio Baruffi, presidente del circolo di Pavia nord est del Partito Democratico è pronto a dare voce ai residente del Vallone che non vogliono il campo vicino sotto casa.
Prima lettura: Sinistra e Destra, nell'eterna divisione pro-stranieri una, contro-stranieri l'altra, si stanno scambiando i ruoli.
Seconda lettura: nella più recente divisione tra il partito radicato sul territorio - la Lega - e quello assente - la generica Sinistra, inizia a farsi sentire chi non vuole essere etichettato come assente, perché la voce dei cittadini è pronto ad ascoltarla.
E poi c'è la terza lettura, che in fondo mette d'accordo tutti: prima di prendere qualsiasi decisione in merito al campo nomadi servirà il confronto con la città.
Tullio Baruffi ha raccolto il malumore del Vallone. «C'è chi sottolinea che il valore degli immobili crollerà - spiega Baruffi - chi ha paura. Il fatto è che non si può mandare tutto al Vallone. Hanno detto che li metteranno o al Carrefour o al Bivio Vela, ma comunque graviteranno dalle nostre parti. Hanno detto che si rivolgeranno ai quartieri - continua Baruffi - ma se non ci sono più con chi parleranno? Prima di prendere decisioni chiediamo che vengano a parlare con la gente. Se un 'assemblea non la faranno loro, la faremo noi». Quel «loro» si riferisce a maggioranza e opposizione.
«E' una questione delicata quella del campo nomadi - sottolinea Matteo Mognaschi, consigliere della Lega Nord - su cui dobbiamo ancora parlare al nostro interno. E' un problema che l'amministrazione di centro sinistra non ha affrontato per anni». E la posizione del circolo Pd del Vallone? «E' strano che il Pd sia così vicino alle esigenze del territorio - dice Mognaschi - è una posizione singolare. Ma sicuramente serve un confronto con i cittadini». Ed è quello che dice anche Antonio Maria Ricci, segretario cittadino del Pd. «Una sistemazione per il campo nomadi deve essere trovata - sottolinea - tanto è vero che è nel programma che abbiamo presentato per sostenere Albergati. Indipendentemente dal colore politico, bisogna parlare con i cittadini della zona dove lo si vuole insediare. Come i nomadi hanno la necessità di trovare una collocazione adeguata, i cittadini dei quartiere devono essere incontrati. Bisognerebbe aprire un tavolo con queste comunità, associazioni, amministratori e le forze politiche - aggiunge Ricci - per evitare di creare divisioni».
Marianna Bruschi , "La Provincia pavese", 27 agosto 2009


Nomadi o no? Decidiamo sui Sinti di Irene Campari
Il tema del campo nomadi sarebbe stato argomento da affrontare nel passato entro i termini di un contesto civile che si propone una reale integrazione di gruppi solo apparentemente "diversi" da quelli radicati. Le direttive europee prevedono l'accoglimento di comunità di passaggio in luoghi attrezzati con servizi adeguati per la tutela della salute e dei diritti fondamentali. Tuttavia, le amministrazioni civiche dovrebbero decidere come considerare le comunità Sinti: sono "nomadi" o non lo sono? Quali stili di vita definiscono i cittadini "nomadi"? E' sufficiente un'autocertificazione? Il rispetto delle consuetudini delle culture e gli atteggiamenti antidiscriminatori passano tramite la chiarezza su quel punto, che deve darsi senza infingimenti o opportunismi. Una comunità che risiede in città da più di quarant'anni non può plausibilmente dirsi "nomade". Basta voler vivere in roulotte per confermarsi tali? Non mi pare altrettanto plausibile. Negli ultimi anni ho osservato piuttosto un gioco delle parti tra istituzioni locali e comunità Sinti tendente a dar per scontato quel carattere accettando la soluzione del "campo" come scontata e senza alternative. E' probabile che ci fosse una reciprocità conveniente, che però non ha fatto altro che alimentare sentimenti negativi dei cittadini pavesi "stanziali" nei confronti dei cittadini pavesi "nomadi". Da sempre presentati così, hanno attirato su di sé il pregiudizio della diversità antelitteram, quella fondata sulla proprietà della terra. Per chi è stanziale questa struttura l'habitus; chi è nomade apparterrebbe invece ad una cultura altra e sfuggente, che appare nell'immaginario antropologico come quella che minaccia i "radicati" proprietari in virtù della propria libertà dai vincoli del bene fondiario. Sarebbe ora di affrontare fino in fondo questo nodo. L'Amministrazione comunale uscente aveva stanziato 90 mila euro per un progetto
di nuovo campo per i Sinti. Non ha mai specificato dove l'avrebbe collocato.
Tantomeno lo faranno in campagna elettorale; è tema che toglie consenso. Ma rimane lì come idea territorialmente vaga, per accontentare da una parte i Sinti e dall'altra non inibirsi il favore dell'elettorato. Circa 35 mila euro sarebbero andati ad associazioni per "mediare" e fare accettare la comunità Sinti "nomade" da quella radicata. E' un circolo vizioso da interrompere. Se risiedono a Pavia da tanti anni, i figli hanno studiato qui, lavorano qui, qual è la necessità che spinge a dichiararne il "nomadismo"? I diritti sono diritti, e si realizzano anche nello spazio. I campi hanno da sempre richiamato qualche tratto più o meno marcato di "extraterritorialità", o, nei peggiori contesti, i "ghetti". Ritengo che a Pavia non si debbano più sperimentare né i primi né i secondi, come all'ex Snia. Se bisogno ci sarà di accogliere comunità indigenti di cittadini europei, saranno necessarie aree attrezzate e regolamentate per una sosta breve in attesa di soluzioni a lungo termine, per evitare che le aree dismesse diventino specchio della nostra vergogna ed incapacità di gestire l'umanità, e ciò valga anche per i rapporti tra cittadini Sinti e cittadini Rom.
Per le comunità residenti finora nei campi cittadini vedo la proposta del Prefetto Buffoni - distribuire gli insediamenti in piccole e distribuite aree - come temporanea. I cittadini europei di origine Sinti dovrebbero accedere ad abitazioni reperibili sul libero mercato. Il "nomadismo" autentico temo che si esprima con altre modalità da quelle fin qui mostrate dai nostri concittadini europei di origine Sinti. Una posizione come quella espressa disinnescherebbe anche l'uso strumentale che dei campi per le comunità Sinti potrebbe essere agevolmente fatto nell'imminente campagna elettorale.
Irene Campari, Circolo Pasolini Pavia
"La Provincia pavese", 28 febbraio 2009

 

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