Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 11/12/2011
"Desideri, disperazioni e voglia di normalità dalla periferia più
periferica" Lo trovate nella colonna centrale in alto, dove appaiono delle
frasi a rotazione. Sabato scorso era una di quelle serate che mi concedo una volta
all'anno, niente di particolare: quattro chiacchiere con gli amici, pizza,
birra, cinemino...
Rientro e l'incanto di una serata normale finisce con l'accensione del
computer:
Incendiato un campo nomadi dopo il corteo per lo stupro inventato. Gli amici
commentano a spron battuto, non li conosco tutti, ma è come una chiamata
a raccolta di pezzi sparsi di società civile. Mi scuso con loro, se non mi sono
subito fatto vivo, ma è altrettanto importante scriverne quando le ceneri vanno
raffreddandosi e cominciamo ad illuderci che non sia successo niente (fino alle
prossime fiamme).

Vedete, da una parte c'è la cronaca: e dovremmo chiamare tutto ciò con il suo
nome: POGROM,
che è storia nostra, dei cosiddetti "civilizzati", con le testimonianze di chi
viene cacciato che emergono a distanza di anni. Dopo anni, si cominciò a
ragionare di cosa successe in uno sperduto
villaggio rumeno, quando ormai le fiamme erano dilagate nel continente. Anche
da noi (non vale riscoprirsi innocenti ora): Opera, Ponticelli... ricordate?
Che fine ha fatto chi teneva in mano l'accendino, chi acquistò le taniche di
benzina? Non sto parlando di malagiustizia italiana, è così ovunque. E
che fine ha fatto chi non si sporcò le mani, ma aizzò la folla finché non la
vide partire in corteo con le torce accese? Ripeto: è la nostra storia, che
vediamo come un fascismo che non passa, ma che c'era già prima...
Ci sono anche gli ALTRI nella cronaca, ma non riusciamo a sentirli. Jag,
significa fuoco in romanés, e fa parte tanto della vita che della morte.
Perché il fuoco è l'amico che si conosce sin dall'infanzia, quando ancora si
girava o adesso che ci si è fermati, quando sei in un campo ABUSIVO, o in un
campo REGOLARE dove comunque non hai più accesso all'elettricità. Il fuoco è
CULTURA, perché ha sentito tutti i racconti dei vecchi, ha visto tutti i balli
delle bambine, ha ascoltato tanti violini. Ma chi di voi ha mai visto con che
rapidità prenda fuoco una baracca di legno o una roulotte, sa che l'amico può
diventare il diavolo in persona, quando si scatena.
Può scatenarlo la folla inferocita, ma a volte basta solo una distrazione,
oppure può essere il sacrificio finale del rito di uno sgombero, ufficiato
dalle stesse autorità che sono preposte al rispetto e alla salvaguardia della
vita umana.
E qui torno alla nostra, di società: cosa è UMANO (e cosa non lo è)? Il campo
dato alle fiamme a Torino viene descritto come ABUSIVO, ma anche come TOLLERATO.
Attenzione alle parole: certo, stiamo parlando di un campo, ma come dobbiamo
"classificare" quegli uomini, donne, bambini, che lo abitavano? Abusivi?
Tollerati? Se è questa la loro condizione UMANA, allora ha una sua ragione
la follia di chi appica (appiccherà ancora, NON DIMENTICHIAMOLO) il fuoco per
razzismo, frustrazione personale, noia, gioco ecc., perché non riconosce alle
vittime la condizione di persone titolari di diritti e doveri.
Le ragioni possono essere un furto, una violenza (che per fortuna, stavolta
non è avvenuta); non è onore, neanche difesa degli affetti, ma un puro e
semplice ribadire un concetto di proprietà contro chi è povero ed escluso. E' la
doppia morale di una Forza Nuova non minoritaria, ma diffusa in chi fa della
paura la sua arma politica. E ne trae una doppia moralità:
-
Un manifesto
-
"Stupratele, tanto abortiscono"
Ma attenzione, Forza Nuova diffusa significa anche, se un campo è TOLLERATO,
che chi gli da fuoco può godere di TOLLERANZA: "I rivoltosi si sono così
calmati e allontanati alla spicciolata. Fermato uno dei manifestanti. Un'altra
ventina di persone che avrebbero partecipato all'assalto sono state
identificate" alla faccia della legge.
Piacenzasera.it 9-12-2011 (segnalazione precedente su
Mahalla ndr.)
Una cinquantina di Sinti si sono radunati questa mattina in piazza Duomo per
rivendicare i loro diritti ad essere riconosciuti come una minoranza-etnico
linguistica e ad essere maggiormente considerati all'interno della
amministrazioni locali. Arrivati a Piacenza da tutto il nord Italia, hanno
ribadito le richieste già presentate nei mesi scorsi al governo, che prevedono
oltre al riconoscimento storico anche una serie di diritti legati al sostegno
dei lavori tradizionali svolti dai Sinti, alla valorizzazione della loro cultura
e ad una serie di provvedimenti che facilitano l'inserimento nella vita sociale
del Paese.
I Sinti in piazza Duomo
"Al governo abbiamo chiesto il riconoscimento di una serie di diritti legati
all'abitazione, al lavoro, alla scuola e alla famiglia - ha commentato Davide
Casadio, presidente dell'associazione Sinti italiani, presente alla
manifestazione in piazza Duomo - Alle amministrazioni locali chiediamo di essere
maggiormente considerati, soprattutto riguardo al tema del lavoro; noi facciamo
parte dello spettacolo viaggiante ma costantemente ci vengono negati diritti".
Manifestanti
A Piacenza i Sinti residenti nel campo nomadi sono circa 150, di cui un terzo
minorenni. "Chiediamo che le nostre attività, come giostre e divertimenti
ambulanti, siano più vicine al centro della città e non sistemate alla
periferia" ha aggiunto il segretario provinciale dell'associazione Salvatore
Occhipinti. Tra le richieste fatte dall'associazione Sinti italiani anche la
licenza per l'attività di raccolta del ferro vecchio.
Elvis Ferrari e Salvatore Occhipinti
L'incontro con l'assessore Palladini: "Un tavolo di riconciliazione".
L'assessore comunale ai Servizi sociali Giovanna Palladini ha consegnato ai
rappresentanti della comunità sinti una lettera.
Caro Elvis, caro Salvatore, scrivo a voi perché in questi anni, a fasi alterne, avete assunto un ruolo
assimilabile a quello di portavoce della popolazione sinta residente nella
nostra città.
Oggi manifestate in tutto il Paese, insieme alla vostra gente, per rivendicare
politiche pubbliche capaci di superare l'isolamento sociale in cui vi trovate.
In tutti questi anni le amministrazioni locali che si sono succedute, anche di
diverso segno politico, hanno perseguito azioni costanti rivolte soprattutto ad
obiettivi fondamentali come la scolarizzazione dei vostri figli e il graduale
accompagnamento verso soluzioni abitative alternative alla permanenza nei campi
di via Torre della Razza. Sulla scolarizzazione sono stati ottenuti risultati
importanti fino a garantire la frequenza delle scuole dell'obbligo per tutti i
bambini. Qualche difficoltà in più abbiamo dovuto registrare sul tema della
casa. Spesso, infatti, i progetti di inserimento sono andati a buon fine, ma
laddove ciò non è successo, sono stati rilevanti i problemi che si sono dovuti
affrontare.
Grava, nelle relazioni tra voi e la città, oltre ad una difficoltà antica che vi
accompagna, una questione rilevante relativa al patto che governa il rapporto
tra cittadini e tra questi e la cosa pubblica. Mi riferisco, come potete
immaginare, al debito maturato relativamente al rispetto del regolamento vigente
per l'area di sosta che prevede il pagamento di quote giornaliere comprensive,
tra l'altro, del consumo dell'acqua.
E' necessario che, con la collaborazione delle associazioni di volontariato che
in questi mesi hanno ripreso contatto con il campo, si trovi una soluzione.
Le associazioni alle quali fate riferimento, hanno tra i propri obiettivi
prioritari la definizione di un“Patto di riconciliazione nazionale” come
proposto dall'Opera nazionale e una strategia nazionale che punti
sull'integrazione come proposto dalla Federazione che ha organizzato la
manifestazione di oggi..
Sono obiettivi importanti che presuppongono la volontà di assumere,
reciprocamente, la responsabilità insita nei doveri e nei diritti di
cittadinanza.
Insieme alla Caritas, insieme a voi, abbiamo avviato un percorso di confronto
che ha al suo centro temi quali il lavoro, l'associazionismo, l'integrazione. Un
cammino reso più difficile dall'insolvenza maturata nei confronti del Comune.
Abbiamo bisogno di segni concreti, da parte di tutti, che vadano nella direzione
di una inversione di marcia, che consenta di scrivere a Piacenza un Patto di
riconciliazione locale, in mancanza del quale, saranno vani sia gli esiti delle
vostre rivendicazioni, sia l'impegno profuso dai volontari, a partire dalla
Caritas, e di tutti gli altri soggetti animati da buona volontà.
Fotografie del 11/12/2011
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