Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 05/06/2005
Fonte Gruppo British_Roma: Un bambino di sette anni è stato "abbandonato" in Irlanda, dopo che i suoi genitori e il fratellino di quattro anni erano stati rimpatriati forzatamente in Romania. La famiglia faceva parte di un gruppo di di 37 uomini, 10 donne e 8 bambini, tutti imbarcati all'aeroporto di Dublino per la Romania. Riporta oggi ONLINE.IE - 2005-06-05 11:10:02+01 che l'Ufficio Nazionale Rumeno per l'Immigrazione si è adoperato per la risoluzione del caso, e stamattina il bambino ha potuto ricongiursi in Romania con la sua famiglia.
Riportato da Slovenska Tisknova Agencija e da ORF News (Austria): Una donna di 46 anni e sua figlia di 21, entrambe di etnia Rom, sono rimaste uccise stamattina da una granata lanciata nella loro casa, in un villaggio vicino a Novo Mesto. La notizia arriva dalla televisione privata POP TV, e ufficialmente non è ancora stata confermata.
Dall'archivio di Pirori, una segnalazione dell'11 dicembre 2004. Utile per entrare nel tema di una sorpresa che sto preparando per settimana prossima. Aggiornamenti a mercoledì prossimo...
Sentivamo la stessa pena
Ho tentato di tradurlo meglio possibile. L'originale su The Guardian (29 novembre 2004) mi è stato indicato da Nigel su http://groups.yahoo.com/group/allgypsies/ Da leggersi, consiglio, a puntate.
Per molti anni, Walter Winter non parlò di quello che gli successe tra i 20 e i 25 anni. Dopo la guerra, testa bassa e lavorare: le giostre e il matrimonio con Marion, da cui ebbe sei figli, là nel nord est della Germania dove i Winter vivevano da quando lui ne ha memoria. Ad 84 anni, vive ancora lì. "Noi siamo duri" dice, riferendosi alle tempeste sulla sua famiglia e, più in generale, a quelle sulla sua razza. "Siamo forti, perché dobbiamo esserlo."
Herr Winter e sua moglie vivono in un appartamento pieno di ricordi di un mondo che da tempo ha cessato di esistere. Ecco l'orologio del nonno e una scatola con un servizio cinese da te, appeso alla parete un violino circondato da quadretti con scene di carovane a botte, cavalli e bambini. Un modo di vita che esisteva quando Winter era poco più che ragazzo, con otto fratelli, negli anni che lui chiama "dell'Olocausto dimenticato".
Nel 1943, lui e due suoi fratelli finirono nel settore "Zigenuer" di Auschwitz. Sua sorella Maria di otto anni, morì per mano di Josef Mengele; la prima moglie di Winter, Anna, che conobbe nel campo e il loro bambino, morirono dopo che furono trasferiti a Ravensbruck. Suo fratello Erich fu sterilizzato.
"Vogliono che questo sia dimenticato," dice. "Ja. E' una lunga tradizione perseguitare i Sinti. Sempre, sempre."
Non esistono molte testimonianze scritte sul mezzo milione di Rom, Sinti e altre popolazioni nomadi che perirono nei campi, a causa, dice Winter, di una cultura tradizionalmente orale e non letteraria. Diversamente dagli Ebrei, molti dei quali provenivano dalla classe media scolarizzata, i Sinti vivevano della terra. La famiglia diWinter alternava il tradizionale lavoro stagionale nell'agricoltura con quello delle giostre e dei circhi. Erano egregi cavallerizzi e cavallerizze, Winter stesso lo fu.
Già negli anni '20, venivano accompagnati dalla polizia ai confini delle contee tedesche. "Un esempio" racconta Winter attraverso l'interprete, "fu quando avevo sei anni. I miei genitori stavano bevendo il caffè, quel mattino saremmo dovuti partire. Un poliziotto picchiò alla porta della nostra carovana e ci disse che dovevamo partire subito. Mia madre disse, 'Non possiamo partire immediatamente, i bambini stanno facendo colazione.' Ma il poliziotto non voleva aspettare. Estrasse il proprio manganello e mio padre, rapidamente, cominciò a preparare la roba per partire. Ma non era troppo veloce per quel poliziotto. Prima incitò i cavalli e poi bastonò mio padre."
Queste e altre scene sono ricordate nel suo libro, Winter Time, dove alcuni accademici hanno riportato le intervisti che ha rilasciato loro. Non è stata un'esperienza felice, non solo per il dolore di rivivere certe memorie - per quanto sia stato difficile - ma anche per una sorta di malfidenza verso chi aveva ottenuto la patente di "esperto" dell'Olocausto, studiandolo ma non vivendolo in prima persona. Inoltre, l'amarezza per la sorta diversa toccata a chi sopravvisse e ai loro eredi. "E' una discussione terribile" dice della "gerarchia del dolore" su chi appartenga all'Olocausto. Ma non può non rimarcare come, in Europa sia tabù dirsi apertamente antisemiti e tranquillamente accettato essere apertamente antizingari, cosa di cui non ha bisogno di leggere i giornali popolari inglesi per averne conferma.
Nel 1939, la popolazione totale di Rom e Sinti in Germania era stima ta di poco inferiore al milione di persone. Parlavano Romani (o Romanés) una lingua derivata dal Sanscrito. Nel 1938 furono soggetti alla circolare di Heinrich Himmler intitolata "Combattere il Fastidio Zingaro", in cui tutti i Sinti di età superiore a sei anni venivano divisi in tre gruppi: Zingari, parzialmente Zingari e persone nomadi dai costumi zingari. I tentativi di sterminarli furono meno sistematici di quelli diretti contro la popolazione ebraica - erano classificati nemici a bassa-priorità - ma nondimeno furono identificati pubblicamente dal triangolo nero (asociali), o dalla lettera Z (Zingari) e trasportati in gran numero nei campi di sterminio.
La famiglia Winter allora viveva nella regione di Wittmund, dove avevano una casa e i bambini frequentavano la scuola, seguiti da un'insegnante quando i genitori erano assenti per lavoro. Rom e Sinti, racconta Winter, allora erano "popolari e di successo". Alcuni di loro giocavano nella squadra nazionale di calcio, prima di esserne estromessi nel 1933 come "non-ariani". Allo stesso modo a Winter fu imposto di lasciare la marina tedesca, tra l'imbarazzo dei suoi pari. Un addestramento che sarà poi lo salverà una volta rinchiuso nei campi, dove le SS riconobbero la sua preparazione militare.
Verso la metà degli anni '30, il padre di Winter disse alla famiglia di non parlare Romanés in pubblico. Si raccontava di infiltrati nelle comunità Sinte, allo scopo di denuciarli alle autorità. Erano anche identificabili dal nome. "Molti Sinti sono cattolici," dice Winter. "Da quando sono scampato, non ho voluto più aver niente a che fare con la chiesa. I preti mostravano alle SS gli elenchi dei matrimoni, indicando quali fossero i nomi Sinti." Tra Sinti ed Ebrei c'era anche sovrapposizione dei nomi: Weiss, Rosenberg, Bamberger erano comuni in entrambe le comunità.
Questi metodi di denuncia, lasciarono un segno che resiste tuttora. In alcune regioni popolate da Sinti, si registra oggi la spinta ad insegnare la lingua Romanés, ma la generazione di Winter è contraria. "Se la gente parlasse la nostra lingua, ci potrebbe identificare," spiega cupamente "perché mai vogliono impararla?"
Quando venne la polizia ad arrestare i suoi fratelli e sorelle, loro vivevano in una città vicina. Winter andò lì per capire cosa fosse successo e fu arrestato anche lui. Il resto della famiglia riuscì a cavarsela per la protezione che ebbe dal capo del governo regionale, che era andato a scuola con la mamma di Winter (sette degli otto fratelli di Winter sono ancora vivi, uno di loro è diventato milionario col brevetto di una giostra). Winter e i suoi fratelli, oltre a due cugini, furono internati ad Auschwitz. E' una cosa che riemerge della terribile competizione tra chi soffrì così tanto: il relativo merito di essere stati internati, contrapposto alla sicurezza del resto della famiglia. Ancora Winter: "Vedere soffrire la propria famiglia può essere ancora più duro che esserne separati. Ma questo è un confronto senza alcun senso. Non può essere stato peggio per gli uni o per gli altri, Abbiamo avuto lo stesso dolore."
I Sinti, racconta, avevano una reputazione nei campi. Erano forti e coraggiosi, con una lunga esperienza di lavori manuali, Ed erano, aggiunge, incredibilmente "naif". Un giorno, un suo fratello colpì una guardia, nel tentativo di rapire una donna dal blocco e fuggire assieme; incredibilmente, fu graziato. E Winter stesso affrontò Mengele a proposito della diminuzione delle razioni destinate ai bambini del campo. Mengele, conquistato dalla sua chutzpah (Yiddish = audacia, insolenza, coraggio, ndr), acconsentì ad aumentare le razioni, ma questo non salvò i nipoti di Winter.
Qualche volta, Winter si sveglia immaginando di essere ancora lì. E' stata dura per Maron, sua moglie, convivere con la compulsione del marito di raccontare cos'era successo. E' di 20 anni più giovane, mezza Sinti e mezza Ebrea, ha conosciuto sua marito mentre era ricoverata in ospedale. E Winter racconta che per lei ha imparato a cucinare. Si rimbocca le maniche per simulare una gestualità domestica. "Ed ora" dice, allungando le braccia, "vi mostrerò il mio numero."
Nel dopoguerra, a differenza della maggior parte dei sopravvissuti Ebrei, i Winter tornarono nella zona dove avevano vissuto. Come la maggior parte dei Sinti. Dovete capire, ci dice, che non eravamo gente sofisticata o che parlava ingese, l'idea di emigrare in America non faceva per noi. Così ripresero la vecchia vita. Appena trasferiti, furono accusati dai vicini di "rubare l'acqua". Le discriminazioni non erano cambiate da prima della guerra ed inoltre, i soldati inglesi circondavano completamente Amburgo. Così è continuato negli anni a venire. Negli anni '80, Winter fu chiamato a testimoniare contro Ernst Konig, accusato di crimini di guerra, ufficiale nel settore zingaro di Auschwitz, e suicidatosi in seguito alla condanna a vita. Winter fu zittito per i scuo scoppi di rabbia durante il processo. Il giudice disse: "Si calmi, vogliamo un processo civile". E lui rispose: "E chi mai ci ha trattati civilmente?"
"Oggigiorno," continua, "in Germania i neonazisti sono accettati meglio di noi Sinti." E' furioso col cancelliere Schröder che all'inizio di quest'anno ha presenziato all'apertura della galleria fondata da Christian Friedrich Flick, nipote di un industriale nazista. "Una mostra pagata col denaro di noi forzati". Per protesta, si è dimesso dal partito socialdemocratico. Non ha rapporti con altri sopravvissuti; dice di sentirsi in comunanza "mentalmente". Ma vorrebbe che le attività di testimonianza nelle scuole - intende riferirsi agli attivisti ebraici - fossero più comprensive verso i Sinti, che ritiene esserne rimasti esclusi per la differente cultura. "Juden, juden, juden," dice "Sinti, nix." Regolarmente è in viaggio per Berlino, dove si discute ancora invano (http://sivola.blog.tiscali.it/ye1721208/ ndr) sulla costruzione di un monumento per le vittime Sinti. "Sono un vecchio di 84 anni, che deve ancora dimostrare e andare a Berlino..." Qui la sua voce si rompe e d'improvviso abbandona la stanza.
I Sinti nelle posizioni pubbliche sono ancora riluttanti ad ammettere la loro appartenenza. Allora Winter va nelle scuole e nelle università, raccontando le sue storie. Anni passati nel circo, l'hanno reso uno "showman" naturale. E' convinto che la sua storia vada raccontata, perché c'è sempre più gente, ad ogni livello, che vuole negarla. Qualche anno fa era in vacanze a Gran Canaria, quando un'anziana coppia tedesca gli chiese cosa fosse quel numero che aveva sul braccio. "Voi che avete la mia età," rispose, "voi sapete che cos'è." Spera che, come Israele, possa esserci uno stato Sinto? "Ach so," a questa idea fa cenno di diniego con la testa. "Ich bin Deutsche. Ich bin Deutsche."
Winter Time: Memoirs of a German who Survived Auschwitz è pubblicato da University of Hertfordshire, prezzo £9.99.
(o cronache italiane? NdR)di: Ivan Ivanov pubblicato su ERRC.ORG Discriminazione e il complesso di essere Rom Mi è capitato molto presto di sperimentare le violazioni dei diritti umani: il governo cambiò il mio nome di Rom musulmano, che era mio dalla nascita, in uno "tipicamente bulgaro". Era il 1982, avevo quindici anni e frequentavo il primo anno delle superiori nella città di Haskovo, nella Bulgaria meridionale. Mi dissero che non potevo continuare gli studi se non cambiavo il mio nome. Altri in città vennero minacciati di perdere il lavoro. I negozi rifiutavano di vendere il pane a chi non si adeguava. Anni dopo, la stessa cosa successe a chi aveva un cognome turco. Allora ne rimasi molto scosso e ancora oggi sono condizionato dal portare un nome che non è il mio. Ha cambiato il modo in cui vedevo il mondo intorno. Quando mi fu suggerito di scrivere un articolo per "Incontro all'ERRC" sul tema dei diritti dei Rom, ci pensai un poco e poi decisi che avrei descritto le tante assurdità che avevo incontrato mentre lavoravo per i diritti del mio popolo in Europa. Secondo le statistiche ufficiali che, sino a poco tempo fa, la polizia bulgara rendeva pubbliche, il numero dei crimini commessi dai Rom era percentualmente superiore a quello dei non-Rom. D'altra parte, i crimini dei Rom erano, soprattutto di piccola entità. Non risultavano crimini economici [...]; non risultano implicazioni in bustarelle, sottrazione di fondi, interessi privati nella gestione delle aziende. E' praticamente impossibile trovarne in posizioni chiavi tali da permettere loro di commettere atti simili. Che sono crimini, spesso, non riportati. La questione è: qual'è l'ammontare preciso deile attività criminali? Centinaia o migliaia ogni giorno. Il problema è che le statistiche contribuiscono a creare l'idea che il crimine sia da associare ai Rom. La gente si riconosce in questa immagine, perché ha bisogno di credere alla polizia. E questa immagine del crimine è anti-Rom. Ho visto libri che volevano insegnare "Come proteggersi dai borseggiatori Rom". Perché nessuno scrive "Come proteggere l'economia dello stato dai crimini dell'intelletto"? Nell'Est Europa di oggi è ancora una prassi comune per il politico di turno essere eletto promettendo di abolire la "criminalità", da intendersi come "fermare gli Zingari". Ecco allora il rampante sentimento contro i Rom. In Bulgaria, spesso la polizia organizza veri e propri raid nei quartieri Rom. Oggi il lavoro della polizia viene analizzato confrontando quanto si riduce il gap tra casi risolti e no. La maniera più facile per debellare la picola criminalità è imprigionare i Rom e picchiarli finché non abbiano confessato. Nonostante numerose denunce negli ultimi anni sulle brutalità poliziesche, incluso casi in cui Rom sono morti deceduti menter erano detenuti, la polizia nega l'abuso della forza e continua a comportarsi come sempre. Le denunce di maltrattamenti vengono prese in considerazione nella sfortunata ipotesi che un poliziotto si sia dovuto difendere; questo comprende quei casi dove i Rom sono stati colpiti alla schiena durante un tentativo di fuga. I media soffiano sul fuco dell'ostilità anti-Rom. Ricordo un caso in cui un Rom fu ucciso da un non-Rom e il giorno dopo i principali giornali titolarono "Proiettile uccide uno Zingaro alla fermata de tram". Immaginate se la situazione fosse stata all'opposto [...]: indignazioni, discorsi solenni, minacce di schiantare la "criminalità" ecc. Ma i gionali non riportarono che l'assassino non era Rom. Tantomeno posso dimenticare l'assassinio di una giovane Romni a Varna, sul Mar Nero. Un giornale nazionale riportò che quel crudele assassinio poteva essere stato commesso solo da "uno psicopatico o uno Zingaro". Dopo un paio di settimane, si scoprì che l'assassinio era avvenuto per mano del marito, un non-Rom. C'è un altro fatto: in tutta l'Europa dell'Est ci sono leggi che puniscono severamente i crimini su base razziale. In Bulgaria, ad esempio, l'articolo 162 del Codice Penale proibisce l?incitamento all'odio o all'ostilità razziale o nazionale, come pure la discriminazione razziale e la violenza contro persone di diversa nazionalità, razza o religione. Ma raramente queste leggi sono applicate: tanto la polizia che i giudici ritengono impossibile stabilire che un crimine abbia motivazioni razziali. Nella mia esperienza di attivista, ho lavorato a tanti, tanti casi e non ne ricordo uno solo in cui il giudice abbia accusato un non-Rom o un poliziotto di ai aver violato l'articolo 162. "MOrte agli Zingari" si legge sui nostri muri. Si ritiene che le scritte siano opera di ubriachi o skinheads. Non viene fatto niente contro quelle scritte o i loro autori. Discriminazioni e pregiudizi sono evidenti a tutti i livelli. I Rom non vengono ftti entrare nei bar e nei ristoranti, o se lo fanno, non vengono serviti. Da dove vi scrivo queste righe - Ostrava nellaRrepubblica Ceca orientale - i bambini Rom sono il 55% per cento della popolazione scolatica delle scuole per ritardati mentali, e non avranno un buon lavoro in futuro, li aspetta una vita senza dignità. Ho cominciato a ragionare su questi temi quando avevo dodici o tredici anni e comincia a capire di essere trattato in maniera differente dagli altri. Quando sei Rom, sei costantemente sospettato di qualcosa. Ogni volta che succede un piccolo furto, sul tram o in un negozio, la gente ti guarda. Dopo anni, tutti noi maturiamo questa sensazione di continuo sospetto. Per anni, ho sentito questa differenza sulla pelle, senza fare niente. Sapevo che l'essere Rom condizionava i miei rapporti nella scuola, per strada, ogni volta che incontravo un poliziotto. E' un complesso comune a tutti noi e tutt'ora ci sto lottando. Ho studiato per ventisette anni, mi sono laureato in medicina e in legge e probabilmente continuerò ancora a studiare, perché questo è il mio desiderio e la mia motivazione profonda - condivisa da tutti i Rom - essere libero dal sentirsi differente. Nel giugno 1993 fui selezionato da United Roma Union di Haskovo pe partecipare a una Convenzione sui Diritti Umani organizzata dal Consiglio d'Europa. Lì incontrai altri giovani Rom che si sentivano come me e volevano comunicarlo. Molti erano coinvolti in organizzazioni per proteggere i nostri diritti. Drante quella conferenza imparai anche molto sugli strummenti internazionali, sui documenti, sulle leggi che ci avrebbero aiutato. Nel 1994 partecipai a un seminario sulla brutalità della polizia che si tenne a Sofia, organizzato da Human Rights Project (HRP). Ce ne furono altri e nel 1996 iniziai a lavorare per HRP. Nel frattempo avevo terminato gli studi in medicina e iniziato a studiare legge. L'ho fatto perché con la medicina si possono aiutare le persone a livello uno-a-uno, ma io vedo la necessità di un cambiamento radicale e il mihglior campo per questo cambiamento è proprio studiare la legge. Negli ultimi dieci anni il movimento è cresciuto. Ma il periodo è troppo breve perché possa produrre cambiamenti in stereotipi tanto radicati. Ma penso che in futuro, se i Rom sapranno partecpare alla vita socio-politica, le cose cambieranno. I nostri problemi non sono solo i nostri. Sono problemi che affliggono tutta la società. La discriminazione da parte della società maggioritaria ci fa sentire differenti, separati: crea una catena di complessi che ci convince di essere cittadini di seconda classe. Per reazione, tendiamo a tenere distanti i non-Rom. E' quella che si chiama "discriminazione inversa". Ma non ha niente a che fare con la discriminazione inversa, o di ritono, de lidentitatà Rom è formata come l'immagine speculare del razzismo della società.
Dopo cinque anni come avvocato in ERRC a Budapest, dal mese di giugno Ivan Ivanov è il nuovo Direttore Esecutivo di European Roma Information Office (ERIO), organizzazione che ha sede a Bruxelles e si occupa di assistenza legale internazionale ai Rom e di promuovere i loro interessi in Europa.Address: Av. Eduard Lacomble 17, 1040 Brussels, Belgium. Phone: + 32-(0)-2-733-34-62 Fax: + 32-(0)-2-733-38-75
Fotografie del 05/06/2005
Nessuna fotografia trovata.
|