Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
COMUNICATO STAMPA

'ANCHE I RICHIEDENTI ASILO E I MIGRANTI HANNO DIRITTI': RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SUI CPTA IN ITALIA
L'Italia sottopone a detenzione un numero sempre crescente di richiedenti asilo, in violazione degli standard del diritto internazionale dei rifugiati. Nel suo ultimo rapporto, Presenza temporanea, diritti permanenti, presentato oggi a Roma, Amnesty International rivela una serie di violazioni dei diritti umani cui i cittadini stranieri vengono sottoposti durante la detenzione nei Centri di permanenza temporanea e assistenza (Cpta), ed esprime preoccupazione circa la possibilita' che problemi simili possano verificarsi anche nei centri di identificazione.
'La detenzione e' una sanzione estrema per le persone che non hanno commesso alcun illecito penale. I richiedenti asilo possono essere detenuti soltanto in circostanze eccezionali, come prescritto dagli standard internazionali', si legge nel rapporto. 'Similmente, la detenzione dei migranti entrati o presenti in Italia senza autorizzazione andrebbe applicata soltanto nelle circostanze previste dalla legge, e conformemente ai principi internazionali dei diritti umani'.
Ogni anno l'Italia espelle o rifiuta l'ingresso a migliaia di cittadini stranieri, alcuni dei quali richiedenti asilo, sulla base del loro tentato o effettivo ingresso illegale o soggiorno irregolare.
Nell'attesa dell'espulsione, molte di queste persone sono detenute nei Cpta, a volte anche fino a 60 giorni.
La legislazione entrata in vigore due mesi fa consente la detenzione della maggior parte dei richiedenti asilo in 'centri di identificazione' mentre le loro richieste di asilo vengono esaminate con una procedura accelerata.
Il rapporto contiene dettagliate denunce secondo cui persone detenute nei Cpta sono state sottoposte ad aggressioni fisiche da parte di agenti delle forze dell'ordine e del personale di sorveglianza e alla somministrazione eccessiva e abusiva di sedativi e tranquillanti. Molte persone incontrano difficolta' nell'accedere alla consulenza di esperti,
necessaria a contestare la legalita' della loro detenzione e del relativo ordine di espulsione. La tensione nei centri e' alta, con frequenti proteste, inclusi tentativi di fuga e alti livelli di autolesionismo. I centri sono spesso sovraffollati, con strutture inadeguate, condizioni di vita contrarie alle norme dell'igiene e cure mediche non soddisfacenti.
Gli Stati detengono la potesta' di controllare l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione dei cittadini stranieri dal proprio territorio.
Essa, tuttavia, deve essere esercitata nel rispetto delle leggi e degli standard internazionali in materia di diritti umani e di diritti dei rifugiati. L'esercizio della sovranita' statale non puo' avvenire a scapito dei diritti umani fondamentali dei richiedenti asilo e dei migranti, qualunque sia il loro status giuridico.
Vi e' una crescente restrizione dell'accesso ai Cpta e le richieste avanzate da Amnesty International sono state sinora rifiutate.
Per quanto non sia possibile confermare la totale veridicita' di tutte le denunce concernenti i centri, queste sono rese credibili dal loro numero, coerenza e regolarita', e dalle conclusioni degli organismi intergovernativi e di serie organizzazioni non governative nazionali e internazionali.
Molte persone nei Cpta incontrano difficolta' nell'accedere alla procedura di asilo, con il conseguente rinvio in paesi dove sono a rischio di gravi violazioni dei diritti umani. Durante l'ultimo anno, piu' volte l'Italia ha espulso interi gruppi di persone detenute dopo essere giunte via mare, senza un'adeguata considerazione di ogni situazione individuale, in violazione degli standard internazionali dei diritti umani e del diritto dei rifugiati. Il modo in cui il governo affronta gli arrivi via mare sta seriamente compromettendo il diritto fondamentale di chiedere asilo e il principio di non-respingimento, che proibisce il rinvio forzato di chiunque verso un territorio in cui possa esservi un rischio di violazioni gravi dei diritti umani.
Amnesty International ha elaborato una serie di raccomandazioni, che chiede alle autorita' italiane di considerare in via prioritaria.
In tali raccomandazioni vengono sottolineati i principali standard internazionali gia' applicabili alle persone trattenute nei Cpta e nei centri di identificazione e sono evidenziate linee guida sulle procedure di 'rinvio forzato' di cittadini stranieri, adottate dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa nel maggio 2005 e nelle quali si richiamano i diritti esistenti sulla base delle norme internazionali.
Secondo l'organizzazione per i diritti umani, 'e' giunto il momento che le autorita' italiane riconsiderino profondamente la loro attuale politica, legislazione e prassi circa la detenzione, le condizioni ed il trattamento dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo, assicurandone un adeguamento agli standard internazionali dei diritti umani e del diritto dei rifugiati'.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 20 giugno 2005
Copia del rapporto completo, Italia: Presenza temporanea, diritti permanenti. Il trattamento dei cittadini stranieri detenuti nei 'centri di permanenza temporanea e assistenza' e' disponibile alla pagina:
http://www.amnesty.it/pressroom/documenti/italiacpta.html
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it
da ilPASSAPORTO.it: Asilo politico, apre a Roma un nuovo centro per l'accoglienza e l'integrazione - di Tecla Biancolatte
ROMA - E’ una struttura "solare" - la definizione è del sindaco di Roma Walter Veltroni - quella che ospita il Centro Cittadino per le politiche dell’Asilo e delle Migrazioni. Due piani di 1100 metri quadri a via Assisi, nel quartiere Tuscolano della capitale, che accoglieranno 150 persone richiedenti diritto d’asilo e le associazioni che si occupano di loro. Il progetto, finanziato dal Fondo Sociale Europeo... [continua]
E poi, mi spammo da solo: http://www.sivola.net/download/kossovo.htm
(in 7 lingue, non avete scampo!)
di:
GAIUTRA BAHADUR Knight Ridder Newspapers
BAGHDAD, Iraq - (KRT) Kamalia era noto come un quartiere di peccato, simbolo della decadenza dei costumi degli anni di Saddam Hussein.
Si dice che il deposto dittatore avesse favorito l'insediarsi di danzatrici e degli Zingari. Adesso, i muri sono coperti con le immagini di un altro Hussein: il nipote del profeta Maometto e il più venerato tra i santi Sciiti.
Gli Zingari se ne sono andati e il quartiere ha assunto il nome di Hay al-Zahra, la figlia del Profeta. La maggior parte degli Zingari, una piccolissima minoranza presente da secoli, sono scappati dopo l'invasione USA del marzo 2003; in quanto ritenuti molto vicini al vecchio regime, ma anche perché ritenuti coinvolti nella prostituzione e nel traffico d'alcool e quindi non-graditi in un paese islamico.
L'Iraq era uno degli stati più stabili e più laici in tutto il Medio Oriente, ma la fine della guerra e l'ascesa dei partiti religiosi lo stanno trasformando radicalmente. Donne che giravano scoperte ora indossano la "hijabs," seguendo i dettami dell'Islam. Sono state chiuse con la forze le chiese e le vendite di alcolici, come anche i barbieri che praticavano tagli proibiti dal Corano.
"Ora, gli Iracheni sono diventati Musulmani," dice Akeel Hamid, 34 anni, uno dei pochi superstiti della comunità Zingara, che una volta contava 50.000 persone.
"Così per noi è diventato duro rimanere qui." Hamid si è inventato "squatter", finendo per occupare la ex sede del club dell'aviazione, distrutta dai bombardamenti e in stato di abbandono. Lui e dozzine di altri si sono sistemati in tende costruite con foglie di palma e cartoni. I bambini mostrano infenzioni cutanee e il campo improvvisato è assediato dai rifiuti.
"Una volta avevamo belle case," racconta Nadia Ali Mehsin, grattandosi la testa.
"Saddam ci proteggeva... nessuno poteva toccarci o minacciarci." Mehsin, 35 anni, possedeva un appartamento a Kamalia, con la stanza per gli ospiti, una cucina spaziosa, un telefono, il garage e un giardino. Ma, un mese dopo l'invasione, racconta che una notte si sono presentati degli uomini armati:
"Hanno bussato alla porta e ci hanno detto: 'Ora il governo siamo noi. I vecchi capi non ci sono più e possiamo fare quel che vogliamo.' Ci hanno imposto di andarcene." Mehsin dice che non conosceva quegli uomini. Ma i seguaci di Muqtada al-Sadr, che spesso hanno affiancato le azioni di polizia in quest'anno, rivendicano a loro la decisione di aver svuotato Kamalia e le altre enclave Zingare.
"Il loro comportamento era immorale per la società" dice lo Sceicco Ahmed al-Amshani, rappresentante di al-Sadr a Kamalia.
"Le ragazze sedevano per strada con vestiti peccaminosi. Danzavano e cantavano a voce alta. Tentavano di corrompere la nostra gioventù" Il popolo zingaro data le sue origini nell'India di mille anni fa. Nel loro spostarsi a occidente, generazione dopo generazione, un gruppo si è diretto verso l'Europa dell'Est e un altro verso quelli che oggi sono la Siria e l'Iraq
(il termine esatto di quest'ultmo gruppo sarebbe Dom ndr).
Per secoli, si sono guadagnati da vivere come intrattenitori e danzatori. E' una tradizione che persiste, con un'intatta carica di sensualità, anche se molti di loro si sono convertiti all'Islam. L'anno scorso circolava un video in Medio Oriente, che presentava alcuni Zingari iracheni che ballando agitavano i loro capelli e le spalle, mentre il cantante offriva un'arancia a una donna poco vestita.
Gli Zingari sono stati per secoli perseguitati, anche dai nazisti in Germania. Molti iracheni li associano alla prostituzione, così tutti sono indistantemente trattati di conseguenza, anche quelli che non vi hanno niente a che fare.
Il padre di Al-Sadr, un riverito ayatollah fatto assassinare da Saddam, ha dedicato numerosi sermoni agli Zingari perché conducessero una vita più pia, inviando i suoi discepoli nelle eloro enclave per fare opera di conversione.
"Con la fine della guerra, abbiamo finalmente potuto liberarci di loro" dice Amshani.
Un anno fa, la polizia aveva ammonito la milizia di al-Sadr, l'esercito Mahdi, per aver sloggiato 1.000 residenti dal villaggio meridionale conosciuto come Qawliya, che in arabo sarebbe l'abbreviazione tanto di "Zingaro" che di "prostituta". La milizia aveva risposto che ciò era avvenuto durante un loro tentativo di liberare una ragazza rapita e che i vicini ne avevano approfittato per saccheggiare il villaggio. Amshani aggiunge che anche i campi di Abu Ghraib e Hillah sono stati abbandonati, dopo che i leaders religiosi vicini ad al-Sadr lo avevano richiesto.
I sacerdoti parlano di combattimenti tra Zingari e "giovani religiosi armati", avvenuti a Kamalia un mese dopo la caduta di Saddam, ma di non aver offerto protezione agli Zingari che si erano rivolti a loro, perché non volevano abbandonare la prostituzione.
Altri parlano di pressioni da parte dei vicini verso gli Zingari, ma questa volta senza armi spianate.
Dice Hussein Miklif, 25 anni, residente nel quartiere:
"I capi clan sono andati da loro e gli hanno chiesto di andarsene, perché davano alla zona una cattiva reputazione. Sapevamo tutti che se fossero rimasti, la loro presenza avrebbe urtato i sentimenti popolari." Aggiunge che è stata data loro una settimana di tempo per sistemare le loro questioni.
Poi termina:
"Adesso siamo tranquilli" Che ci siano state armi oppure no, i 200 Zingari di Kamalia sono andati via. Di sicuro l'area è tranquilla, non ci sono bande armate o posti di blocco, ma quelli non c'erano neanche "prima".
"Dopo la caduta del regime, le loro case sono state rase al suolo," dice Nadwa Dawood, portavoce del Ministro per Migrati e Rifugiati.
"Li consideriamo alla stregua dei rifugiati, perché dopo aver lasciato le loro case, si spostano da un posto all'altro" Qualcuno di loro ha venduto la casa a poco prezzo, altri l'hanno subaffittata. Altri ancora, hanno rimediato un caravan e si sono spostati in Siria o Giordania, senza troppi rimpianti.
"Il quartiere era disabitato" dice Abdul Mohsin Saahib, che si è trasferito lì due mesi dopo la fine della guerra.
Ha guardato diversi appartamenti senza nessun occupante, prima di sceglierne uno. Sulle pareti delle case, c'erano dipinti di ragazze in tenuta succinta, stanze con separè da teatro, resti dei banchi che si affacciavano sulla via per vendere alcol.
"Non hanno religione" dice Hajj Jassim Mohamed, padre di Saahib, parlando dei loro rapporti con Saddam:
"Il governo ha sempre oppresso gli iracheni onesti, così loro potevano fare la bella vita. Ma dopo la guerra, hanno capito che intorno a loro vivevano persone religiose e che sarebbe stato pericoloso rimanere." La famiglia ha "purificato" la casa con acqua e sapone, dopo averla comprata dagli Zingari. Hanno chiuso la veranda sulla strada dove si vendevano i liquori. E sui muri hanno appeso i poster di al-Sadr e di suo padre.
Un altro acquirente ha ottenuto l'indirizzo dell'appartamento in affitto dalla sede di al-Sadr. Sheikh Ghaith al-Tamimi, che è il portavoce di al-Sadr per i quel quartiere, dice di avere tutti i nomi degli appartamenti abbandonatidagli Zingari, elencati via per via, ma che il suo ufficio ha smesso da tempo di funzionare come se fosse una succursale immobiliare.
"Abbiamo detto loro di lasciare le case, ma che noi non potevamo trattare con i futuri inquilini. Quindi, che era compito loro trovare chi le acquistasse o volesse pagare loro l'affitto." Anche Mehsin, la "squatter" rifugiata nel club dell'aviazione, è tornata nel suo quartiere. Giunta a quella che era la sua casa, si è trovata sulla porta una donna armata con un coltello da cucina. Poi, è riuscita a farsi dare tre milioni di dinari (circa 2.000 $) per la casa. Un decimo del suo valore, dice.
Lei è arrivata al club abbandonato con tutto il suo gruppo, dopo essere stata cacciati da una scuola e da una base militare.
"Cosa possiamo fare? Non abbiamo soldi" ci dice Mehsin,
"Chi poteva permetterselo, ha lasciato l'Iraq; ma dove possiamo andare? Questo è il nostro paese" Knight Ridder correspondent Alaa al-Baldawy contributed to this reportOriginale da:
Romano_Liloro mailing list
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