In una videolettera al sindaco di Firenze Matteo Renzi, al sindaco di
Sesto Fiorentino Gianni Gianassi e al presidente della Regione Toscana
Enrico Rossi.
Ecco il testo della videolettera che ho scritto:
Caro Sindaco di Firenze Matteo Renzi, sindaco di Sesto Fiorentino Gianni
Gianassi, presidente della regione Toscana Enrico Rossi, ho deciso di rivolgermi
a voi con questa videolettera.
E' freddo. In questi giorni di gennaio il clima è rigido. Una banalità
metereologica che per alcuni rappresenta la differenza fra la sopravvivenza e
l'abbandono della vita.
"E' il suo tempo", dicono i saggi, "è inverno", e conformano le azioni al clima.
D'inverno non si semina e non si ara la terra, la si lascia riposare. A gennaio
non si dovrebbero abbattere baracche travestite da case senza prevedere un
alloggio alternativo per i suoi abitanti Rom. Eppure è quello che rischia il
campo di Quarracchi. Due baracche sono state distrutte nei giorni scorsi e sei
delle persone che vi abitavano le sto ospitando nel mio minuscolo teatro, Cabina
Teatrale; con l'aiuto di don Alessandro Santoro e della Comunità delle Piagge.
Vi chiedo una dichiarazione dello stato di emergenza che permetta alla
protezione civile di aprire un tendone riscaldato, almeno per il periodo
invernale.
Non voglio credere a chi dice che la vita degli esseri umani senza tessera
elettorale non vi interessa. Io credo invece che l'abbiate in testa ma non
abbiate trovato la strada per incrociarla con il cuore.
La politica che sogno non raccoglie voti dalla disgregazione del tessuto
sociale, ma rammenda le ingiustizie intrecciando la speranza al cambiamento.
Matteo Renzi, Gianni Gianassi, Enrico Rossi, in più occasioni avete mostrato di
apprezzare le raccolte fondi a favore dell'ospedale pedriatico Mayer. Anch'io
guardo con ammirazione e gratitudine a questo ospedale d'avanguardia per i
nostri figli, per questo vorrei che consideraste la possibilità di evitare che
altri bambini rom possano essere costretti al ricovero per mancanza di una
struttura di emergenza che permetta loro, cittadini del mondo, di ripararsi dal
freddo.
Se davvero un bambino rom vale come un bambino italiano, non c'è motivo per cui
non permettiate al vostro pensiero di fidanzarsi con l'accoglienza.
La povertà non si ferma con una ruspa e non si estromette dalla storia
edificando un muro. Io so che alcune di queste scelte sono politicamente
difficili, non sono facili, ma quelle vite, quelle esistenze, hanno la feroce
urgenza dell'adesso.
Non c'è libertà se Firenze sceglie la guerra contro i suoi abitanti costruendo
un sistema di privilegi basato sull'esclusione.
Non c'è sicurezza, nello scegliere la guerra contro chi arriva in Italia per
lavorare ed è costretto ad elemosinare un briciolo della nostra felicità.
La democrazia non si esaurisce nello svolgimento delle elezioni, ma si
concretizza nella costruzione di una società che ponga le persone prima degli
oggetti, la vita prima della "roba".
Oggi mi piacerebbe respirare il sudore delle migliaia di giovani che nel
novembre del 1966 arrivarono a Firenze per spalare il fango e i detriti della
più grande alluvione capitata nella città di Dante.
Abbiamo bisogno della solidarietà espressa da quei tanti fiorentini che
abitavano sopra e nei pressi del carcere delle Murate e che quel giorno
d'alluvione accolsero i detenuti nelle loro abitazioni, dopo che le guardie
aprirono le celle perché non facessero la "fine del topo".
Oggi abbiamo bisogno delle Chiese, che aprano le porte delle canoniche e la casa
del Signore.
Oggi vorrei rivivere la decisione di quel circolo Arci che aprì i suoi spazi al
primo piano per ospitare in salvo le mucche degli allevatori.
Anche oggi abbiamo bisogno di quelle stanze, anche se non sono le mucche, a
dover essere salvate. Possiamo riuscirci scrollando dalle nostre spalle l'apatia
dell'indifferenza, del "vorrei ma non posso", del "non tocca a me" o del "ma
cosa vuoi che possa farci?"
Li chiamano "zingari", ma io in quelle persone, in quelle mani grandi, gonfie di
vita, in quei tagli alle dita, in quelle ferite ai polpastrelli, riconosco le
mani di mio nonno contadino. In quello strenuo attaccamento alla vita, in quella
lotta per la sopravvivenza riconosco l'urgenza del nascere di ogni bambino.
E in quelle braccia, in quelle gambe, in quegli occhi, in quel naso, riconosco
l'unica razza, quella umana.
Non è impossibile. E' necessario, costruire un'accoglienza.
Ed è questo quello che vogliamo. Per noi, per tutti noi.
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:36:59 in scuola, visitato 1756 volte)
CorriereFiorentino.it Una storia dove tutti sembrano più buoni, un po' da
libro Cuore, ma tocca accontentarsi, e buon ritorno a scuola
Un ragazzino di dieci anni scrive al sindaco: «Non potreste mettere più
pulmini, così anche noi rom possiamo andare a scuola come gli italiani?»
«Caro sindaco, ho 10 anni e abito al campo rom del Masini, vicino al viadotto
Indiano. Faccio la quinta, e la scuola mi piace. Però c'è una cosa che mi
dispiace molto: il pulmino ci porta a scuola solo alle 10 ed il pomeriggio
dobbiamo andare via prima, così perdiamo quasi tre ore di lezione al giorno».
Inizia così la lettera inviata a Matteo Renzi da un bambino rom. Una missiva
che, ieri mattina, il sindaco ha menzionato come uno dei più bei ricordi del
2010. Parole, quelle del piccolo studente di una primaria fiorentina, che hanno
sortito quasi subito l'effetto sperato. Il Comune ha infatti provveduto a
potenziare il servizio dei cosiddetti pullman gialli, consentendo così al gruppo
di alunni di arrivare in orario.
«Vado anche abbastanza bene, sono il più bravo della classe nel calcolo mentale
- scrive Marco (nome di fantasia ndr) al sindaco - io cerco di studiare, ma
tante volte arrivo a scuola e non capisco di cosa parlano perché hanno già
incominciato da un'ora. Non potreste mettere più pulmini, così anche noi rom
possiamo andare a scuola come gli italiani?» . Una richiesta a cui il sindaco ha
risposto dopo poche ore: «Ho chiesto all'assessore all'educazione, di provare a
vedere se riusciamo a migliorare il servizio. Mi raccomando: tu continua a
studiare alla grande!» . Soddisfatto anche il preside della scuola, Doriano
Bizzarri: «Andiamo fieri di questo progetto organizzato assieme al Quartiere 4
e, nonostante i primi disagi, siamo soddisfatti della risposta del Comune -
spiega- un ottimo presupposto per favorire l'integrazione, non solo a parole» .
Il trasporto scolastico che serve i campi rom della città rientra infatti in un
progetto più ampio, che prevede la distribuzione omogenea dei bambini e dei
ragazzi su tutto il territorio comunale, evitando che certi istituti si
trasformino in ghetti. «A moltissimi dei bimbi rom piace molto venire a scuola
ed è difficile che vi rinuncino- ragiona il preside Bizzarri - oltretutto, in
questo modo, dopo continueranno a frequentare le medie della stessa zona, perché
non si vogliono staccare dagli amici delle elementari» . Una buona notizia, che
si conclude con le parole tipiche della dolcezza disarmante di un piccolo
studente: «Caro sindaco, io sono un bambino rom e tu sei una persona importante
eppure mi hai risposto. Ti voglio dire che il servizio è migliorato molto. Anche
i miei amici sono contenti. Loro non lo sanno che è perché ti ho scritto, non
l'ho detto, ma io lo so. Farai il sindaco per molto tempo vero?» .
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