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Di Fabrizio (del 11/01/2008 @ 21:06:04 in Europa, visitato 2254 volte)
Una lunga segnalazione di Marco Brazzoduro
di Alessio Marchetti
Il collasso del comunismo ha lasciato nei paesi dell’ex blocco sovietico una
serie di tensioni etniche e sociali che la nuova Europa allargata ad est si
trova ora a dover affrontare. L’ingresso dei dieci nuovi paesi nell’Unione
Europea, ha portato con sé, di riflesso, anche un undicesimo silenzioso paese
che nazione non è, senza confini né governo, senza bandiera né inno nazionale:
quello dei Rom.
La questione della minoranza etnica della popolazione Rom, infatti, una volta
isolata nell’est europeo e quasi completamente sconosciuta in occidente, dallo
scorso primo maggio è diventato un problema dell’intero continente. Gli zingari,
come volgarmente vengono chiamati anche se loro preferiscono il nominativo di
Rom, contano, nell’Europa centro - orientale, qualcosa come 6 milioni di
individui su un totale calcolato intorno agli 8-9 milioni di presenza
complessiva su tutto il Vecchio Continente (il censo della popolazione nomade è,
per evidenti motivi, non di semplice determinazione).
Alla vigilia del primo maggio 2004, data dell’allargamento dell’Europa a 25, la
minaccia di una migrazione di massa dei Rom verso quei paesi occidentali, Gran
Bretagna e Irlanda in testa, che avevano promesso l’apertura immediata delle
frontiere ai lavoratori dei nuovi paesi, ha messo in movimento un tam tam di
notizie allarmistiche sulla stampa britannica, la quale, riferiva di orde di
zingari provenienti dall’est Europa che a decine di migliaia, se non addirittura
a milioni (Daily Express) erano pronte a invadere il Regno Unito.
La notizia della clamorosa iniziativa “minacciata” dai Rom, che ha naturalmente
spaventato molti governi e opinioni pubbliche europee e che si è rivelata
infondata, voleva provocatoriamente denunciare la situazione di estrema
difficoltà economica e sociale che questa minoranza vive nei paesi
centro-orientali.
Malgrado la questione in occidente sia quasi del tutto sconosciuta, già da tempo
la Commissione Europea lavora per ottenere dai governi locali rassicurazioni su
una soluzione del problema, tanto da averlo posto a suo tempo come una delle
discriminanti per l’ingresso di Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca,
Slovenia e Ungheria nell’UE. Anche Bulgaria e Romania, paesi di prossimo accesso
nei cui territori è concentrata una presenza di oltre due milioni e mezzo di
nomadi, dovranno affrontare lo stesso esame molto presto.
Un recente rapporto delle Nazioni unite, infatti, ha descritto le condizioni di
vita dei Rom del centro-est Europa come “più vicine a quelle delle popolazioni
dell’Africa Sub-Sahariana che non a quelle degli standard europei”, a causa
della miseria in cui vivono, caratterizzata dal basso tasso di scolarità e
dall’altissima disoccupazione. Sempre secondo questo studio, inoltre, almeno un
nomade ogni sei è in costante stato di fame, mentre il 40% vive in abitazioni
senza acqua corrente e servizi igienici.
Quale sia l’esatta origine storico-geografica dei Rom è ancora in discussione,
ma sembra che il loro arrivo in Europa, provenienti dalle lontane regioni
dell’India attraverso la Persia, possa essere fatto risalire attorno al VII-X
secolo. Arrivati dalla lontana India in Europa nel lontano XIV secolo (secondo
altre fonti anche prima), non cristiani, scuri di carnagione, senza terra ne
nazione, fortemente indipendenti e orgogliosi della propria cultura, senza mai
una vera volontà di integrazione, nella loro forte idea di mantenere una
distanza tra rom e “gadjé” (non rom), si scontrarono subito con il pregiudizio
di una cultura europea troppo diversa dalla loro.
Gli zingari tedeschi chiamano se stessi Sinti. La maggior parte di essi si
stabilì nell’Europa centro-orientale, mentre altri proseguirono il loro viaggio
verso la Germania, la Francia, l’Italia e soprattutto la Spagna. I Rom non hanno
mai tentato di costruire un loro proprio Stato, preferendo vivere sempre nelle
zone di frontiera, orgogliosamente a difesa della loro specificità culturale e
sociale, ottenendo però come risultato l’emarginazione e la discriminazione
della maggioranza. Fin dal loro primo arrivo in Europa i nomadi sono stati
percepiti dagli Stati come un problema da risolvere, attraverso l’assimilazione,
il contenimento, l’esclusione o l’espulsione. Dai secoli di schiavitù in Romania
tra il XV e il XIX secolo alla strage di oltre mezzo milione di Rom nei campi di
concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, la loro storia
nell’est europeo è caratterizzata da repressione e discriminazione. In Germania,
come un po’ in tutta l’Europa centro-orientale, le persecuzioni iniziano ben
prima del periodo nazista: già nel 1721 l’imperatore Carlo IV ordinò lo
sterminio dei rom, con una legge che depenalizzava l’assassinio di uno zingaro.
Nel XIX secolo “studiosi” tedeschi definivano zingari ed ebrei come razza
inferiore e “escremento dell’umanità”. Una ricerca sulla popolazione nomade in
Germania del 1905 condotta dallo studioso tedesco Alfred Dillmann stabiliva che
i rom erano una “piaga” e una “minaccia” e che la Germania doveva difendersi da
essa, evitando una possibile e pericolosa commistione tra le due razze.
La grande differenza tra i Rom dell’Europa centro–orientale e quelli occidentali
consiste nello stile di vita ormai quasi definitivamente sedentario dei primi.
La politica di integrazione iniziata da Maria Teresa d’Asburgo alla fine del
XVIII secolo, volta a eliminare il nomadismo e a incoraggiare la sedentarietà, è
stato solo il primo passo verso l’assimilazione completa a cui sono giunti i
regimi comunisti circa due secoli più tardi.
Quella dei rom, comunemente chiamati zingari, è stata l’unica altra popolazione,
insieme agli ebrei, ad essere obbiettivo di uno sterminio su basi razziali
programmato nella logica della “Soluzione Finale” del Nazismo. La storia
dell’olocausto rom, “Porrajmos” secondo la lingua zingara, è forse una delle
pagine della seconda guerra mondiale meno conosciute ed analizzate.
Su una popolazione che, secondo il censo molto approssimativo del 1939 del
partito nazista, contava circa 2 milioni di individui, sparsi in 11 paesi
d’Europa, ne furono sterminati almeno 500 mila.
La particolarità della cultura rom rende le cifre molto imprecise: si tratta di
una popolazione nomade, largamente analfabeta, conservatrice di una tradizione
orale trasmessa da padre a figlio. Da qui la mancanza di fonti scritte dirette,
di testimonianze difficilmente reperibili. C’è anche da aggiungere che il
Porrajmos fu organizzato in maniera molto meno organizzata e meticolosa rispetto
all’olocausto ebraico, per cui anche da parte nazista non abbiamo quel gran
numero di fonti, documenti e informazioni che invece ci hanno permesso di
ricostruire la tragedia ebrea.
Il fatto che i rom siano degli stranieri, comunque e ovunque, che fossero alieni
ed estranei in qualsiasi luogo si muovano, ha permesso la forte crescita del
pregiudizio nei loro confronti, che è duro a morire anche nei nostri giorni.
Durante gli anni ’20, in piena e democratica Repubblica di Weimar, ai rom era
già proibito di entrare nei parchi e di usare i bagni pubblici. Una
pubblicazione di quegli anni di Karl Binding e Alfred Hoche riprendeva una
definizione coniata 60 anni prima da Richard Liebich che definiva i rom “non
meritevoli di vivere” e classificati sotto la categoria dei “malati mentali
incurabili”. La stesa frase comparve in una legge ad hoc emanata dal partito
nazista qualche anno più tardi. Dunque tutto inizia prima delle leggi di
Norimberga per la difesa della razza del 1935, che va a colpire,
specificatamente, ebrei, neri e rom.
Tutti noi sappiamo della notte dei cristalli che segnò simbolicamente la
persecuzione degli ebrei. Ma nello steso anno, 1938, esattamente nella settimana
tra il 12 e il 18 giugno un altro evento segnò l’inizio della fine: la
cosiddetta settimana della pulizia zingara.
Nel gennaio 1940 ha luogo il primo genocidio di massa con l’uccisione di 250
bambini, che vennero utilizzati come cavie nel campo di concentramento di
Buchenwald per testare il tristemente famoso Zyklon – B, il materiale usato
nelle camere a gas. Himmler fu convinto dell’idea di risparmiare la vita ad
alcuni di loro per poterli utilizzare come strumento per studiare la genetica di
questi “nemici dello Stato”, ma alla fine il regime respinde l’idea.
L’8 dicembre 1938, il primo riferimento alla “Soluzione finale alla questione
zingara” apparve in un documento firmato dallo stesso Himmler. E’ ancora Himmler
, il 16 dicembre 1940, a ordinare la deportazione di tutti gli zingari d’Europa
ad Auschwitz-Birkenau. Qui tra l’1 e il 2 agosto 1944, nella notte degli
zingari, furono gasati 2897 tra uomini, donne, vecchi e bambini in una sola
azione. I forni crematori impiegarono giorni a smaltire la moltitudine di
cadaveri.
Molto spesso, specialmente nelle terre orientali ed in Polonia, i rom non
venivano portati nei lager ma uccisi sul luogo. Dopo aver fatto scavare le fosse
con le loro mani li allineavano sul bordo per l’esecuzione. Operazione questa
non semplice, secondo un rapporto delle SS. Uccidere un ebreo era, infatti,
molto più facile, in quanto rimaneva dritto e stabile, mentre “gli zingari
piangono, si lamentano, si muovono costantemente, anche quando sono già in linea
per l’esecuzione. Alcuni di essi saltano addirittura nella fossa prima che venga
sparato il colpo, facendo finta di essere morti”.
Era lo stesso Adolf Eichmann ad organizzare la logistica delle spedizioni ai
campi, come descritto in un suo telegramma diretto alla direzione della Gestapo,
in cui parla di vite umane come di merce da trasporto: “Riguardo al trasporto
degli zingari bisogna sapere che venerdì 20 ottobre 1939, il primo carico di
ebrei lascerà Vienna. A questo carico devono essere attaccati 3-4 vagoni di
zingari. Treni successivi partiranno da Vienna, Mahrisch-Ostrau e Katovice. Il
metodo più semplice è attaccare alcuni vagoni di zingari a ogni carico. Perché
questi carichi devono seguire un programma, per cui ci si aspetta una rapida
esecuzione del problema”.
Sui rom vennero eseguiti esperimenti di ogni sorta: a Sachsenhausen si cercò di
provare che il loro sangue era diverso da quello tedesco; le donne vennero
inizialmente sterilizzate in quanto “non meritevoli di riproduzione umana” per
poi essere uccise. La legge sulla cittadinanza tedesca emanata nel 1943 non
menziona neanche la popolazione rom. D’altronde perché nominare un’etnia che da
lì a breve sarebbe dovuta scomparire dalla faccia della terra?
Nel resto d’Europa il destino dei rom variò a seconda del paese.
Il regime collaborazionista francese di Vichy internò 30.000 rom, molto dei
quali finirono nei campi di Dachau, Ravensbruck e altri. Gli ustascia croati ne
uccisero circa 26.000, molte migliaia furono uccisi dai serbi, altri furono
deportati dagli ungheresi, dei 6.000 zingari cecoslovacchi ne sopravvisse solo
un decimo.
In Italia, inizialmente, le leggi razziali del 1938 dimenticarono gli zingari,
ma ben presto una circolare del Ministero dell’Interno del 11 settembre 1940
rimediò alla dimenticanza decretando l’internamento dei rom italiani e,
successivamente, anche di quelli stranieri.
I nomi di questi campi ci sono assolutamente poco familiari: Pedasdefogu in
Sardegna, Monopoli Sabina, Tossica, vicino Teramo, Pieve (Viterbo), Isole
Tremiti e Collefiorito. E’ vero che pochi degli internati italiani furono
deportati nei campi di sterminio. La precedenza veniva, infatti, concessa agli
ebrei. Dopo la guerra la discriminazione contro i Sinti in Germania e i rom nel
resto d’Europa continuò.
Nella Germania Occidentale, fino agli anni ’60, i tribunali acconsentirono a
risarcire e a riconoscere gli zingari come vittime della follia nazista solo per
i fatti che avvennero dopo il 1943. Nessuno fu chiamato a testimoniare per conto
delle vittime rom al Processo di Norimberga e nessuna riparazione di guerra è
mai stata pagata ai rom come popolazione. Perfino gli Stati Uniti, sempre così
attenti alle vittime dell’Olocausto, non hanno fatto nulla per assistere i rom
durante e dopo gli anni dello sterminio. Solo il 10% delle centinaia di milioni
di dollari, per i quali il Governo americano era stato dichiarato responsabile
della distribuzione, resi disponibili dall’ONU per i sopravvissuti, è stato dato
ai non-ebrei, e nessuna parte di quel fondo è finita ai sopravvissuti rom.
Alla fine della seconda guerra mondiale, conclusasi con un bilancio di oltre
mezzo milione di Rom trucidati nei campi di sterminio nazisti, la parola
d’ordine nei nuovi Stati socialisti era, infatti, proprio “assimilazione”. La
ricerca dell’uguaglianza e l’eliminazione di ogni differenza etnica e sociale
condusse i regimi comunisti di Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria, Ungheria e
Romania a ricercare un programma di urbanizzazione forzata e di occupazione
lavorativa a largo raggio. Le abitazioni ambulanti dei Rom furono bandite tanto
che in alcuni casi compito della polizia era addirittura quello di rimuovere le
ruote dalle roulottes. In Cecoslovacchia la legge del 1958 sulla “sistemazione
permanente della popolazione nomade e seminomade” li costrinse a stabilirsi
negli agglomerati urbani dei giganteschi quartieri dormitorio delle periferie
cittadine. Molti di essi vennero trasferiti a forza dalla Slovacchia orientale
alla Boemia occidentale per rimpiazzare i Sudeti, i cittadini di origine tedesca
cacciati dopo la seconda guerra mondiale. Tra gli anni ‘70 e ’80 in Bulgaria il
governo abolì la speciale identità culturale Rom costringendoli a bulgarizzare
il nome e proibendo l’uso della lingua; in Romania, negli anni ’80, Ceausescu
condusse una violenta campagna per l’urbanizzazione che vide la costruzione dal
nulla di interi nuovi villaggi.
Nel complesso si può affermare che, per certi versi, durante il periodo
comunista la situazione dei Rom era in qualche modo migliorata, se non altro per
le aumentate opportunità di accesso allo studio e al lavoro. I bambini erano
obbligati a frequentare le scuole cosi come a ricevere le vaccinazioni, gli
adulti avevano un lavoro e non si veniva picchiati per strada dalla violenza
xenofoba degli skin-heads. Allo stesso tempo però l’assimilazione forzata portò
alla nascita di tensioni sociali e razziali nella popolazione maggioritaria
locale destinate destinata ad esplodere non appena la coperta di bugie dei
regimi fosse stata tolta.
La violenza e la discriminazione razzista nei confronti dei Rom è documentata
fin dal 1990 un po’ in tutta l’Europa centro–orientale. L’improvvisa insicurezza
sociale ed economica in cui le fasce deboli delle nuove democrazie dell’est si
sono venute a trovare contribuirono all’apprensione per la ricerca di un nuovo
nemico che portò alla rapida formazione di movimenti razzisti di estrema destra.
Attacchi violenti di matrice etnico–razziale si sono verificati ovunque nel
corso di questi ultimi quindici anni, facendo anche numerose vittime. Appena lo
scorso anno, in Repubblica Ceca, furono registrati ben 364 attacchi di natura
xenofoba, una media di uno al giorno, senza tener conto che il record è
indubbiamente sottostimato a causa della reticenza della polizia ad archiviare
le violenze come razziste.
Nel 1999 la stampa internazionale puntò i suoi riflettori su una sconosciuta
cittadina industriale del nord della Boemia, a poche decine di chilometri da
Praga, Usti nad Labem. La città, che conta centomila abitanti, vede la presenza
di circa ventimila Rom, quasi tutti disoccupati. Con la sola eccezione di una
graziosa chiesa barocca restaurata di recente, Usti nad Labem combina una serie
di grigie mostruosità architettoniche sul modello del realismo socialista a
edifici del XIX secolo. Il teatro della vicenda è Matični ulice (via Matični),
una strada popolare composta da blocchi di piccoli appartamenti statali forniti
ai cittadini in difficoltà economica, che vede contrapposte famiglie ceche da un
lato della strada e alcune decine di famiglie Rom dall’altro; per far fronte
alle proteste di alcuni cittadini che lamentavano la sporcizia e il chiasso dei
vicini Rom, accusati anche, in questo caso giustamente, di non pagare l’affitto,
il sindaco della città, Ladislav Hruska, fece erigere un muro alto quattro metri
che dividesse le due popolazioni.
Dopo alcune proteste da parte dei comitati Rom fu lo stesso governo ceco a
intervenire sulla municipalità locale per impedire la costruzione del muro, che
non avrebbe di certo contribuito a dare un’immagine positiva al paese in vista
di un suo futuro accesso nell’UE. Sia la Commissione Europea, che la CSCE e le
associazioni per i diritti umani, avevano mandato i loro emissari a controllare
la situazione, la quale era finita sulle pagine dei giornali cechi e
internazionali (se ne è occupato anche il Washington Post).
Alla fine il muro fu eretto lo stesso, sotto la sorveglianza di decine di
poliziotti che avevano l’ordine di vigilare sulla costruzione ventiquattro ore
al giorno. Il sindaco Hruska per giustificare l’opera commentò laconicamente:
“Vogliamo solamente separare la gente decente da chi decente non è”.
Qualche mese più tardi dopo varie pressioni governative il muro fu finalmente
abbattuto, nonostante la solidarietà espressa da più parti, pubbliche e private,
alla municipalità.
In Slovacchia, in questi anni, la discriminazione è andata anche oltre. I casi
di violenza razzista si sono, infatti, spesso incrociati a provvedimenti
governativi imbarazzanti, ritirati quasi all’ultimo momento dalle aule del
Parlamento. Tra gli altri, tanto per citarne uno, quello del 2002 dove fonti del
Ministero della Cultura davano per applicabile l’idea di istituire degli
appositi campi di rieducazione per Rom dove gli ospiti, secondo le parole di
Edana Marash-Borska dell’allora partito di governo ANO, avrebbero dovuto
“lavorare secondo le loro abilità”. I Rom inoltre, in questi campi, non
avrebbero avuto bisogno di soldi poiché “ognuno avrebbe ricevuto quanto dovuto:
un pacchetto di sigarette al giorno, sapone, shampoo, dentifricio, caffè, the e
dolci per i bambini”.
La questione Rom è nuovamente saltata alle cronache lo scorso anno, nel febbraio
2004, in seguito a una clamorosa protesta da parte di alcune centinaia di
zingari nella Slovacchia orientale. Qui, infatti, i tagli fino al 50% disposti
sui fondi per il sostentamento delle fasce più deboli decisi dal governo di
centro-destra, ha scatenato la furia dei nomadi i quali, vedendo in tale
decisione l’ennesimo atto discriminatorio nei loro confronti, hanno preso
d’assalto negozi e saccheggiato supermercati. Il governo slovacco ha risposto
schierando oltre ventimila uomini tra polizia ed esercito e sparando acqua dai
cannoni contro i civili, fatto che non accadeva addirittura dalla Rivoluzione di
Velluto del 1989, ferendo anche donne e bambini.
La piccola Repubblica Slovacca, che conta una delle più alte concentrazioni
della minoranza Rom in percentuale alla popolazione (circa il 10%), così come la
cugina Repubblica Ceca, è stata più volte ammonita dalle organizzazioni
internazionali per la salvaguardia dei diritti umani, le quali accusano non solo
la magistratura di “sottovalutare” il problema ma addirittura la polizia stessa
di compiacenza con gli atti discriminatori e razzisti. Clamoroso il caso di
Karol Sendrei che nel 2001 morì, in Slovacchia, in una stazione di polizia
incatenato a una stufa dopo essere stato picchiato nel corso della notte.
Lo scorso anno, nel maggio 2004 Amnesty International ha presentato un nuovo
rapporto che denunciava ancora due casi di abusi da parte della polizia ceca nei
confronti di Rom: il primo faceva riferimento a un episodio accaduto a Cheb
(città natale di Pavel Nedved, a circa 100 km a ovest di Praga) dove un uomo, di
nome Karel Billy, fermato durante un normale controllo stradale, è stato fatto
scendere dalla propria auto, costretto a salire nella macchina della polizia e
condotto in un boschetto fuori città. Qui, una volta al riparo da occhi
indiscreti i poliziotti lo hanno assalito con pugni e calci, umiliandolo con
frasi razziste e cospargendolo, infine, di urina.
Il secondo caso si riferiva a un episodio accaduto nella cittadina di Popovice,
dove cinque ufficiali in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione
nell’abitazione di una famiglia nomade accusando i presenti di aver rubato nel
ristorante di proprietà proprio di uno degli stessi poliziotti coinvolti e
insultandoli con frasi razziste.
Il rapporto di Amnesty International va ad aggiungersi a quelli già elaborati
dalle apposite commissioni dell’ONU nel gennaio 2005 e, precedentemente,
nell’agosto 2003, le quali intendevano sottolineare la mancanza di programmi
governativi veri che potessero apportare un qualche miglioramento alle
condizioni di vita della popolazione Rom, attenuando allo stesso tempo le
discriminazioni nei loro confronti. Amnesty ha riscontrato una sorta di
reticenza a punire i colpevoli delle aggressioni da parte degli organi
giudiziari preposti, i quali molto spesso ammettono con gran fatica la natura
razzista degli attacchi minimizzando il problema.
Altro problema di non facile soluzione e che accomuna un pò tutti i paesi dove
la presenza nomade è sensibile è quello del numero della popolazione Rom che
cresce in maniera inversamente proporzionale a quello della maggioranza locale.
Il tasso di natalità tra i nomadi è molto alto ed è naturalmente destinato ad
influenzare l’equilibrio etnico di molte regioni. I Rom sono già circa il 10%
della popolazione totale in Bulgaria, Macedonia, Slovacchia e Romania, paese,
quest’ultimo, che ne conta la maggior presenza calcolata in circa 2 milioni di
individui. Già durante gli anni dell’assimilazione comunista i regimi si
imbatterono nella questione demografica, cercandone, a loro modo, una soluzione.
In Cecoslovacchia, ad esempio, durante gli anni ’70 e ’80, il governo condusse
una politica di riduzione delle nascite controllata attraverso l’uso sistematico
della sterilizzazione. Le donne Rom vennero in pratica obbligate ad accettare
questa pratica sotto la minaccia, in caso di rifiuto, di vedersi togliere i
benefici sociali dallo Stato.
Da sempre si era considerata la coercizione delle donne Rom alla sterilizzazione
come conclusa con la caduta del regime. Secondo un documento della CSCE (la
“Commissione sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa”, promossa dal
Congresso americano nel 1976 per vigilare sulla difesa dei diritti umani) la
pratica in Repubblica Ceca e Slovacca sembra essere continuata ancora dopo il
1989.
La CSCE cita, infatti, un documento intitolato “Body and Soul: Forced
sterilization and other assaults on Roma reproductive freedom”, pubblicato a New
York nel gennaio del 2003 dal CRR (“Center for Reproductive Rights”) e dal
“Centro Slovacco per i Diritti Umani e Civili” (Poradna). Gli autori di questo
studio identificano circa 110 casi avvenuti di sterilizzazione su donne Rom,
senza il loro consenso, dopo il 1990 in ospedali pubblici slovacchi.
Significativa in tal senso la dichiarazione del Ministro della Sanità, Lubomir
Javorsky, il quale nell’ottobre del 1995, durante una celebrazione a Kosice
dichiarò che “il governo farà tutto il necessario per assicurare che più bambini
bianchi vengano dati alla luce a scapito dei bambini Rom”.
La discriminazione e il pregiudizio nei confronti dei Rom è, dunque, una
componente molto presente nelle società dell’Europa dell’est, le quali vedono
questa minoranza come un qualcosa di esterno, di diverso e, spesso, di cui
vergognarsi. Lo stile di vita calmo, compito, rispettoso, quasi silenzioso delle
società di influenza asburgica contrasta in maniera stridente con la
chiassosità, l’animosità, l’inadattabilità e l’indolenza rom.
Gli esperti sono concordi nell’affermare che la segregazione e la povertà dei
Rom è sicuramente in larga parte dovuta alla scarsa qualità, se non addirittura
alla totale mancanza, dell’educazione scolastica dei giovani. Basti pensare che
in Bulgaria, ad esempio, solo il 20% dei bambini inizia la scuola elementare
mentre appena il 2% finisce le superiori. In Romania, se possibile, la
situazione è ancora più grave: su una popolazione zingara di un milione e mezzo
di individui almeno uno su tre è analfabeta. Qui, come in molti altri paesi
dell’area i bambini Rom frequentano scuole separate da quelle dei loro coetanei
romeni; spesso sono proprio gli stessi direttori delle scuole a prendere questa
decisione basando il loro giudizio semplicemente sul colore della pelle,
ovviamente in aperta violazione della legge. In Repubblica Ceca si stima che
circa il 75% dei bambini Rom non sono ammessi nelle scuole pubbliche e vengono
dirottati in classi speciali di più basso livello educativo riservate ai bambini
con difficoltà di apprendimento, con ovvie gravi conseguenze sulla loro
formazione superiore; in Bulgaria, spesso, sono costretti a frequentare scuole
per handicappati mentali semplicemente perché non parlano il bulgaro.
Nonostante le nuove democrazie abbiano adottato costituzioni con ampi
riconoscimenti per le minoranze etniche, i soli a non averne beneficiato, molto
anche per colpa loro, sono stati i Rom, a causa dell’incapacità di provvedere da
soli alla difesa dei propri diritti e al carattere sospettoso che li porta,
spesso, a rifiutare aiuti dall’esterno.
A causa delle pressioni di Bruxelles, comunque, la situazione sembra andare
verso un lento miglioramento, tanto che nelle scuole romene è ora possibile
studiare anche la letteratura Rom. In Ungheria il governo ha promesso di
eliminare le classi speciali entro il 2008, in Bulgaria ci si sta orientando
verso l’integrazione grazie alla creazione di classi miste, mentre a Praga hanno
pensato di fornire borse di studio ai giovani Rom che vogliono proseguire lo
studio superiore.
Da salutare come un importante passo avanti, inoltre, l’elezione della prima
deputata di origine Rom al Parlamento Europeo, Livia Jaroka, 29 anni, eletta
nelle ultime votazioni europee in Ungheria tra le fila del partito di
opposizione di centrodestra Fidesz – Unione Civica Ungherese.
Rimane a questo punto da sperare che il sondaggio elaborato dal Centro di
Statistica Ceco apparso a giugno 2004, subito dopo l’ingresso nell’Europa Unita,
e che riporta la nascita di una nuova coscienza solidale tra i giovani cechi sia
solo il segnale di un primo cambiamento che la nuova Europa a 25 ha saputo
portare: allargamento non solo dei confini ma anche delle mentalità.
Di Fabrizio (del 11/12/2008 @ 20:33:21 in Italia, visitato 2258 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Signor Sindaco,
Tutta la comunità del campo Casilino 900 è stata lieta della sua partecipazione
all’ iniziativa di domenica 23 novembre "Quando cadono i muri", contro il
crescente e allarmante pregiudizio nei confronti del popolo ROM, che pervade la
nostra società e che sta diventando un avvelenato paradigma di tutte le
intolleranze. Come non essere profondamente angosciati e come poter dimenticare
la sorte che ha accomunato i Rom agli Ebrei e che ha portato al genocidio
nazista dei nostri due popoli?
Abbiamo scelto questa giornata simbolica per inviarle questa lettera proprio per
ricordare a tutti che ancora oggi ai Rom molti diritti fondamentali vengono
negati.
Infatti, come non cogliere un atteggiamento xenofobo dietro la comunicazione
dell’arresto di quattro persone insediate nel campo? Noi siamo felici
dell’intervento delle forze dell’ordine quando come in questo caso è mirato
all’accertamento di gravi responsabilità individuali, la comunitò è la prima
vittima della criminalità organizzata e Le rinnova la disponibilità già data al
Prefetto Mosca di collaborare affinchè sistemi malavitosi non si insinuino
nell’insediamento. Non possiamo però non indignarci di come molta mala
informazione approfitti di questi eventi per alimentare pregiudizi e fomentare
la xenofobia e l’odio verso tutti i Rom, sancendo di fatto un principio di
responsabilità collettiva inaccettabile in una democrazia.
La firma con cui ha voluto siglare la Petizione in sostegno e solidarietà con il Casilino 900 apre una prospettiva di concreta speranza e viene a confermare così
l’accoglienza e il rilancio delle proposte della comunità, a partire dalle più
indilazionabili: il rapido ripristino di acqua e luce e lo smaltimento delle
immondizie.
Questi primissimi interventi irrinunciabili permetteranno a tutta la Comunità di
iniziare a riemergere dalla critica crisi igienico - sanitaria in cui è
precipitato l’insediamento.
Ma soprattutto, signor Sindaco, le siamo grati per la sua risoluzione di voler
ripristinare il tavolo di concertazione, aperto dal Prefetto Mosca, con la
comunità e con i soggetti che in questi duri mesi di accerchiamento ci sono
stati vicini, per condividere le scelte che riguardano i destini della stessa
comunità. A riguardo attendiamo una convocazione.
Lei, con nostro vivo compiacimento, si è inoltre appellato alla normativa
europea, per stabilire i criteri con cui iniziare ad operare.
Questo di fatto lo intendiamo come un sostegno al superamento dei "campi" - per
la realizzazione dei quali 3 volte l’Italia è stata condannata dalla Corte
Europea - ma di insediamenti, senza discriminatorie recinzioni e
videosorveglianza, ove favorire l’integrazione, invece di sancire la
segregazione dei Rom.
Oltre a queste richieste che hanno fatto parte delle questioni più urgenti
richiamate durante la sua visita, vogliamo cogliere immediatamente lo spirito
pragmatico e di collaborazione da lei così sinceramente proposto.
Assieme a Stalker – Osservatorio Nomade, al DIP.S.U. dell’Università di Roma Tre
e con il sostegno di un nutrito numero di associazioni cittadine e comitati di
quartiere stiamo elaborando un ventaglio di proposte, i cui principi ispiratori
sottoponiamo alla Sua attenzione affinché vengano discusse sul tavolo di
concertazione, in maniera che la soluzione congiuntamente individuata possa
essere sviluppata in uno studio di fattibilità ed in seguito in una
progettazione definitiva.
Le proposte che di seguito riportiamo sono, come da Lei stesso dichiarato
durante la Sua visita al campo, da attuarsi attraverso la pratica dell’autorecupero
e dell’autocostruzione assistita, e potrebbero essere estese anche a cittadini
non rom in condizioni di disagio abitativo: il fatto di partecipare insieme alla
costruzione di un insediamento misto sarebbe infatti un primo passo importante
verso la reciproca conoscenza e l’integrazione. Tutte le ipotesi si basano sul
rispetto delle normative europee e quindi degli standard abitativi che, come lei
sa, nei campi di container non vengono rispettati. Pertanto le proposte sono
concepite prive di tutte quelle forme evidenti di discriminazione e
ghettizzazione che caratterizzano gli attuali "campi nomadi", caratteristiche
incompatibili con i dettami costituzionali ed europei e con il rispetto dei
diritti dell’uomo.
- Ipotesi A _ progetto di recupero in situ
In continuità con quanto proposto dall’Agenzia delle Nazioni Unite UN – Habitat,
per gli insediamenti spontanei - proponiamo un progetto di recupero
dell’insediamento in situ. Abbiamo valutato che questa ipotesi risulterebbe
essere la più economica, la più rapida e rispettosa del diritto all’abitare.
Inoltre permetterebbe di procedere rapidamente senza dover reperire nuove aree e
troverebbe il consenso entusiasta di gran parte della comunità. Vista la
bassissima densità abitativa l’estensione dell’insediamento potrebbe essere
considerevolmente ridotta.
- Ipotesi B _ microaree nel VII Municipio
Nel rispetto della continuità territoriale, dei principi di integrazione e di
promozione della scolarizzazione, proponiamo di distribuire la Comunità, secondo
la struttura dei legami familiari in microaree o edifici dismessi di proprietà
pubblica da reperire all’interno del VII Municipio. Questo consentirebbe ai
minori in gran parte iscritti nelle scuole del quartiere di non dover
ricominciare daccapo il percorso di integrazione scolastica.
- Ipotesi C _ progetto di un nuovo insediamento fuori dal VII Municipio
Nel caso - che vorremmo scongiurare - non si reperissero le aree all’interno del
VII Municipio è ipotizzabile realizzare un insediamento o l’autorecupero di
immobili dimessi, su un terreno quanto più vicino all’area dell’attuale
insediamento, provvisto di collegamenti pubblici e non isolato rispetto al
tessuto cittadino.
Ben più di una settimana è passata dalla festa, siamo consapevoli delle
difficoltà tecniche ma la invitiamo a dar seguito al più presto al suo
intendimento di restituire acqua e luce all’insediamento. Che si sia lasciata,
da nove mes,i un’intera comunità di 600 persone con quasi 300 bambini senz’acqua
e senza luce è inaccettabile e ancora una volta contrario alla Carta dei Diritti
dell’Uomo di cui oggi si celebra l’Anniversario.
Da parte nostra ci teniamo a comunicarle che stiamo dando seguito a quanto da
noi stessi determinato con il regolamento interno al Casilino 900. Si stanno
informando tutti i nuclei familiari del merito e delle conseguenze per quanti
contravvengano. Ci stiamo attivando per favorire il deflusso delle acque
stagnanti e lo smaltimento delle immondizie, problemi che costituiscono un reale
pericolo igienico sanitario, e che, come lei sa bene, non possiamo risolvere da
soli senza il concreto sostegno delle Istituzioni.
Rinnovando la fiducia a quanto da lei detto personalmente qui al campo non diamo
credito alle illazioni, spesso portate avanti con toni discriminatori e razzisti
con cui molta stampa annuncia i nostri destini già segnati, in containers fuori
dal raccordo anulare, peraltro in una area di 30 ettari, più di tre volte il
Casilino 900 e 10 vollte più grande di quanto non serva ad ospitare l’intera
Comunità di Casilino 900.
Con i più cordiali saluti e con la massima disponibilità nella collaborazione
con le Istituzioni
I rappresentanti di Casilino 900
Di seguito riportiamo alcuni documenti del Consiglio d’Europa e del Parlamento
Europeo.
RACCOMANDAZIONE N. 1557 (2002)
adottata da l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa,
il 25 Aprile 2002
L’Assemblea invita gli Stati Membri a rispettare le sei condizioni qui
elencate, necessarie per migliorare la situazione dei Rom/Sinti in Europa:
PRIMA CONDIZIONE
Riconoscere lo stato giuridico dei Rom e dei Sinti
...
SECONDA CONDIZIONE
Elaborare ed attuare programmi specifici atti a migliorare l’integrazione
dei Rom e dei Sinti nella società come individui, comunità, gruppi minoritari;
assicurare inoltre la loro partecipazione ai processi decisionali
a livello locale, regionale, nazionale ed europeo.
...
TERZA CONDIZIONE
Garantire ai Sinti e ai Rom trattamenti in quanto gruppo minoritario nel
campo dell’istruzione, dell’impiego, della assistenza medica, dei servizi
pubblici, della sistemazione abitativa.
...
QUARTA CONDIZIONE
Sviluppare e mettere in atto azioni positive che favoriscano le classi
svantaggiate, quali appunto i Rom ed i Sinti, nel campo dell’istruzione,
dell’impiego e degli alloggi.
...
QUINTA CONDIZIONE
Prendere provvedimenti precisi e creare istituzioni speciali per proteggere
la lingua, la cultura, le tradizioni, di identità sinte e rom.
...
SESTA CONDIZIONE
Combattere il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza e garantire un
trattamento non discriminatorio dei Rom/Sinti a livello locale, regionale,
nazionale, internazionale.
RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SULLA
SITUAZIONE DEI ROM NELL’UNIONE EUROPEA DEL
28/04/2005
Il Parlamento europeo,
condanna fermamente qualsiasi forma di discriminazione nei confronti
della popolazione Rom;
invita il Consiglio, la Commissione, gli Stati membri e i paesi candidati
ad esaminare il riconoscimento dei Rom come minoranza europea;
sollecita la Commissione a includere il tema della lotta contro l’antizingarismo/
fobia dei Rom in tutta Europa fra le sue priorità per il 2007,
Anno europeo delle pari opportunità per tutti, ed esorta la società politica
e civile a tutti i livelli a chiarire che l’odio razziale contro
i Rom non può mai essere tollerato nella società europea;
...
invita gli Stati membri e i paesi candidati a rafforzare le proprie disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative intese a contrastare
in modo specifico ed esplicito l’antizingarismo e la fobia dei
Rom e a proibire la discriminazione razziale e i connessi fenomeni di
intolleranza, sia diretti che indiretti, in tutti gli aspetti della vita
pubblica;
invita gli Stati membri e i paesi candidati a scambiare le migliori pratiche
al fine di incoraggiare la promozione della cultura Rom;
invita gli Stati membri a prendere opportuni provvedimenti per eliminare
l’odio razziale e l’istigazione alla discriminazione e alla violenza
contro i Rom nei mass media e in ogni forma di tecnologia della comunicazione,
ed esorta i grandi media ad instaurare buone prassi in materia
di assunzione di personale in modo che questo rifletta la composizione
della popolazione;
invita gli Stati membri e i paesi candidati a definire una strategia per
migliorare la partecipazione dei Rom alle elezioni in qualità di votanti
e candidati a tutti i livelli;
sottolinea l’esigenza di garantire pari diritti sociali e politici ai
migranti di origine Rom;
sottolinea che la mancanza di documenti ufficiali costituisce un grave
ostacolo all’esercizio dei diritti fondamentali dei Rom in Europa nonché
al loro accesso a servizi che sono essenziali per l’inclusione sociale;
...
ricorda la risoluzione del Consiglio e dei ministri dell’istruzione riuniti
in sede di Consiglio, del 22 maggio 1989, concernente la scolarizzazione
dei figli degli zingari e dei girovaghi, e ritiene che garantire
a tutti i figli dei Rom l’accesso all’istruzione ufficiale continui ad
essere una priorità;
invita gli Stati membri e i paesi candidati ad adottare provvedimenti per
garantire a tutti parità di accesso ai servizi di assistenza sanitaria e
di sicurezza sociale, a porre termine a tutte le pratiche di discriminazione,
in particolare alla segregazione delle donne Rom nei reparti di
maternità, e a impedire la pratica della sterilizzazione non consensuale
delle donne Rom;
accoglie con favore la formazione di un Foro dei Rom e viaggiatori europei
ed il lavoro dei gruppi del Parlamento che si occupano delle questioni
dei Rom e delle minoranze;
...
ritiene che la ghettizzazione esistente in Europa sia inaccettabile e
invita gli Stati membri ad adottare misure concrete per procedere alla
deghettizzazione, combattere le pratiche discriminatorie nell’assegnazione
di alloggi e assistere i Rom nella ricerca di alloggi alternativi
e in buone condizioni igieniche;
sollecita i governi delle regioni in cui vivono popolazioni Rom a compiere
ulteriori passi per integrare pubblici dipendenti Rom in tutti i
livelli amministrativi e decisionali, in linea con gli impegni precedentemente
assunti, e a stanziare le risorse necessarie per l’effettivo
assolvimento dei compiti connessi con tali posizioni;
...
invita la Commissione ad esortare pubblicamente i governi nazionali a
garantire che i programmi di finanziamento a favore dei Rom vedano la
piena partecipazione dei soggetti interessati alla loro concezione, attuazione
e monitoraggio;
...
invita i partiti politici, a livello sia nazionale che europeo, a riformare
le proprie strutture e procedure interne al fine di rimuovere ogni
ostacolo diretto o indiretto alla partecipazione dei Rom e ad incorporare
nella propria agenda politica e sociale programmi specifici finalizzati
alla loro piena integrazione;
...
sollecita tutti gli Stati membri a sostenere iniziative volte a rafforzare
l’autorappresentazione dei Rom e la loro partecipazione attiva alla
vita pubblica e sociale nonché a consentire alle organizzazioni civili
Rom di far sentire la loro voce;
invita la Commissione a sollevare la questione Rom a livello paneuropeo,
in particolare con i paesi candidati, in quanto i Rom sono presenti in
ogni parte d’Europa.
Di Fabrizio (del 31/08/2006 @ 18:33:55 in Regole, visitato 2771 volte)
Budapest, 31 agosto 2006 - In una decisione comunicata questa settimana, il Comitato ONU per l'Eliminazione della Discriminazione contro le Donne (CEDAW) ha condannato l'Ungheria per violazione della Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne, in riferimento alla sterilizzazione di una Romni senza il suo consenso, nel gennaio 2001.
Il 2 gennaio, la donna (Ms. S.) fu sterilizzata dai dottori all'ospedale di Fehergyarmat. Mentre era operata per un aborto spontaneo, le venne chiesto di firmare dei fogli per ottenere il suo consenso a tale operazione, senza fornire informazioni sull'intervento, la sua natura, i possibili rischi o le conseguenze di una sterilizzazione. Neanche venne informata sulle altre forme di controllo delle nascite. Solo in seguito venne a conoscenza del fatto che non sarebbe potuta più rimanere incinta.
Il 15 ottobre 2001, Ms. S e il suo avvocato fecero causa all'ospedale, per lesione dei diritti della querelante e per aver agito in maniera non professionale, quindi per non aver richiesto il consenso o aver fornito le indicazioni necessarie. Il ricorso venne accettato il 22 novembre 2001.
Durante l'appello, il Tribunale Regionale di Szabolcs-Szatmar-Bereg ritenne che il personale ospedaliero aveva agito negligentemente nei confronti di Ms. S, [...] ma contemporaneamente concluse che la sterilizzazione era irreversibile, ma non esisteva la certezza di un detrimento della querelante, che non aveva quindi ragione di chiedere un indennizzo.
A fronte di questa decisione, il 12 febbraio 2004 European Roma Rights Centre (ERRC) e l'Ufficio Legale di Difesa per le Minoranze Etniche e Nazionali (NEKI) chiesero la riapertura del caso, portandolo all'attenzione di CEDAW [...]
For further details on this case, please contact dr. Anita Danka at ERRC (anita.danka@errc.org), (36 1) 41 32 200, or dr. Bea Bodrogi at NEKI (bbodrogi@yahoo.com), (36 1) 303 89 73 or (36 1) 31 3144 998
Di Fabrizio (del 28/10/2009 @ 17:29:18 in Europa, visitato 2086 volte)
Da
Czech_Roma
Praga, 23.10.2009, 18:06
La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso compilato da Helena
Ferenčíková, la donna rom che aveva accusato l'ospedale di Vítkov di averla
sterilizzata contro la sua volontà, vicenda che si era conclusa con le pubbliche
scuse ma senza alcun indennizzo finanziario. Un tribunale aveva giudicato il suo
diritto ad un indennizzo come soggetto ad uno statuto di limitazioni che era
scaduto. ČTK riporta che ora la Corte Costituzionale ha sostenuto questo
verdetto. Nel 2005 il primo caso era stato portato in tribunale da una donna rom
sterilizzata senza il suo assenso.
Sia il Tribunale Regionale di Ostrava che l'Alta Corte di Olomouc avevano
entrambe stabilito che i dottori avevano commesso un atto illegale con la
sterilizzazione senza consenso esplicito della signora Ferenčíková, cheall'epoca
aveva 19 anni. Le loro azioni violavano tanto la sua integrità fisica che la sua
privacy. Però i tribunali avevano aggiunto che il diritto ad un indennizzo
finanziario è soggetto ad uno statuto triennale di limitazioni, scaduto
nell'ottobre 2004. Il ricorso della Ferenčíková era stato presentato al
Tribunale Regionale solo nel 2005.
Nel reclamo costituzionale, l'avvocato di Ferenčíková ha sottolineato la
gravità della violazione dei diritti umani che ne consegue, reclamando che
"l'applicazione dello statuto generale delle limitazioni ha privato la
querelante della protezione dei suoi diritti fondamentali e della dignità". Il
reclamo dimostra che c'è stata violazione delle buone morali nel negare un
indennizzo con la scusa che lo statuto delle limitazioni era scaduto. L'avvocato
ha anche ricordato che col tempo, i verdetti riguardanti queste limitazioni si
erano volti ad una maggiore flessibilità.
Però i giudici hanno trovato senza sostanza le obiezioni di Ferenčíková. "La
Corte Costituzionale trova che i tribunali giudicanti hanno deciso sul caso
correttamente, spassionatamente ed in pieno accordo con la legge," riporta
Justice Vlasta Formánková nella motivazione della decisione. Justice
Formánková ha anche notato che nel 2008 le variazioni dei precedenti verdetti
riguardanti casi simili, sono state unificate dalla Camera Grande della Corte
Suprema, perché fossero rimesse in linea con la precedente decisione nel caso Ferenčíková.
I dottori sterilizzarono Ferenčíková alla nascita del suo secondogenito.
Obiettarono di aver agito nel suo interesse, dato che si trattava del suo
secondo parte cesareo. L'ospedale replica anche che lei concordò con
l'operazione, fu istruita sul suo significato e porta a testimonianza la sua
firma sulla documentazione. Ma Ferenčíková risponde che causa il parto in
corso, non capì esattamente cosa le stavano facendo firmare. Non voleva essere
sterilizzata, ma voleva avere altri bambini.
Gli attivisti dei diritti umani dicono che dozzine di donne rom sono state
sterilizzate in circostanze simili nella regione di Ostrava. Il problema iniziò
ad essere discusso nella Repubblica all'inizio dell'autunno 2004, quando l'European
Roma Rights Center pubblicò i propri sospetti sulle sterilizzazioni forzate. A
marzo di quest'anno la Corte Costituzionale aveva rigettato anche il ricorso
compilato da un'altra vittima rom di trattamenti simili, Iveta
Červeňáková, [...]
Secondo gli attivisti dei diritti umani, il caso più recente di una donna rom
sterilizzata contro la sua volontà nella Repubblica Ceca è successo nel 2007.
Quest'anno, Michael Kocáb, Ministro per i Diritti Umani e per le Minoranze, ha
portato la questione all'attenzione del gabinetto Fischer, dicendo che doveva
essere riaperto il fascicolo delle sterilizzazioni non volute delle donne rom.
ROMEA, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 15/01/2006 @ 14:46:23 in Italia, visitato 2221 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir:
LETTERA APERTA ALLA CITTADINANZA DI VIAREGGIO
SUCCEDE A VIAREGGIO…e altrove Da diverso tempo i Servizi Sociali di Viareggio si stanno “interessando” di una famiglia Rom, il risultato di questa attenzione è che la suarichiesta di aiuto si è trasformata in dramma, di pari passo con gli interventi elargiti a “favore degli interessati”. La conseguenza di questo strano rapporto è che dei suoi 6 figli, ben sei, sono stati allontanati e affidati a famiglie italiane e a strutture sociali. Alla luce di questi fatti, noi riteniamo che la cittadinanza di Viareggio debba essere informata, perché il fatto è grave e merita una sua attenta riflessione e una presa di posizione (se necessaria) nei confronti dei Servizi Sociali che fino ad ora, hanno avuto buon gioco di fronte al silenzio della cittadinanza e di alcune Associazioni forse un pochino… compiacenti!Noi crediamo che questa vicenda meriti un’attenzione particolare, anche perché oggi si fa ungran parlare della famiglia e dei suoi valori, e sono molti, chi in una veste e chi in un’altra, pronti (giustamente!) a difenderla o a sottolineare la sua importanza per la società…ora di fronte all’annientamento di una famiglia Rom, è strano che nessun “paladino” della famiglia, nessuna Associazione senta il bisogno di scendere in campo, ci sorge un dubbio: forse perché la famiglia in questione è Rom? Certamente, di fronte a quest’ultima affermazione, un assistente sociale, oppure l’Associazione di Volontariato, la Cooperativa sociale… chiunque ritiene di essere sensibile e attento alle problematiche sociali (povertà, emarginazione, degrado sociale), la sinistra in quanto tale… ognuno reagirà sentendosi giudicato, provocato, non esitando ad esibire la propria pagella antirazzista, o sventolando l’impegno a favore delle diversità e della tolleranza e la difesa dei diritti delle minoranze minacciate: ma allora, come si arriva a portare via 6 minori Rom dalla loro famiglia, e a permetterlo senza che questo provochi un sussulto, nemmeno un minimo di imbarazzo di coscienza sociale, capace di interrogare quella filosofia che anima gli interventi a favore di chi vive al margine? Ed è pur vero, che chi ha operato a contatto con questa famiglia Rom, ha sempre pensato di agire per il loro bene! Perché non scatta un corto circuito, non pretendo nelle nostre coscienze (sarebbe chiedere troppo!!), ma almeno dentro i nostri criteri di analisi, dentro le nostre certezze dogmatiche…? Cosa vuol dire agire per il bene di qualcuno diverso da me, lontano da me? Forse già in partenza, quando lo avviciniamo, gli parliamo già lo abbiamo catalogato come un “deviante”, quindi già pronto e adatto al nostro intervento, per il suo bene, naturalmente. Senza rendercene conto, e con tutte le nostre buone intenzioni, oggi sembra essere vera questa assurdità: sono le istituzioni, la società stessa che hanno bisogno dei devianti, quasi li cercano per auto-alimentarsi, per auto-giustificare la propria bontà, la propria legalità, per dimostrare che la nostra civiltà è più capace di educare rispetto a un’altra… I servizi sociali di Viareggio interpellati più volte da noi e dall’avvocatessa della famiglia Rom, continuano a ripetere che il fine di ogni loro intervento è “il bene stesso dei minori”…frase bella ma altrettanto ambigua, soprattutto alla luce della storia dolorosa del popolo Rom, un passato di persecuzione, di bandi di ogni genere, tentativi di sterilizzazione sulle donne Rom (sempre per il loro bene), di bambini sottratti alle loro famiglie già ai tempi di Maria Teresa D’Austria nella seconda metà del ‘700 (non per cattiveria…sempre per il loro bene) e infine l’Olocausto toccato a circa 800.000 Rom-Sinti nei campi di stermino…semplicemente considerati asociali e devianti! Quindi, quando affermiamo di agire per il bene di qualcuno, e dei minori in particolare, dobbiamo sapere che innanzitutto, la concezione del bene dei minori è rapidamente mutabile, non solo nel tempo, anche all’interno di una stessa società, mada Regione a Regione, da città a città, da serviziodi assistenza sociale a servizio di assistenza sociale, nonostante il potere di questi servizi di condizionare fortemente i Giudici del Tribunale dei Minorenni.
Questo vale per ogni forma di “devianza”, ma per i Rom diventa ancora più difficile e tragico: “vedere come la macchina istituzionale che si occupa di questi minori, considerati per definizione pubblica devianti, li schiacci, li trasformi in casi, in modo implacabile e tragico, in nome del loro bene.” ( cfr. Gabriella Petti, Il male minore) Purtroppo, il mondo del volontariato di Viareggio, anche se non lo conosciamo personalmente, ci ha dato l’impressione (speriamo d’esserci sbagliati!!) di volersi sganciare da questo caso, preferendo allinearsi sull’azione dei servizi sociali: un po’ per tattica e un po’ per convenienza politica e sociale. Peccato, la realtà del volontariato in genere dovrebbe provocare le Istituzioni, pungolarle se necessario, in questo caso sceglie, anche inconsapevolmente di essere funzionale al progetto = i devianti servono al sistema dominante – quindi incapaci di andare oltre le nostre visioni, i nostri parametri e modelli di educazione. Un altro aspetto che ci sembra importante sottolineare è la conoscenza del mondo Rom. Come ottenere il bene di qualcuno, se non si conosce il suo mondo culturale? Anche in questo caso i servizi sociali di Viareggio hanno dimostrato una superficialità impressionante; a differenza di altri loro colleghi Toscani, non hanno mai sentito la necessità di capire o per lo meno di interrogarsi sul loro operato, anche per arrivare a comprendere qualcosa sulla cultura Rom, sulle loro abitudini e stili di vita. A chi lavora in un Servizio Sociale è richiesta un minimo di conoscenza e la capacità di adeguare il proprio intervento alle possibilità reali e concrete dei destinatari. Questa conoscenza, a noi sembra, che i servizi sociali di Viareggio l’abbiano ignorata e disattesa, e ancor più grave è il fatto di non rendersi conto dei disagi e le gravi difficoltà, che loro stessi hanno creato all’interno della famiglia Rom.
Ne è la prova la relazione stessa che il Servizio Sociale ha presentato al Tribunale dei Minorenni di Firenze, molto generica basata prevalentemente più su motivazioni soggettive o su pregiudizi diffusi, che di analisi motivate e fondate scientificamente, con la conseguenza di rendere ancora più difficile la difesa della famiglia.
Vorremmo elencare alcune di queste situazioni, anche per dare alla cittadinanza degli elementi concreti per valutare l’operato dei servizi sociali.
- “ Fino al momento dell’accoglienza nel campo nomadi gestito dall’Associazione…” (pag. 6 della relazione dei Servizi Sociali di Viareggio al Tribunale Minorenni di Firenze)
Per prima cosa, chiediamo alla cittadinanza se è a conoscenza dell’esistenza a Viareggio di un campo nomadi nel passato recente!
Quello che i servizi sociali chiamano campo nomadi, anche per far credere al Tribunale di essere venuti incontro alla sensibilità della famiglia Rom, in realtà era un fatiscente campo d’accoglienza per immigrati (in seguito smantellato anche per motivi di …illegalità!!), composto di soli uomini, con nessun minore e tanto meno con donne.
Come poteva trovarsi questa famiglia Rom, quale tranquillità per il marito sapendo che l’unica donna in quel luogo era proprio sua moglie?
Nella mentalità Rom una donna che sta da sola in mezzo a tanti uomini, non può che essere vista con sospetto e … vergogna.
La presenza di altre famiglie Rom avrebbe di sicuro tranquillizzato il nucleo, ma questo non era la caratteristica –purtroppo- di quel centro di accoglienza, perché chiamarlo “campo nomadi”, quando ci risulta che a Viareggio non è mai esistito?
- Facciamo anche presente che la situazione igienico sanitaria di quel centro di accoglienza, non poteva certo rappresentare il meglio per le persone che vi abitavano, figuriamoci per dei minori…eppure sono stati gli stessi servizi sociali a indirizzare e mantenere la famiglia Rom in quel luogo: “Il Servizio Sociale con il supporto dei volontari dell’Associazione inizia un rapporto stretto con il nucleo familiare finalizzato… all’attivazione di un progetto di accompagnamento e di assistenza…” (dalla relazione, pag. 1) Accompagnamento o abbandono? Perché non si dice concretamente cosa è stato fatto per assistere la famiglia, quale forma di aiuto per recuperarla se si riteneva che ci fosse questo pericolo? Perché non si è cercato innanzitutto di regolarizzare la loro presenza, di accompagnare i Rom nelle pratiche per il Permesso di Soggiorno, di aiutare il padre anche per un lavoro, per ottenere una residenza anagrafica, perché non mettere la famiglia in condizione di stare e abitare in un posto più decente e sicuro? Sembra, invece che gli unici interventi siano stati quelli di allontanare i figli dai genitori e cercare anche di dividere la coppia.
- Contestiamo anche il fatto che la madre con alcuni suoi figli sia dovuta andare presso un centro di recupero per tossici, che nella relazione viene definita semplicemente: “comunità, o contesto protetto e strutturato in modo da attivare un percorso di accompagnamento alla cura dei figli.” (pag. 3), riteniamo che anche questa sia stata una scelta sbagliata, non sufficientemente valutata per i suoi risvolti psicologici, soprattutto per la madre, come in effetti si è dimostrato in seguito. Era inevitabile che la donna Rom prima o poi si sarebbe allontanata da quella comunità.
Chi ha detto e chi garantisce che questi erano interventi adatti a una famiglia appartenente a un mondo culturale totalmente diverso, da quello a cui sono abituati gli assistenti sociali?
In effetti, questi interventi hanno creato un forte clima di instabilità all’interno della coppia, per poi utilizzarla come giustificazione dei loro interventi repressivi e discutibili.Rattrista il fatto che anche il Tribunale dei minorenni di Firenze ingenuamente fa sua la nota dei servizi sociali: “Il servizio sociale del comune di Viareggio abbia attuato ogni possibile intervento di sostegno ed indirizzo dei genitori al fine di proteggere i figli minori…”
Senz’altro il Tribunale non poteva avere gli strumenti sufficienti per leggere più a fondo, essendosi basato solo sulla relazione del servizio sociale che ha fatto sulla famiglia Rom partendo da alcuni episodi, ma le è sfuggita completamente la comprensione dell’identità della stessa, che è un’identità altra e che, in quanto tale, non venendo compresa, è stata criminalizzata. Purtroppo le cose, a volte vanno proprio così! Insomma, tale relazione è la prova chiara di superficialità e ambiguità di un intervento, che pur nascendo da buone intenzioni – il voler aiutare qualcuno in difficoltà – ma non avendo un minimo di conoscenza del mondo culturale dei destinatari finisce con il danneggiarli ulteriormente. Ad esempio, nell’intera relazione la parola “Rom” apparese non indirettamente una sola volta, aprova che per gli operatori non ha avuto alcuna importanza sapere chi si aveva di fronte. In effetti, ignorando l’identità dei destinatari si evidenza il disprezzo dell’altro, il diverso da me/noi, finendo purtroppo per essere, anche inconsapevolmente artefici di discriminazioni, e con la netta convinzione di operare per il bene dell’altro. Tale relazione meriterebbe di essere presa in considerazione e divulgata nelle aule di sociologia, come testimonianza del danno che possono arrecare coloro che operano nel sociale, convinti di essere “bravi e dalla parte giusta”, ma ignorano completamente il mondo culturale dei destinatari di un loro intervento. Sempre secondo la relazione, vivere in roulotte appare come una devianza, uno dei motivi per cui è “giusto” portare via i minori affidandoli ad altre famiglie, compresa l’ultima nata (31 Agosto 2005). Questi servizi sociali, prima ancora che la madre partorisse avevano già messo in atto disposizioni chiare (arbitrarie?) perché la neonata non fosse consegnata ai genitori.
Ma quali interventi eranostati fatti da parte dei servizi sociali durante il periodo della gravidanza, per tentare di rendere questa donna adatta a tenersi il nascituro?
Eppure, in ogni città italiana, un po’ ovunque, saranno migliaia le famiglie Rom che vivono le stesse condizioni, ossia in roulotte o baracche, e molte senz’altro peggio… Gli operatori di Viareggio pensano di essere i soli in Italia capaci di volere veramente il bene dei minori Rom?Perché a pochi chilometri da Viareggio, ad esempio a Pisa o a Lucca, o a Livorno e Firenze dove ci sono dei campi Rom e Sinti, le donne partoriscono il loro figlio in ospedale e dopo qualche giorno con molta tranquillità e serenità se lo portano nelle loro roulotte? Strano, che nessun assistente sociale arrivi ad impedirlo… o a proporre alla madre, segretamente di lasciare il marito e di andare in una comunità protetta? Protetta da chi? Questo è proprio uno strano modo di cercare e volere il bene della famiglia! O si preferisce, invece infierire su questa povera coppia per poi dimostrare l’instabilità di mente del più debole dopo averlo sottoposto anche ad una visita psichiatrica?
“Ma non sono i Rom che rapiscono i bambini?” Pensiamo che questa leggenda metropolitana, alla luce di quel che succede in quel di Viareggio e altrove, meriterebbe di essere riscritta, anche solo per fare un po’ di giustizia. Loro, benché diversi dai nostri modelli, anche se i loro figli non vestono alla Chicco e non imitano le “veline” di turno, tanto meno si nutrono di merendine Kinder Bueno e quant’altro…. un po’ più di giustizia se la meritano, ingenue vittime del “nostro bene”.
U.N.P.R.eS. Toscana ( Ufficio Nazionale Pastorale Rom e Sinti) – 3 Ottobre 2005 -
p.Agostino Rota Martir, Pisa Palagi Marcello, Massa Carrara
Palagi Franca, Massa Carrara
p.Luciani Meli, Lucca
Sergio Giampaoli, Lucca
P.C. questa lettera aperta è stata inviata ai giornali locali, ad alcuni nazionali, alle Associazioni Nazionali ed Europee (versione inglese) che si occupano dei Rom e relative Commissioni del Parlamento Europeo e alla Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.
Di Fabrizio (del 08/07/2008 @ 13:25:40 in Italia, visitato 2209 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Cari cittadini Italiani,
noi ROM e Sinti in Italia siamo circa 160 – 180 mila di cui almeno la metà sono
cittadini italiani presenti sul territorio da secoli. Altra meta Rom Slavi, e
Balcani.
Siamo la più grande minoranza in Europa ed in molti paesi, tra cui l’Italia, non
siamo neppure riconosciuti come minoranza linguistico-culturale.
Per identificarci viene spesso usato, in senso dispregiativo, il termine
“zingari” sinonimo di ladro, sporco e pericoloso per la società.
Per la verità le nostre origini sono lontane, il nostro popolo è partito
dall’India, regione Punjab e Sind, nel XII° secolo per iniziare una lunga
migrazione che ci avrebbe portato in tutti i paesi del mondo e noi siamo ROM e
Sinti.
I Sinti, si sono nel tempo integrati nei paesi ospitanti acquisendone non solo
la cittadinanza ma anche la cultura civile e religiosa.
Siamo l’unico popolo che ha in sé rappresentanti di tutte e religioni , islamica
(Turchia, Paesi Arabi e Balcani), ortodossa (ex Unione Sovietica) e cattolica
(resto dell’Europa)….
Siamo l’unico popolo che non ha mai combattuto per conquistare uno stato e per
questo siamo senza una patria, la nostra bandiera raffigura il verde della
natura, l’azzurro del cielo (simbolo di libertà) ed una ruota di carro che
allude al nostro lungo e perenne cammino.
Partendo dai vari dialetti Romanes è stata codificata un’ lingua romanes che
identifichi un unico popolo.Il 8 Aprile 71 a Londra la prima riunione della
“International Romani Union”…Dal li si festeggia il Giorno Mondiale dei Rom e
Sinti….
Ci siamo riuniti anche sotto un unico inno “gelem gelem” (ho camminato ho
camminato).
Siamo stati perseguitati durante il regime nazi-fascista e più di 800.000 Rom e
Sinti sono stati sterminati nei campi di concentramento. Anche questo nostro
sacrificio è stato del tutto ignorato. Su bimbe Rom di 13/14 ani si faceva la
sterilizzazione a VIVO per non far nascere i nuovi bastardi asociali “zingari”.
I bimbi Rom gemelli si usavano come cavie per esperimenti del famoso dr.Mengel….;
oltretutto, oggi, come se questo non fosse bastato, circola l’idea di prendere
le impronte dei bambini Rom e Sinti per il “loro bene….”.
Durante la guerra dei Balcani le nostre case sono state bruciate dai
guerriglieri Albanesi, Serbi, Macedoni ( per costruire il grande
Albania,Macedonia o Serbia) o bombardate dalle forze NATO e nessuna nuova
nazione ricostruita ci ha visto inclusi trovandoci così costretti a subire un
nuovo “exodus”. Tantissimi bimbi sono entrati in Italia piccoli; quelli nati
qui, vivendo nei campi-ghetto non possono avere la residenza e ora compiuti i 18
anni, mancano i requisiti indispensabili per avere la Cittadinanza Italiana; a
questo proposito sarebbe più che mai opportuno proporre un decreto legge per il
futuro dei bimbi Rom e Sinti..!
I provvedimenti che il nuovo governo italiano intende prendere a nostro riguardo
rappresentano l’ennesima forma di discriminazione di un popolo che già vive
ghettizzato. Vi ricordo che noi, scappando dalle guerre, siamo stati costretti a
rifugiarci nei così detti “campi nomadi” (pur essendo ormai da tempo stanziali)
non avendo la possibilità di essere riconosciuti come profughi e rifugiati.
E’ proprio vero che per aiutare i bimbi Rom, come viene propagandato, si deve
partire dal prendere loro le impronte digitali?
Siamo di nuovo ad affermare la favola che i Rom rubano i bambini italiani per
cui si rende necessaria l’identificazione tramite l’esame del DNA? Vi ricordo
che ci sono tante indagini ma nessuna condanna di questo tipo negli ultimi 20/30
anni.
Si intende schedare anche i bimbi le cui famiglie nel tempo sono uscite dai
campi e si sono integrate nella società?
Secondo me esistono altri modi per aiutare i bimbi Rom tra i quali dare una
possibilità di regolarizzazione ai loro genitori per attivare un processo di
integrazione lavorativa e abitativa; regolarizzazione che preveda anche
l’analisi dei casi in cui mancano le documentazioni di provenienza perché
“bruciate durante la guerra nei Balcani”; la guerra appartiene non solo alla
realtà presente ma anche al nostro passato.
La mia esperienza a Pisa con il progetto “città sottili” mi dice che si può
fare………
Dal 1998 al 2008 siamo riusciti a togliere i minori Rom dell’ex Jugoslavia dai
semafori e a garantire loro un adeguato inserimento scolastico, sono stati
iscritti tutti alla scuola dell’obbligo e più dell’80% frequenta regolarmente
anche grazie al sostegno del trasporto scolastico comunale. Non è servito
prendere a nessuno le impronte digitali: è stata necessaria la presenza costante
degli operatori e dei mediatori sociali del progetto.
Il progetto “città sottili” della città di Pisa ( pur con le sue mancanze ), è
riuscito nel processo di integrazione di molte famiglie Rom ma non può da solo
risolvere il problema Rom in Italia. Occorrerebbero tanti progetti in tante
città d’ Italia simili a questo di Pisa. I fondi Europei per l’integrazione dei
Rom e Sinti ci sono ma le organizzazioni italiane li usano poco e male,
elaborando organigrammi con tanti “Esperti” che per la verità creano disastri,
le cui conseguenze sono poi pagate con la “pelle” dei Rom e Sinti.
Vi voglio ricordare che i finanziamenti per la costruzione del villaggio Rom di
Coltano sono per la maggior parte derivati da quei fondi della Comunità Europea
destinati specificatamente alla comunità Rom e Sinti in Europa, non possono
avere altra destinazione (ad esempio l’acquisto di mezzi per la Polizia di Stato
o pista per le biciclette)...
La Federazione Italiana Rom e Sinti chiede alle Autorità ed alle Istituzioni
un’attiva collaborazione per trovare un modo migliore di risolvere il “problema”
Rom e Sinti.
Sono convinto che esista un’emergenza criminalità originata da organizzazioni
malavitose ma sono altrettanto convinto che debbano essere puniti i responsabili
e non tutta la comunità cui appartengono. Esiste l’emergenza della cosiddetta
“Morte bianca” nei cantieri di lavoro …Anche li muoiono tanti Rom e solo alla
morte vengono considerati cittadini dei rispettivi paesi di provenienza, anziché
Rom.…Lavoratori che lasciano famiglie e bambini, il cui futuro è scritto nel
disegno di legge delle impronte…..
Lancio un appello a tutte le persone di buon senso ed ai rappresentanti delle
istituzioni e soprattutto al Papa Ratzinger perché si pronuncino contro la
pratica delle impronte digitali dei bimbi Rom.
GRAZIE Etem Dzevat
Consulente Nazionale della Federazione “Rom e Sinti insieme”
Di Fabrizio (del 20/02/2006 @ 11:38:59 in Europa, visitato 1963 volte)
Da:
Yveta Kenety
Comunicato
stampa
Conferenza
delle Romnià nella Repubblica Ceca
Oltre
ottanta donne Rom si sono incontrate a Praga nel weekend tra il 10 e
l'11 febbraio. Tra le partecipanti: funzionarie statali,
rappresentanti dei media, insegnanti, assistenti sociali,
rappresentanti delle OnG, donne in maternità e disoccupate.
Tutte
donne con diverse esperienze di vita e lavorative ed un'unica
opportunità di confronto comune. Si sono definiti i problemi
attuali delle comunità e proposto soluzioni: primariamente
nell'area della scolarizzazione. del lavoro, della casa, delle
condizioni di vita in generale, e le tematiche della salute. Si è
poi toccato il tema della insufficiente partecipazione dei Rom nella
politica e negli affari pubblici. La discussione si è
prolungata sui legami tra questi temi e il passato, visto con
l'occhio e il giudizio delle donne Rom.
Le
donne concordano che oltre alla discriminazione dovuta al colore
della pelle, i componenti delle minoranze nella Repubblica Ceca sono
seriamente in pericolo per la violenza fisica diretta dei gruppi
estremisti. Le madri sono preoccupate per i loro figli e sperano
nelle indagini sugli attacchi a sfondo razziale, e nella conseguente
condanna. Le donne vogliono sentirsi libere e sicure nella società
e perciò chiedono rispetto in tutte le aree della vita.
Richiedono l'adozione immediata di una legislazione anti
discriminazione [...]
Le
donne rom considerano un'adeguata politica scolastica necessaria
all'integrazione nella società maggioritaria, e sono
preoccupate perché tuttora i loro bambini non hanno pari
opportunità di accesso al sistema scolastico. I loro figli
sono ancora educati in un ambiente ricolmo di pregiudizio e
stereotipi. Le famiglie spesso sono sotto la linea di povertà
e non sono in grado di provvedere da sole a soddisfare le esigenze
primarie, è quindi problematico occuparsi della formazione
culturale e professionale dei figli. Concordano sull'importanza del
prescuola, che dev'essere esteso, anche con la presenza di un corpo
insegnante adeguatamente preparato. Gli insegnanti in genere devono
avere una formazione che permetta loro di combattere sin dalla scuola
i pregiudizi razziali e gli stereotipi, che spesso discendono da
mancanza di adeguata conoscenza.
Solo
una piccola percentuale di Romnià svolge lavoro a tempo
indeterminato, di solito nella manovalanza o in lavori di basso
profilo, spesso senza riguardo al loro livello di formazione scolare
e professionale. La discriminazione nel mercato del lavoro è
tra i motivi dell'alto tasso di disoccupazione tra le Romnià.
La
bassa scolarizzazione e i rispettivi tassi di disoccupazione sono
strettamente legati alle cattive condizioni di vita. Le madri Rom,
comprensibilmente non vogliono che i loro figli crescano in
accampamenti o quartieri affollati, sovraffollati ed insani. Un altro
problema è quello sanitario: a causa della scarsa fiducia nel
sistema sanitario, i Rom tendono ad avvalersi di cure mediche
soltanto in casi di urgenza o necessità. Non esiste una
pratica di controllo e di riduzione dei disagi sanitari. La stessa
logistica della distribuzione degli assembramenti Rom, li pone in
aree disagiate e difficili da raggiungere per il personale medico.
Un'altra protesta delle donne riguarda l'essere definite “pazienti
dalla pelle scura”. Rimane infine la paura data dai casi, anche
di storia recente di sterilizzazione imposta, una gravissima
violazione dei diritti fondamentali della persona. Le partecipanti
alla conferenza concordano che, parimenti al personale insegnante,
anche il personale medico e paramedico ha bisogno di formazione
specifiche sui temi menzionati sopra.
Infine,
si prende atto che la partecipazione delle donne rom alla vita
politica e sociale è insufficiente. La ragione principale è
data dalla mancata conoscenza di questa opportunità e degli
ambiti e modalità a cui prendere parte. Nondimeno, la
patecipazione di donne e uomini di etnia rom ai movimenti politici, a
tutti i livelli, sta crescendo. Occorre uno sforzo rivolto
specificamente alla partecipazione femminile ed i partiti devono
lmettere più enfasi sull'imporatnza di coinvolgere le
minoranze etniche per programmi di partecipazione condivisa.
Conferenza
finanziata da Roma Participation Program, the Open Society
Institute (OSI) ed organizzata dal gruppo femminile Manushe,
sezione di Slovo 21.
RPP
(OSI) e Manushe - Praga, 15 Febbraio 2006.
Di Fabrizio (del 19/09/2008 @ 11:29:11 in Europa, visitato 1881 volte)
Da
Altrenotizie
di Elena Ferrara - Questa volta scendono in piazza per chiedere
solidarietà e per affermare il loro diritto all’esistenza. Stanchi ed esasperati
per le ripetute aggressioni contro le loro famiglie e forti dell’appoggio
ricevuto dal recente congresso mondiale svoltosi a Frisinga, in Germania,
giocano la carta della manifestazione di massa. Sanno di essere 36 milioni
sparsi in Europa, nelle Americhe e nell’Asia. E sanno, appunto, che nel vecchio
continente arrivano già a 12 milioni. Ora presentano il conto. Sono gli
zingari che tra pochi giorni - e precisamente il 20 settembre - si ritroveranno
a Budapest dove il presidente del "Consiglio nazionale tzigano" - l’ungherese
Orban Kolompar - ha invitato i rom magiari a protestare contro la Guardia
ungherese che è l’organizzazione paramilitare estremista e razzista che si sta
sempre più distinguendo con aggressioni contro gli zingari.
Kolompar chiede, inoltre, di avviare una serie di azioni che tendano a bloccare
la diffusione del razzismo. E così sarà la prima volta che gli "tzigani"
scenderanno in campo in Ungheria in difesa dei loro diritti, contro il razzismo.
La manifestazione servirà anche a ricordare all’opinione pubblica che quella rom
è la più numerosa minoranza in terra magiara. Secondo calcoli approssimativi
conta da 600 mila a 800 mila membri che sono stanziati soprattutto nelle regioni
nordorientali, quelle più povere e depresse.
I rom, tra l’altro, collezionano una serie di dati negativi sulla
disoccupazione, i livelli di scolarizzazione e l’aspettativa di vita alla
nascita rispetto al resto della popolazione ungherese. Tutto questo mentre
vengono "collocati" nell'area spregevole del "diverso", con ciò che ne consegue
in termini di disprezzo, odio, violenza ed emarginazione. E così, precostituito
il colpevole, è facile ricercarne le colpe seguendo un copione storicamente e
sociologicamente sperimentato, scritto con il peggiore inchiostro degli istinti
barbari e della ragione deviata. Arriva però il momento della riscossa e questo
è quello che si augurano i dirigenti del movimento che prende le mosse
dall’Ungheria.
E proprio a Budapest si ricorda che gli zingari hanno ispirato in ogni epoca
l'immaginario collettivo e quello individuale artistico, ma non hanno quasi mai
stimolato serie ricerche storiche e sociologiche. Essi subiscono così, oltre
alla ben nota emarginazione di fatto, un’emarginazione culturale frutto di
avversione intellettuale e di sostanziale ignoranza dei loro reali costumi di
vita e dei valori che li sottendono.
Ora la decisione di invitare ad una rivolta pacifica di piazza (sarà la più
grande manifestazione nella storia degli tzigani) è dovuta anche al fatto che
proprio nelle ultime settimane si sono registrati attacchi contro case abitate
da zingari ed è chiaro che la situazione ha superato i livelli di guardia. Tanto
che in una conferenza sulla situazione dei rom, organizzata da "Lungo Drom" che
è la principale associazione civica rom, il presidente Florian Farkas ha detto
che in Ungheria la convivenza fra ungheresi e rom è arrivata a una situazione
nuova.
''Gli argini si sono rotti da ambedue le parti - ha detto - e ci troviamo di
fronte a un estremismo radicale razzista da una parte, e un radicalismo etnico
rom dall'altra. La violenza avrà fra poco una risposta violenta''. Dal canto suo
il garante dei diritti delle minoranze, Ernoe Kallai (rom) ha sottolineato
l'insuccesso delle politiche attuate da Budapest per la minoranza tzigana. Ed ha
poi ammonito che ''senza cambiamenti, l'esplosione del problema dei rom sarà
inevitabile''.
Ora mentre le organizzazioni sociali e molti partiti ungheresi si preparano per
l’appuntamento del 20 settembre si registra anche una precisa presa di posizione
della chiesa cattolica ungherese che, come è noto, ha una forte influenza nella
società locale. La Chiesa dice "no" alle discriminazioni nei confronti degli
zingari e si rifà anche alle recenti decisioni prese dal Congresso mondiale
della "Pastorale per gli zingari" che si è svolto nelle settimane scorse in
Germania. E proprio in tale occasione un alto esponente del Vaticano - il
segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli
itineranti, arcivescovo Agostino Marchetto - in un’intervista alla Radio
Vaticana ha denunciato la gravità della situazione delle comunità zingare. "Dai
rapporti che ci pervengono dalle Chiese locali – ha fatto notare l’arcivescovo –
constatiamo che un pò dappertutto gli zingari sono vittime di discriminazione,
disuguaglianza, razzismo e xenofobia".
Non si salva neanche l’Europa, dove "i Rom e Sinti, pur se cittadini di Stati
membri dell’Unione europea e muniti di documenti validi, non possono godere
degli stessi diritti dei comuni cittadini. "In alcuni Paesi – ha aggiunto
Marchetto – i bambini zingari sono costretti a frequentare scuole speciali per
disabili fisici o mentali, mentre non poche donne vengono sottoposte a
sterilizzazione forzata. E la generale mancanza di fiducia fa sì che ai giovani,
pur se ben preparati professionalmente, non è concesso l’ingresso al mondo del
lavoro come agli altri".
Di qui la decisione di affrontare le questioni degli zingari come una risorsa
per la società e non come un problema. Non si tratta, avverte la Chiesa, di una
"ingerenza politica" ma di un "dovere", così come, appunto, è doveroso
"difendere la dignità della persona in tutte le sue espressioni". Forse si apre
ora - grazie agli zingari ungheresi - una nuova pagina distensiva che potrebbe
favorire il riconoscimento di distinte identità nazionali.
Segnalo da Radio Indymedia: Eugenetica in Europa tra le due guerre e oltre - Caccia agli Zingari in Svizzera
audio: MP3 at 25.1 mebibytes (download torrent)
Nel maggio del 1999, il Parlamento svedese ha deciso di indennizzare le vittime della politica di sterilizzazione forzata condotta in questo paese dal 1934 al1975. A partire dal periodo compreso fra le due guerre, in tutta Europa, sotto la pressione di una "nuova scienza", l'eugenetica, e nel quadro di un'inquietante febbre nazionalista, si attuano politiche di eliminazione o di controllo dei "devianti sociali" e degli stranieri. La Germania nazista le porterà al parossismo, ma esse furono attuate, sotto altre forme, anche dal governo elevetico nei riguardi degli zingari.
Di Fabrizio (del 25/06/2006 @ 10:56:49 in Europa, visitato 2981 volte)
- 23 giugno 2006 - da
Czech_Roma
Nonostante un rapporto confermi che continua l'uso della sterilizzazione
forzata presso le donne Rom, i gruppi di appoggio legale rimproverano al governo
ceco di non prendere azioni in merito. Nel dicembre 2005, l'omnbudsman
(difensore civico) Otakar Motejl, ha elencato dozzine di casi di sterilizzazioni
forzate avvenute tra il 1979 e il 2001 "senza che vi fosse stato consenso
formale ed esplicito", recita l'Associated Press. Motejl richiede che il governo
ceco fornisca i dati sul consenso esplicito, informazioni accurate alle donne
Rom e un piano per compensare le vittime di questa pratica.
Il rapporto di Motejl è di sei mesi fa, ma nulla sembra cambiare nella
pratica e nel silenzio-assenso del governo ceco. Le indicazioni fornite dal
ministero della Sanità sono disattese, e sempre secondo l'Associated Press e il
sito Newsdesk.org non c'è volontà di rifondere le vittime, gli ospedali
rifiutano di riconoscere questa pratica come illegale. Gli avvocati delle
vittime dicono che le vera ragione è il razzismo.
Per tutta risposta, molte romnì hanno portato i loro casi in tribunale. Nel
2005, Helena Ferencikova è stata la rima a denunciare l'ospedale per
sterilizzazione forzata. Il Tribunale distrettuale di Ostrava ha condannato
l'ospedale per pratica illegale e ha richiesto una scusa formale. L'ospedale a
sua volta ha ignorato la richiesta e richiesto una revisione del caso in
appello.
Di Fabrizio (del 10/07/2006 @ 10:46:17 in Europa, visitato 1903 volte)
Durante il convegno, indetto dall'UDC, si è discusso anche della condizione delle Romni in Europa. Chi volesse leggere tutto l'articolo QUI
Discriminazione delle donne rom
Le donne rom sono discriminate in Europa e, pertanto, i deputati chiedono agli Stati membri di adottare misure volte a superare la loro “segregazione razziale” negli ospedali e nelle scuole, a migliorarne le condizioni abitative e a favorirne l’occupazione e l’inclusione sociale. Sono poi sollecitati interventi, anche finanziari, a favore dell’imprenditoria delle donne rom. La loro situazione deve costituire un criterio chiave in vista delle future adesioni all’UE. Adottata dall’aula con 412 voti favorevoli, 21 contrari e 48 astensioni, la relazione esorta i poteri pubblici dell’Unione ad effettuare rapide indagini in merito alle accuse di gravi abusi dei diritti dell’uomo nei confronti delle donne Rom, a punire rapidamente i colpevoli e a fornire un adeguato indennizzo alle vittime. In tale contesto , invita gli Stati membri a inserire tra le loro «priorità principali» le misure intese a fornire una migliore protezione per la salute riproduttiva e sessuale delle donne, a prevenire e vietare la sterilizzazione forzata e a promuovere la pianificazione familiare, le soluzioni alternative ai matrimoni in giovane età e l’educazione sessuale. Ma anche a prendere misure proattive per debellare «la segregazione razziale nei reparti maternità», a garantire l’elaborazione di programmi destinati a fornire servizi alle vittime Rom di atti di violenza domestica, e ad essere particolarmente vigilanti per quanto riguarda il traffico di donne Rom. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero elaborare una serie di misure volte a garantire che le donne e le ragazze abbiano accesso, a condizioni di parità , ad una istruzione di qualità, «anche approvando leggi positive che esigano la fine della segregazione nelle scuole e definiscono i dettagli di progetti destinati a porre fine all’istruzione distinta e di seconda classe destinata ai bambini Rom». Dovrebbero anche migliorare le condizioni abitative dei Rom prevedendo il riconoscimento, da parte della legislazione nazionale, del diritto ad un alloggio decente, adottando progetti generali per finanziare il miglioramento delle condizioni di vita e di alloggio nei quartieri con una considerevole popolazione Rom e «ordinando ai poteri locali di garantire rapidamente l’approvvigionamento in acqua potabile ed elettricità, lo smaltimento dei rifiuti, i trasporti pubblici e le strade». Gli Stati membri sono anche invitati a mettere a disposizione campi per i Rom nomadi «affinché essi possano disporre di un livello di confort ed igiene soddisfacente». Per il Parlamento gli Stati membri dovrebbero anche garantire l’acceso di tutte le donne Rom alle cure sanitarie di base, di urgenza e preventive, nonché la parità di trattamento e le pari opportunità nelle politiche in materia di occupazione e inclusione sociale. A quest’ultimo proposito, si tratterebbe di affrontare il problema dei tassi di disoccupazione molto elevati tra le donne Rom e, in particolare, di lottare contro i grandi ostacoli determinati dalla discriminazione diretta in fase di assunzione. La relazione chiede inoltre l’adozione del principio di “obbligo positivo”, in virtù del quale gli enti statali sono tenuti per legge a garantire una rappresentanza di donne Rom proporzionata alla loro presenza in seno alla popolazione locale. I governi sono esortati ad esaminare gli ostacoli all’attività indipendente delle donne Rom, a definire programmi destinati a permettere una registrazione agevole, rapida e poco onerosa delle donne Rom imprenditrici e che esercitano un’attività indipendente, a favorire l’accesso al credito, compreso il microcredito, per il finanziamento di imprese da parte di donne Rom. Il Parlamento, poi, raccomanda agli Stati membri e alla Commissione di promuovere modelli d’imprenditorialità sociale, appositamente rivolti alle donne Rom. All’Esecutivo, inoltre, è chiesto di appoggiare, «mediante i suoi numerosi meccanismi finanziari», le attività destinate in particolare alle donne Rom e di riesaminare le norme per l’attribuzione di tutti i tipi di finanziamento «al fine di garantire disposizioni particolari volte ad includere le donne Rom». I deputati, d’altra parte, invitano le istituzioni della UE a considerare la situazione delle donne Rom nei paesi candidati «un criterio chiave per valutare il livello di preparazione di detti paesi all’ingresso nell’Unione europea», compresa la situazione delle donne Rom nei paesi candidati non tradizionalmente o immediatamente associati alle questioni dei Rom. Nel chiedere poi alle istituzioni comunitarie di incitare i governi a raccogliere e a pubblicare dati sulla situazione degli uomini e delle donne Rom, il Parlamento invita l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia ad avviare una serie di studi sul ruolo dei media nel promuovere l’antinomadismo e, in particolare, sulla popolazione di stereotipi negativi sulle donne Rom.
Di Fabrizio (del 09/09/2006 @ 10:41:34 in Europa, visitato 1947 volte)
By Jeffrey White | Correspondent of The Christian Science Monitor
OSTRAVA, REPUBBLICA CECA - Soltanto quando il visitatore lasciò la stanza, Helena Gorolova andò vicino a suo marito e gli sussurrò: "Come donna, mi sento senza più valore."
Helena Gorolova non potrà più avere figli. Sedici anni fa, racconta, i dottori la sterilizzarono mentre stava dando alla nascita il suo secondo figlio, con parto cesareo. Senza avvertirla di cosa si trattava, i medici le fecero firmare la documentazione per la sterilizzazione.
"Mi dissero, firma qui o morirai" dice "In quelle condizioni, avrei firmato qualsiasi cosa, ero terrorizzata. Non sapevo cosa significava la parola sterilizzazione, e firmai senza sapere di che si trattava."
Helena Gorolova dice che i dottori la sterilizzarono non perché fosse in pericolo di vita, ma perché Romni. Gli attivisti dei diritti umani affermano che la caduta del comunismo 16 anni fa non ha posto fine a questa pratica rivolta alle donne Romani - a volta offrendo soldi per estorcere il consenso - per il controllo della popolazione.
La questione ora è rimbalzata sui tavoli dell'ONU. Questa settimana è attesa la bozza del rapporto del Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione contro le Donne, che accusa il governo Ceco di non aver fornito risposte complete su 80 casi similari, che riguardano gli anni dal 1986 sino al 2004.
[...] Il rapporto si conclude con l'appello al governo perché cambi la legislazione in merito e indennizzi le vittime.
"Non sembra possibile che il governo fornisca risposte esaustive sulla protezione dei diritti umani nella repubblica," dice Gwendolyn Albert, direttore di Human Rights League a Praga.
Il Ministero della Sanità assicura che sta investigando su questi casi. Un portavoce del Ministero parla di "casi isolati e senza continuità" e nega che le donne Rom fossero un obiettivo di questa pratica.
Gli attivisti notano che i casi riguardano alcune regioni più di altre. In Slovacchia, ad esempio, sembra che ci siano più casi, ma la pratica riguarda anche casi in Ungheria, Romania e Bulgaria.
Ma la ricerca di dati è difficile, primariamente per gli ostacoli che dottori ed ospedali pongono nel fornire informazioni, dice Dimitrina Petrova, direttrice di European Roma Rights Center a Budapest. "Ci sono molti ostacoli. E' estremamente difficile raccogliere i fatti."
Molti dei casi sono simili: coinvolgono donne Rom che erano ricorse al secondo taglio cesareo, a cui i dottori prescrivevano la chiusura delle tube per evitare una terza gravidanza (ed un altro cesareo). Nella maggior parte dei casi, non venivano date informazioni e si chiedeva solo di firmare dei documenti. Altre addirittura affermano di essersi trovate di fronte al fatto compiuto.
"Non mi dissero che stavo firmando [un consenso] alla sterilizzazione," dice Evita Cerenakova sul foglio scritto a mano che le fu presentato quando dette alla luce la sua seconda figlia nel 1997."Non mi dissero niente."
Evita Cerenakova dice che i dottori le spiegarono che stavano dandole "un impianto per il controllo delle nascite."
Ora, ha citato l'ospedale per danni, $54,245. Tre altre Romnì stanno facendo lo stesso [...]
Finora, pochi casi hanno riguardato le donne ceche non-Rom, che invece investe la popolazione Rom più marginalizzata. "La verità è che non ci sono abbastanza donne [di etnia] ceca che siano coinvolte" spiega Michaela Kapalova, che rappresenta 40 donne di etnia Rom.
Molti dei circa 12.000 Rom slovacchi sono qui ad Ostrava, una città con alti tassi di disoccupazione vicina al confine polacco, stipati in quartieri lontani dal centro in palazzi che sono vicini allo sbriciolarsi. Di pomeriggio, gli uomini fumano mentre le donne preparano la cena. I bambini abbondano. I casi di sterilizzazione hanno toccato una corda profonda all'interno di una cultura che stima sopra ogni cosa la famiglia e prevede molti bambini.
"Stiamo tentando di ricevere delle scuse pubbliche" dice Helena Gorolova "perché non venga fatto ad altre donne quello che noi abbiamo patito."
Molti Rom ritengono che queste pratiche continuino. Il governo lo nega.
L'anno scorso, Helena Ferencikova fu la prima donna a vincere un caso contro un ospedale. Un tribunale di Ostrava stabilì che i dottori avevano mancato di informare e ottenere il consenso della donna sterilizzata nel 2001, e chiesto all'ospedale di scusarsi, L'ospedale è ricorso in appello.
I dottori negano di aver agito in malafede, ma sembra che le cose nel frattempo stiano cambiando.
"Dieci anni fa, le informazioni ai pazienti erano ad un livello differente da adesso," dice Richard Spousta, capo-ginecologo nell'ospedale cittadino di Ostrava. Ora, dice, le donne devono aspettare almeno sei settimane dopo la nascita del bambino, prima di essere sterilizzate.
Un venerdì al mese, Helena Gorolova raggiunge altre Romni di Ostrava in un gruppo di supporto.
Una di loro è Helena Balogova, analfabeta. L'ospedale le diede $ 225 "per quella cicatrice," dice mostrando il segno sulla pancia. "Potrei aver avuto quattro altri bambini con mio marito."
Di Fabrizio (del 13/01/2006 @ 10:38:10 in Europa, visitato 2331 volte)
da Czech_Roma
7/1/2006 L'obudsman Otakar Motejl ha richiesto nel suo rapporto finale sui casi di sterilizzazione forzata (vedi QUI ndr), che sia approvata la legge per l'indennizzo delle donne che hanno subito sterilizzazione senza consenso. La notizia è apparsa oggi su Romea.cz.
Lo stato riconoscerà il compenso alle donne la cui fertilità è stata interrotta dai medici senza loro regolare consenso, dal 1973 al 1991. Sono oltre 80, soprattutto donne Rom, che si sono rivolte all'ombudsman. Non sono ancora stati chiusi tutti i casi. Alla fine dell'anno scorso, dopo aver esaminato diversi casi controversi, Motejl disse che erano almeno 50 le donne sterilizzate nel passato in dispregio alle disposizioni di legge. Il problema è arrivato all'attenzione pubblica solo nell'autunno 2004, su segnalazione di European Roma Rights Centre (ERRC - confronta ndr). ERRC affermava che in alcuni casi mancava il consenso all'operazione e in altri il consenso era stato estorto con la minaccia di tagliare l'assistenza sociale. Motejl ricevette le prime testimonianze da alcune donne Rom della Moravia Settentrionale, nel settembre 2004. Nel 1972, la Cecoslovacchia aveva approvato una legge sulla sterilizzazione, per colmare il vuoto legislativo che c'era stato sino allora. Il rapporto afferma che dietro istruzione delle autorità, gli assistenti sociali convincevano le donne Rom a non avere più figli. Inoltre, sempre secondo il rapporto, venivano promessi ulteriori benefici sociali in cambio del consenso alla sterilizzazione. Sino al 1991, il consenso poteva valere sino a 10.000 corone (il salario medio di allora corrispondeva a circa 2.500 corone). Il pagamento di queste somme venne interrotto nel 1991. Lo stato non si è mai ritenuto parte in causa, scaricando la colpa sul personale medico. Il rapporto indica anche che aalle donne che hano denunciato questi trattamenti subiti in passato, è stato garantinto anonimato e sicurezza. La Svezia, dove in passato sono state svolte sterilizzazioni forzate, può essere di modello alla Repubblica Ceca, suggerisce il rapporto. In Svezia la legge riparatoria è passata e tra il 1999 e il 2002 lo stato ha riconosciuto 175.000 corone svedesi alle persone coinvolte.
Brno, Prague, Budapest, Ostrava, 11 gennaio 2006.
Le organizzazioni della società civile hanno accolto con favore il rapporto del Pubblico Difensore dei Diritti ("Ombudsman") sulle indagini in merito alle accuse di sterizizzazione forzata di donne Rom nella repubblica Ceca.
Il rapporto è il risultato di oltre un anno di indagini dell'Ombudsman e del suo staff, sulla base della denuncia portata da 87 donne. Nell'approfondimento dei casi, sono stati coinvolti European Roma Rights Centre (Budapest), League of Human Rights (Prague/Brno), Life Together (Ostrava) e Group of Women Harmed by Sterilisation (Ostrava). Il 23 dicembre questo gruppo di ricerca ha chiuso i lavori, che sono stati resi pubblici questa settimana. L'Ombudsman rivolge tre richieste
- Cambiamento della legge, che si esprima con più chiarezza sul principio cel consenso responsabile;
- Misyre supplementari per un cambio culturale tra il personale medico sul consenso responsabile, d aapplicarsi universalmente;
- Un percorso preferenziale per le misure di indenizzo alle vittime, quando gli assistenti socili siano stati coinvolti in politiche di sterilizzazione forzata.
Le pagine da 25 a29 (circa 1/3 del rapporto completo) riguardano la "Sterilizzazione e la Comunità Rom", motivandola come discriminazione razziale. I casi esposti includono anche eventi come, ad esempio, quando dottori e assistenti sociali raccomandavano il parto cesareo, così da fabbricare "prove" per legittimare interventi di sterilizzazione.
Il testo icomprende anche un'analisi dettagliata delle politiche statali cecoslovacche verso i Rom negli anni '70 e '80, quando agli assistenti sociali veniva chiesto di controllare il tasso di natalità tra i Rom - giudicati troppo alti - e di creare un'ambiente di controllo invasivo sulle famiglie Rom, che perdura a tutt'oggi. In una sezione separata viene presentata la storia dell'eugenetica in Cecoslovacchia, come chiave evidente delle pratiche e delle politiche messe in atto.
Attualmente, il rapporto è disponibile slo in lingua ceca (formato .pdf), in seguito verrà stampata la versione in inglese. Ulteriori informazione sul sito ERRC. Contacts: Michaela Tomisova (legal representative of the victims): ++ 420 73 795 13 23 Kumar Vishwanathan, (Life Together): ++ 420 77 77 60 191 Jiri Kopal (League of Human Rights): ++ 420 60 87 19 535 Claude Cahn (ERRC): ++ 36 20 98 36 445 The European Roma Rights Centre (ERRC) is an international public interest law organization engaging in a range of activities aimed at combating anti-Romani racism and human rights abuse of Roma, in particular strategic litigation, international advocacy, research and policy development, and training of Romani activists. For more information about the European Roma Rights Centre, visit the ERRC website at http://www.errc.org. European Roma Rights Centre 1386 Budapest 62 P.O. Box 906/93 Hungary Tel.: ++ (36 1) 413 2200 Fax: ++ (36 1) 413 2201 E-mail: office@errc.org
The League of Human Rights is a non-governmental organisation providing free legal and psychological assistance to victims of gross human rights violations, in particular to members of the Roma minority, victims of domestic violence and children. Its mission is to create a future in which the Czech state actively protects the human rights of its citizenry and respects both the spirit and the letter of the international human rights conventions to which it is signatory. League of Human Rights Bratislavska 31 602 00 Brno Czech Republic
Di Fabrizio (del 27/06/2006 @ 10:35:15 in scuola, visitato 3295 volte)
Da maggio scorso, sono apparsi sui media statunitensi, in particolare quelli diretti verso i lettori europei, una serie di articoli che paragonano la lotta dei negri americani negli anni '60 a quella dei Rom nell'Europa del 2000. Ora è la volta di Dzeno, sempre attenta ai suggerimenti e alle tattiche provenienti da oltreoceano. Articolo precedente.
23. 6. 2006 - I Rom mutuano le tattiche delle lotte per i diritti civili. per ottenere uguali opportunità nell'accesso alla scolarizzazione e nuove opportunità per i loro figli
OSTRAVA, Repubblica Ceca - Siamo nei pressi di un insediamento-ghetto, una ragazza con un ventaglio di plastica in testa, balla sulla porta di una casa diroccata. Fluttua all'interno, una scintilla nel buio, libera per ora dalle statistiche che predicono che si svilupperà in una giovane madre sposata ad un uomo con "più residuo di stoffa che monete nelle tasche".
All'appartamento al secondo piano, Berta Cervenakova auspica un futuro migliore per la sua famiglia. Nikola, suo figlio di 17 anni, è uno dei 18 che ha accusato il governo di segregazione scolastica. I ricorsi anti-discriminazione sono parte della nuova generazione di Rom, per contrastare generazioni di pregiudizi in tutta l'Europa dell'Est con tattiche mutuate dai movimenti civili U.S.A.
"Se non si trattasse di razzismo, perchè mia figlia è stata destinata a una scuola differenziale?" chiede Cervenakova, nella sua cucina decorata con pentole riempite di fiori di plastica. "Il sistema ha fallito. Vogliamo i colpevoli".
Il caso ceco e altri simili in Bulgaria e Ungheria sono la prova lampante dei persistenti pregiudizi affrontati dai Rom, e scoprono gli stili di vita che hanno contribuito alla povertà diffusa nella comunità e la sua scarsa voce politica. Durante il comunismo, i Rom beneficiavano di un sistema che offriva pari condizioni lavorative, a fronte però di un'istruzione di "secondo livello" che non li ha preparati ai fervori capitalistici e ai pregiudizi seguiti al crollo del muro di Berlino.
"Questi casi discriminatori si ispirano all'esperienza americana" afferma Dimitrina Petrova, direttrice esecutiva di European Roma Rights Center, che segue gli sviluppi cechi. La sua organizzazione vuole modellarsi su come i neri negli Stati Uniti usarono i tribunali, incluso il caso Brown v. Board of Education oltre 50 anni fa, per promuovere il cambiamento sociale.
Scopo dei gruppi Rom, come per la minoranza degli studenti nel Kansas del 1950, è di vincere la causa che obblighi il governo nazionale a rafforzare le leggi anti-discriminatorie.
E' una strategia nuova in un'Europa più incline a cercare protezione nei parlamenti. Azioni iniziate nell'ex blocco sovietico, perché i diritti umani e il multiculturalismo incontrino le richieste di adesione all'Unione Europea.
Il caso sollevato contro la Repubblica Ceca, portato dal gruppo di Petrova dopo la scoperta che gli studenti Rom sono 27 volte di più esposti alle scuole differenziali, viene rivolto al giudizio finale della Corte Europea dei Diritti Umani. Lamenta che il governo Ceco ha storicamente deviato i Rom verso scuole differenziali, basandosi più su criteri etnici che sull'abilità intellettuale. Il tribunale inizialmente ha stabilito che gli studenti Rom hanno subito un trattamento impari, ma ha rifiutato di ammettere che a questo corrispondesse un'attitudine intenzionalmente discriminatoria.
Le autorità ceca hanno preso conoscendo del problema e iniziato a fare cambiamenti.
"Abbiamo iniziato ogni discussione possibile su come integrare i bambini Rom," dice Ondrej Gabriel, portavoce del Ministro dell'Educazione, che rimprovera i Rom per non insegnare il Ceco ai loro figli. Ci sono nuove classi di lingua prescolari espressamente per i Rom, e nelle classi sono stati posti specialisti Rom.
I critici affermano che i Rom sono più portati degli altri per finire in classi con problemi di apprendimento.
"Si limitano a ridipingere i segni" dice Kumar Vishwanathan, a capo di Life Together, organizzazione anti-discriminazione di Ostrava, dove si sima abitino 30.000 dei 250.000 Rom del paese. "Come mai non si integrano questi bambini? Il sistema scolastico congela questa comunità e li tiene lontani dal progredire."
Libuse Soukalova, direttrice di una scuola dell'obbligo per bambini con problemi d'apprendimento, dice che in 27 anni come educatrice, non può nominare un solo Rom che abbia avuto una storia di successo. Nel 2005, il 25% degli studenti Rom ha completato la scuola primaria, confrontato col 73% degli studenti etnicamente cechi. Soukalova aggiunge che ogni anno 30 dei suoi studenti Rom iniziano le superiori, e due la terminano.
"I loro bambini non frequentano la scuola d'infanzia, e i loro genitori non prestano grande attenzione all'educazione" continua, aggiungendo che ogni studente nella sua scuola affronta un test psicologico ed attitudinale. "Non conoscono le cose che sanno i loro coetanei cechi."
I Rom, che si pensa migrarono dall'India oltre 1.000 anni fa, a lungo hanno vissuto ai margini della società europea. Lavorando come stagnaie musici, lavoratori a giornata e come zappatori, inizialmente si spostavano in carovane attraverso le foreste. Sono stati visti stereopaticamente come ladri e bugiardi, e spesso visti più come artisti che pragmatici. I nazisti li accusarono di inferiorità razziali, e ne uccisero circa 500.000 nei campi di concentramento.
Si stima che siano tra gli 8 e i 15 milioni i Rom sparsi nell'Europa Centrale e Orientale. L'ampia discrepanza dei numeri è dato dal fatto che molti negano la loro appartenenza per paura di persecuzioni. Ad esempio, nella Repubblica Ceca il Difensore Pubblico dei Diritti, che indaga sulle violazione delle libertà civili, dice che anche recenti rapporti al tempo della Guerra Fredda, le donne Rom furono sterilizzate "in maniera illegale o per motivi inappropriati" (vedi articolo precedente).
Il caso venne alla luce nel 2004 quando 10 donne Rom lamentarono di non essere state informate sulle conseguenze della sterilizzazione. La pratica faceva parte di una politica non esplicitata nell'era comunista, per prevenire il "rischio sociale" di un alto tasso di natalità tra i Rom. Il difensore pubblico ha scoperto che questa attitudine persiste negli ospedali e che "la società ceca deve affrontare questa realtà."
I Rom furono portati ad Ostrava dopo la II guerra mondiale, per lavorare nelle miniere di carbone e negli impianti chimici. Il cielo era una ua visione granulosa di promessa, sibilante per i vapori, il fumo e gli effluvi nocivi. Ma ancora i locali si siedono sui gradini della cupola di san Venceslao, scolando birra e ascoltando i colpi di mazza delle macchine. Il museo cittadino è poco frequentato e si mormora "I fine settimana ormai sono morti. Non funziona più niente."
Ai margini di Ostrava, oltre le fabbriche saccheggiate e il groviglio della ferrovia, su Cervenakova e sua figlia Nikola e i loro soprammobili, molte ragazze ripetono la storia dei loro avi: ricevendo educazione che le quqalificano per lavori come aiuto cuoche e tuttofare.
"Sono stata alla differenziale per 9 anni. Il dottore aveva detto a mia mamma che non ero pronta per la scuola normale," dice Lycie Gorolova, una ragazza con poche possibilità in una città che conta il 28% di disoccupazione. "Nella mia classe eravamo 30 Rom e 4 bianchi. Volevo fare la fornaia o la parrucchiera, ma non ero qualificata. Ho dovuto scegliere tra assistente in cucina o donna di servizio. Mia madre è donna di servizio."
Storie simili si ripetono. Tutti sanno che anni nelle scuole differenziali, negano l'accesso alle superiori, diminuiscono le possibilità per il college o altri corsi avanzati.
Cervenakova dice che il futuro di Nikola è stato compromesso dalla scuola primaria, in un istituto differenziale. L'anno scorso è arrivata in una classe normale, ma si è trovata sempre indietro e più lenta delle sue compagne. Ha iniziato a marinare la scuola e cercare qualche lavoro. Ora, a 17 anni, frequenta l'ottavo grado. Nessuna ambizione, se non quella di sposarsi.
Dice: "Ho soltanto brutti ricordi."
"E' la mia primogenita" dice Cervenakova, il cui marito era autista al tempo del comunismo e attualmente è disoccupato. Gli altri figli - due ragazzi e una ragazza - frequentano la scuola normale e se la cavano bene.
C'è paura e un po' di rimpianto quando racconta cosa è capitato a Nikola: "Non sapevo come comportarmi quando il personale scolastico è venuto qui. Mi diedero un foglio di carta e mi dissero di firmare. Non lo feci. Nikola era troppo giovane per conoscere le conseguenze di ciò."
Dusan Cervenak, Rom cresciuto nel quartiere zingaro di Ostrava. Ha visto i suoi amici che lasciavano le scuole differenziali. Ha frequentato le classi regolari e oggi è un operaio lavoro apprezzato tra i Rom. Un omone con baffi sottili, Cervenak dice che la situazione difficile e le differenze culturali hanno mantenuto la comunità dalle altre generazioni.
"Nel passato la soluzione più facile era mettere i Rom nelle scuole differenziali. Molti non parlavano il ceco. Rimanevano indietro e non erano bravi studenti," dice."Le cose sono cambiate negli ultimi anni. Ora le scuole primarie hanno assistenti per i bambini Rom."
In città, quello che hanno costituito le compagnie di carbone anni fa sta sbiadendo. I quartieri residenziali sono degradati, crescono il crimine e la droga. Il cielo in compenso è pulito, ma in pochi sembrano apprezzare questa novità.
Jiri Smelik è stato dirigente di una scuola regolare per 13 anni. Il ruolino degli studenti è indicativo dei cambiamenti nel quartiere. Nei primi anni, l'8% degli studenti era Rom, oggi sono il 70%.
"Non voglio sembrare razzista," dice seduto nel suo ufficio al termine della giornata, mentre spazza il pavimento con una scopa. "Ma non credo nell'eguaglianza tra le persone. Mi spiace dirlo, ma in generale i Rom sono meno intelligenti."
Ha lasciato la sua dichiarazione sospesa; non la ha ritrattata.
Smelik dice che in 13 anni solo quattro degli studenti Rom sono andati alle superiori. Cita problemi sociali, povertà, ghetti e la mancanza di quella che chiama un'intelligentsia Rom. Sospira profondamente, tentando di mettere ordine nei suoi pensieri: "Spero di poter offrire una chance per una vita migliore," dice. "E' un lavoro che esaurisce. Provi duramente. 100volte e 100 volte ancora."
Cammina calmo lungo il corridoio, armeggiando con le chiavi ed mostrando alcuni ospiti. Blocca il portello e si dirige indietro verso il suo ufficio
By Jeffrey Fleishman, LA Times Staff Writer
da Sucar Drom
L'Opera Nomadi Sezione di Milano ha pubblicato l'anno scorso il libro Porrajmos, le persecuzioni di Rom e Sinti in Europa. Quest'anno propone uno spettacolo partendo dalle testimonianze dirette, presenti nel libro, di Sinti e Rom sopravvissuti alla persecuzione razziale fascista e nazista. Una proposta rivolta alle scuole, e non solo, per conoscere uno sterminio dimenticato, perpetuato su base razziale .
PORRAJMOS breve scheda dello spettacolo teatrale
Quella che il popolo ebraico ci ha insegnato a chiamare Shoah, in lingua romanés si chiama “Porrajmos”. Una parola che pochi conoscono ma che in italiano si traduce con annientamento, distruzione, divoramento. I popoli rom e sinti hanno patito sofferenze atroci durante il nazismo e il fascismo: fino ad oggi, solo alcune centinaia di migliaia sono le vittime accertate, ma la maggior parte degli storici concorda sull’impossibilità di fornire cifre definitive, anche perché i Sinti e i Rom divorati dall’universo concentrazionario nazista, devono venir aggiunti quelli uccisi o comunque perseguitati, ad esempio con la pratica della sterilizzazione coatta o con la prigionia nei campi di detenzione, nei territori occupati di tutta l’Europa. Come sempre “non nel numero delle vittime, ma nell’ideologia stessa che sottende l’idea di discriminazione, di persecuzione, di sterminio, si annida il crimine”: Ebrei, Sinti e Rom, oppositori politici, omosessuali, testimoni di Geova, handicappati, malati psichici sono morti insieme nelle camere a gas, in ragione di un atto finale che costituisce l’epilogo logico e “necessario” dell’ideologia razziale. Anche il regime fascista fu direttamente responsabile della persecuzione razziale contro i Rom/Sinti e collaborò attivamente al Porrajmos, sia nei confronti degli italiani e stranieri insediati sul territorio nazionale, sia ai danni dei gruppi rom dei paesi occupati dal nostro esercito. Tragiche ed emblematiche sono le testimonianze delle efferatezze compiute dagli ”italiani brava gente” in zona jugoslava, riportate alla luce anche dagli studi più recenti. L’assenza, nel nostro paese, di una esplicita legislazione razziale riconducibile ai Rom e ai Sinti, utilizzata per negare le responsabilità del regime e la continuità con gli orrori che si andavano perpetrando in Europa, non deve trarre in inganno. L’ampia discrezionalità nell’applicazione estensiva di alcune norme anti-ebraiche e il ricorso a disposizioni prefettizie e delle questure in materia d’ordine pubblico, di fatto, fornirono i presupposti per l’applicazione di una politica razziale nazionale che consentisse vessazioni, limitazioni della libertà di circolazione, rastrellamenti, internamenti nei campi di prigionia italiani, nonché il trasferimento nei lager nazisti di alcune migliaia di Rom e Sinti italiani e stranieri.
In occasione della “Giornata della Memoria 2006”, Opera Nomadi di Milano presenta la lettura spettacolo “Porrajmos”, attraverso testimonianze autentiche e una scelta di poesie d’autori Rom, in grande parte inedite in Italia, per ricordare lo sterminio “dimenticato”.
Ci hanno fatto entrare dal portone e ci hanno fatto uscire dal camino, dice una canzone Rom. A 60 anni da Auschwitz, forse il portone non è stato ancora chiuso.
Un’iniziativa rivolta innanzitutto ai giovani, alle scuole medie e superiori e alle università, al mondo della cultura, alle istituzioni e all’opinione pubblica con l’obiettivo di far luce sul Porrajmos del popolo rom e sinto.
Il tempo avanza e la trasmissione delle testimonianze diventa sempre più difficile ma questa è, di fatto, la strada da percorrere per consentire la ricostruzione dei tragici eventi di quegli anni, a maggior ragione in un ambito sociale che, ignorato dalla storiografia ufficiale, ha affidato quasi esclusivamente alla narrazione orale la trasmissione della propria storia e cultura, e conseguentemente della propria identità. Per quanto riguarda la “società maggioritaria”, è anche qui necessario ribadire la necessità di uno sforzo di conoscenza per restituire a tutti noi la consapevolezza della reale portata delle persecuzioni patite dalle comunità sinte e rom d’Europa, ricostruendo le radici giuridico-normative (e quelle, pur sedicenti, medico-scientifiche) impiegate per legittimare una discriminazione che anche per i Rom/Sinti è stata razziale e che, pure in Italia, fu tutt’altro che episodica e marginale. Occorre ricordare che ancora oggi i Rom e i Sinti continuano ad essere le Minoranze Etniche Linguistiche a più alto rischio di esclusione sociale, anche quando sono cittadini italiani e vivono in condizioni di relativa o compiuta sedentarietà, ma continuano ad essere “costretti” a non dichiarare pubblicamente la propria appartenenza e identità per aggirare il pregiudizio diffuso che li circonda. E questa, per quanto grave e inaccettabile, è solo la parte più “riconoscibile” di uno scenario sociale ben più ampio e complesso, a livello nazionale ed europeo, che alimenta pericolosamente la discriminazione e il razzismo tra i popoli, lungo un percorso storico di violente discriminazioni che, ieri come oggi, non appaiono essersi interrotte nei confronti dei popoli rom e sinti.
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Lo spettacolo dura un ora e un quarto circa. Sul palco: due attori e tre musicisti. Le esigenze tecniche: impianto luci base (possibilità di attacco di corrente 380) e collegamento impianto amplificazione. Gradita possibilità di proiezione video.
Proposta economica: - 2 attori teatrali, - 3 musicisti. Per le esigenze tecniche: impianto luci base ( possibilità di attacco di corrente 380) e collegamento impianto amplificazione. Gradita possibilità di proiezione video. Costi: 1.600,00 IVA esente
per contatti diretti Ente Morale Opera Nomadi Sezione di Milano via Archimede n.13, 20129 Milano telefono 02 84891841 cellulare 339 3684212 operanomadimilano@tiscalinet.it
Di Fabrizio (del 07/10/2006 @ 10:28:40 in Europa, visitato 2618 volte)
In occasione dell'Incontro dell'Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa - Human Dimension Implementation (riassunto -
articolo originale:
Roma_Rights)
Varsavia, 3 ottobre 2006 - Contatti: Ostalinda Maya Ovalle: + 36 70 602 58 31
Negli anni recenti, l'attenzione di attivisti di strada, gruppi della
società civile, governi e organizzazioni internazionali, è cresciuta
l'attenzione alla violazione dei diritti fondamentali delle donne romani. Ci
sono anche sviluppi positivi. Per esempio, il Parlamento Europeo ha adottato
recentemente il rapporto sulle situazione femminile rom nel continente.
Nonostante alcuni passi positivi, rimangono preoccupazioni: le Romni
affrontano la pressione nelle famiglie e nella comunità, spinte ad aderire
ad abitudini e tradizioni degradanti. Nel contempo, soffrono di aperta
discriminazione nel campo dei diritti umani fondamentali da parte delle
autorità, come nel caso delle sterilizzazioni forzate. Nonostante le
pressioni, le donne hanno iniziato ad alzare la voce e denunciare gli abusi.
[...]
Sterilizzazione forzata
La pratica è [stata] comune a diverse paesi europei. Alcuni (la Svezia, per
esempio) hanno stabilito un meccanismo di compensazione per le vittime, ma
ancora non riconoscono l'aspetto razzista di queste pratica. In alcuni paesi
dell'Europa Centrale e Orientale, la pratica è continuata sino ad oggi.
La situazione della Repubblica Ceca e della Slovacchia è invece di una
pratica sistematica e tuttora centinaia di donne non hanno ottenuto
risarcimento. Diversi i motivi, tra cui:
- l'eugenetica che continua ad influenzare le politiche mediche in
quei paesi;
- una generica mancanza di rispetto della volontà delle pazienti;
- "preoccupazione" per l'alto livello delle nascite tra i Rom.
[...] Questa pratica è continua dalla fine degli anni '70. Sinora,
nessuna azione da parte di quei governi è stata sufficiente per un adeguato
indennizzo alle vittime, o anche per assicurare la fine definitiva di questa
pratica.
Nella Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria alcune donne vittime di
sterilizzazione forzata, con risultati limitati. [...]
Violenza domestica
In una recente ricerca condotta su 237 donne romani, oltre il 70% delle
intervistate afferma essere stata vittima di violenze da parte del
partner o di altri membri della famiglia. La media nazionale è del 23%. La
gran parte di questi incidenti non viene denunciata per un diversi motivi:
- La violenza contro le donne è accettata in alcune famiglie romani.
- La paura di essere isolate e svergognate dalla famiglia e dalla
comunità.
- Gli autori di questi atti di violenza raramente sono giudicati
responsabili di ciò, e questo scoraggia le donne nel cercare aiuto
legale.
- Le donne temono un'ulteriore vittimizzazione se si rivolgono alla
polizia o all'esterno [della comunità].
Si aggiunga che esiste un numero di difficoltà pratiche che rendono
impossibile alla donna di fuggire da questa situazione; incluso la mancanza
di sistemazioni alternative, l'incapacità economica di badare a se stesse
e/o la mancanza di opportunità d'impiego.
Nonostante queste barriere, alcune romnià, spesso in situazione
disperata, hanno iniziato a sfidare la violenza domestica. Occorre
aggiungere che i loro sforzi non hanno sinora ottenuto grande successo. Da
parte della legge le reazioni sono state tiepide, a volte rinunciando ad
accogliere le denunce o addirittura minacciando o insultando le donne. Delle
237 intervistate, 34 hanno triportato le violenze subite alla polizia; 20
(il 59% di queste) hanno subito lì trattamenti razzisti o degradanti. Solo
in 5 casi (15%) la polizia è intervenuta. Una donna ha raccontato che quando
D.D., 43 anni, ha chiesto aiuto alla polizia dopo essere stata picchiata da
un membro della famiglia, le è stato risposto: "Voi zingari vi picchiate tra
voi tutto il tempo. Dovete risolvere la questione tra di voi"
Matrimoni tra bambini
Questi matrimoni continuano impunemente in diversi paesi europei, [...] con
tutta la serie di abusi dei diritti umani a cui sono associati.
In un caso recente, portato all'attenzione da ERRC, nelle regione di
Caras Severin in Romania, M.S., bambina rom di 10 anni, è stata venduta ai
genitori di D.M., ragazzo di 17 anni. [...] Le autorità rumene indagando sul
caso, hanno acconsentito a ritenerlo un caso di adozione da parte dei
genitori di D.M.. Apparentemente, le autorità non hanno indagato oltre. A 12
anni, M.S. ha dato la luce ad un bambino con parto cesareo, e il dottore le
disse che non avrebbe più potuto avere altri figli. A questo punto i
genitori di D.M. si sono rivolti a quelli di M.S., per inadempienza del
contratto stipulato. Il conflitto è degenerato in violenza tra le due
famiglie e le autorità rumene sono state allertate per la seconda volta. A
questo punto la polizia ha accusato D.M., che nel frattempo aveva compiuto
19 anni, del crimine di traffico di persona e rapporti sessuali con una
minorenne. D.M. ha ora di fronte un lungo periodo di prigione. Nessun
provvedimento è stato adottato per le violenze susseguitesi tra le due
famiglie.
Il caso è un esempio estremo di eventi che riguardano migliaia di giovani
e bambini ogni anno. Come in questo caso, quasi senza eccezione le vittime
sono abbandonate a se stesse e/o si tralascia di proseguire gli indiziati.
Mentre mancano sforzi da parte delle autorità locali o internazionali e
anche i gruppi della società civile non si esprimono o scoraggiano la
discussione su questi temi.
I matrimoni combinati tra minori espongono le ragazze ad
abusi sessuali e sfruttamento, precludono il percorso scolastico,
vanificando il diritto all'educazione e diminuiscono le possibilità
d'impiego. Inoltre ha un significativo impatto sulla situazione sanitaria
delle bambini e dei figli che possono mettere al mondo. Crescono difatti il
tasso di mortalità per parto e i rischi di complicazioni durante la
gravidanza [...] Le vittime di matrimoni infantili sono estremamente
dipendenti dal marito e dalla sua famiglia e perciò ad alto rischio di
povertà e/o ulteriore sfruttamento in caso di qualsiasi rottura successiva
alla famiglia. Sono inoltre più vulnerabili alla violenza domestica [...]
Traffico di persone Povertà, discriminazione e
marginalizzazione sono quei fattori che rendono le donne Rom e i loro
bambini particolarmente vulnerabili al traffico di persone. Molti Rom
affrontano una lotta continua per le loro esigenze di base, come il cibo e
la casa e hanno difficoltà ad ottenere i documenti personali (ad esempio il
certificato di nascita) necessari per accedere ai servizi essenziali.
Inoltre, la tradizione patriarcale pone le donne in un ruolo subordinato
agli uomini e in queste comunità le donne sono particolarmente a rischio di
traffico di persone. Particolare attenzione va fornita nel combattere il
traffico di ragazze, indirizzate alla mendicità e a volte allo sfruttamento
sessuale. In alcuni casi questi traffici nascondono mancanza di conoscenza e
disinformazione da parte delle famiglie. Gli stati dovrebbero operare per
eliminare tutti i fattori (interni ed esterni) che rendono i Rom
particolarmente vulnerabili a questi commerci, incluso la lotta alla
corruzione e l'identificazione delle vittime. Dovrebbe essere depenalizzata
la situazione delle vittime nel caso di ingresso illegale e sviluppati
programmi specifici per il loro rientro nei paesi di origine nel massimo
rispetto della dignità e della sicurezza delle vittime.
Ineguaglianza Le Romnià affrontano una
discriminazione in base alla razza e al sesso. In diversi paesi d'Europa si
riportano discriminazione come segregazione scolastica e nel lavoro. [...]
Un recente studio condotto da Open Society Institute, prova che il 54% delle
romnià in Romania sono impiegate nell'economia informale senza accesso ai
servizi sociali e ad altre forme di protezione. Un rapporto pan-europeo del
4 ottobre di ERRC mostra le discriminazioni patite nel campo della sanità.
Gli sviluppi nel campo delle leggi anti-discriminazione in Europa negli anni
recenti, non hanno ottenuto risultati accettabili dalle romnià.
Le politiche rivolte all'ineguaglianza tra uomini e donne
difficilmente si occupano di questo aspetto. Ciò può dipendere dalla scarsa
rappresentazione politica delle donne rom. In Ungheria due di loro sono
state elette al Parlamento Europeo e danno una voce importante alle romnià.
La disattenzione europea ricalca quella degli stati nazionali, dove nessuna
di loro è eletta al Parlamento nazionale e anche a livello locale la loro
voce è assente.
Conclusioni Il progresso nel campo dei diritti
umani per i Rom è impossibile senza significativi avanzamenti nel campo dei
diritti delle donne. Gli abusi sistematici portati nel nome dei "valori
tradizionali" devono terminare. [...] Il coraggio delle romnià nello sfidare
la violenza e le violazioni dei diritti umani è ad oggi appoggiata solo da
poche OnG, di fronte al silenzio dei governi, delle stesse famiglie e della
comunità. [...]
Di Fabrizio (del 01/05/2007 @ 10:26:05 in Europa, visitato 2569 volte)
Da
Czech_Roma
Strasbourg, France, April 18 (CTK) - Il rapporto del Consiglio d'Europa (CE)
sullo stato dei diritti umani in 46 stati, critica la Repubblica Ceca e la
Slovacchia per il trattamento riservato ai Rom.
I principi della CE richiedono l'azione giudiziaria in periodi ragionevoli.
Giustizia dilazionata significa giustizia negata, dice il rapporto.
Oltre a Cechi e Slovacchi, vengono criticati altri 19 paesi, inclusi Francia,
Germania, Bretagna, Italia, Grecia e Polonia.
Casi di spostamenti forzati di famiglie rom sono registrati in numerosi paesi CE
[...] Il rapporto aggiunge che il Tribunale Europeo sui Diritti Umani riguardo
la Repubblica Ceca e la Slovacchia è particolarmente preoccupato per la
segregazione scolastica dei bambini Rom nelle scuole ceche e per la
sterilizzazione forzata o senza consenso in Slovacchia.
Il rapporto ricorda che esistono tre priorità CE, che si applicano anche per
i Rom, e che sono la protezione delle minoranze, la lotta al razzismo e
all'intolleranza, e la lotta contro il mantenimento ai margini della società.
Il paese che ha ottenuto più critiche è stato la Russia.
Di Fabrizio (del 09/02/2007 @ 10:25:12 in Regole, visitato 2135 volte)
Da Slovak_Roma
BRATISLAVA, Slovakia, Feb. 5 (UPI) - Un tribunale ha sentenziato che tre donne rom hanno subito una violazione dei loro diritti umani con la loro sterilizzazione illegale.
The Slovak Spectator ha riportato lunedì che la corte Costituzionale ha ordinato che le donne della città di Kosice siano rimborsate con $1.865 ciascuna per i danni subiti.
Le donne, di cui due allora minorenni, subirono in ospedale sterilizzazione illegale senza il loro consenso, tra il 1999 e il 2002. Da allora, in molte occasioni, le donne si sono appellate al procuratore di Kosice, [...], ma sono sempre state ignorate.
Il loro ricorso alla corte Costituzionale è stato finalmente accolto a metà dicembre.
Nel 2004, European Roma Rights Center di Budapest aveva pubblicato i ricorsi che coinvolgevano Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria [...]
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Di Fabrizio (del 22/03/2007 @ 10:19:04 in Italia, visitato 1709 volte)
Recentemente a Roma e nel Lazio si sono riaperte le polemiche sui campi nomadi. Riporto questo articolo da TusciaWeb che, anche senza dire niente di nuovo, tenta di dare alcuni elementi di dialogo
Sono stato a guardare stupefatto ed incredulo la vicenda del possibile trasferimento d’alcuni rom sul nostro territorio.
Il Prefetto Serra ha dichiarato che non esisteva alcuna ipotesi di trasferimento forzato di campi nomadi, giudicabile negativamente dagli stessi rom (demonizzati senza essere a conoscenza di nulla), e che sarebbe stato considerato alla stregua di una deportazione, ma un’ipotesi appunto, d’inserimento di 10 persone per centro abitato, in abitazioni pagate dalla Regione e con inserimento scolastico dei bambini rom.
Sono stati semplicemente chiesti i pareri dei sindaci coinvolti, e quindi non si comprende il perché di tutta questa spirale d’odio, d’ignoranza e di paure, fomentata dalle destre, che mi ha personalmente indignato.
Il popolo rom è una popolazione indeuropea che parla una lingua di ceppo indiano, concentrato soprattutto nell'Europa dell'Est, in Spagna e in Sud America (specie in Brasile e in Argentina).
Nella loro lingua rom (o rrom, plurale roma o rroma) significa semplicemente "persona", "essere umano". I rom sono spesso chiamati zingari, zigani o gitani, tutti termini che derivano da Egitto e che fanno riferimento ad una presunta (ed erronea) origine egiziana dei rom. I rom sono spesso impropriamente chiamati nomadi, termine che in realtà si riferisce genericamente a chiunque conduca vita itinerante, e che quindi è improprio riferito ai Rom stanziali (la maggioranza) e, al contrario, potrebbe applicarsi a popolazioni che nulla hanno a che fare con i rom (fonte Wikipedia).
Può un popolo essere interamente criminalizzato e perseguitato?. In passato questo è accaduto, nei campi di sterminio nazisti non sono morti solo ebrei, ma anche rom.
Al pari della più nota Shoah (il tentativo del regime nazista di sterminare gli ebrei), il Porrajmos fu deciso sulla base delle teorie razziste che caratterizzavano il nazismo. Dato che le comunità nomadi dell’Europa orientale non erano organizzate come quelle ebraiche, il numero delle vittime non è esattamente definibile, ma si può approssimare tra le 400.000 e le 800.000 unità.
Solo recentemente i Rom hanno iniziato a chiedere di essere ufficialmente inseriti tra le vittime del regime nazista.
L'aspetto più terribile della loro detenzione è rappresentato soprattutto dagli esperimenti scientifici cui fecero da cavie, a partire dal 1943, ad Auschwitz e altri campi di concentramento.
A molti di loro furono inoculati germi e virus patogeni per osservare la reazione dell'organismo di fronte alle malattie, altri furono obbligati ad ingerire acqua salata fino alla morte. Particolarmente duro fu il trattamento riservato alle donne. Le più giovani venivano sottoposte a dolorose operazioni di sterilizzazione, mentre quelle mature erano utilizzate per riscaldare, nude, i corpi di coloro che erano stati soggetti agli esperimenti sul congelamento.
L’art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite recita:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Art. 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione potrà essere inoltre fondata sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.
I diritti sono i diritti di tutti nessuno escluso e dichiarazioni come quelle del sindaco di Barbarano Montaccini “gli zingari sono portatori di malattie, come la scabbia”, sono gravissime e probabilmente anche al di fuori della legalità, oltre che una palese violazione dei diritti umani.
Il sindaco Montaccini, si è domandato perplesso perché un giornalista gli abbia chiesto se era cattolico……… la risposta signor sindaco è su di uno strano libro a lei probabilmente ignoto Matteo 5, 3-12…..Beati quelli che fanno cordoglio, perché saranno consolati.
Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che sono affamati e assetati della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio….
Tante volte, nell’agenda della politica, sentiamo amministratori locali parlare, devo dire spesso demagogicamente, di accoglienza, integrazione, dialogo, conoscenza…….ecco, io credo che dovremmo declinare questi concetti partendo, per esempio, dalla stessa etimologia del termine accoglienza, “ad cum lego”, che reca al suo interno il senso stesso di questo concetto, che deve necessariamente parlare di confronto, di scambio, di intercultura, di cose, persone e culture che si legano fra loro arricchendosi vicendevolmente.
Voglio farmi garante di un’iniziativa, portare ragazzi del nostro territorio in visita ad un campo rom, in modo che possano rendersi conto con i propri occhi, della condizione in cui versano degli esseri umani come loro. Mi farebbe piacere che fra questi ragazzi, ci fossero anche ragazzi di Barbarano che hanno partecipato alla “porchettata rom.
Giuseppe Picchiarelli (Assessore provinciale di Viterbo ndr)
Di Fabrizio (del 26/01/2006 @ 10:13:42 in Italia, visitato 2040 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir: Oggi 2006 i venti non sono ancora favorevoli per gli “zingari-nomadi”. L’idea di ricordare per non dimenticare, deve essere per tutte le vittime dell’Olocausto nei lager come quello di Auschwiz. Oggi si parla delle leggi razziali degli anni ’30-’40, ma bisogna ricordare che c’era una Legge che prevedeva di pulire la Germania e l’Europa intera dai Zigauneur, semplicemente perché considerati come degli “asociali”. Addirittura ad Aushwiz esisteva un ghetto nel ghetto, riservato proprio per i Rom e i Sinti: erano le baracche chiamate Zigauneur Lager, proprio per marcare questa divisione dagli altri internati. Non possiamo dimenticare che anche oggi continuano ad esistere i ghetti, sono i campi nomadi. Nei campi di concentramento i Rom e i Sinti avevano le pari opportunità per morire nelle camere a gas, come tutti gli altri prigionieri: Ebrei, Comunisti (prigionieri politici), omosessuali, testimoni di Geova… Anche oggi i Rom, ma solo tra di loro hanno le pari opportunità: lo stesso destino di essere espulsi da territorio Europeo per essere mandati in Kosovo, in Macedonia, in Bosnia-Hercegovina e quando arrivano là, vengono discriminati per non aver partecipato alle varie guerre di “liberazione”. Le loro case bruciate o occupate dai “liberatori”, altri vengono uccisi, addirittura davanti ai rappresentanti (soldati) delle Nazioni Unite: tutto in nome della “democrazia”. Alle baraccopoli dei Zigeuner Lager le donne Rom e Sinte potevano partorire i loro figli, mentre gli altri prigionieri erano divisi: uomini da una parte e donne dall’altra. Questo “generoso privilegio” serviva perché i bimbi Rom e Sinti, dovevano fare da cavie umane per il Dott.Menghele. Anche Eva Justin, altra famosa dottoressa si interessava soprattutto di ricerche sui bambini Rom, la sua attività preferita era la sterilizzazione delle bimbe Rom e Sinte di 14 e 16 anni, solo per evitare la nascita dei nuovi “bastardi asociali”. Oggi tante volte i Rom sono accusati di rapimento dei bambini gagjè (cioè non Rom), anche senza alcuna prova, ma l’opinione pubblica continua a pensarlo, alimentata dai mass media. Tanti gagjè, soprattutto gli operatori nel sociale, gli “esperti Rom”, gli educatori, gli assistenti sociali quelli che “lavorano” per il nostro bene, spesso approfittano della legge per “rubare” i nostri figli e lo fanno approfittando del disagio delle famiglie Rom e li affidano legalmente ai gajè, anche con i contributi delle Istituzioni, infine vengono adottati definitivamente da famiglie italiane. Anche questo è “rapimento”, fatto rispettando la legge, in nome della democrazia…ma guai a dire che sono stati rubati ai Rom, questo non lo si deve dire! Ma devo anche chiedermi, come mai nessuno si è preoccupato di contare le vittime Rom e Sinti nei Lager di Hitler? Si calcola che il numero và dai 700.000 a 1.500.000 vittime Rom. Infine voglio che sappiate che oggi il mio popolo ancora porta sulle spalle le conseguenze dell’esodo nazista di ieri, ma anche dell’esodo dal Kosovo, Macedonia, Bosnia-Hercegovina ancora in atto. Qui a Pisa esiste un progetto per i Rom: “Le città sottili” che tenta un cammino di integrazione, perché noi Rom vogliamo integrarci nella società Italiana ed Europea, ma siete voi gagjè (non Rom) che non ci date la possibilità, voi non volete la nostra integrazione perché avete ancora troppi pregiudizi verso di noi: siamo tutti ladri, sporchi, bugiardi… Le Istituzioni e i famosi esperti Rom, loro per primi devono darci la possibilità di cambiare, o meglio di ritornare alla nostra vita normale fatta di lavoro, di scuola, di una casa permettendoci di camminare con i nostri piedi. Chi altro meglio di noi può raccontare e spiegare la nostra storia, la nostra cultura e le sue tradizioni? Io sono uno dei pochi intellettuali Rom presenti a Pisa e in Italia e la mia “arma di combattimento” è la penna, quindi mi assumo la responsabilità di quanto ho voluto dire con questo mio scritto.
Dzevat Etem, Presidente A.C.E.R. di Pisa
Coltano, 24 Gennaio 2006
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Si è tenuta lo scorso mercoledì 23 novembre un'udienza pubblica sulla condizione delle donne Rom in Europa. [...]
L'iniziativa è stata organizzata in vista del rapporto che la deputata Lívia Járóka (EPP-ED, HU) presenterà a maggio 2006. Il rapporto affronterà temi scottanti come la segregazione scolastica, l'accesso ai servizi sanitari, la posizione marginale delle donne Rom nel mercato del lavoro, l'esclusione sociale, l'antiziganismo basato sul pregiudizio la sterilizzazione forzata e le diverse forme di discriminazione, con l'intento che "Tutte le istituzioni diano priorità alle donne Rom nelle loro agende".
- Anna Záborská (EPP-ED, SK), presidente della Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, afferma: "Dopo l'allargamento a dieci nuovi Stati Membri, i Rom sono diventati la minoranza più numerosa nell'Unione Europea".
- Zita Gurmai (PSE, HU): "Dobbiamo contrastare senza indugi il gap esistente".
- Karin Resetarits (ALDE, AT): "Occorre una grande campagna specifica".
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Luisella Pavan-Woolfe, della Commissione Europea, ha sottolineato l'importante ruolo dell'EU nel completare gli sforzi compiuti ai vari livelli locali, regionali e nazionali.
Miranda Vuolasranta (Consiglio d'Europa) ha chiesto una discussione urgente da parte del Comitato. Ha citato come esempio un caso accaduto in Romania: una bambina Rom di 10 anni è morta durante un incendio. L'opinione pubblica si è limitata ad accusare la madre (che è di etnia non Rom) di scarsa attenzione. "Se la situazione fosse stata invertita, avremmo avuto un pogrom anti Rom".
Herta Toth (Open Society Institute, HU) ha ricordato che nel suo paese il 40% Rom il ha perso il lavoro dopo la caduta del comunismo e che l'integrazione fosse allora sicuramente migliore. Ha poi notato che la maggior parte delle ricerche non tengono conto della differenza di genere e che mancano quasi completamente i dati sulle donne Rom. "Il problema è che questo popolo è invisibile, assente dall'agenda e dai programmi dello stato".
Molti tra gli intervenuti hanno sottolineato la doppia discriminazione: etnica e di genere. E la necessità e l'urgenza di misure che affrontino questo tema.
Contatti: Martina IOVCHEVA Press Room Tel. : +32 2 28 40764
Lena KRAFT Press Room Tel. : +32 2 28 43 411
|
e-mail : femm-press@europarl.eu.int
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Di Fabrizio (del 22/08/2011 @ 09:57:46 in Europa, visitato 2627 volte)
C'è un articolo di
venerdì scorso de
Il Piccolo che rapidamente ha fatto il giro del web italiano. Qualcuno mi
ha segnalato anche
questo, e poi Adriano Sofri su
Repubblica, oppure
QUA. Per mia deformazione ho dato un occhio anche alla stampa estera
e, posso almeno assicurarvi che è tutto vero.
La notizia sta sollevando grande scandalo ed indignazione; un po' come
quando, perdonate il paragone, si scoperchia un bidone e la spazzatura è rimasta
"nascosta" lì troppo tempo. CERTO CHE SENTI LA PUZZA, DOVEVI INTERVENIRE
PRIMA! Insomma, succede che della Slovacchia sappiamo mediamente poco
(figuriamoci dei Rom che stanno lì), anche se è a poche ore dall'Italia, e
varrebbe la visita di noi turisti. Cose da non perdere: sicuramente
tante città che mantengono un'impronta centroeuropea che altrove s'è persa,
boschi, montagne e poi la birra.
Quello che gli Slovacchi non vorrebbero farvi vedere sono i ghetti dove vivono
buona parte dei Rom: se in Italia ci vergogniamo dell'abbandono dei campi sosta,
lì ci sono insediamenti di
legno, pietre e fango ai margini dei comuni più piccoli, o
enormi ghetti urbani di edilizia degli anni '50-'60, che da decenni
necessiterebbero di interventi di risanamento.
L'ingresso della Slovacchia nella UE, come in altri paesi dell'ex blocco
sovietico, era subordinato al ripianamento della situazione di grave esclusione
sociale di buona parte della minoranza rom. In realtà ha provocato il fenomeno
opposto, con aumento di prezzi e taglio dei servizi sociali, che hanno portato a
ricorrenti rivolte urbane e
disordini nel febbraio 2004, ripetutisi nel
2006.
Quindi una minoranza rom che non si rassegna ed è anche pronta a scendere in
piazza, in maniera violenta se è il caso. Diciamo che da questo punto di
vista, è perfettamente parte integrante della UE; dopo la GB potrebbe succedere anche nella vicina
Repubblica Ceca. In Slovacchia, accanto a situazioni di estrema marginalità
e devianza, convive una presenza di intellettuali rom impegnati in politica
(sempre in polemica tra loro), nei media, nel campo della musica e dello spettacolo, nell'imprenditoria e manovalanza edile. Quindi la situazione è parecchio sfaccettata.
L'altra faccia della medaglia è un razzismo anti-rom sempre più esplicito e
violento, con scontri ed attentati. Specchio di questo razzismo è
l'atteggiamento delle autorità, riassunto nell'articolo iniziale de Il Piccolo.
ATTENZIONE PERO': un atteggiamento simile, soprattutto da parte dello stato e
degli intellettuali slovacchi, non nasce dall'oggi al domani, ma è saldamente
radicato nel passato. Il caso delle sterilizzazioni forzate, nasce negli anni
'70, ancora al periodo della Cecoslovacchia-dopo primavera di Praga, e lo scandalo scoppiò nel 2004 nella
Repubblica Ceca grazie all'ERRC. In seguito le indagini raggiunsero anche la
Slovacchia. Sembra (ma le ricerche sono ancora in corso) che l'ultimo caso sia
avvenuto nel 2007. Nella
Mahalla potete trovare diverse notizie sugli ultimi 6 anni; ECCO PERCHE' MI
STUPISCE IL VOSTRO STUPORE.
Un altro fenomeno preoccupante di razzismo istituzionale, che riguarda
diversi paesi dell'Europa centro-orientale, è quello della segregazione
scolastica dei bambini rom posti, senza ragione alcuna, in classi differenziali.
Sarebbe un discorso molto lungo, che si potrebbe riprendere in seguito (magari
prima di farvi stupire da un ennesimo articolo che troverete in rete), se nel
frattempo volete informarvi leggete, prendendovi il tempo che vi necessita,
QUI.
Se invece cercaste altre notizie sulla Slovacchia,
QUI. Buona lettura. PS: e se volete avere un'idea di quale possa essere il dibattito
pubblico in Slovacchia a proposito di questi temi, ma avete ovvie difficoltà con
la lingua locale, date una scorsa a
questa fila di commenti. Dove, ma sul Giornale, naturalmente...
Di Fabrizio (del 17/11/2006 @ 09:55:34 in Europa, visitato 1780 volte)
STRASBURGO - L'8 novembre scorso le comunità dell'etnia Rom e dei gruppi
nomadi in Europa hanno chiesto la progettazione di una Carta Europea che
garantisca una migliore protezione contro la discriminazione.
"L'etnia della minoranza Rom è frequentemente vittima di discriminazioni in
molti stati europei, per quanto riguarda l'accesso alla scolarizzazione, ai
servizi medici o ai posti di lavoro," dice Rudko Kawczynski, presidente del
Forum Europeo per l'Etnia Rom e i Gruppi Nomadici, durante un seminario
organizzato dal Consiglio d'Europa. Circa 80 delegati di tutta Europa hanno
illustrato l'aggravarsi della situazione per l'etnia Rom in alcuni paesi
dell'Europa Orientale, come la Slovacchia o la Repubblica Ceca. "Le donne temono
la sterilizzazione forzata, intere famiglie sono soggette a spostamenti
forzati," dice Kawczynski.
La situazione è ancora peggiore nel Kosovo, dove 20.000 Rom sono stati
cacciati "proprio di fronte agli occhi dei membri della Forza di Peacekeeping, o
KFOR," aggiunge Kawczynski.
Circa 14 milioni di Rom vivono nei 46 paesi d'Europa, solo l'1% rappresenta
gruppi nomadici.
Il Forum Europeo per l'Etnia Rom e i Gruppi Nomadici fu fondato nel 1991 e
combatte l'alienazione dell'etnia Rom, richiedendo "un miglior uso dei fondi EU"
rivolti a questa minoranza.
Fonte:
Roma_Daily_News
Di Fabrizio (del 11/06/2007 @ 09:54:06 in Europa, visitato 1912 volte)
Da
Czech_Roma
TRANSITIONS ONLINE:
Czech Republic: Time Bomb for Roma by Mia Malan and Jayalakshmi
Shreedhar - 31 May 2007
Alti livelli di uso di droghe e sesso senza protezione
creano una crisi indefinita per le comunità ceca
PRAGA Milan Horvat si sveglia ogni mattina ed esce in strada per incontrare i
suoi "clienti".
E' un uomo di mezza età sempre vestito alla stessa maniera: vestito e scarpe
nere, camicia bianca con i primi due bottoni slacciati. Quattro anelli d'oro,
due per mano, brillano [...]. Ha l'aria di un uomo d'affari. Ma il suo lavoro a
Praga non è affatto normale.
Ogni giorno. Horvat incontra tossicodipendenti nei vicoli della città. Molti
di loro sono Rom. Vuole aiutarli ad uscire dal vizio, ma è un compito
complesso e talvolta senza speranza. Nel contempo, fornisce nuovi aghi e
siringhe al posto di quelle usate. Se proprio devono iniettarsi droghe, gli
strumenti che usano siano almeno puliti, questa è la sua attitudine.
SIAMO IN ATTESA DI UN'EPIDEMIA?
[...] "Anch'io vengo dalla strada, sono Rom e qui mi sento a casa, anche se
non ho mai fatto uso di droghe," brontola. "Ma so cosa significa la droga."
Horvat ha esperienza personale sull'abuso di droga: lui e la sua famiglia
hanno lottato per anni per aiutare suo fratello tossicodipendente. Ebbero
successo e suo fratello smise di drogarsi. [...]
"Quando leggo sul giornale, 'Cerchiamo Rom per lavoro di strada', [...] so
che il mio lavoro può essere importante."
Horvat è uno dei due lavoratori di strada dell'organizzazione Romodrom, che
raggiunge i tossicodipendenti in questa comunità praghese. Crede che il problema
tra i Rom sia uno dei più grandi in quanto non ci sono stime.
Ci sono circa 5.000 tossicodipendenti nella città registrati da Romodrom.
L'organizzazione ritiene che almeno il 40% sono Rom - anche se si stima che
siano il 2% della popolazione globale dei 10 milioni di cittadini cechi. L'anno
scorso , Romodrom ha contattato circa 6.000 clienti e distribuito 25.000 aghi
puliti.
Horvat dice che circa 140 Rom cercano ogni giorno il centro.
Romodrom ha un programma speciale rivolto ai tossicodipendenti, per
proteggere dalle infezioni con vari agenti di trasmissione, come epatite ed HIV.
Nella Repubblica Ceca nel 2004, circa il 9% delle persone con HIV si è
infettata assumendo droghe, secondo l'agenzia AIDS delle Nazioni Unite. D'altra
parte, nessuno conosce quanti di loro siano Rom, perché la legge ceca non
permette di raccogliere dati sanitari su base etnica.
Uno studio bel Programma ONU di Sviluppo del 2004 su Rom e HIV/AIDS ha
trovato un incremento drammatico del tasso di infezione da HIV in Europa
Centrale. Secondo lo studio, HIV/AIDS affliggono gruppi con alti tassi di
povertà, alta mobilità e accesso limitato ai servizi sociali. Anche se il numero
totale di quanti nella Repubblica Ceca vivono con l'HIV è basso, circa lo 0,1%
della popolazione, secondo una stima del 2005 di UNAIDS, i Rom paiono possedere
tutti i tratti che rendono le persone vulnerabili nel contrarre l'HIV: poveri,
le donne generalmente sono disoccupate, genitori e figli raramente parlano di
questioni sessuali, alto abuso di alcool, molto basso uso del condom.
VITA SUL LATO SBAGLIATO DELLA STRADA
Quello che rende la situazione ancora più terribile è che molti Rom non hanno
documenti d'identità, avendo così un accesso limitato ai servizi sanitari. Per
questo sono meno capaci di ricevere informazioni preventive sul virus o di
essere controllati. E quanti hanno accesso ai servizi e all'informazione
sanitaria hanno una forte sfiducia nel sistema sanitario - soprattutto le donne
rom, che in passato vennero spesso sterilizzate senza consenso, per paura del
governo dei loro alti tassi di nascita.
Esistono pochissimi dati ufficiali sui problemi di droga e sanitari dei Rom
cechi - specialmente riguardo all'HIV. E questa mancanza la potenzialità di una
situazione già pericolosa.
Pochi chilometri fuori Praga, una stretta pista costeggia la ferrovia e si
arrampica su una desolata collina. [...] L'asfalto si interrompe al limite di
una serie di piccole case. Le case sono di fango e con le porte sfondate, i
vetri delle finestre rotti e i fili elettrici partono da una cabina come
serpenti. Ogni edificio ha due piani, non ci sono bagni. Le famiglie condividono
uno sporco bagno comune senz'acqua calda.
Qui è dove vivono i Rom - isolate enclave "sul lato sbagliato della strada"
nella piccola cittadina di Libcice nad Vltavou.
Dei 150 Rom che vivono qui, soltanto 8 su 80 adulti hanno mai avuto un
lavoro. Gli altri 70 sono bambini.
Disoccupazione e povertà sembrano seguire i Rom dovunque vadano. Uno studio
dell'Istituto di Ricerca per gli Affari Lavorali e Sociali di Praga stima in 70%
il tasso di disoccupazione tra i Rom. Molti tra quanti hanno trovato lavoro tra
quelli poco specializzati. Come risultato, la maggior parte campa con gli
assegni sociali direttamente o tramite familiari.
INTEGRAZIONE ATTRAVERSO LE DROGHE
Jozef, un uomo vigoroso di circa trent'anni, è uno dei pochi nel villaggio
con un lavoro. La sua casa è arredata meglio delle altre ed ha più cibo dei suoi
vicini. Ma è rabbioso e cammina avanti e indietro. Vuole parlare del problema
droga nella sua comunità. Suo padre interviene per fermarlo; è preoccupato delle
ripercussioni sulla famiglia se parlano di questo problema.
"Possono succedere cose" ammonisce. Ha paura che comincino a chiamarlo
traditore e creatore di problemi. Parlando, puoi mettere i tuoi amati nei guai,
dice.
"I Rom vedono l'uso della droga come una via er integrarsi nella società
maggioritaria" dice Ivan Vesely, che dirige Dzeno, uno dei gruppi Rom di
supporto legale più vasti di Praga. "E' più difficile integrarsi attraverso lo
studio e il lavoro - c'è molta discriminazione in questi campi. Assumendo
droghe, i Rom imitano i non-Rom nel loro stile di vita," dice.
I Rom nelle città fanno uso di eroina e pervitina, una forma locale di
anfetamina, dice Horvat. Nelle aree rurali, inalano toluene, un colorante, e
colla, soprattutto i più giovani, secondo Marta Hudeckova, direttrice di Manusa
(Gente), un'organizzazione Rom femminile.
Horvat asserisce che la situazione è talmente seria che "madri disperate
denunciano alla polizia i loro figli per falsi furti purché stiano in prigione
un anno o due" sperando che l'accesso alla droga sia più difficile dietro le
sbarre.
Bambini di 12, 13 anni hanno problemi con le tossicodipendenze," dice Horvat.
"Ma non si può aiutarli - secondo la legge le OnG possono lavorare con ragazzi
sopra i 15 anni, i minri di quell'età devono avere un rappresentante legale.
Le OnG come Romodrom e Manusha hanno risposto facendo partire campagne
informative nelle scuole per portare attenzione al problema droga tra i bambini
rom. Per le classi hanno inscenato una satira drammatica che spiega come fare
quando qualcuno offre loro droga o come dirlo ai genitori.
"Vogliamo cambiare realmente qualcosa per la nostra gente" dice Marie Gailova,
presidente di Romodrom. "Lavoriamo dalle 13 alle 14 ore al giorno per aiutare
giornalmente 300 Rom in 5 regioni diverse dove operiamo."
Il non parlare apertamente di droga nelle comunità non è la sola sfida. E'
altrettanto inaccettabile parlare di sesso.
"NOI NON USIAMO QUELLE BUFFE COSE"
La compagna di Jozef, Gabriela (29 anni), stringe fra le braccia il figlio di
due anni. E' chiaramente il suo tesoro.
Jozef e Gabriela non sono sposati. Non ne vedono la necessità. La loro
relazione è basata sulla fiducia - una relazione che esclude categoricamente
discussioni sul sesso o l'HIV.
"Ho mai usato un condom, perché posso fidarmi del mio partner," dice
Gabriela. "Non so se le mie amiche usino il condom, perché di sesso non si
parla. Ma non penso lo usino."
Gabriela e Jozef non hanno mai fatto un test HIV.
Un recente studio del Wisconsin Medical College negli Stati Uniti ha trovato
che l'uso del preservativo tra i Rom nell'Europa Centrale ed Orientale e raro
principalmente associato alla contraccezione. A partire dagli anni '50 le
autorità cecoslovacche hanno usato la sterilizzazione, accompagnata a volte con
somme di denaro, per rallentare la crescita della popolazione rom. Molte donne
hanno citato in giudizio i governi ceco e slovacco per essere state sterilizzate
senza il loro consenso.
Una volta sterilizzate, le donne spesso rifiutano l'uso del preservativo, in
quanto lo intendono come una protezione contro la gravidanza ma non contro le
malattie trasmesse sessualmente. La ricerca mostra anche che gli uomini hanno
una maggior libertà sessuale prima e durante il matrimonio. Hanno possibilità di
pratiche sessuali con sconosciuti/e e più potere di relazione delle donne. Lo
studio mostra che i Rom in Europa sono a conoscenza dell'HIV, ma non se ne
sentono personalmente minacciati.
"Il sesso è qualcosa che tutti fanno, ma di cui nessuno parla," dice Lida Polackova,
consulente romani del dipartimento affari sociali della città di Ostrava, città
industriale nella Repubblica Ceca dell'est, dove vivono molti Rom. "Circa
nessuno nelle comunità Rom sa se sia positivo o negativo all'HIV. E il sesso
prematrimoniale è completamente naturale,a partire dai 13 o 15 anni di
età."
Tornando a Libcice nad Vltavou, due teenagers in jeans attillati bisbigliano
di sesso fumando fuori da una casupola. [...] "Noi non usiamo quelle buffe
cose," dice una. "I condom non sono per noi."
Un lungo treno passa accanto, rendendo impossibile la conversazione. Tutt'attorno
non c'è niente. Al posto di un luogo dove vivono dozzine di persone, potrebbe
essere scambiato per un deposito merci della ferrovia.
La prevenzione dell'HIV, dice Horvat, non può avvenire nell'isolamento.
Migliorare l'accesso ai servizi sanitari, alla scuola, all'impiego, è parte
della soluzione, secondo le stime di tutti: dagli operatori di strada agli
esperti dell'Unione Europea e della Banca Mondiale. Nessuno degli innumerevoli
problemi che i Rom affrontano in posti come Libcice può essere affrontato da
solo. Horvat e quanti altri conoscono la comunità ritengono irrealistico che i
Rom lascino le droghe e così smettano di essere vulnerabili all'HIV/AIDS, quando
le droghe offrono l'unica via di fuga da una dura realtà di povertà,
discriminazione e segregazione di ogni giorno.
E mentre molti Rom continuano a vivere in ghetti senza igiene adeguata, non
ci si può aspettare che si preoccupino del sesso sicuro, anche quando siano
informati sulle malattie trasmesse sessualmente.
Nel suo ufficio di Praga, un agitato Horvat si irrita mentre analizza le
strategie per aiutare la sua gente.
"Per me il momento migliore nel mio lavoro sarebbe quando non ci saranno più
tossicodipendenti o affetti da HIV," dice. "Quando i servizi come il mio non
saranno più necessari perché tutti avranno accesso ai servizi che possono
aiutarli."
Sospira, e ritorna al suo lavoro. La sovrabbondanza sembra ancora un percorso
molto lungo per persone come Milan Horvat.
Mia Malan is the Internews Senior Health Journalism Adviser in Washington, D.C.
Jayalakshmi Shreedhar is the Internews Project Director of the Local Voices
Project in India.
Lucia Curejova, Maria Husova, Petrana Puncheva, Petru Zoltan, and Susan Mathew
contributed to this article, which was produced during a TOL health reporting
seminar.
Segnalazione di Isabella Bianchi
Buongiorno a tutti
per il giorno Mercoledi 23 Marzo alla Pizzeria "La tegliata" è prevista una cena
di autofinanziamento per far sterilizzare la canina molossoide del campo nomadi
di Livorno che ha partorito i 12 cuccioli..(forse qualcuno di voi conosce la
storia, in alternativa si trova pubblicata anche sulla home di Ginevra Dini che
se ne sta amorevolmente prendendo cura).
La cifra da raccogliere si aggira alle 200 euro e se si riuscisse a superare la
somma i soldi raccolti serviranno alla sterilizzazione di gatte randagie delle
colonie di Livorno.
"La Tegliata " si trova in via della Campana 17 poco dopo il Germoglio ed il
menu comprende:
-antipasto con torta di ceci
-pizza a scelta
-Fanta o Cocacola o acqua
-piccolo dolce
-caffè
Euro 15,00
Nel totale è gia compresa una piccola somma per la causa.
Partecipate numerosi e coinvolgete amici!!!!!!!!!
Si prega di confermare in
bacheca la partecipazione alla pizzata dato che dovrò prenotare, per coloro
che non possono partecipare ma che desiderano contribuire ugualmente è possibile
lasciare la propria quota direttamente alla pizzeria o in alternativa al
veterinario (Dott.Riccardo Lazzeri, via Filippo Venuti 3)
Grazie!
Di Fabrizio (del 06/07/2008 @ 09:49:17 in Europa, visitato 2008 volte)
Da Slovak_Roma
3 luglio 2008, Budapest, Madrid, Ostrava, Praga: Oggi, una coalizione comprendente Donne Danneggiate dalla Sterilizzazione, Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC) e Fondo Sviluppo per la Pace hanno lanciato una campagna globale per ottenere supporto alle donne Romani vittime di pratiche di sterilizzazione forzata nella Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia. La campagna è sostenuta dal Programma di Sanità Pubblica dell'Open Society Institute e dall'Heinrich Boll Stiftung di Varsavia.
I governi interessati hanno mancato di reagire, attraverso scuse pubbliche e compensazioni per i danni inflitti alle donne Romani, a 5 anni di richieste da parte degli avvocati e dei gruppi di appoggio delle vittime. Oggi, le sopravissute ed i loro avvocati chiedono ai movimenti per i diritti umani globali di rafforzare i loro sforzi per assicurare la giustizia, iniziando dal Congresso Mondiale Femminile 2008 a Madrid dal 3 al 9 di luglio, dove saranno presentati gli argomenti più pressanti sui diritti femminili di tutto il mondo.
La campagna include una tavola di discussione sulle pratiche di sterilizzazione forzata nell'Europa Centrale condotta dalle sopravissute ed i loro avvocati, come pure una campagna di lettere inviate alle autorità della Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia, che chiedono ai rispettivi governi di riconoscere l'estrema violazione dei diritti umani perpetrata sul loro territorio e per assicurare scuse e compensazioni alle sopravissute.
Date chiave:
- Dal 3 al 9 luglio la Coalizione condurrà una serie di incontri con le organizzazioni Romani attraverso la Spagna e terrà interviste su varie radio e televisioni, distribuirà stampati informativi e lettere e cartoline degli avvocati da spedire ai responsabili governativi.
- Il 4 luglio la Coalizione distribuirà opuscoli informativi e legali a Madrid e Budapest (Godor Klub, 14:00 – 18:00 PM).
- Il 5 luglio la Coalizione ospiterà una tavola di discussione sulle pratiche di sterilizzazione forzata delle donne ed i loro avvocati per far crescere la consapevolezza nel movimento femminile ed iniziare uno sforzo di lobbying globale (16:30, Universidad Complutense de Madrid (España), habitación ODO-Fernando del Rio, Facultad de Odontología, Ciudad Universitaria).
- Il 6 luglio donne del Gruppo delle Donne Danneggiate dalla Sterilizzazione distribuiranno a Ostrava lettere e cartoline degli avvocati da sottomettere al Governo Ceco.
Dite ai governi coinvolti che è tempo di agire. Appoggiate le sopravissute Romani alla sterilizzazione forzata nella Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia inviando lettere e cartoline, disponibili sul sito ERRC in inglese, spagnolo, ceco, ungherese e slovacco.
Per aggiornamenti sul nostro lavoro al Congresso di Madrid, opuscoli e lettere/cartoline, prego visitate il sito ERRC http://www.errc.org/cikk.php?cikk=2965
Comunicateci di aver spedito lettere o cartoline, o se appoggiate in altro modo la campagna, e aggiungetevi ai nostri supporter scrivendoci a: compensation.now@errc.org
Per ulteriori informazioni o interviste, contattate prego: Group of Women Harmed by Sterilisation: *Elena Gorolova (Czech, Romanes), elena.gorolova@seznam.cz European Roma Rights Centre: *Anita Danka (Hungarian, English), Staff Attorney, anita.danka@errc.org *Ostalinda Maya (Spanish, English), Women’s Rights Consultant, ostalinda@gmail.com *Monika Pacziga (Hungarian, English), Women’s Rights Officer, monika.pacziga@errc.org Peacework Development Fund: *Gwendolyn Albert (Czech, English), Director of Women’s Initiatives Network, gwendolyn.albert@gmail.com
Durante il Congresso, le rappresentanti possono essere raggiunte ai seguenti numeri di telefono: +34.627.212.118 o +36.20.398.8303 o +420.774.895.444.
Oppure, potete contattare gli uffici ERRC:: +36.1.413.2200.
--- Il Centro Europeo per i Diritti dei Rom è un'organizzazione di pubblico interesse che monitora la situazione sui diritti umani dei Rom e fornisce difesa legale in caso di abuso dei diritti umani. Per ulteriori informazioni sul Centro Europeo per i Diritti dei Rom, visitate http://www.errc.org/
Per dare appoggio a ERRC, http://www.errc.org/cikk.php?cikk=2735
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Di Fabrizio (del 21/07/2008 @ 09:46:16 in Europa, visitato 1681 volte)
Da
Roma_Francais
14/07/2008 - Non c'è mai stata una politica ufficiale della Repubblica di
Slovacchia per la
sterilizzazione delle donne rom, ha fermamente insistito oggi Dianna
Strofova, Segretario di Stato al Ministero degli affari esteri della Slovacchia,
davanti al Comitato per l'eliminazione della discriminazione femminile (CEDAW).
Il Comitato esaminava il secondo, terzo e quarto rapporto periodico della
Slovacchia nel quadro della sua 41a sessione. La Slovacchia è diventata parte
della Convenzione nel 1993 in quanto Stato successore della Cecoslovacchia ed ha
ratificato il suo protocollo facoltativo nel novembre 2000.
La questione dei Rom in generale e le accuse di sterilizzazione forzata
contro le donne di questa comunità hanno impregnato l'insieme delle discussioni.
La Capo delegazione ed il rappresentante del Ministro dell' interno in seno alla
delegazione hanno lungamente spiegato le circostanze dell'affare e spiegato che
i perseguiti ed inquisiti a seguito di queste accuse, compreso il capo di
genocidio, non sono stati riconosciuti. Sono state tuttavia rilevate lacune
amministrative e sono state prese misure per garantire il chiaro consenso della
donna in caso di proposta di sterilizzazione. Inoltre, è stato introdotto nel
Codice penale slovacco il delitto di sterilizzazione forzata.
Tra i 10 membri della delegazione figurava anche la Rappresentante
plenipotenziaria del Governo slovacco per le comunità rom, che ha affermato che
le autorità cercano oggi di fare in modo che i Rom siano considerati come membri
effettivi della società, tutto nel rispetto delle loro specificità e tradizioni.
Ha in particolare insistito sugli sforzi intrapresi per la sanità e l'istruzione
di questa comunità. Esperti tuttavia hanno ricordato alla Slovacchia i suoi
obblighi positivi per impedire che siano commesse discriminazioni. E' stato
ricordato in particolare che il tasso d' occupazione delle donne rom non è che
del 4,5%. La delegazione l'ha attribuito in parte al debole livello di
qualificazione di questo gruppo, dovuto ad uno spiacevole disinteresse della
comunità rom per l'istruzione, contro il quale il Governo cerca di lottare
promuovendo l'istruzione dei bambini rom, in particolare delle figlie.
Gli esperti del Comitato si sono anche molto inquietati della violenza
domestica contro le donne, che ha provocato almeno 20 decessi nel 2007. Il
Governo, si è aggiunto, ha già preso misure perché le forze di polizia possano
meglio identificare e circoscrivere le realtà della violenza domestica, affinché
tutte le strutture coinvolte possano meglio fare fronte e che le vittime di
queste violenze possano avere accesso ad un aiuto ed a servizi professionali. Un
piano d'azione per lottare contro la violenza verso le giovani è in corso
d'elaborazione.
La delegazione ha riconosciuto che permane nel paese una forte segregazione
fondata sul sesso nel mercato del lavoro, che forti stereotipi nell'istruzione e
l'orientamento professionale contribuiscono a perpetuare. Ha ugualmente
attribuito ad un'assenza della domanda sociale il fatto che le elette politiche
restino poco numerose tanto a livello locale che nazionale, e così alcuni
partiti hanno adottato nella loro organizzazione interna delle quote
rappresentative per le donne. Le proposte in favore dell'imposizione di quote
nelle assemblee elettive si è scontrate con una forte opposizione, compreso a
volte delle donne stesse, che non si sentono a loro agio all'idea di dovere la
loro posizione alle quote, ha risposto la delegazione.
Gli esperti hanno rilevato forti scarti di salario in fatto di sesso, poiché
il salario delle donne rappresenta in media soltanto il 72,9% di quello degli
uomini, ed ancora di meno nel privato e che lo scarto tende ad aumentare. La
delegazione ha attribuito la tendenza a scarti di redditi più importanti tra i
due sessi al fatto che le donne sono più numerose nel settore pubblico (45%
degli impiegati nella funzione pubblica e 95% nei servizi dell'istruzione e
medicali), quando della crescita economica degli ultimi anni hanno approfittato
sopratutto i salari privati, dove le donne non occupano che un quarto dei posti.
Gli esperti si sono interrogati sull'efficacia dei programmi di sanità
genetica, in particolare a favore dei giovani, a causa dell'opposizione di
settori conservatori della società, tra cui la Chiesa.
Gli esperti si sono ugualmente preoccupati del finanziamento del futuro piano
d'azione per l'uguaglianza tra i sessi, nella misura in cui la delegazione
stessa aveva ricordato le difficoltà di finanziamento del precedente Piano
d'azione completato nel 2008. L'assenza di risorse specifiche per questo piano
aveva impedito la messa in atto di alcune misure, in particolare per la
protezione delle donne vittime di violenze. La delegazione ha spiegato che il
piano d'azione nazionale per il 2009-2013 è ancora in corso di preparazione e
riconosciuto che non si è ancora dotato di risorse finanziarie sufficientemente
precise.
La repubblica slovacca era l'ultimo paese i cui rapporti periodici nella
presente sessione il Comitato CEDAW doveva esaminare. Il Comitato si riunirà di
nuovo in sessione plenaria, venerdì 18 luglio, per chiudere la sessione.
Segue su:
UN.org
Di Fabrizio (del 22/10/2010 @ 09:45:56 in Europa, visitato 1710 volte)
Da
Czech_Roma (sulle sterilizzazioni forzate nell'est Europa,
QUI)
10-12-2010 Alle donne romanì che sono state vittime di sterilizzazioni forzate è stato
negato il risarcimento dal governo ceco, dopo anni che il caso è stato portato
alla luce. Su istigazione governativa, le donne romanì furono regolarmente
sterilizzate nella ex Cecoslovacchia durante gli anni '70. Anche se queste
politiche non esistono più, singoli casi sono stati riportati fino al 2007.
Ieri, un comunicato stampa dell'European Roma Rights Centre (ERRC) notava
come il primo ministro ceco avesse espresso il proprio rincrescimento per la
pratica, anche se sinora il governo non avesse fatto nessun passo significativo
per risarcire le coinvolte.
ERRC ha sottoposto un rapporto sulla sterilizzazione forzata al Comitato
sull'Eliminazione della Discriminazione Contro le Donne alla 47a
sessione del Comitato a Ginevra. In una dichiarazione scritta al comitato, ERRC
ha sollevato preoccupazioni sulle sterilizzazioni forzate avvenute dal 1989 al
2007. La maggior parte delle vittime di questa pratica mancano di un rimedio
efficace quando hanno scoperto di essere state sterilizzate dopo anni, e hanno
cercato assistenza legale quando ogni reclamo contro i perpetratori o lo stato è
andato prescritto.
ERRC ha ricordato all'ONU che il governo ceco ha mancato di prendere le
misure opportune per prevenire il verificarsi di sterilizzazioni forzate, dato
che legge sul consenso informato non è cambiata.
Si legge nel rapporto ERRC: "Nei 20 casi recentemente venuti alla luce ed
accaduti tra il 1989 e il 2007, sembra sia mancato il consenso libero ed
informato alle sterilizzazioni. La maggior parte delle donne firmò il proprio
consenso all'intervento chirurgico senza essere adeguatamente informate in
anticipo sulle conseguenze. Alcune delle donne firmarono sotto costrizione,
mentre altre non hanno memoria di aver firmato niente. Una di loro era
completamente analfabeta. Alcune donne dicono che a loro non è mai stato chiesto
di firmare il consenso." ERRC ha sistematicamente indagato su questi casi
assieme con l'associazione di Ostrava "Vivere Insieme".
Attualmente non esiste alcun rimedio efficace per la maggior parte delle
donne i cui diritti son stati violati. Secondo Kateřina Červená,
avvocato della Lega dei Diritti Umani, sinora soltanto due donne hanno ottenuto
un indennizzo dai tribunali. Una ragione è che molte delle donne hanno mai
saputo di essere sterilizzate solo parecchi anni dopo l'operazione. Quando hanno
cercato assistenza legale, il loro diritto ad un risarcimento da parte dei
perpetratori o dallo stato era andato in prescrizione.
Ha detto Gwendolyn Albert al portale di informazioni Romea.cz, presentando a
Ginevra il rapporto ERRC: "La Repubblica Ceca dovrebbe seguire l'esempio di
paesi come la Svezia, che hanno istituito una propria procedura di risarcimento
per le vittime di sterilizzazione forzata. Dato che la maggior parte dei casi è
andata in prescrizione, la Repubblica Ceca dovrebbe sviluppare una procedura
separata di compensazione. Affrontare la sterilizzazione forzata delle donne rom
significa fare i conti col passato".
Concorda
Robert Kushen, direttore esecutivo di ERRC: "Il governo ceco deve superare le
barriere esistenti nell'accedere alla giustizia, sperimentate dalle donne romanì
sterilizzate, e stabilire un meccanismo che possa assicurare un compenso che
tutte le donne colpite da questa pratica aberrante. Il governo ceco ha
l'opportunità di fornire un esempio guida agli altri paesi dove le le donne
romanì sono state coattivamente sterilizzate".
Oltre ad ERRC, anche la Lega per i Diritti Umani ha presentato un rapporto
sulla protezione delle donne nella Repubblica Ceca e sui loro vari problemi.
Oltre che sulle sterilizzazioni forzate, la Lega ha criticato l'attuale
situazione sulle violenze domestiche, come pure le barriere per scegliere
liberamente se partorire in casa o negli ospedali. Tra le altre questioni, la
Lobby delle Donne Ceche ha fatto presente il fatto che non ci sono donne
nell'attuale governo.
Nathalia Odwin
Di Fabrizio (del 30/04/2010 @ 09:41:46 in Europa, visitato 2717 volte)
Da
Czech_Roma (leggi anche
QUI)
Firma questa carta o morirai Ingannate nell'autorizzare la
propria sterilizzazione, un gruppo di donne romanì si sono unite nel combattere
per i propri diritti riproduttivi. by Sophie Kohn 20 aprile 2010
OSTRAVA, Repubblica Ceca | Elena Gorolova aveva un gran dolore. Le infermiere e
i dottori gridavano attorno a lei, cercando di inserirle un pallone tra le gambe
per fermare l'uscita del suo bambino e così utilizzare un parto cesareo.
Gorolova e suo marito, Bohus, una coppia con altri due bambini a casa, erano
eccitati alla prospettiva di un altra aggiunta alla loro giovane famiglia.
Ma per i dottori, il nuovo arrivo significava che Gorolova finiva nella terza
sezione-C. Le dissero che un altro parto sarebbe stato fatale.
Le misero semplicemente un foglio in mano ed improvvisamente le dissero:
firma o morirai. Non c'era tempo per domande, spiegazioni, riflessioni.
Elena Gorolova
"Non lo lessi," spiega con calma Gorolova, abbassando i vividi occhi marroni.
"Non c'era nessuno con me. Nessuno mi disse cosa stava succedendo. Ero
totalmente fuori di testa e così firmai."
E lì, mentre stava per dare alla luce, le capacità riproduttive di Gorolova
furono interrotte. Poco dopo aver partorito suo figlio col taglio cesareo, i
dottori sterilizzarono irreversibilmente Gorolova tagliandole le tube di
fallopio. Era il settembre 1990.
Come Gorolova scoprì più tardi, si stima che 90.000 donne romanì nella
Repubblica Ceca sono passate per la stessa esperienza negli scorsi 40 anni,
molte di loro terrorizzate nel firmare l'autorizzazione alla sterilizzazione,
dopo che i dottori dissero loro che partorire nella sezione-C era a rischio
della loro vita.
Due giorni dopo che Gorolova diede alla luce il suo terzo figlio, il
direttore dell'ospedale di Ostrava, una città industriale a 15 km. ad est dal
confine polacco, spiegò che la sterilizzazione era l'unica maniera per essere
sicuri che lei non avrebbe più partorito. Era medicalmente necessario, disse. In
quel momento Gorolova arrivò a negare che l'ultimo nato fosse suo.
Lei e l'offeso marito Bohus hanno dubitato che la spiegazione razionale che
avevano appena ricevuto fosse il motivo reale Gorolova era stata sterilizzata.
Andarono al tribunale di Ostrava a chiedere una spiegazione. Furono
immediatamente cacciati fuori.
Ancora nessuna scusa
Per oltre 15 anni, Gorolova ha pazientemente lottato con la vergogna. Bohus
frequentava un pub del posto dove gli altri rom gli dicevano che sua moglie non
serviva a nulla.
Vlasta Holubova
La maternità è importante nella cultura romanì, dice Vlasta Holubova - 45
anni, un'altra romnì di Ostrava sterilizzata senza il suo consenso nel dicembre
1988, mentre stava partorendo il quarto figlio. Dice "La gente che ha più figli
in famiglia è ricca. Avere tanti bambini è come un tesoro."
Negli scorsi quattro anni, Gorolova ed altre sterilizzate contro volontà si
sono unite come una singola voce per i diritti riproduttivi. Spalleggiate da
avvocati di spicco, le donne si sono lanciate in una campagna di testimonianza
dentro la Repubblica Ceca ed attraverso campagne all'estero. Il loro lavoro è
stato recentemente riconosciuto dal governo.
A novembre, l'amministrazione ceca ha espresso rammarico sulle
sterilizzazioni, senza però arrivare ad una piena ammissione di colpa. Il
governo ha quindi ordinato al Ministero della Salute di revisionare le proprie
pratiche per assicurarsi che non avvengano più in futuro sterilizzazioni senza
un consenso propriamente informato.
Secondo la legge, il consenso senza informazione è da considerarsi una base
insufficiente per qualsiasi intervento medico, inclusa la sterilizzazione.
Eppure, soltanto una manciata di queste sterilizzazioni è arrivata ai tribunali,
col risultato di isolate scuse ed alcune compensazioni finanziarie. I dottori
responsabili non hanno subito alcuna punizione.
Controllo della popolazione
Otakar Motejl, difensore civico ceco e convinto sostenitori dei diritti romanì,
dice di non essere pienamente soddisfatto della risposta governativa e chiede
che i Rom continuino a battersi per una piena compensazione. Però "a causa della
natura personale [dei reclami], non possiamo aspettarci grandi folle di donne
che si rivoltano nelle strade," spiega in un'intervista telefonica dal suo
ufficio nella città orientale di
Brno.
Ottenere scuse ufficiali dal governo è ancora più complicato perché "il governo
che ora si sta scusando ha davvero poco a che fare con l'organizzazione che
iniziò il programma di sterilizzazione," dice Motejl, riferendosi al fatto che
gli operatori sanitari dell'epoca lavoravano sotto istruzione dell'ex regime
comunista.
Le prime emozionanti azioni iniziarono nel 2005, quando Motejl fece pressioni
sul governo perché il governo investigasse sui numerosi reclami di
sterilizzazioni forzate che crescevano sulla sua scrivania, la maggior parte da
donne romanì di Ostrava.
Spiega che quando la Repubblica Ceca era uno stato comunista, la pratica che
descrive come "controllo della popolazione" era che gli operatori sociali
obbligavano alla sterilizzazione i Rom. In quei tempi, minacciavano di portare
via i bambini se le donne non consentivano alla procedura.
"Stavano infrangendo la legge durante il sistema comunista perché non volevano
far far nascere altri Rom," dice Gorolova.
Con la caduta del comunismo, la pratica apparentemente ebbe termine, ma il caso
di Gorolova è la prova che i responsabili semplicemente usarono metodi
differenti per ottenere i medesimi risultati. I dottori allora presenterebbero
la procedura alle romnià come una urgente necessità medica, scegliendo gli
intensi, paurosi e disorientanti momenti del travaglio come il periodo migliore
per estorcere l'accordo.
Anche alcune donne ceche non-rom sono state vittime di sterilizzazioni
involontarie; Holubova parla di donne che lo stato considerava "socialmente più
deboli", scarsamente istruite o disabili, come obiettivi tipici.
Imparare a parlare
Le mani di Gorolova ostentano anelli d'oro su ogni dita. Siede calma mentre
racconta la sua storia, sul luogo di lavoro negli uffici di Ostrava di Life
Together, un gruppo dedicato ai diritti romanì.
Gorolova arrivò in Life Together nel 2006, quando un rapido notiziario apparve
una sera sullo schermo della sua televisione. Sorride e dice, "Ho capito che vi
appartenevo."
Molto presto, altre donne rom sterilizzate provarono a bussare alle porte
dell'organizzazione. Le donne si sedevano attorno ad un lungo tavolo e, per la
prima volta, offrivano le loro storie. Da questi inizi lanciarono un progetto
chiamato "Non sei sola". Mandarono Gorolova, eletta portavoce, nella comunità ad
incoraggiare altre vittime della sterilizzazione a farsi vive.
Ma le donne avevano paura di parlare. Alcune vittime non romanì delle
sterilizzazioni rifiutarono di partecipare agli incontri perché non volevano
mescolarsi con gli stigmatizzati Rom. Molti pensarono che Gorolova avesse
parlato della sua storia per ottenere soldi dal governo. Così, quando le donne
non volevano andare da lei, Godolova le visitava a casa loro. Lentamente, le
approcciò.
"La principale ragione per cui le donne mi hanno creduto, è che io stessa sono
passata per la sterilizzazione, e so come si sentono. Non sono un'estranea,"
dice dolcemente.
Le donne rom tradizionalmente hanno molti bambini già da giovani e restano a
casa a crescerli. Possono passare decenni tra il primo figlio e l'ultimo.
Inoltre, dato che i Rom incontrano una significativa ostilità fuori dalle loro
comunità, le donne possono finire abbastanza isolate negli anni in cui crescono
i figli. Per molte di loro, il coinvolgimento in Life Together ha svegliato
abilità sociali atrofizzate, riaccendendo un senso di scopo. Gorolova
attribuisce persino al suo attivismo la decisione di prendere un diploma di
scuola superiore.
"Per 15 anni sono stata disoccupata," dice. "Ho dimenticato totalmente come
comunicare con la gente. Non avrei mai pensato che sarei stata capace di
comunicare con gente a questo livello, e che avrei dovuto farlo col governo."
Gorolova elenca con semplicità le realizzazioni di cui è più orgogliosa nel suo
lavoro con Life Together. L'organizzazione ha organizzato una consulenza
psichiatrica per le donne, un'esposizione fotografica delle case e delle
famiglie romanì, in palazzi del governo e musei in tutto il paese, ed iniziato
dei forum di discussione con ginecologi. Gorolova viaggia spesso assieme a Gwendolyn Albert,
attivista romanì americana che ha tradotto i discorsi di Gorolova nelle
presentazioni a New York, Strasburgo, Grecia e Svizzera.
Nonostante gli sforzi delle donne, Holubova dice che l'ammissione del governo è
più un contentino alle pressioni internazionali che una sincera espressione di
scusa. Tutti e quattro i figli di Holubova hanno trasferito le loro giovani
famiglie in Inghilterra e Canada per fuggire dalla discriminazione che sentono
come Rom nella Repubblica Ceca. Mentre osserva il quieto, fumoso appartamento
che ora condivide solo con suo marito, il suo disappunto per la propria patria è
palpabile.
"I ragazzi sono già cresciuti. Volevamo ancora un figlio o una figlia, per non
rimanere così da soli," dice.
Mentre parla, i suoi tre curiosi nipoti, in visita assieme ai genitori dalla GB,
attorniano la poltrona, ridendo. La più piccola, Natalia, sorride con malizia,
dondolando le gambette bardate di stivaletti d'argento.
Quando le si chiede cosa la fa andare, Holubova sorride pensosamente e pone un
braccio protettivo attorno a Natalia. Risponde "questi bambini".
Sophie Kohn is a writer in Toronto. Photos by Valter Ziantoni.
Continuo con la mia personale antologia delle poesie di
Paul Polansky. Un'anticipazione, sarà a Milano il prossimo 27 maggio. A
presto i particolari
UN VESTITO NUOVO
Una infermiera continuava a venire a casa mia
per convincermi.
"Eva", diceva
"hai già troppi figli.
Fai questa operazione e potrai
avere belle cose in cambio."
Avevo ventidue anni.
ero incinta del mio quinto figlio.
Mio marito era in prigione.
Acconsentii all'aborto,
ma non ero sicura riguardo all'altra cosa.
Dopo essere tornata a casa dall'ospedale,
l'infermiera mi diede dei soldi
per un vestito nuovo.
Fu allora che seppi
di essere stata sterilizzata.
"Certo che hai acconsentito," disse lei.
"Sul tavolo operatorio... hai annuito."
Di Fabrizio (del 22/08/2009 @ 09:40:40 in scuola, visitato 1823 volte)
Da
Roma_Daily_News (...mentre in Italia si discute del dialetto obbligatorio
nella scuola)
The Slovak Spectator
I Rom sono un esempio classico dell'abuso di un intero continente verso una
minoranza - by Michaela Stanková
Un gran numero di Rom slovacchi vive in condizioni terribili
Source: TASR
17/08/2009 - ARTHUR Ivatts, consulente anziano del Dipartimento
Britannico per l'Infanzia, le Scuole e le Famiglie e già Ispettore HM per
l'Istruzione di Rom/Zingari e Viaggianti in GB, ha partecipato ai primi
sforzi di assicurare un'adeguata istruzione per i bambini rom in GB ed è
modestamente orgoglioso dei progressi che ha aiutato a fare nel suo paese.
Nel 2004 è stato insignito dell'Ordine dell'Impero Britannico per il suo
contributo in quest'area. The Slovak Spectator ha parlato con Ivatts durante
una sua visita di metà luglio a Bratislava, dove è stato invitato dalla
Fondazione Open Society e dall'Ambasciata Britannica per tenere un seminario
sulle pari opportunità nell'istruzione.
In GB usate i termini Rom, Zingari e Viaggianti. Qual è la differenza?
La differenza è solo nel nome. Gli Zingari Inglesi son Rom, arrivarono
dall'India nel X secolo nello stesso modo dei Rom Slovacchi e migrarono verso
occidente verso la Scozia e i Paesi Bassi, e girarono come gruppi nomadi in
Inghilterra, Irlanda e Scozia fino al XVI secolo. Quindi sono Rom ma erano
chiamati Egizi perché dicevano di venire dall'Egitto.
Ma la parola "Zingaro" è vista come un peggiorativo in GB, come qui. Così
negli anni '50 e '60 gli Zingari dissero che non volevano essere chiamati così,
dissero di essere "Viaggianti". Ma poi negli anni '70 arrivarono in GB i
Viaggianti Irlandesi in numero significativo e molti Zingari non volevano avere
lo stesso nome, e alcuni di loro si fecero chiamare Rom, come nel resto
d'Europa. In seguito arrivarono in GB i Rom dall'Europa Centrale ed Orientale,
così gli Zingari Inglesi vollero distinguersi da loro ed ora forse la
maggioranza di ce di preferire essere conosciuta nuovamente come Zingari. Così
usiamo i termini Rom, Zingari e Viaggianti nel tentativo di soddisfare ognuno
nei termini di sensibilità giustificata attorno all'auto-attribuzione etnica.
Qual è la differenza tra i paesi dell'Europa Centrale ed Orientale e la
Bretagna nel campo dell'istruzione dei Rom?
Ci sono molte marcate differenze, e qui devo dire di correre il rischio di
essere piuttosto nazionalista nell'essere abbastanza orgoglioso di cosa abbiamo
raggiunto in GB.
Prima di tutto, la GB ha una lunga esperienza - almeno dalla II guerra
mondiale - quando i lavoratori Afro-Caraibici venivano in GB ed il governo era
chiaramente riluttante ad assumere lavoratori nei, perché, come il resto della
popolazione, avevano un grado di pregiudizio razziale dalla storia imperiale. In
retrospettiva quella storia, realmente, ha avuto un enorme beneficio perché ci
ha portato ad una società che in tempi relativamente brevi si è incamminata
verso la comprensione e la gestione creativa delle questioni di diversità di
razza, etnia e cultura.
Nell'Europa Centrale ed Orientale c'è ancora molto da fare per l'istruzione
delle comunità rom qui [in Slovacchia], nella Repubblica Ceca, in Bulgaria ed in
altri posti. E per me, la grande differenza sarebbe di non essere contento del
grado di segregazione, perché attraverso quello noi misuriamo se un paese
adempie ai suoi doveri legali internazionali e segue le proprie regole nazionali
sulle relazioni di razza e la legislazione antidiscriminazione. Così, non dico
che noi [in GB] non abbiamo discriminazione nell'istruzione, e particolarmente
in relazione a Rom, Zingari e Viaggianti, c'è un potenziale per la
discriminazione, ma le aspettative professionali fanno sì che i bambini abbiano
pari accesso nella scuola come qualsiasi altro. Negli anni '70 e '80
abbandonammo la nozione che i bambini con esigenze speciali dovessero essere
segregati ed esclusi dalla scuola normale. A quel tempo, avevamo una
legislazione che ci permetteva di chiudere quasi tutte le scuole di bambini con
speciali esigenze educative o difficoltà nell'apprendimento. Lo scopo era che
sarebbero stati integrati come tutti gli altri nelle scuole "normali".
Secondariamente, il nostro sistema educativo era inizialmente sommerso da
insegnanti che dicevano: "Guardate, ho una classe di bambini e l'85% di loro
viene dal Bangladesh e nessuno di loro parla inglese". Così andammo attraverso
il processo di apprendimento. Ed ora che non è visto come una ragione di
discriminazione, non è visto come una ragione per non accettare i bambini a
scuola o per un rendimento inferiore di quei bambini. Così ora in GB ci sono
insegnanti, a Londra per esempio, che possono avere sino a 50 lingue differenti
nella loro scuola dai bambini, ma la maggior parte degli insegnanti ha ora la
capacità di insegnare l'inglese come lingua aggiuntiva. Abbiamo iniziato dicendo
che insegnavamo l'inglese come seconda lingua, e pian piano abbiamo compreso che
ci sono dei bambini che a volte parlano tre o quattro lingue ma non l'inglese,
così abbiamo aggiustato la terminologia insegnando l'inglese come lingua
aggiuntiva. Così ora non abbiamo insegnanti che voltano la schiena ai bambini
che non parlano inglese, hanno imparato a insegnare il linguaggio d'istruzione
ed anche a conoscere e celebrare la diversità dei retroterra linguistici dei
bambini.
Quindi dovrei dire che ci sono grandi differenze e che abbiamo beneficiato di
essere passati per quel processo 40-50 anni fa. E' stato un lungo, lento
processo di apprendimento, ma ora abbiamo qualcosa da offrire e questo in parte
rivela le ragioni dietro questi seminari, così che possiamo condividere la
nostra esperienza con gli incaricati slovacchi, il governo ed altre figure
chiave sui benefici per i bambini e gli interessi della coesione comunitaria, i
diritti umani e la non-discriminazione.
Il problema della segregazione esiste ancora in Slovacchia, ma lei vede
qualche progresso in quest'area negli ultimi 20 anni? Oppure un trend positivo?
Penso che la situazione dei Rom si sia deteriorata negli ultimi 20 anni,
quando alle forze del mercato è stato permesso di operare ed i controlli sul
pregiudizio razziale non sembrano operare con efficacia. Così - può darsi che la
documentazione internazionale - e dobbiamo ricordare che la maggior parte delle
informazioni sicure e di qualità arrivano da agenzie internazionali che hanno
svolto studi in profondità, inclusa la Banca Mondiale, l'OCSE, l'UNPD e il
Consiglio d'Europa - sta dicendo che la situazione non è buona. Dalla fine del
comunismo c'è stata una progressiva crescita di pregiudizio e discriminazione
che opera nel mercato del lavoro, in quello dell'alloggio e nel sistema
scolastico e sanitario.
La legislazione nazionale ed internazionale è stata migliorata per gestire la
questione di società sempre più complesse riguardo la diversità e le relazioni
inter-etniche. Ma per molte comunità rom svantaggiate il pericolo è che
nonostante il contesto di una legislazione attraente e quasi rassicurante,
quando le politiche sono sviluppate in quel contesto, si è capaci di
identificare le distorsioni delle politiche che non sono legate accuratamente
allo spirito della legge.
Così, per esempio, in Slovacchia il governo potrebbe dire di essere tra
l'incudine e il martello. L'incudine è il contesto legislativo internazionale -
l'Alta Commissione ONU per i Diritti Umani, l'OSCE, il Consiglio d'Europa, la
Banca Mondiale - con le aspettative per l'uguaglianza ed i diritti umani da
portare avanti realmente. E l'evidenza internazionale per cui sembra che la
società non avanzi, soprattutto sui Rom.
Quindi penso ci sia un senso in cui la situazione sia migliore se la gente è
più libera, ma in questa situazione i pregiudizi si possono esercitare senza
permesso; e le leggi nazionali ed internazionali contro le discriminazioni e
contro gli abusi sui diritti umani si possono applicare, ma col potenziale per
distorsioni delle politiche di cui ho riferito prima. Sta portando alla
frustrazione tra i rappresentanti dei Rom in molti stati europei, che dicono
"Vivo in questa società con tutte queste magnifiche leggi contro la
discriminazione, ma ne soffro ogni giorno, la gente mi sputa per strada, ai miei
figli non è permesso di andare nella scuola che scelgono, o sono messi nelle
scuole speciali".
Penso che la sfida odierna sia di aiutare realmente i governi a gestire
queste due forze: una, le aspettative internazionali sulle leggi dei diritti
umani e l'anti-discriminazione e l'altra, il martello, la corsa pubblica endemica
di odio verso i Rom, che è di difficile gestione politica.
Ritengo che i Rom mettano i non-Rom europei di fronte al loro stesso
razzismo, nello stesso modo in cui i neri Afro-Caraibici portarono i bianchi
Britannici di fronte al loro razzismo imperiale. Questo per il bene di tutti gli
Europei. L'Europa avrà un debito eterno verso di loro mentre i processi della
globalizzazione mettono radici sempre più profonde.
La popolazione maggioritaria ha pregiudizi, ma d'altra parte si percepisce
la rassegnazione di molti nella comunità rom che si ritengono ai margini della
società e non fanno nulla per cambiare. Vedi un modo per far crescere la
motivazione tra di loro?
Sì, deve cambiare. Capisco quel che vuoi dire, ma penso che il problema
riguardi tutta l'Europa. La debolezza è che c'è una mancanza di comprensione
della storia. Le cose andarono male nel XVI secolo e non sono più migliorate. I
Rom sono stati abusati per oltre 500 anni. Sono il classico esempio dell'abuso
razziale di un intero continente verso una minoranza. Ed ora, tutti si alzano a
dire: "Basta guardarli, sono felici nelle loro comunità ghetto, non vogliono
lavorare, non hanno interesse ad istruirsi, ma solo ai sussidi".
Il mondo non-Rom non accetta le proprie responsabilità per ciò che hanno
fatto a questa minoranza per oltre cinque secoli. E quando arriviamo ad prendere
le parti di questo abuso, cosa facciamo? Diamo la colpa alle vittime? Non a noi
stessi. Questa è la tragedia dell'Europa oggi.
Quello di cui abbiamo bisogno sono le scuse ai Rom. Abbiamo bisogno di scusa
storiche dai governi che dicano "Siamo spiaciuti per quello che vi è successo in
questa società". Perché ciò che ha fatto la società europea per i Rom include la
schiavizzazione, l'esclusione, la discriminazione, la persecuzione ed il tentato
genocidio, più volte. Qualcuno si è forse scusato o l'ha fatto pubblicamente? Fa
parte del curriculum scolastico degli studenti slovacchi. No, si gira la testa.
Abbiamo bisogno di riconoscere che spetta alle società e ai governi non-Rom
fare il primo passo. Un ben noto politico britannico ha detto che se loro [Rom]
inizieranno a comportarsi adeguatamente, adeguatamente li tratteremo - un simile
commento mostra una completa mancanza di comprensione della storia, rimprovera
le vittime di abusi razziali e suggerisce che i diritti umani siano una comodità
condizionale legata agli stereotipi di particolari gruppi di persone...
Quindi la tua osservazione è giusta, ma la questione non è facilmente
risolvibile, perché c'è bisogno di decisioni politiche e di politici che dicano
chiaramente: "aspettate un momento, dobbiamo fare molto per queste comunità,
abbiamo un debito enorme per quello che hanno sofferto". E' il momento dimettere
in campo grandi somme di denaro e decisioni politiche. E questo costa soldi dei
contribuenti. D'altra parte, sappiamo che i politici commetterebbero un suicidio
politico se fossero visti assumere quei pronunciamenti e decisioni politiche a
beneficio delle comunità rom. Ecco perché è così difficile. I politici hanno le
mani legate, questa è il martello che dicevo. Ma nel contempo devono essere
convinti sulla solida natura dell'incudine - le aspettative mondiali, incluse le
comunità rom, riguardo i diritti umani e la loro applicazione per tutti i membri
della società.
E' una lunga strada e non sono sicuro di come prosegua. Ma l'altro aspetto di
come queste cose possano essere risolte, è di tentare e pompare denaro nelle
comunità rom, cosicché possano trovare i termini di cosa è accaduto loro e
cercare e trovare il perdono al mondo non-Rom. E conosco Rom in tutta Europa che
rispondono positivamente alla loro situazione e sono cooperativi, ben informati
e ben istruiti. L'intelligentsia rom dev'essere supportata ed il loro numero
deve crescere, perché l'autodifesa delle comunità diventerà cruciale nel
reclamare i diritti umani e nel combattere le discriminazioni contro la legge.
Il pericolo nell'abusare delle minoranze per un periodo molto lungo è che la
gente può interiorizzare gli stereotipi che si ammucchiano giorno dopo giorno,
anno dopo anno, secolo dopo secolo. Ed il pericolo è che la gente può avere
sotto aspettative di se stessa nei termini di quali dovrebbero essere i loro
diritti e cosa possono raggiungere. E c'è una sorta di accettazione passiva da
parte di molti Rom riguardo la loro situazione. E c'è un pericolo terribile
nell'accettazione di abusi nelle comunità, che può manifestarsi in apatia,
disperazione ed accettazione oppressiva dell'abuso dei loro diritti umani.
Quindi, secondo te quali sono le ragioni per cui la società è incapace di
riconoscere il maltrattamento dei Rom nel passato e come si può fermare
l'imposizione degli stereotipi negativi?
Penso che molte cose siano collegate - non con i punti di vista pregiudiziali
verso differenti gruppi razziali - ma nelle credenze ignoranti ed inutili sugli
esseri umani, particolarmente sull'intelligenza. Ascolti interviste che dicono
"questi bambini non sono molto brillanti e così è meglio se vanno in un'altra
scuola o in una classe speciale". Questo realmente denuncia un'ignoranza enorme,
ed ancora un'ignoranza della storia in cui gli esseri umani sempre trasmettono
ciò che l'ecologia della società richiede. Nell'Europa medioevale l'ecologia
richiedeva una popolazione contadina con un sistema abbastanza duro, crudele,
gerarchico, di signori, sceriffi e poi i servi. Ma quando la tecnologia cambiò
ed avemmo un'era industriale, ci fu bisogno di esseri umani con abilità diverse.
Quando andavo all'università in GB, solo il 3% della popolazione la frequentava
e si diceva "sì, sono le persone più brillanti" ed il 70% dei giovani andava in
quelle che chiamiamo le moderne scuole secondarie - "sai, non sono molto
intelligenti, ma sono bambini con abilità pratiche che saranno felici di
lavorare in fabbrica".
Ma ora le tecnologie sono cambiate ed abbiamo bisogno del 50% della
popolazione laureata, dato che non possiamo lavorare effettivamente ed
efficacemente come società economica senza quel livello di capacità e
conoscenza. E scopriamo che con investimenti sufficienti nell'istruzione, la
popolazione segue. Così gli esseri umani sviluppano sempre quanto loro è
offerto, tutti i bambini hanno un enorme potenziale, tutti i giovani hanno il
potenziale di essere piccoli geni.
Ma spesso la gente pensa che se il 3% va all'università, il 20% ha una
formazione tecnica ed oltre il 70% ha una formazione di basso livello, è perché
Dio ha distribuito l'intelligenza in questo modo. Ma questo non ha assolutamente
senso. Se solo le persone potessero capire che, comprendessero che tutti i
bambini possono essere educati insieme nelle stesse scuole e saranno capaci di
tutto. E' un messaggio duro rivolto ai genitori non-Rom, ma è difficile da
inviare anche ai genitori rom, dire loro che i loro bambini possono essere
fantastici, possono fare ed ottenere tutto. Abbiamo un presidente nero negli
USA, quanto c'è voluto? Forse un giorno avremo un presidente o un primo ministro
rom da qualche parte in Europa e tutto potrebbe cambiare. Vedremo.
Ora abbiamo parlamentari europei rom, che è fantastico, e sta crescendo
l'aspettativa delle famiglie rom su quel che potranno are i loro bambini, ma
anche le aspettative del mondo non-Rom nel realizzare il loro potenziale umano.
Cosa pensi del suggerimento di mandare i bambini delle comunità rom in
collegi speciali?
Suggerimenti simili tradiscono una seria mancanza di comprensione. Prima di
tutto, tradisce un'attitudine negativa verso le comunità rom. Dice in realtà che
i processi di socializzazione nelle loro famiglie non sono buoni e sono in
contraddizione con la sorte che la società degli esseri umani produrrebbe. La
mia conoscenza personale dei Rom è che sono esseri umani fantastici che vorrei
come vicini o da far sposare ai miei figli. Ed in effetti mio figlio ora esce
con una giovane romnì, che è deliziosa, molto intelligente, sensibile ed in ogni
senso, proprio incantevole.
L'altro serio aspetto di un commento simile è che questi collegi possono
diventare segregate e questo sarebbe in diretta contraddizione con le leggi
nazionali ed internazionali di tutti i paesi europei.
Ma più preoccupante, se fosse adottata questa costrizione, si andrebbe ad
una tensione con la convenzione ONU sul genocidio. Uno dei criteri della
convenzione riguarda quando i bambini sono sottratti ai loro genitori. Andremmo
a finire su un piano inclinato... Potrebbe essere visto dagli avvocati
internazionali come l'equivalente di una sottrazione forzata dei bambini dai
loro genitori e famiglie. In queste circostanze i genitori possono abbandonare
uno stato particolare per sfuggire da queste politiche o leggi, perché uno dei
pilastri della comunità rom è l'amore e la forza della famiglia e la solidarietà
che è nata dal fare fronte alle società in cui dovevano vivere. E sarebbe una
società che si muoverebbe in maniera pericolosamente vicina alle infrazioni
della convenzione ONU sul genocidio come è stato nel caso di Austria, Svizzera e
Scozia, che nei tempi passati sottrassero i bambini rom dai loro genitori.
Questo sviluppo sarebbe molto improbabile negli Stati Membri UE, ma se fosse
davvero proposto da qualche parte, penso che sarebbe un abuso dei diritti umani
in primo luogo, e sono sicuro che le famiglie rom sarebbero molto preoccupate su
indicazioni di questa natura.
Vorresti dire che uno dei problemi è anche che la popolazione
maggioritaria non sta tentando di imparare sui Rom e di capirli? E' una delle
questioni?
Il problema è che nel mondo non-Rom non c'è un'accurata informazione su
queste comunità. Ho studiato libri sui Rom e sugli Zingari e la conoscenza di
base è enorme, ma la maggior parte degli Europei non ne ha idea. In GB la
maggior parte dei cittadini non-Rom, non ha idea che gli Zingari abbiano, per
esempio, la propria lingua. Così c'è un processo d'apprendimento da ambo le
parti. Ma ricordate: i Rom hanno imparato abbastanza sul mondo non-Rom. L'hanno
imparato tra molte difficoltà, hanno preso colpi sui denti per tutto il tempo,
hanno sputato su di loro per le strade e gli hanno chiesto di uscire dai
ristoranti e non gli hanno permesso di istruirsi nelle scuole. Quindi, come
stanno imparando del "mondo non-Rom", anche se non sono strutturalmente
integrati in tutte le istituzioni che ha la società? Ma penso che dipenda dal
motto non-Rom che recita "siamo spiacenti e vogliamo lavorare con voi". E così i
Rom sarebbero in grado di imparare che ci sono attitudini positive, senza
pregiudizi e compassionevoli nel mondo non-Rom.
In GB c'è un'ignoranza di massa nella comunità non-Rom ed abbiamo bisogno di
una leadership politica per cambiare la situazione. Ma se la Regina facesse le
sue scuse al popolo Zingaro/Rom, cambierebbe tutto. Sarebbe un innesco verso un
cambio vitale di cui c'è bisogno. La gente direbbe "Andiamo, cosa sta succedendo
qui, chiediamo scusa agli Zingari? Guardate cos'hanno fatto a mia zia!!!" Ma
così si aprirebbe anche la discussione sulla storia e su ciò che è andato
storto, e su come potremmo proseguire accettando la nostra parte in questa
storia di abuso razziale.
Perché, secondo il mio punto di vista, condiviso da altri, l'Europa sta
vivendo pericolosamente. Se guardi ad una convenzione ONU sul genocidio e a
tutti i suoi criteri, uno di questi è che non si può lasciare la gente vivere in
condizioni che danneggino le loro possibilità di vita, ed i governi ceco,
slovacco, bulgaro, per esempio, non possono dire di non conoscere l'evidenza. E
l'evidenza è che i Rom in Europa vivono 10-12 anni meno della media europea, e
le donne rom sono 20 volte più della media europea a rischio di perdere un
figlio. E stanno crescendo le uccisioni di Rom da parte dell'estrema destra,
assieme agli abusi polizieschi dei diritti umani, mentre in alcuni paesi le
donne rom hanno sofferto la sterilizzazione forzata. Ci sono ancora partiti di
estrema destra che sembrano avere un'autorizzazione incontestata a parlare
pubblicamente di "soluzione finale" per i Rom. Il governo lo sa, ma cosa fa in
proposito? L'Europa sta vivendo una situazione pericolosa in cui un paese
potrebbe realmente essere giudicato responsabile di "genocidio per difetto".
Mi ricordo di aver visitato una madre rom che aveva quattro o cinque
bambini, vivevano in un baracca col pavimento di terra battuta, circondati da un
mare di fango; le circostanze più terribili, e quando andai mi disse "Non
dimenticarci", e questo ebbe su di me un effetto duraturo, perché conosco troppi
Rom che vivono nelle condizioni più terribili e si fa troppo poco. Forse è
questo il vero messaggio per tutti i non-Rom europei, "Non dimenticate i
Rom". Nell'interesse dell'Europa e dell'umanità.
Di Fabrizio (del 17/09/2010 @ 09:40:32 in media, visitato 1913 volte)
Antefatto: dato che in questo periodo le parole Rom e
Francia assieme tirano parecchio, a inizio settimana girava la notizia che
Besson, ministro francese degli Interni, se l'era presa con Fidel Castro per il
giudizio che questi aveva dato sulla politica antigitana francese. E' notorio
che Fidel di solito "non le manda a dire", ma l'unica cosa che ero riuscito a
capire è che al ministro francese non andava giù la parola "Olocausto" usata da
Fidel, il cui discorso non veniva citato. Comunque, l'agenzia cubana
Prensa Latina da un po' esce anche in versione italiana. Ecco dunque il
testo che ha fatto arrabbiare qualche francese:
Benché ci fossero articoli sul tema prima e dopo il 1º settembre 2010, quel
giorno, il giornale La Jornada, del Messico, ne ha pubblicato uno di gran
impatto, intitolato "El holocausto gitano: ayer y hoy" (L'olocausto zingaro:
ieri ed oggi) che evoca una storia davvero drammatica. Senza aggiungere né
togliere una sola parola dell'informazione, ho scelto le righe testuali del
suo contenuto che riflettono fatti veramente commoventi, dei quali, Occidente e,
soprattutto, il suo colossale apparato mediatico, non dice nemmeno una parola.
"Nel 1496: auge del pensiero umanista. I popoli rom (zingari) della Germania,
sono dichiarati traditori nei confronti dei paesi cristiani, spii a pagamento
dei turchi, portatori della peste, stregoni, banditi e sequestratori di bambini.
"1710: secolo delle luci e della ragione. Un editto ordina che gli zingari
adulti di Praga siano impiccati senza giudizio. I giovani e le donne sono
mutilati. A Boemia, gli si taglia l'orecchio sinistro. A Moravia, l'orecchio
destro.
"1899: climax della modernità ed il progresso. La polizia di Baviera crea la
Sezione Speciale per le questioni sugli zingari. Nel 1929, la sezione passa alla
categoria di Centrale Nazionale, e viene trasferita a Munich. Nel 1937, si
stabilisce a Berlino. Quattro anni dopo, mezzo milione di zingari muore nei
campi di concentrazione dell'Europa centrale e dell’Est."
"Nella sua tesi di dottorato Eva Justin (assistente del dottor Robert Ritter,
della sezione di indagini razziali del Ministero di Salute tedesco), affermava
che il sangue zingaro era oltremodo pericoloso per la purezza della razza
tedesca. Ed un certo dottor Portschy ha inviato un memorandum a Hitler
suggerendogli di sottoporre loro a lavori forzati e sterilizzazione in massa,
perché mettevano in pericolo il sangue puro dei contadini tedeschi.
"Qualificati da criminali inveterati, gli zingari incominciarono ad essere
fermati in massa, ed a partire dal 1938 loro sono stati reclusi in blocchi
speciali nei campi di Buchenwald, Mauthausen, Gusen, Dautmergen, Natzweiler e
Flossenburg.
"In un terreno della sua proprietà di Ravensbruck, Heinrich Himmler, capo della
Gestapo (SS), ha creato uno spazio per sacrificare le donne zingare che erano
sottomesse ad esperimenti medici. Sono state sterilizzate 120 bambine zingare.
Nell'ospedale di Dusseldorf-Lierenfeld sono state sterilizzate zingare sposate
con non zingari.
"Migliaia di zingari sono stati deportati dal Belgio, Olanda e Francia e inviati
al campo polacco di Auschwitz. Nelle sue Memorie, Rudolf Hoess (comandante di
Auschwitz), racconta che tra gli zingari deportati c’erano degli anziani quasi
centenari, donne incinte e numerosi bambini.
"Nel ghetto di Lodz (Polonia) […] nessuno dei 5.000 zingari ha sopravvissuto."
"In Iugoslavia, si eseguiva nello stesso modo agli zingari ed agli ebrei nel
bosco di Jajnice. I contadini ricordano ancora i gridi dei bambini zingari
portati ai luoghi d’esecuzione."
"Nei campi di sterminio, solo l'amore degli zingari per la musica è stato a
volte l’unico sollievo. Ad Auschwitz, affamati e pieni di pidocchi, si univano
per suonare ed incoraggiavano i bambini a ballare. Ma era anche leggendario il
coraggio dei guerriglieri zingari che militavano nella resistenza polacca, nella
regione di Nieswiez."
La musica è stata il fattore che ha mantenuto loro uniti e che gli ha aiutato a
sopravvivere, così come lo è stato la religione nel caso dei cristiani, ebrei e
musulmani.
La Jornada, in successivi articoli pubblicati dalla fine agosto, ha rinfrescato
la memoria su avvenimenti quasi dimenticati a proposito di quello che ha
successo con gli zingari in Europa, i quali, vittime dal nazismo, sono stati
dimenticati dopo il giudizio di Norimberga nel 1945-1946.
Il governo tedesco di Konrad Adenauer ha dichiarato che lo sterminio degli
zingari prima del 1943, obbediva a politiche legali di Stato; quelli che sono
stati colpiti quel anno non hanno ricevuto nessuna indennità. Robert Ritter,
esperto nazista nello sterminio degli zingari, è stato messo in libertà; 39 anni
dopo, nel 1982, quando la maggioranza delle vittime era ormai morta, venne
riconosciuto il loro diritto all'indennità.
Più del 75 percento degli zingari, che si calcolano tra 12 e 14 milioni, vivono
in Europa centrale e dell’Est. Solo nella Iugoslavia socialista di Tito gli
zingari sono stati riconosciuti con gli stessi diritti che le minoranze croate,
albanesi e macedone.
L'organo stampa messicano definisce di "particolarmente perversa" la
deportazione massiccia degli zingari a Romania e Bulgaria, ordinata dal governo
di Sarkozy - ebreo d’origine ungherese -.; sono le parole testuali con le quali
la qualifica. Non prenderlo come irriverenza dalla mia parte.
In Romania, il numero degli zingari si stima in due milioni di persone.
Il Presidente di quel paese, Traian Basescu, alleato degli Stati Uniti e membro
illustre della NATO, ha qualificato di "zingara schifosa" una giornalista. Come
può osservarsi, una persona molto delicata, e di linguaggio gentile.
Le website Univisión.com, ha commentato le manifestazioni contro l'espulsione
degli zingari e "xenofobia" in Francia. Circa "130 manifestazioni dovevano avere
luogo in Francia e di fronte ad ambasciate francese nei vari paesi dell'Unione
Europea, con l'appoggio di decine di organizzazioni dei diritti umani, sindacati
e partiti di sinistra ed ecologisti", ha informato l'agenzia stampa AFP.
L'esteso ufficio parla della partecipazione di rinomate personalità del mondo
della cultura come Jane Birkin e la cineasta Agnes Jaoui, ricordando che la
prima "ha fatto parte, insieme all'ex resistente contro l'occupazione nazista
della Francia (1940-1944) Stephane Hessel, del gruppo che ha incontrato
posteriormente gli assessori del ministro d’Immigrazione Eric Besson.
"'E’ stato un dialogo tra sordi, ma comunque è stato bene di averlo fatto per
mostrare loro che gran parte della popolazione si arrabbia davanti a questa
politica nauseabonda ', ha indicato il portavoce della Rete d’Istruzione senza
frontiere."
Altre notizie sullo spinoso tema arrivano dall'Europa: "Il Parlamento Europeo ha
messo in ludibrio [pubblico] la Francia e Nicolás Sarkozy per il rimpatrio di
migliaia di zingari rumeni e bulgari in un teso dibattito nel quale si è
qualificato di scandaloso e ridicolo l'atteggiamento di José Manuel Durão
Barroso e della Commissione per la sua apparente pusillanimità e per non
condannare per illegali e contrarie al diritto comunitario le decisioni di
Parigi", informa El País.com in un articolo a cura di Ricardo Martínez di
Rituerto.
Il giornale La Jornada ha pubblicato in un altro dei suoi articoli,
l'impressionante dato sociale che la mortalità neonatale della popolazione
zingara è nove volte maggiore della media europea e la speranza di vita supera
appena i 50 anni.
In precedenza, il 29 agosto, aveva informato che "benché le critiche non abbiano
mancato – sia da parte delle istituzioni dell'Unione Europea (UE) che dalla
Chiesa cattolica, l'ONU e l'ampio ventaglio di organizzazioni pro emigranti -
Sarkozy insiste nell’espellere e deportare centinaia di cittadini della Bulgaria
e Romania - e quindi cittadini europei - con la scusa dell’ipotetico carattere
'criminale' di questi cittadini."
"È difficile da credere che nel 2010 - conclude La Jornada - dopo il terribile
passato dell'Europa nel terreno del razzismo e l'intolleranza, è ancora
possibile criminalizzare ad un'etnia intera segnalandola da problema sociale."
"L'indifferenza o addirittura il beneplacito di fronte alle azioni della polizia
francese oggi, italiana ieri, ma europea in linea di massima, lascia senza
parole il più ottimista degli analisti."
All’improvviso, mentre scrivevo questa Riflessione, ho ricordato che la Francia
è la terza potenza nucleare del pianeta, e che Sarkozy aveva anche una valigetta
con le chiavi per lanciare una delle più di 300 bombe che possiede. Per caso ha
qualche senso morale ed etico lanciare un attacco sull'Iran, al quale condannano
per l’ipotetica intenzione di fabbricare un’arma di questo tipo? Dov’è la
saggezza e la logica di quella politica?
Ipotizziamo che Sarkozy, all’improvviso, diventa pazzo, come pare che sta
succedendo. Che cosa farebbe in quel caso il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite con Sarkozy e la sua valigetta?
Che cosa succederà se l'estrema destra francese decide di obbligare Sarkozy a
mantenere una politica razzista in contraddizione con le norme della Comunità
Europea?
Potrebbe rispondere il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quelle due
domande?
L'assenza della verità e la prevalenza della bugia è la maggiore tragedia nella
nostra pericolosa era nucleare.
Fidel Castro Ruz
12 settembre 2010
18.57.
Di Fabrizio (del 16/03/2010 @ 09:38:36 in blog, visitato 1889 volte)
...ed invece sono passati quasi 5 anni. Lo rileggo
volentieri per guardare (una volta tanto) la strada percorsa ...ed anche per
l'amico
Yuri del Bar, che a Mantova s'e' ricandidato alle elezioni comunali
Non sapevo cosa scrivere
(e invece)
Ho un mucchio di notizie arretrate da sbrigare e forse da pubblicare, ma e'
come se mi autocensurassi:
forse potra' interessare a qualcuno che nella Repubblica Ceca si continua a
parlare di sterilizzazione forzata delle donne Rom, senza la certezza se questa
pratica prosegua ancora oggi, o che la International Organization for Migration
abbia iniziato una propria campagna europea di assistenza a favore dei Rom
dell'Europa dell'Est, che vivono oggi una situazione per molti versi simile a
quella del nazismo (non lo dico io, e' quello che leggo sul loro documento).
Stranamente, non ci sono notizie di nuovi rimpatri forzati verso il Kosovo,
non so se dipenda dal silenzio stampa dei ministeri degli interni o per la
moratoria richiesta dall'UNHCR, in compenso in Gran Bretagna continua la
polemica tra il partito conservatore e il governo laburista sulle aree di
sosta...
Ne scriverei, se non fosse che sono cose scontate e che sono stanco di ripetere
le medesime notizie.
Ci sono stati dei momenti negli anni scorsi, in cui le notizie erano da
addentare come se fossi un mastino. Scontri violenti per motivi etnici, in
Romania, Slovacchia, Kosovo, un corrispondente macedone che prima mi scriveva
sotto i colpi di mortaio dell'UCK, e poi ferito dalla polizia durante una
manifestazione di protesta. Li' forse c'era un senso, perche' queste notizie non
arrivavano sui giornali italiani, se non dopo settimane. Li', nel silenzio
dell'informazione ufficiale, misuravo il senso della parola discriminazione.
Quella e' la discriminazione di "guerra". Poi c'e' l'altra discriminazione,
quella di "pace": nel lavoro, nella casa, nello studio o nell'accesso ai servizi
sanitari. Ma se nel caso della guerra potevo parlare di CENSURA, la
"discriminazione di pace" e' piu' ambigua: da una parte sullo Zingaro (uso
apposta il termine dispregiativo) si caricano tutta una serie di paure
secolari, dall'altra, fatichiamo a vederlo diverso da come ce lo siamo sempre
immaginato. Mi spiego: LORO non han voglia di lavorare, ma NOI
faticheremmo ad accettare un collega Sinto o una baby sitter Rom. LORO non
vogliono mandare i figli a scuola e NOI facciamo cambiare scuola ai nostri
bambini se 2 o 3 dei loro compagni di classe abitano in un campo sosta.
Dico che li abbiamo rinchiusi, prima che nei campi sosta, in un ruolo da cui
abbiamo paura che escano.
Allora, parlare delle discriminazioni quotidiane serve a poco, perche' sono
quelle cose che turbano per qualche giorno, ma ci rassicurano che il gradino
basso della societa' e' occupato, ed e' giusto cosi', perche' se e' occupato non
rischiamo di caderci noi. Proprio le cronache della "discriminazione di
guerra" mi hanno insegnato che qualsiasi siano i contendenti, i Rom sono sempre
i primi a pagare e, finito con loro, c'e' qualcun altro, che stava meglio, che si
ritrova al loro posto, suo malgrado.
Poi, ci sono i "bravi democratici": quelli che sono affascinati da un nomadismo
che se potessero i Rom si lascerebbero volentieri alle spalle, quelli che
"Zingaro e' cultura, e' musica, e' poesia". Si', ma che senso ha questa cultura, se
non ha possibilita' di esprimersi e di confrontarsi? Se rimane chiusa nei ghetti
o nei campi? E' come parlare dei menestrelli medievali, con la differenza che i
cavalieri antichi sono estinti, e qua ci riferiamo a un popolo che vive in mezzo
a noi. Insomma, buoni o cattivi, sembra che l'importante sia percepirli come
DIVERSI.
Diversi, lo siamo tutti, non vedo qua il problema. Il problema e' quando la diversita'
e' un alibi per vivere separatamente e senza confronto. Da questo tipo
di diversita', non puo' che nascere una societa' malata, da un lato e pure
dall'altro.
Mentre si continuano a tenere le distanze, i Rom e i Sinti (per natalita' o per
fuggire alle guerre e alle persecuzioni), sono diventati la minoranza etnica piu'
vasta della Comunita' Europea. 10/12 milioni (non lo sappiamo), piu' degli
abitanti dell'Austria o del Belgio. E si affacciano nuove generazioni.
Livia Jaroka e Yuri del Bar hanno in comune la giovane eta' (30 e 26
anni). E l'etnia. Per il resto sono DIVERSISSIMI: lei Ungherese e lui Italiano,
lei antropologa e lui mediatore culturale. Anche politicamente sono distanti:
Livia Jaroka eletta al Parlamento Europeo nel
Partito Popolare, Yuri del Bar al Comune di Mantova in Rifondazione
Comunista.
Livia Jaroka ha sponsorizzato il mese scorso un programma di formazione
professionale presso il Parlamento Europeo, per giovani Rom che possano in
futuro essere quel nucleo politico-intellettuale che e' mancato al suo popolo per
risollevarsi dal II dopoguerra (chi volesse ulteriori notizie, me le richieda
via email).
Yuri del Bar e' stato eletto con un programma che richiedeva la chiusura dei
campi sosta a favore di microareee, il diritto di voto ai migranti, piu' fondi
allo studio e sostegno alle famiglie.
Su di loro, la cappa mediatica che ricordavo prima. Eppure, credo che quei due,
cosi' DIVERSI, siano l'avanguardia di una nuova generazione che possa parlare in
prima persona del proprio popolo, perche' finalmente si racconti la miseria o la
gioia senza i NOSTRI giri letterari.
Di Fabrizio (del 29/03/2007 @ 09:37:28 in Europa, visitato 2511 volte)
Da
Czech_Roma
Il 17 gennaio 2007, l'Alta Corte di Olomouc ha pubblicato un approfondito
verdetto sul caso della sterilizzazione illegale di Helena Ferenčíková nel 2001,
dopo la nascita del suo secondo figlio, [il verdetto] richiede che l'ospedale
che ha operato la sterilizzazione si scusi. Il verdetto dell'Alta Corte
sostiene quello del 2005 del Tribunale Regionale di Ostrava, ma la corte non ha
riconosciuto ad Helena Ferenčíková il compenso di 1 milione di corone per danni
fisici e psicologici.
In una lettera del 27 febbraio 2007, l'ospedale Vítkovice si è scusato con la
signora Ferenčíková per "l'usurpazione del [...] vostro diritto di protezione
della personalità [...]".
Da
Roma_und_Sinti
Una donna si prende cura di sua figlia in un campo sinti in Germania
[Photograph #33335] -
United States Holocaust Memorial Museum
Nella foto (QUI
l'originale ndr) Theresia Seibel con sua figlia Rita. Alla finestra la
zia del donatore, Nelka.
Date: 1946 - 1946
Locale: Wuerzburg, [Franconia] Germany
Credit: United States Holocaust Memorial Museum, courtesy of Rita Prigmore
Copyright: United States Holocaust Memorial Museum
Rita Reinhardt Seibel (ora Prigmore) è la figlia di Gabriel e Theresia (Winterstein)
Reinhardt. Lei e sua gemella, Rolanda, nacquero il 3 marzo 1943 a Wuerzburg,
dove i loro genitori lavoravano entrambe nel teatro cittadino. Gabriel (nato nel
1913) era originario di Marbach. Aveva per un certo periodo studiato musica al
conservatorio di Stoccarda. Assieme ai suoi quattro fratelli, Gabriel aveva
suonato in una banda e gestiva un'impresa di riparazione di violini.
Precedentemente Gabriel aveva sposato un'altra donna, da cui aveva avuto un
figlio, Rigo. La prima moglie di Gabriel venne deportata all'inizio degli anni
'40, e poco dopo, lui venne informato della sua morte ad Auschwitz. Theresia (nata
nel 1921) era di Mannheim. Da giovane frequentò la scuola in un convento e a 16
anni entrò nel teatro cittadino di Wuerzburg come cantante e ballerina. Nel 1941
diversi membri della famiglia di Theresia furono portati nel quartiere generale
della Gestapo, dove furono costretti a firmare moduli di autorizzazione alla
sterilizzazione. Vennero minacciati di deportazione in caso di rifiuto.
Prima di essere sterilizzata, Theresia aveva consapevolmente deciso con
Gabriel di rimanere incinta. Quando venne chiamata per la procedura, era in
attesa di tre mesi di due gemelle. Quando gli igienisti razziali lo scoprirono,
lei e la sua famiglia vennero arrestati, mentre si contattò Berlino per decidere
sul da farsi. La risposta fu che a Theresia doveva essere permesso di continuare
la gravidanza, a condizione che i bambini venissero inviati, a nascita avvenuta,
alla clinica dell'università di Wuerzburg. Lì c'era il dottor Werner Heyde, professore
di neurologia e psichiatria, e membro chiave del programma di eutanasia nazista,
che conduceva ricerche sui gemelli. A quanto pare, anche il dottor Joseph
Mengele aveva un interesse personale sui gemelli di etnia sinti. Nel corso della
gravidanza, Theresia e Gabriel erano sotto sorveglianza costante.
Non avendo più il permesso di lavorare al teatro della città, Theresia prese
un lavoro come usciere e Gabriel andò a fare il fattorino per una compagnia
farmaceutica. Le gemelle nacquero alla presenza del dottor Heyde. Avevano brevi
pause a casa con i loro genitori, ma la maggior parte del tempo erano confinate
in clinica. In un'occasione, le gemelle furono lasciate ai genitori per un
servizio fotografico di propaganda sui genitori sinti, per passeggiare con le
bambine lungo la Domstrasse a Wuerzburg. La seconda settimana di aprile,
Theresia e Gabriel ricevettero un avviso preventivo per la deportazione.
Le bambine non erano incluse e Theresia andò immediatamente in clinica per
vederle. Quando arrivò le dissero che non era possibile, ma Theresia si fece
strada lo stesso. Trovò Rolanda che giaceva morta con la testa fasciata, vittima
degli esperimenti di colorazione degli occhi. Isterica per la scoperta, Theresia
afferrò la gemella superstite, Rita, e fuggì. Il giorno stesso o quello dopo,
Rita fu sottratta ai genitori e riportata in clinica.
Theresia e Gabriel non la rividero per un anno. Pochi giorni a distanza
dall'evento, il corpo di Rolanda venne restituito ai genitori che predisposero
un adeguato funerale sinti. Una settimana dopo Theresia venne sterilizzata a
forza. Gabriel perse il suo lavoro alla compagnia farmaceutica, ma non venne
sterilizzato. Nel 1943 diversi membri della famiglia estesa di Theresia, incluso
il fratello minore Otto Winterstein e lo zio Fritz Spindler, vennero deportati
(sopravvissero entrambe). Nell'aprile 1944 Theresia ricevette misteriosamente
una lettera dalla Croce Rossa tedesca a Wuerzburg, con le istruzioni per andare
a riprendere Rita.
La famiglia Reinhardt rimase assieme sino al 1946 o al1947, quando la prima
moglie di Gabriel, che in realtà era sopravvissuta alla guerra, tornò in
Germania. Gabriel decise di tornare da lei ed il suo matrimonio con Theresia
venne annullato dal tribunale USA di Stoccarda. Rita rimase con Theresia e non
rivide suo padre sino al 1959. Nel 1962 Theresia si risposò con un soldato
americano, che morì nel 1972. Rita soffrì di numerosi disturbi fisici (inclusi
forti mal di testa e perdite accidentali di coscienza) per tutta la sua gioventù
e l'età adulta, che sua madre attribuì al trattamento presso la clinica di
Wuerzburg durante il periodo nazista.
Rita si sposò a 21 anni e subito dopo diede alla luce un figlio e una figlia.
Lei e la sua famiglia emigrarono negli USA negli ani '70. Diversi anni dopo,
Rita divorziò da suo marito (lasciando anche i figli) e tornò in Germania per
aiutare sua madre nel gestire un'organizzazione sinti dei diritti umani, che
cerca di aumenatre la consapevolezza sul destino dei Rom e dei Sinti durante
l'Olocausto. Rita ora vive a Wuerzburg.
Di Fabrizio (del 15/11/2008 @ 09:35:15 in Europa, visitato 2417 volte)
Da
Nordic_Roma
The
Local Published: 7 Nov 08 16:18 CET
Le minoranze svedesi affrontano estese discriminazioni, incluso la
mancanza di istruzione nella loro madrelingua, ha detto venerdì l'ombudsman
svedese contro la discriminazione etnica
"Ci sono ancora strutture discriminatorie che interessano le possibilità
delle minoranze di veder rispettati i loro diritti" viene detto in un rapporto.
Molti Ebrei, Rom e Svedo-Finnici, come pure i Sami, un popolo indigeno sparso
nella Norvegia settentrionale, Svezia, Finlandia e Russia, ed i Tornedalians,
che sono di discendenza finnica, "hanno perso la loro lingua", dice il rapporto.
In molti non hanno mai avuto la possibilità di imparare la propria lingua,
viene detto, aggiungendo che alcune lingue delle minoranze sono minacciate
all'estinzione.
Sino agli anni '70, la Svezia ha discriminato molte delle sue minoranze
nazionali, anche con la sterilizzazione forzata e l'esclusione delle lingue di
alcune minoranze dalle scuole e dai luoghi di lavoro.
Dal 2000, sono stati ricevuti circa 200 rapporti sulla discriminazione delle
minoranze nazionale in Svezia, inclusi un certo numero di reclami di Rom a cui è
stato negato l'accesso alla casa ed agli spazi pubblici.
Ci sono anche numerosi reclami da parte dei Sami, i cui diritti linguistici
non sarebbero rispettati.
"La situazione è molto seria," ha detto alla Radio svedese l'ombudsman
vicaria Anna Theodora
Gunnarsdottir.
Le minoranze "sperimentano commenti degradanti... e per loro può essere
difficile ricevere istruzione a cui hanno diritto nella loro lingua madre.
Comparato all'accesso dei bambini svedese nella loro lingua, è ovvio che ci sia
discriminazione," ha detto.
Aggiunge il rapporto "Le strutture discriminatorie nelle scuole influenzano i
risultati scolastici dei bambini e quindi hanno conseguenze nelle loro
possibilità di proseguire negli studi superiori, e quindi nel loro accesso al
mercato del lavoro."
AFP
The report is available here:
http://www.do.se/upload/Ladda ner/dorapport-nationella-minoriteter.pdf
(in Swedish)
Di Fabrizio (del 18/10/2007 @ 09:33:11 in Regole, visitato 2095 volte)
Ostrava, 12.10.2007, 17:05, (ROMEA/CTK) Oggi il Tribunale Regionale di Ostrava ha riconosciuto un compenso di CZK 500.000 ad una donna Rom di 30 anni, Iveta Červeňáková, per essere stata sterilizzata contro la propria volontà. [...] Secondo Kumar Vishwanathan di Vzájemné soužití (Vita Insieme) è storicamente il primo caso del genere. La donna venne sterilizzata 10 anni fa. "Non venne sufficientemente informata e solo sette anni più tardi seppe di aver subito questo intervento," dice Vishwanathan.
Il Tribunale ha sancito che la donna ha diritto a scuse e compensazione per danni fisici e psicologici. [...] Il giudice Otakar Pochmon ha detto che l'intervento sulla madre di due bambini è stato irreversibile. La violazione avvenne nel luglio 1997, all'ospedale cittadino di Ostrava.
L'ospedale ribatte di avere il consenso scritto della paziente e intende appellarsi alla Corte Suprema. Marie Dlabalová, portavoce dell'ospedale ha detto che sono coscienti del verdetto odierno e ritengono necessario aspettare la sentenza scritta per depositare l'appello.
Dlabalová aggiunge che sulla sterilizzazione esiste un'inchiesta del Ministero della Salute: "Indagini simili sono state iniziate su cinque casi, in nessuno dei quali è stato provato di essere stati commessi dei crimini."
Il 7 luglio 1997 Červeňáková (nata Holubová) diede vita con parto cesareo alla sua seconda figlia, Kristýna. Durante la stessa operazione venne sterilizzata. Anche se si sapeva in anticipo che avrebbe partorito con taglio cesareo, i dottori non seguirono il processo legale per ottenere il suo consenso alla sterilizzazione. I dottori non chiesero il suo parere fino a che non era sotto anestesia. Al tempo dell'operazione chirurgica la donna aveva 19 anni. [...]
Per sette anni Červeňáková ha avuto come l'impressione che le fosse stata applicata una spirale. Quando ha chiesto al suo medico di rimuoverla perché voleva un altro figlio, ha appreso la verità. Lei e il marito stanno ora considerando un'adozione. "Ho già tutti i moduli necessari da compilare. Vorrei in casa un bambino piccolo."
Il suo avvocato, Michaela Kopalová della Lega per i Diritti Umani, dice che la procedura ospedaliera è piena di deficienze. "La commissione che doveva decidere sul permettere la sterilizzazione, si è riunita 10 giorni dopo che la mia cliente aveva partorito. Non esistono documenti che possono provare che lei sia stata messa dell'avviso che la sterilizzazione era irreversibile."
Sul verdetto del Tribunale Regionale, dice ""E' il verdetto più avanzato emesso nella Repubblica Ceca sulla violazione dei medici dell'integrità fisica delle partorienti. Credo che i tribunali in futuro continueranno a rispettare la Corte Suprema, che richiede una compensazione monetaria nei casi di violazione dei diritti della persona, senza limitazione di status."
Secondo la Lega per i Diritti Umani, il compenso monetario è solo il primo passo verso una reale giustizia per queste serie violazioni dei diritti umani. Il trattamento arbitrario di queste donne le ha per sempre deprivate della possibilità di avere figli propri. La somma ottenuta è esattamente la metà di quanto originariamente richiesto. Il primo caso di sterilizzazione illegale portato nei tribunali, quello di Helena Ferenčíková, raccolse le scusa ma nessun compenso per prescrizione dei termini. Ora quel caso è in appello alla Corte Suprema di Brno. Negli anni recenti la Corte ha stabilito che le violazioni dei diritti personali non sono soggette a questa limitazione.
Il caso Červeňáková è il secondo di sterilizzazione forzata del Tribunale di Ostrava. Nel 2005 si era pronunciato proprio su quello di Helena Ferenčíková, che aveva 22 anni al tempo dell'operazione, ma si era risolto solamente con una lettera di scuse, perché non era stata sufficientemente informata prima della sterilizzazione. Ma per scadenza dei termini, il tribunale aveva rigettato la richiesta di un indennizzo di un milione di corone. Kopalová dice che il verdetto di oggi risolleva anche il caso Ferenčíková. La Lega per i Diritti Umani sta facendo uso di questa opportunità per criticare il governo, che per lungo tempo non ha voluto rispondere alle sollecitazioni interne ed internazionali sulle donne sterilizzate all'epoca del comunismo e negli anni '90. Il governo si fa forte del fatto che i cittadini poveri, incluse le donne sterilizzate in questa maniera, non hanno le capacità finanziarie per farsi rappresentare nei tribunali, e lo stato non ha investito somme per assistere le vittime delle violazioni passate. I casi Ferenčíková e Červeňáková, sterilizzate in ospedali differenti, sono solo la punta di un iceberg. Dice ancora Kopalová: "Io sto rappresentando tre donne, ma so che ci sono circa altre 90 che si sono rivolte alla giustizia." Secondo la sua opinione, i dottori e gli ospedali rispondono coi medesimi argomenti: "Un terzo parto cesareo avrebbe rappresentato un significativo pericolo alle madri e così loro hanno agito nel loro interesse."
Di Fabrizio (del 11/11/2008 @ 09:28:41 in Europa, visitato 2013 volte)
Da
Czech_Roma
AP 2008-11-05 18:06:03
PRAGA - Una corte d'appello ha deciso mercoledì che un ospedale ceco non deve
pagare nessuna compensazione ad una donna zingara
sterilizzata 11 anni fa senza il suo consenso.
La Lega per i Diritti Umani ha criticato aspramente questo giudizio e ha
detto che intende appellarsi alla Corte Suprema. Il giudizio è visto come
importante perché ha rovesciato il precedente giudizio del tribunale che
garantiva alla donna una compensazione dall'ospedale per una simile operazione.
Il gruppo sui diritti umani ritiene che centinaia di donne di questa
minoranza di circa 250.000 persone, sia stata sterilizzata contro il proprio
volere, una pratica che risale al periodo comunista e terminata solo di recente,
secondo un rapporto investigativo dell'ombudsman Otakar Motejl, a fine 2005.
Sotto il comunismo, che nella Repubblica Ceca terminò nel 1989, la
sterilizzazione era una pratica semi-ufficiale per limitare la popolazione
zingara, o Rom come preferiscono essere chiamati, le cui grandi famiglie erano
viste come un peso per lo stato.
Nella decisione di mercoledì, la corte d'appello ha rigettato quella di un
altro tribunale secondo cui l'ospedale doveva pagare 500.000 koruna ($26,330;
20,460 €uro) a Iveta Cervenakova per averla sterilizzata illegalmente senza il
suo consenso nel 1997, ha detto Petr Angyalossy, portavoce del tribunale di
Olomouc, 250 km ad est di Praga.
Ha detto che la corte ha deciso che l'ospedale nella città nord orientale di
Ostrava non doveva pagare alcuna compensazione alla Cervenakova, 32 anni, perché
il caso aveva si riferiva a più di tre anni fa.
Angyalossy ha poi detto che l'ospedale doveva soltanto scusarsi con
Cervenakova.
Un altro tribunale aveva deciso il 12 ottobre 2007 che l'ospedale doveva
pagare un compenso e scusarsi con Cervenakova per aver violato i suoi diritti
con la sterilizzazione.
Cervenakova aveva compilato la citazione in giudizio nel 2005. Era stata
sterilizzata dopo aver dato alla nascita la sua seconda figlia con parto
cesareo.
Diverse donne rom ceche avevano richiesto i danni agli ospedali per le
sterilizzazioni illegali, ma Cervenakova fu la prima ad ottenerla in tribunale.
L'avvocato David Zahumensky della Lega per i Diritti Umani, che si è consultato
con i legali di Cervenakova, ha detto che la cliente ricorrerà in appello alla
Corte Suprema, perché il limite dei tre anni non si può applicare a questo caso.
Di Fabrizio (del 30/07/2007 @ 09:24:17 in Europa, visitato 2346 volte)
Da
Radio Praha
[18-07-2007] By Rosie Johnston
Le prime notizie sulle
sterilizzazioni di donne Rom risalgono agli anni '70. Esperti sospettano che
oltre 2.000 donne nella Repubblica Ceca, siano state sterilizzate contro la loro volontà.
Sin dal 1991 almeno 85 donne ed un uomo hanno presentato reclami all'ombudsman
ceco, asserendo di essere stati sterilizzati contro la loro volontà. Vybor pro lidska prava a biomedecinu
(Commissione per la biomedicina ed i diritti umani), una struttura governativa,
questa settimana ha suggerito che lo stato dovrebbe creare un fondo per
compensare queste donne. La somma sarebbe di circa 200.000 CZK,o 10.000 $, a
vittima. Ma il ministro responsabile ha rigettato l'idea, mentre i gruppi romanì
considerano le misure insufficienti. Kumar Vishvanathan è un attivista dei
diritti romanì di Ostrava:
In questa nazione, la sterilizzazione delle Romnià è proseguita negli
anni '70 ed '80, sotto il regime comunista. Durante questo periodo, è stata
un'attività gestita dallo stato, come è successo in Svezia, facendo finta
che fossero le donne stesse a voler essere sterilizzate. Spesso alle donne
venivano fatti dei "regali", come un sacco di carbone, una lavatrice ecc.
Penso che fosse un buon alibi, queste donne non avevano possibilità di dire
"No, non voglio il vostro sacco di carbone, invece voglio avere
bambini!".Non c'era la possibilità di dire così sotto il regime totalitario.
Disgraziatamente, questa pratica è continuata sino oggi. Conosciamo casi di
tre anni fa.
Lo stato non può più offrire "regali" alle donne che passano attraverso
ciò, quindi che incentivi offrono oggi alle donne per questa operazione?
Dopo il 1991, lo stato se n'è lavato le mani. Dal nostro punto di
vista lo stato è ancora responsabile, perché non ha preso nessuna misura
perché la comunità medica riceva una formazione adeguata per non lavorare in
stato di inerzia. Oggi continuano a lavorare come facevano nel passato. Non
ci sono stati gradini proattivi da parte dello stato per rafforzare i
controlli sul consenso responsabile.
Cosa pensi della recente proposta di Vybor pro Biomedicinu,
che lo stato dovrebbe compensare queste donne o che lo debbano fare gli stessi
ospedali?
Pensiamo che lo stato debba assumersi le proprie responsabilità. Diamo
il benvenuto all'idea che lo stato crei un fondo per compensare queste
donne. La nostra sola osservazione è che la compensazione non sia
limitata ai soli casi avvenuti prima del 1991. C'è poi un altro problema,
che le cartelle mediche di alcune donne sono state distrutte dagli ospedali
che ha compiuto queste operazioni. Oggi, è molto difficile per queste donne
provare che i loro casi sono reali.
Il compenso proposto da Vybor di 200.000 Corone, è sufficiente secondo il
vostro punto di vista?
Su questo posso solo dare la mia personale opinione, ma le donne Rom
dovranno decidere loro se è accettabile. Secondo me, è una somma inadeguata,
ma la parola finale resta alle Romnià.
Di Fabrizio (del 16/03/2010 @ 09:23:18 in Europa, visitato 1649 volte)
Da
Roma_Francais
I Rom: una libertà pagata cara
par D. Sabo
Le popolazioni nomadi zigane si confrontano a discriminazioni persistenti
e subiscono una profonda esclusione sociale. Iniziative cittadine ed azioni di
sensibilizzazione permettono, in alcuni casi, di contrastare gli attentati ai
loro diritti.
Occorre vedere il magnifico film "Liberté" di Tony Gatlif. Si riferisce
alla persecuzione dei Zigani durante la II guerra mondiale. Una zona d'ombra che
il cineasta ha superbamente messo in luce con la storia di Taloche, uno zigano
internato nel campo di Montreuil-Bellay, sotto Vichy, storia ispirata del libro
di Jacques Sigot "Questo filo spinato dimenticato dalla storia" (edizioni
Wallâda).. Non lo si ricorda spesso
ma sui due milioni di zigani che vivevano in Europa, tra i 250.000 ed i
500.000 furono deportati nei campi di concentramento. Pochi lo sanno: 40.000
zigani sono stati rinchiusi in trenta campi francesi durante la guerra. Il
rigetto della popolazione dei Rom è antico e persiste,, per quanto siano del
tutto cittadini europei. Dopo gli allargamenti del 2004 e del 2007, i Rom
costituiscono la più grande minoranza etnica della UE. Malgrado la loro
cittadinanza europea, restano vittime di ostracismo e si confrontano con le
discriminazioni. Il considerevole apporto che queste popolazioni potrebbero
avere nella società europea è ignorato, per l'effetto di stereotipi e pregiudizi
che si esprimono con discriminazioni economiche, sociali e politiche. Tre
rapporti* sul razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo e
l'intolleranza in Repubblica Ceca, Grecia e Svizzera, sono stati pubblicati il
15 settembre 2009. Anche se si osserva un'evoluzione positiva in ciascuno dei
tre stati membri del Consiglio d'Europa, i rapporti rilevano, nel contempo,
alcuni fatti che rimangono preoccupanti. In Repubblica Ceca, i Rom si
confrontano con la segregazione nell'istruzione e l'alloggio ed alla
discriminazione nell'impiego. Si osserva un'intensificazione che lascia
ammutoliti, delle attività di gruppi di estrema destra. Un nuovo codice penale è
stato adottato nel 2008 e contiene disposizioni più complete in materia di lotta
al razzismo. In Grecia, i Rom conoscono ugualmente problemi di impiego, di
alloggio e di giustizia. La legislazione che proibisce l'incitamento all'odio
razziale è ancora poco applicata. Anche in Svizzera si assiste ad una
pericolosa intensificazione dei discorsi politici razzisti contro i nuovi
cittadini. La legislazione non è sufficientemente sviluppata per trattare la
discriminazione razziale diretta che tocca in particolare i musulmani, le
persone originarie dei Balcani, della Turchia, dell'Africa ma anche la gens du
voyage. Segnali incoraggianti La situazione è particolarmente
delicata per le donne rom. E non solamente in questi tre paesi. Il 12 gennaio
2010, le donne rom hanno urgentemente invitato i governi europei a rispettare i
loro diritti fondamentali. Alcuni di questi governi praticano la sterilizzazione
forzata. Misure concrete sono prese poco a poco per compensare le vittime,
sanzionare gli autori di tali atti ed avviare una riforma del settore medico
pubblico perché i diritti delle pazienti siano rispettati. Le conclusioni di
una conferenza delle donne rom europee che si è tenuta ad Atene l'11 ed il 12
gennaio 2010, hanno sottolineato la necessità di prevenire ogni segregazione di
fatto in materia di alloggio e d'istruzione, promuovendo i principi di qualità e
d'integrazione. Le partecipanti hanno ugualmente incoraggiato le militanti rom e
chi difende i diritti umani ad agire presso le comunità rom per sensibilizzarle
nei loro diritti fondamentali e facilitare il loro accesso ai servizi pubblici
ed ai dispositivi destinati a far rispettare la legge. L'integrazione delle
comunità rom dipende dalla responsabilità condivise tra gli stati membri e la
UE. La UE dispone di un solido arsenale giuridico per lottare contro le
discriminazioni. Ricorre ai fondi strutturali europei ed organizza iniziative di
sensibilizzazione sulle discriminazioni nei confronti dei Rom. Inoltre,
un'azione coordinata è condotta in alcuni grandi settori particolarmente
importanti per l'integrazione dei Rom, come l'istruzione, l'occupazione e
l'integrazione sociale. Nel quadro della sua partecipazione al "2010 - Anno
europeo di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale", la direzione
Istruzione, Cultura, Multilinguismo e Gioventù della Commissione Europea
organizza un'esposizione ed una conferenza dedicate all'aiuto che forniscono i
programmi dell'UE alla minoranza rom. Ed in Francia? Neppure
nell'Esagono, la situazione dei Rom è facile. Per la maggior parte cittadini
dell'Unione Europea dopo l'entrata della Romania e della Bulgaria in
quest'insieme, sono trattati come "cittadini di seconda zona". Le Comunità
zigane sono le prime vittime della politica del numero e della paura in materia
d'immigrazione. Inoltre gli ostacoli all'azione umanitaria si sono intensificati
e moltiplicati nel 2008-2009. L'azione umanitaria è sistematicamente considerata
come sospetta dai pubblici poteri. È un fenomeno nuovo di cui si possono
purtroppo citare numerosi esempi. "Le popolazioni sono state incessantemente
sgomberate e rese precarie, ciò che impedisce alle OnG di di occuparsene e
mantenere un legame sociale. Le loro espulsioni ripetute senza soluzione di
rialloggiamento comportano esaurimento, interruzione di cure e di seguito
medico, in particolare delle donne incinte e dei bambini" deplora il dott.
Bernard dell'associazione Médecins du Monde. Occuparsi dei più poveri diventa
sempre più difficile. L'80 % dei pazienti non hanno alcuna copertura malattia
mentre vi avrebbero diritto ed il 20 % non dipendono da alcun dispositivo.
Nell'estate 2009, lo stato francese ha chiesto l'espulsione del campo
urgentemente installato a Saint Denis da Médecins du Monde per famiglie rom
sulla strada. La mobilizzazione de più di trenta associazioni (Fondazione Abbé
Pierre, Soccorso cattolico, Romeurope, ATD Quarto Mondo, il Droit au Logement
(DAL), la Lega dei Diritti dell'Uomo (LDH), Rete Istruzione Senza Frontiere) e
l'azione della giustizia hanno permesso tuttavia di contrastare questa
richiesta.
Il tribunale ha così respinto la domanda d'espulsione formata dal prefetto di
Seine Saint Denis, riconoscendo così la situazione urgentemente umanitaria nella
quale si trovano i Rom dell'Ile de France. "Una presa di coscienza della gravità
della situazione sanitaria dei Rom comincia ad emergere„ si rallegra
Médecins du Monde anche se rimane da trovare una soluzione definitiva per le
famiglie. * Questi rapporti fanno parte del quarto
ciclo seguito dall'ECRI. ECRI è un meccanismo indipendente dal Consiglio
d'Europa che si occupa dei problemi del razzismo e dell'intolleranza, prepara
relazioni ed indirizza delle raccomandazioni agli Stati membri. Le relazioni per
paese, con le osservazioni dei governi allegate, sono disponibili su:
www.coe.int/ecri
Da
Aussie_Kiwi_Roma
LIKE WATER/SAR O PAJ - antologia inglese/romanés di poemi di
donne rom - Curata da Hedina Tahiroviae Sijercic, pubblicata nel 2009 da
Kafla InterContinental,
www.indianwriters.org
"Molto spesso noi donne siamo state escluse dalle nostre comunità, e sotto
i nostri leader maschi non è facile spiegare le nostre menti, esprimere le
nostre idee e fare arte." Questo sentimento è ciò che ha ispirato Hedina
Tahiroviae Sijercic a compilare il primo volume di poesie di donne rom. Il
titolo dell'antologia è preso da un poema di Papusza, una delle più liriche ed
emotive scrittrici rom.
Le otto poetesse provengono da ambienti e paesi differenti, ma la maggior
parte ora risiede in Canada o Australia. Le loro poesie ricadono in quattro
categorie principali: autobiografia, lamento, aneddoti ed elogio alla natura.
La collezione inizia con i lavori della stessa Hedina Tahiroviae Sijercic.
Originaria di Sarajevo, in CV1 Hedina fornisce una storia poetica della
sua vita, tipica delle esperienze di molti Rom. Altre poesie, a volte tenere,
altre selvatiche, mostrano le difficoltà di un popolo spesso insultato, affamato
e senza documenti. Come piange in CV2, Naj amen papiri! Kai bizo papiri? Non
abbiamo documenti! Dove possiamo andare senza documenti?
Sarah Barbieux, originaria di Parigi, scrive della pena del nascondere la sua
identità zingara da bambina, ed a voce alta ricorda le canzoni che le
insegnavano i genitori. Julia Lovell, nata in Scozia, accenna alla
sterilizzazione e allo sterminio degli Zingari sotto il Terzo Reich. Gina
Csanyi-Robah, nata a Toronto, fornisce una narrativa in movimento sulla morte
della nonna in Dza e Devalesa meri phuri Dai/Goodbye NagyMama. Yvonne
Slee, nata in Germania, chiede alle altre donne rom di levarsi in piedi accanto
a lei nel mantenere viva la cultura rom. Le poesie della canadese Thais Barbieux
danzano attraverso la pagina con i mitici dragoni, principesse e cavalieri. Rasa
Lee Sutar, nata in Baviera, scrive sulla dignità di affrontare la persecuzione.
Lynn Hutchinson, che vive a Toronto, offre cinque poemi per suo padre. Le
incredibili immagini di good eye clenched/glass eye staring/ tears pouring
from both eyes/the living and the dead, e la descrizione delle bambole che
lui costruiva per lei, inghiottendo le loro verità con il suo ultimo alito,
turbano e sono memorabili.
A volte ogni poeta sale ai livelli che Papusza raggiungeva senza sforzi.
Nella sua poesia maledetta Phuv/Earth, Hedina Tahiroviae Sijercic mostra
al sui meglio la poetica rom, periodi lanciati, che redimono, universali. Sarah
Barbieux, in But Baxt Tuke/May you be lucky, dice Nashti davas tuke
mai but/ferdi murro orimos, mo swinto orimos.../I have been able to give you
nothing more than my wish, my sacred wish... Gina Csanyi-Robah ode o
Romano muzikako bashalipe/the Gypsy music forever playing... In Romane
phenja/Roma sisters, Julia Lovell usa tipiche immagini naturali zigane del
sole e della luna di grande effetto. Yvonne Slee in Cikni Tradicija/A little
tradition, scrive una bella poesia sula sua nonna Sinta che le insegna sulle
erbe e le bacche, seduta sotto una vecchia quercia. Thais Barbieux in O Drom
o kezhlano/The Silken Road descrive come il suo cuore danzi fuori dalla
prigione dei numeri su una strada di seta. Rasa Lee Sutar in Bistardino/Forgotten,
mette a confronto le farfalle col treno nero dei nazisti e Lynn Hutchinson
ispira poemi che mischiano la tradizione lirica popolare col realismo.
Questo importante libro rivela i pensieri e gli ideali di alcune donne rom
del nostro tempo. Sono lieta di aver visto le poesie in lingua originale, di
avvertire il loro ritmo che spesso si perde nella traduzione. Vorrei anche
vederne il seguito, presentare poetesse da tante altre terre.
Un'impresa insolita ed una lettura affascinante!
Janna Eliot, romaroadz@yahoo.co.uk
Di Fabrizio (del 06/02/2008 @ 09:21:44 in Europa, visitato 1868 volte)
Il Parlamento europeo , – visti gli articoli 3, 6, 7, 29 e 149 del trattato CE, che impegnano gli Stati membri a garantire uguali opportunità a tutti i cittadini, – visto l'articolo 13 del trattato CE, in base al quale la Comunità europea può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, – viste le sue risoluzioni del 28 aprile 2005 sulla situazione dei rom nell'Unione europea, del 1° giugno 2006 sulla situazione delle donne rom nell'Unione europea e del 15 novembre 2007 sull'applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, – viste la direttiva 2000/43/CE, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, e la direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, come anche la decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia, – vista la relazione per il 2007 su Razzismo e xenofobia negli Stati membri dell'Unione europea, pubblicata dall'Agenzia per i diritti fondamentali, – visti il Decennio per l'integrazione dei rom e il Fondo per l'istruzione dei rom, istituiti nel 2005 da numerosi Stati membri dell'Unione europea, paesi candidati e altri paesi in cui le istituzioni dell'Unione europea sono presenti in modo significativo, – visti l'articolo 4 della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, – visto il Piano d'azione globale adottato dagli Stati che partecipano all'OSCE, compresi gli Stati membri dell'Unione europea e i paesi candidati, incentrato sul miglioramento della situazione dei rom e dei sinti nella zona OSCE, nel quadro del quale gli Stati si impegnano, tra l'altro, a potenziare i loro sforzi volti a garantire che le popolazioni rom e sinti possano svolgere un ruolo pieno ed equo nelle nostre società, e a debellare la discriminazione nei loro confronti, – visti la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e lo Statuto dell'Agenzia per i diritti fondamentali, – vista la relazione del gruppo consultivo di esperti di alto livello sull'integrazione sociale delle minoranze etniche e sulla loro piena partecipazione al mercato del lavoro, intitolata "Minoranze etniche sul mercato del lavoro – Un urgente appello per una migliore inclusione sociale" e pubblicata dalla Commissione nel 2007, – visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento, A. considerando che i 12-15 milioni di rom che vivono in Europa – di cui circa 10 milioni nell'Unione europea – sono vittime di discriminazioni razziali e soggetti in molti casi a gravi discriminazioni strutturali e a condizioni di povertà e di esclusione sociale, come anche a discriminazioni molteplici in base al sesso, all'età, all'handicap o all'orientamento sessuale; considerando che gran parte dei rom europei sono diventati cittadini dell'Unione europea a seguito degli ampliamenti del 2004 e del 2007, beneficiando del diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, B. considerando che la situazione dei rom europei – che storicamente sono stati parte della società in numerosi paesi europei e hanno contribuito ad essa – è diversa da quella delle minoranze nazionali europee, cosa che giustifica l'adozione di misure specifiche a livello europeo, C. considerando che i cittadini rom dell'Unione europea sono spesso vittime di discriminazioni razziali nell'esercizio del loro diritto fondamentale, in quanto cittadini dell'Unione europea, alla libertà di circolazione e di stabilimento, D. considerando che numerosi rom e numerose comunità rom che hanno deciso di stabilirsi in uno Stato membro diverso da quello di cui sono cittadini si trovano in una posizione particolarmente vulnerabile, E. considerando che sia negli Stati membri sia nei paesi candidati non si sono compiuti progressi nella lotta alla discriminazione razziale nei confronti dei rom e nella difesa del loro diritto all'istruzione, all'occupazione, alla salute e all'alloggio, F. considerando che la segregazione nell'istruzione continua ad essere tollerata negli Stati membri dell'Unione europea; considerando che tale discriminazione nell'accesso ad un'istruzione di qualità condiziona in modo permanente la capacità dei bambini rom di sviluppare e di sfruttare il loro diritto ad uno sviluppo educativo, G. considerando che l'istruzione è uno strumento fondamentale per combattere l'esclusione sociale, lo sfruttamento e la criminalità, H. considerando che condizioni di vita deplorevoli e insalubri e una ghettizzazione evidente sono fenomeni ampiamente diffusi e che, regolarmente, i rom sono vittime di espulsioni forzate o viene loro impedito di abbandonare le aree in cui vivono, I. considerando che le comunità rom presentano in media livelli inammissibilmente elevati di disoccupazione, il che richiede interventi specifici volti ad agevolare l'accesso al lavoro; sottolineando che il mercato europeo del lavoro, così come la società europea nel suo complesso, trarrebbero enorme beneficio dall'integrazione dei rom, J. considerando che l'Unione europea offre una varietà di meccanismi e strumenti che possono essere utilizzati per migliorare l'accesso dei rom ad un'istruzione di qualità, all'occupazione, all'alloggio e all'assistenza sanitaria, in particolare politiche in materia di inclusione sociale, sviluppo regionale e occupazione, K. considerando che l'inclusione sociale delle comunità rom continua ad essere un obiettivo da raggiungere e che occorre utilizzare gli strumenti dell'Unione europea per realizzare cambiamenti efficaci e visibili in questo settore, L. considerando la necessità di garantire un'effettiva partecipazione dei rom alla vita politica, in particolare alle decisioni che incidono sulla loro vita e sul loro benessere, M. considerando che l''antizingarismo" o fobia dei rom è ancora diffuso in Europa, che è promosso e utilizzato dagli estremisti, cosa che può culminare in attacchi razzisti, discorsi improntati all'odio, attacchi fisici, espulsioni illegali e vessazioni da parte della polizia, N. considerando che la maggior parte delle donne rom subiscono una doppia discriminazione, in quanto rom e in quanto donne, O. considerando che l'Olocausto dei rom (Porajmos) merita un pieno riconoscimento commisurato alla gravità dei crimini nazisti volti ad eliminare fisicamente i rom d'Europa, così come gli ebrei e altri gruppi mirati; 1. condanna senza eccezioni e senza ambiguità possibili tutte le forme di razzismo e di discriminazione cui sono soggetti i rom e altre comunità considerate "zingari"; 2. accoglie favorevolmente le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 14 dicembre 2007 il quale, "conscio della situazione molto particolare in cui versa la comunità rom in tutta l'Unione, invita gli Stati membri e l'Unione stessa ad utilizzare tutti i mezzi per migliorarne l'inclusione" e "invita a tal fine la Commissione ad esaminare le politiche e gli strumenti vigenti e a riferire al Consiglio, entro la fine del giugno 2008, in merito ai progressi registrati"; 3. ritiene che l'Unione europea e gli Stati membri condividano la responsabilità di promuovere l'inserimento dei rom e di appoggiare i loro diritti fondamentali in quanto cittadini europei, e che debbano intensificare prontamente i loro sforzi per conseguire risultati visibili in tale settore; invita gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea ad avallare le misure necessarie per creare un clima sociale e politico adeguato, che consenta di porre in atto l'inserimento dei rom; 4. sollecita la nuova Agenzia per i diritti fondamentali a porre l''antizingarismo" tra le massime priorità del suo programma di lavoro; 5. riafferma l'importante ruolo dell'Unione europea nella lotta contro la discriminazione nei confronti dei rom, che spesso è strutturale e che per questo richiede un'impostazione globale a livello dell'Unione europea, in particolare con riguardo allo sviluppo di politiche comuni, ma riconosce che le competenze fondamentali e il principale investimento in termini di volontà politica, tempo e risorse da destinare alla protezione, all'attuazione di politiche, alla promozione e alla responsabilizzazion e dei rom devono essere a carico degli Stati membri; 6. sollecita la Commissione a sviluppare una strategia quadro europea per l'inserimento dei rom, che miri a dare coerenza alle politiche dell'Unione europea in materia di inclusione sociale dei rom e, nel contempo, sollecita tale Istituzione ad elaborare un piano d'azione comunitario dettagliato per l'inclusione dei rom volto a fornire un sostegno finanziario per la realizzazione dell'obiettivo della strategia quadro europea per l'inclusione dei rom; 7. Esorta la Commissione ad elaborare un esauriente piano d'azione comunitario sull'inclusione dei Rom; rileva che il piano deve essere elaborato ed implementato dal gruppo di Commissari responsabili per l'inclusione sociale dei cittadini dell'UE attraverso i loro portafogli dell'occupazione, degli affari sociali, delle pari opportunità, della giustizia, della libertà, dell'istruzione, della cultura e della politica regionale; 8. chiede alla Commissione di attribuire a uno dei Commissari la competenza per il coordinamento di una politica per i rom; 9. esorta la Commissione ad applicare la metodologia di lavoro "da Rom-a-Rom" quale strumento efficace per gestire le problematiche legate ai Rom e la invita a promuovere la presenza di personale Rom all'interno della sua struttura; 10. invita la Commissione ad istituire un'unità rom per coordinare la messa in atto della strategia quadro europea per l'inclusione dei rom, facilitare la cooperazione tra gli Stati membri e coordinare loro azioni comuni, nonché assicurare che tutti gli organi competenti siano sensibilizzati sulle questioni relative ai rom; 11. Invita la Commissione a considerare l'impatto degli investimenti privati sulle pari opportunità un fattore pertinente e determinante ai fini della mobilizzazione delle risorse dell'UE, imponendo alle persone fisiche e/o giuridiche che presentano un'offerta per progetti finanziati dall'UE l'obbligo di elaborare e implementare un'analisi e un piano d'azione sulle pari opportunità; 12. accoglie con favore le iniziative rese note dalla Commissione, tra cui una comunicazione sulla strategia rivista per la lotta contro la discriminazione, il prossimo libro verde concernente l'istruzione di bambini immigrati o appartenenti a minoranze svantaggiate, e l'intenzione di prendere misure addizionali per assicurare l'applicazione della direttiva 2000/43/CE; si compiace, in particolare, della proposta di istituire un forum di alto livello sui rom, quale struttura per lo sviluppo di politiche efficaci intese ad affrontare le questioni che interessano i rom; 13. Esorta la Commissione a creare una mappa paneuropea delle crisi, sulla cui base sono individuate e monitorate quelle aree dell'UE le cui comunità Rom risultano essere le più minacciate dalla povertà e dall'esclusione sociale; 14. sollecita la Commissione ad esaminare le possibilità di un rafforzamento della legislazione antidiscriminazione nel settore dell'istruzione, in particolare per quanto riguarda la desegregazione, e a riferire al Parlamento sulle risultanze dei suoi lavori entro un anno dall'approvazione della presente risoluzione; ribadisce che l'accesso a pari condizioni ad un'istruzione di qualità dovrebbe essere una priorità nell'ambito di una strategia europea per i rom; sollecita la Commissione ad intensificare i suoi sforzi per finanziare e sostenere, negli Stati membri, azioni intese ad integrare i bambini rom, sin dalla più tenera età, nei sistemi di istruzione ordinari; esorta la Commissione a sostenere programmi che promuovano azioni positive a favore dei rom nei settori dell'istruzione secondaria e superiore, includendo la formazione professionale, l'istruzione degli adulti, l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita e l'istruzione universitaria; esorta altresì la Commissione a sostenere altri programmi che offrano modelli positivi e riusciti di desegregazione; 15. invita gli Stati membri e la Commissione a combattere lo sfruttamento dei bambini rom, l'accattonaggio che sono costretti a praticare e il loro assenteismo scolastico, nonché i maltrattamenti delle donne rom; 16. sollecita la Commissione a sostenere l'integrazione dei rom nel mercato del lavoro mediante misure che comprendano un sostegno finanziario alla formazione e alla riconversione professionale, misure intese a promuovere azioni positive sul mercato del lavoro, un'applicazione rigorosa delle leggi antidiscriminazione nel settore dell'occupazione e misure atte a promuovere presso i rom il lavoro autonomo e le piccole imprese; 17. invita la Commissione a considerare la possibilità di un sistema di microcredito quale suggerito nella relazione summenzionata del gruppo consultivo di esperti di alto livello, per promuovere l'avvio di piccole imprese e sostituire la prassi dell'usura, che obera molte delle comunità svantaggiate; 18. invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a sostenere programmi nazionali volti a migliorare la situazione sanitaria delle comunità rom; in particolare introducendo un adeguato programma di vaccinazioni per i bambini; sollecita tutti gli Stati membri a porre fine e a rimediare in modo adeguato e senza indugio all'esclusione sistematica di talune comunità rom dall'assistenza sanitaria, comprese, tra l'altro, le comunità che si trovano in aree geografiche isolate, come anche a violazioni estreme dei diritti dell'uomo nell'ambito del sistema sanitario, laddove esse abbiano avuto o stiano avendo luogo, comprese la segregazione razziale nelle strutture sanitarie e la sterilizzazione forzata delle donne rom; 19. sollecita la Commissione a basarsi sui modelli positivi esistenti per sostenere programmi volti a porre fine, negli Stati membri in cui esiste, al fenomeno delle baraccopoli rom – che generano gravi rischi sociali, ambientali e sanitari – e a sostenere altri programmi che offrano modelli positivi e riusciti di alloggio per i rom, inclusi i rom migranti; 20. sollecita gli Stati membri a risolvere il problema dei campi, dove manca ogni norma igienica e di sicurezza e nei quali un gran numero di bambini rom muoiono in incidenti domestici, in particolare incendi, causati dalla mancanza di norme di sicurezza adeguate; 21. sollecita la Commissione e il Consiglio ad allineare la politica dell'Unione europea relativa ai rom sul "Decennio per l'integrazione dei rom" e a fare uso delle iniziative esistenti, quali il Fondo per l'istruzione dei rom, il Piano d'azione dell'OSCE e le raccomandazioni del Consiglio d'Europa, al fine di accrescere l'efficacia degli sforzi compiuti in tale settore; 22. sottolinea l'importanza che riveste il fatto di coinvolgere le autorità locali per garantire un'esplicazione efficace degli sforzi volti a promuovere l'inserimento dei rom e a combattere la discriminazione; 23. invita gli Stati membri a coinvolgere la comunità rom al livello di base nel tentativo di mettere il popolo rom in condizioni di beneficiare pienamente degli incentivi forniti dall'Unione europea volti a promuovere i loro diritti e l'inserimento delle loro comunità, nei settori dell'istruzione, dell'occupazione e della partecipazione civica, dal momento che un'integrazione riuscita comporta un approccio che va dal basso verso l'alto e responsabilità comuni; sottolinea l'importanza di sviluppare le risorse umane e le capacità professionali dei rom, al fine di promuovere la loro presenza a tutti i livelli dell'amministrazion e pubblica, ivi comprese le istituzioni della UE; 24. ricorda che tutti paesi candidati si sono impegnati, nel quadro del processo di negoziazione e di adesione, a migliorare l'inserimento delle comunità rom e a promuovere il loro diritto all'istruzione, all'occupazione, all'assistenza sanitaria e all'alloggio; chiede alla Commissione di effettuare una valutazione del rispetto di tali impegni e della situazione attuale dei rom in tutti gli Stati membri dell'Unione europea; 25. invita la Commissione e le autorità competenti a compiere i passi necessari per porre termine alle attività di ingrasso dei suini sul sito dell'ex campo di concentramento di Lety (Repubblica Ceca), lasciando spazio ad un monumento commemorativo che onori le vittime delle persecuzioni; 26. ritiene di dover dovrebbe esaminare più nel dettaglio i diversi aspetti delle sfide strategiche europee riguardanti l'inserimento dei rom; 27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai paesi candidati, al Consiglio d'Europa e all'OSCE. (1) GU C 45 E del 23.2.2006, pag. 129. (2) GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 283. (3) Testi approvati, P6_TA(2007)0534. ____________ _________ _________ _________ The European Roma Information Office (ERIO) is an international advocacy organization, which promotes political and public discussion on Roma issues by providing factual and in-dept information on a range of policy issues to the European Union institutions, Roma civil organizations, governmental authorities and intergovernmental bodies. The ERIO cooperates with a network of a large number of organizations and acts to combat racial discrimination and social exclusion through awareness raising, lobbying and policy development. ERIO Ave. Edouard Lacomble 17 Brussels 1040 Belgium Tel: 0032(0)27333462 Fax: 0032(0)27333875 For more information: E-mail: ivan.ivanov@erionet.org www.erionet.org
Di Fabrizio (del 14/12/2006 @ 09:15:19 in Europa, visitato 2100 volte)
Da
Czech_Roma
Ostrava, Praga – 8 Dicembre 2006
L'inaugurazione della mostra intitolata Il Mondo attraverso gli
Occhi delle Vittime di Sterilizzazione Forzata (ha avuto) luogo lunedì 11
dicembre alle 16:00 nell'atrio della Camera dei Deputati della Repubblica Ceca,
col supporto finanziario dell'Ambasciata USA. L'esposizione si terrà sino al 18
dicembre 2006, sotto gli auspici della Palamentare Kateřina Jacques.
Le foto catturano i sentimenti delle vittime di
sterilizzazione forzata come loro si percepiscono. Scopo dell'esposizione è
ricordare al pubblico che [..] sono donne in carne ed ossa quelle che hanno
citato in tribunale gli ospedali cechi, donne in carne ed ossa, con una
differenza significativa - la loro integrità fisica e psicologica è stata
violata dagli interventi medici illegali.
"Una donna, che non può generare, non si
riconosce nello stesso modo di una donna che può compiere questo atto unico e di
valore," dice Elena Gorolová, membro del Gruppo di Donne Vittime
della Sterilizzazione.
La collezione di 21 fotografie è già stata
mostrata nelle città di Brno e Ostrava. I visitatori della Libreria Municipale
di Ostrava hanno avuto l'opportunità di vedere la mostra dal 2 al 31 ottobre, e
quelli di Brno dal 17 agosto alla fine di settembre presso il Museo di Cultura
Romani, in occasione della presentazione del rapporto di
Elena Gorolová al Comitato ONU per l'Eliminazione di Tutte le Forme di
Discriminazione Contro le Donne (CEDAW).
Dopo il successo di Brno e Ostrava, le
fotografie arrivano ora alla Camera dei Deputati. Lo scopo è ricordare ai
politici cechi che gli strascichi della sterilizzazione forzata continuano
tuttora perché gli alti funzionari del governo non hanno preso le distanze
dall'accaduto. Questo nonostante che il Difensore Pubblico dei Diritti (Ombudsman)
abbia chiaramente espresso la propria opinione nel dicembre 2005: "... Ritengo
che il problema delle sterilizzazione nella Repubblica Ceca esista e sia compito
della società prenderne conto."
Inoltre il 25 agosto 206, il CEDAW ha chiesto al
Governo ceco di accogliere le raccomandazioni dell'Ombudsman
[...] e di attuare un'apposita legislazione. Inoltre il CEDAW chiede al Governo
di creare meccanismi per il risarcimento delle vittime di sterilizzazione
forzata e per scoraggiare questa pratica nel futuro.
Durante l'inaugurazione [...]
hanno preso la parola membri del Gruppo di Donne Vittime della Sterilizzazione.
C'è inoltre stato il tempo di presentare, attivisti nel campo dei diritti umani,
diritti dei Rom e diritti femminili, nella discussione a cui hanno partecipato
anche dei Parlamentari.
Scopo della discussione
è stata l'illustrazione dell'illegalità delle sterilizzazioni, ottenuta
senza il consenso dei pazienti. Soltanto una comunicazione intensiva e a lungo
termine tra tutte le parti interessate può gradualmente arrivare ai legislatori,
perché ci siano scuse pubbliche del Governo e venga scritta una legge sul
risarcimento.
Questi cambiamenti fondamentali darebbero dalla
società civile un chiaro segnale alle richieste delle vittime e ridare loro
dignità e giustizia [...]
La mostra di Praga è stata organizzata da Vzájemné soužití
(l'associazione civica Vivere Assieme) sotto gli auspici della Parlamentare
Verde Kateřina Jacques, in cooperazione con la Camera dei Deputati [...]
Si ringrazia il
Museo di Cultura Romani per
aver messo a disposizione le fotografie.
L'associazione Vzájemné soužití
è una OnG registrata, non-profit e indipendente dai partiti, attiva a
Ostrava dal 1977. Offre consulenza legale sull'esclusione sociale della
comunità Rom della regione e creando piattaforme per l'interazione tra
comunità Rom e il resto della popolazione. Attraverso il metodo del lavoro
di comunità, Vzájemné soužití vuole migliorare le condizioni sociali e di
vita delle famiglie bisognose. Le attività si concentrano nell'area
dell'educazione umanitaria, consulenza sociale e legale e sui temi della
casa e dell'impiego [...] Scopo dell'associazione è il rinforzarsi della
mutua fiducia e collaborazione.
www.vzajemnesouziti .cz
Di Fabrizio (del 15/11/2011 @ 09:12:13 in Europa, visitato 1651 volte)
DA PS, IL 10 NOVEMBRE 2011
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha emesso una sentenza contro lo Stato
della Slovacchia nel caso della presunta sterilizzazione forzata di una donna
rom nell'ospedale di Presov nel 2000, ha informato ieri il Centro di consulenza
per i diritti civili e umani con un comunicato a tutti gli organi di stampa.
«Accogliamo con favore il verdetto. La Corte ha confermato ciò che il Centro di
consulenza andava sostenendo sin dalla sua costituzione un anno fa: donne rom
hanno subito una sterilizzazione forzata negli ospedali senza il loro consenso
informato», ha dichiarato Vanda Durbakova, avvocato di Barbara Bukovsky, la
donna rom che ha fatto la denuncia.
La Bukovsky avrebbe presumibilmente firmato un modulo di consenso per la
sterilizzazione nel reparto maternità dopo che, alla nascita del suo bambino, le
sarebbe stato detto che lei o il prossimo figlio rischiavano la morte se non si
fosse proceduto alla sterilizzazione. La donna ha affermato che all'epoca non
sapeva cosa si intendesse con il termine "sterilizzazione".
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha respinto l'affermazione che la
sterilizzazione si sarebbe dovuta fare a causa di "motivi di salute", dato che
questo tipo di procedura non è classificata come "salva-vita". La Corte ha anche
assegnato alla donna il compenso di 31.000 euro oltre ad altri 12.000 per
coprire le spese relative al processo.
(La Redazione)
NdR: il
comunicato
(.pdf in inglese) di Poradňa pre občianske a ľudské práva che sollevò il caso
nuova Agenzia Radicale - martedì 21 febbraio 2012 di FLORE
MURARD-YOVANOVITCH
intervista allo storico Luca Bravi*
- Perché il genocidio dei Rom sotto il nazismo - il Porrajmos - che fece circa
mezzo milione di vittime tra questo antico popolo europeo, è ancora oggi in
parte uno sterminio dimenticato?
I Rom continuano oggi a subire stereotipi culturali simili a quelli che hanno
subito nel corso della Storia. Nella mentalità comune, lo "zingaro" è ancora
percepito come "asociale" o "nomade", presunte "tare" su cui i nazisti
imbastirono la loro teoria della "razza zingara". La rimozione del genocidio dei
Rom ha varie cause, storiografiche ma anche politiche. La Germania post-bellica
ha fatto di tutto per cancellare la radice razziale della persecuzione degli
"zingari", derubricandola a una semplice operazione di pubblica sicurezza per
via della loro presunta "pericolosità" (mistificando la legislazione nazista).
Cioè, ai sopravvissuti rom e sinti furono negati i risarcimenti e questa
rimozione durò fino alla fine degli anni '80, quando alcuni studiosi tedeschi
rivalutarono gli archivi del regime nazista che facevano chiari riferimento alla
"razza zingara". Il Porrajmos fu riconosciuto solo nel 1989 dalla Germania come
genocidio di stampo razziale. La legge relativa al Giorno della Memoria in
Italia attualmente ricorda correttamente la specificità della Shoah ma per
adesso non è stato inserito alcun riferimento al Porrajmos (il Parlamento ha
ricordato l'internamento dei rom e dei sinti nei campi di concentramento solo il
16 dicembre 2009).
- Gli storici non si sono interessati alla questione della persecuzione dei Rom
sotto il Terzo Reich, nemmeno dopo la fine della guerra?
Sì, ma solo tardivamente, tanto in Germania quanto in Italia. Anche tra gli
storici erano ed a volte sono presenti clichés sui nomadi pericolosi. Il
genocidio dei Rom è inoltre una questione storiografica complessa. Studiare il
Porrajmos a fianco della Shoah, senza con questo banalizzare o tanto meno negare
la centralità e la specificità di quest'ultima, significa rischiare di entrare
in attrito con chi propone l'idea di una unicità della Shoah; (e della sua
incomparabilità con qualsiasi altro fatto storico). La mia tesi è che esiste
invece un parallelismo nel totale annientamento che i nazisti riservarono a
questi due popoli considerati "razzialmente inferiori"; Porrajmos e Shoah sono,
purtroppo, tasselli dello stesso evento, l'uno getta luce sull'altro, ed
entrambi sono crimini contro l'umanità intera.
- Parallelamente alla "razza ebraica" i nazisti avevano infatti teorizzato una
"razza zingara", anch'essa "geneticamente inferiore" e da eliminare. Ci spiega
meglio come questa "classificazione" razzista fu elaborata?
La legislazione nazista si nutre della percezione popolare negativa dello
zingaro nomade. Già nel 1935 le Leggi di Norimberga, anche se non li menzionano,
furono applicate anche agli "zingari" (termine allora usato per chiamare i rom e
i sinti), deprivati dalla loro cittadinanza tedesca. Dal 1936, tutti gli zingari
vengono internati nei campi di sosta forzata e poi dal 1938 allontanati e
deportati in massa all'Est, in vagoni speciali aggiunti a quelli degli ebrei. In
quei campi di concentramento lavorava l'Unità di Igiene Razziale (e di Ricerca
biologica) del Reich, diretta dallo psichiatra infantile Robert Ritter, che
effettuava pseudo "studi zingari". Da misurazioni antropometriche sui circa
20.000 internati, la sua squadra faceva derivare delle caratterizzazioni di tipo
morale e psichico dell'intero gruppo. Gli "zingari" sarebbero stati razzialmente
"inferiori" perché portatori del carattere ereditario dell'"istinto al
nomadismo" che causava la loro consequenziale "asocialità", una "piaga" da
sradicare. Nel 1938, sulla base delle ricerche di Ritter, Himmler equipara la
Zigeunerfrage, la "questione zingara", a quella ebraica, per via della radice
razziale. Tra il 1938 e il 1942, il Reich pianifica le tappe cruciali per
"risolvere" la questione con la stessa logica razionalista del "trattamento
speciale" degli ebrei. Prigionia nei campi di concentramento, esecuzioni di
massa dalle Einsatzgruppen, ricorso ai gaswagen (camion della morte), fino al
decreto del 16 dicembre del 1942 (Decreto di Auschwitz), che progetta la
deportazione e lo sterminio di chiunque risultasse di "sangue nomade". Nel
vernichtungslager (campo di sterminio) di Auschwitz prende il via la "soluzione
finale" dei 23.000 Rom detenuti e si chiude la fase finale della persecuzione
razziale dei Rom, che mirava al loro annientamento totale. I nazisti
sterminarono circa mezzo milione di rom e sinti, circa un terzo degli Zingari
che vivevano in Europa, l'80% nell'aerea dei paesi occupati.
- Durante tutto il regime nazista, dunque, sugli zingari usati come cavie,
furono effettuati atroci sperimenti pseudo-scientifici, particolarmente atroci,
dai medici nazisti; come mai questi non furono mai processati?
Su quelle "vite indegne di essere vissute" furono attuati dal 1934 alla fine del
regime (in particolare nell'operazione eutanasia T4) mostruosi esperimenti, come
sterilizzazione coatta, esperimenti eugenetici e test dei primi gas, su donne e
soprattutto bambini zingari. Quegli pseudo-scienziati non solo non vengono
processati nella nuova Germania, ma vengono lodati come "esperti zingari" e
continuano ad esercitare in cliniche private. Non processarli andava di pari
passo con la rimozione ufficiale del genocidio di stampo razziale. Rare sono
state le voci di sopravvissuti rom o non furono credute né ascoltate. Inoltre,
per alcuni gruppi rom e sinti, non si deve parlare dei morti, perché parlarne
sarebbe trattenerli in vita; questa scelta di non raccontare deriva da questo
specifico rapporto con la morte, ma questo è vero solo per alcuni gruppi ed è
comunque un tratto in evoluzione recentemente. Ma in nessun modo si può
accollare la dimenticanza di questa tragedia a quel popolo; bensì a qualcosa di
profondamente radicato nella cultura delle società tecnologicamente avanzate nei
confronti degli zingari.
- Anche il fascismo italiano istituirà campi di internamento riservati ai Rom?
La ricerca sui campi fascisti è relativamente recente; venne avviata meno di 20
anni fa, quando fu rintracciata la circolare del Ministero dell'Interno dell'11
settembre del 1940 che ordinava il rastrellamento e l'internamento di tutti gli
zingari, in vari campi sul territorio italiano. Oggi, grazie alle liste degli
internati, sappiamo che furono tre i campi fascisti "riservati" agli zingari
(Agnone, oggi in provincia d'Isernia, Tossicia, provincia di Teramo, e Prignano
sulla Secchia in provincia di Modena). L'internamento si basava sulla ricerca
razziale fascista, elaborata in particolare da Renato Semizzi (un docente di
Medicina Sociale) e dal giovane antropologo Guido Landra: lo stesso che elaborò,
su indicazione di Mussolini, il manifesto della razza. In alcuni articoli
comparsi su La difesa della Razza, i due studiosi affermavano la pericolosità
dei rom e dei sinti in relazione alla loro componente psichica deficitaria, un
elemento legato anch'esso a connotazioni di stampo razziale che si richiamavano
ancora una volta al nomadismo e all'asocialità insiti nel "sangue zingaro".
- Oggi il "Piano Nomadi" non mostra una sconcertante continuità con questo
passato di emarginazione?
Affronto questo tema in "Tra inclusione ed esclusione. Una storia
dell'educazione dei rom e dei sinti in Italia" (Unicopli, 2009), dove studio la
continua rieducazione etnica di questa minoranza, dal fascismo all'odierno
decreto Sicurezza. Oggi ovviamente i campi rom non sono in sé campi di
internamento. Ma continuare a parlare di "campi", applicare a queste persone gli
stessi concetti di asocialità e nomadismo di allora, significa pianificare
soluzioni di emarginazione. Fuori dalle città, dai servizi, dai collegamenti: e
più sono allontanati, più vengono usati dalla politica come capro espiatorio su
cui indirizzare le colpe dei mali della società odierna. Quello che si intendeva
allora per "razza", si sostituisce oggi per la loro presunta "cultura" di
gruppo, con ragionamenti che non sono molto diversi dal passato. La soluzione è
progettare l'uscita dai ghetti, e progettare, insieme a loro, soluzioni
abitative diverse. Loro sono organizzati e auto rappresentati, devono essere
coinvolti nei progetti che li riguardano.
- Teme la riapparizione di fenomeni di razzismo anti-Rom, in tutta Europa, che
da noi hanno il volto dei tentati pogrom di Ponticelli e Torino?
Ovunque nel continente europeo cresce l'antiziganismo. In Italia, quando un rom
o un sinti viene incolpato, prima ancora del processo, il campo viene distrutto
o spostato ed esplodono proteste popolari. Nella società serpeggia quella paura
del diverso, che si traduce in forme estreme di violenza, i Rom essendo la
diversità in assoluto. Considerati, agli occhi della società maggioritaria,
non-cittadini da fare vivere ai margini: ogni azione nei loro confronti viene
considerata quasi lecita. La nostra cultura dovrebbe finalmente confrontarsi con
i Rom e con la rimozione della loro tragedia; la conoscenza del Porrajmos
(ancora assente dai manuali scolastici) permetterebbe di combattere l'antiziganismo.
* ricercatore presso Università Telematica L. Da Vinci
di Chieti), ha pubblicato, tra gli altri, il volume "Altre tracce sul sentiero
per Auschwitz" (Ed. Cisu)
da
Stradanove
COLUM MCCANN È NATO A DUBLINO NEL 1965 MA VIVE DA ANNI A NEW York. E’
autore de “I figli del buio”. “La legge del fiume”, “La sua danza” (sul grande
ballerino Nureyev). Abbiamo parlato con lui del suo ultimo libro, “Zoli”, e
della vita e della cultura dei rom.
La prima riflessione che facciamo, dopo aver letto il suo libro, è che
l’ignoranza genera il pregiudizio- sappiamo molto poco del mondo dei rom. E
tuttavia che cosa c’è in comune tra il mondo che Lei rappresenta e gli zingari
che vediamo chiedere l’elemosina sui treni della metropolitana, che ci
infastidiscono finché non diamo loro dei soldi?
Osservazione fantastica - è vero, succede anche a me, sono stato nelle stazioni
della metropolitana, sui treni, e mi sono sentito innervosito da questi zingari
che ti assillano. Che rapporto c’è tra di loro e la storia di Zoli? C’è un salto
significativo da fare, ma dobbiamo capire che cosa c’è dietro quegli occhi, la
storia profonda che c’è dietro di loro. Ho iniziato a capire qualcosa di questo
dieci anni fa, quando sono sceso nelle gallerie della metropolitana di New York
per scrivere il romanzo “I figli del buio”. Pensavo che la gente senza tetto
fosse così per sempre. Pensavo che fossero nati senza casa, non mi ero mai fatto
tante domande. E invece non è vero, c’è una storia profonda dietro di loro.
Se vogliamo che il mondo sia un posto migliore in cui vivere, dobbiamo cercare
di capire la storia dei bambini che chiedono l’elemosina sul treno. La loro
storia è quella di Zoli. Anche io ero pieno di pregiudizi: quando sono andato a
fare ricerche in Slovacchia, ho nascosto passaporto e soldi, temevo di essere
derubato. Alla fin fine ero io che cercavo di derubarli, chiedendo loro della
loro storia. Certo, una sola vicenda, quella di Zoli, non rappresenta quella di
tutti. I rom sono dai 10 ai 12 milioni - ce ne sono 2 milioni in Romania,
300.000 in Francia. E’ un numero straordinario. Vengo da un paese, l’Irlanda,
dove ci sono 5 milioni di abitanti- gli zingari sono due volte tanto. Non ci
sono romanzi che rappresentino l’Irlanda nella sua interezza, forse l’”Ulisse”
ma, citando Stephen Dedalus, “me ne andrò da qui e foggerò nella fucina della
mia anima la consapevolezza non creata della mia gente.” Chiunque può pensare
che un romanzo rappresenti un paese, ma non è possibile. Dobbiamo essere aperti
a molte storie. Dobbiamo chiederci perché odiamo i rom. Io sono un romanziere,
il mio compito è quello di fare delle domande e forse con il mio romanzo i
lettori guarderanno i modo diverso gli accattoni sulla metropolitana. Almeno lo
spero.
Rom, zingari, gitani: qual è la parola giusta da usare? E sono divisi in
gruppi, hanno tradizioni diverse secondo il luogo di provenienza?
La parola giusta è “rom” e significa “una persona”, “roma” vuol dire “la
gente”, “romany” è l’aggettivo e indica anche la loro lingua. Sono le parole che
usano loro per riferirsi a se stessi. Le altre due parole, zingaro e gitano,
sono dei peggiorativi. Originariamente venivano tutti dall’India e hanno avuto
sorti diverse, alcuni sono diventati nomadi, altri no. I rom italiani risalgono
al secolo VI e non sono nomadi, vivono nelle case, sono italiani. All’interno
della comunità rom ci sono tante differenze quante ce ne sono negli altri
popoli, sono solo molto più poveri di altri. E sono moltissime le persone note
che avevano origini rom: Pablo Picasso e Charlie Chaplin, Yul Brynner e Rita
Hayworth.
Come ha iniziato ad interessarsi ai rom? E’ stato dapprima un interesse
generico e poi è venuto a sapere della poetessa polacca Papusza che è in parte
dietro il personaggio di Zoli?
No, non avevo alcun interesse per i rom, proprio nessuno. Ed ero ignorante per
quello che li riguardava. Avevo impiegato quattro anni a scrivere il romanzo su
Nureyev, avevo fatto molte ricerche, sulle guerre in Russia, sull’essere un
ballerino gay - per me era stato uno sforzo ginnico dell’immaginazione ed ero
stanco. Volevo andare a casa e scrivere un romanzo facile. Poi mi è venuta tra
le mani la foto della poetessa Papusza: era molto bella, la sua era una storia
interessante…Ero spaventato da quello che mi si prospettava eppure sentivo che
dovevo farlo. Solo dopo è diventata una faccenda di coscienza sociale.
Che cosa c’è di vero e che cosa c’è di fittizio nel personaggio di Zoli?
E’ vero l’essenziale, che fosse rom, che fosse una poetessa, che fosse
famosa e che fu esiliata dal suo popolo. Il resto naturalmente è fittizio.
A Zoli sembra inevitabile sia il donare la sua musica perché tutti la
conoscano, sia accettare la punizione della sua gente- perché?
Direi che si tratta dell’accettazione del destino, qualunque forma esso
prenda. I rom sono fatalisti. E lei fu bandita dalla sua gente perché era una
profetessa: aveva capito che la storia deve essere scritta.
E’ in parte Lei stesso il personaggio di Stephen Swann, metà irlandese e metà
slovacco, attratto dal mondo rom e innamorato di Zoli?
Sì, è in parte me stesso. Per quello è metà irlandese, volevo capirlo. Swann
non sa del tutto chi è- decisamente sì, Swann è in parte me stesso.
Che cosa c’era dietro la politica comunista di integrare gli zingari in una
società ordinata?
Dietro lo sforzo per l’integrazione c’è il profondo idealismo comunista.
Dimentichiamo spesso che, pur essendo un sistema che ha avuto un fallimento così
spettacolare, pur avendo la responsabilità di così tante morti, alle sue origini
aveva una spinta di forte idealismo. Così attraverso gli zingari, vittime da
sempre, volevano mostrare il valore del socialismo. E’ stato un po’ come il
movimento di rivalutazione orgogliosa “Nero è bello” negli anni ‘70 in America.
Gli zingari, a loro volta, si sentivano valorizzati- anche oggi sono molti
quelli che hanno nostalgia del comunismo: avevano un lavoro, assistenza medica,
c’era un grosso tentativo di integrazione. Purtroppo poi finirono per
distruggerli, come tutti gli altri sistemi. Ma all’inizio ai rom sembrava il
meglio che potesse loro capitare.
Quello che nel libro non è chiaro è di che cosa vivessero.
La comunità di Zoli era formata da musicisti ambulanti e vivevano di quello,
della loro musica. Gli altri facevano lavoretti qua e là, quello che capitava,
dove capitava. Vivevano di quello che la gente dava loro.
Li descrive come una comunità molto chiusa: come è riuscito a farsi accettare
e riuscire a parlare con loro?
Nella situazione moderna, in Slovacchia, sono abituati a parlare con
estranei, poliziotti, assistenti sociali, medici. Dapprima pensavano fossi uno
di loro. Ad un livello più semplice il fatto è che sono andato là e ho dormito
con loro, nelle baracche: sono rimasti molto sorpresi che qualcuno volesse
fermarsi a dormire con loro. Quanto tempo ho passato con loro? Un totale di
circa due mesi, in genere circa quattro giorni con ogni gruppo, in Slovacchia e
Ungheria.
E’ recente la notizia della sterilizzazione di donne rom che hanno dato
l’autorizzazione sotto gli effetti dell’anestesia: dopo gli sforzi per
l’integrazione come si considera questa violazione dei diritti umani?
Viviamo in un mondo complicato: in Svizzera portavano via i bambini ai genitori
rom, in Slovacchia li inserivano nelle scuole per ritardati. Il processo di
integrazione è fallito, per la loro ignoranza, per la nostra ignoranza, per
incapacità di fare e rispondere a delle domande, per inabilità ad essere
empatici. Accade in tutta l’Europa di oggi. La parola che i rom usano per
l’Olocausto è porraimos. Loro dicono che porraimos prosegue ancora oggi per
loro- ed è finito nel 1945!
Che cosa ha apprezzato di più nella comunità rom?
La loro socievolezza, la facilità con cui offrono amicizia, la loro
curiosità che li porta a fare tante domande. Quello che è necessario è che
imparino a dire la loro storia in una maniera che abbia rilievo.
Secondo Lei, qual è il futuro della lingua rom, delle loro tradizioni, della
loro musica?
Penso che la loro cultura diventerà più forte con le nuove iniziative, con
le università in cui si fanno ricerche e si insegna la lingua e la cultura rom:
ce n’è una a Trieste, una nel Texas…La lingua è difficile, sarà un lavoro lungo,
ma come si fa a dire? Negli anni ‘50 sembrava impossibile che si arrivasse ad
accettare i gay. Forse tra venti o trent’anni saranno in molti a vantarsi di
essere per tre quarti rom!
Di Fabrizio (del 26/03/2013 @ 09:08:17 in Europa, visitato 1711 volte)
Stefano Galieni | 18 marzo 2013 | Fonte:
corriereimmigrazione.it
Il titolo del convegno è esplicito: Il ruolo delle donne rom nella tutela dei
diritti umani e in tempi di crisi economica. Lo ha organizzato a Roma la sezione
italiana di Amnesty international, riunendo quattro donne unite da forti
motivazioni, esperienza, capacità comunicative e competenza: Isabella Miheleche,
attivista per i diritti delle donne in Romania, Beatriz Carrillo, presidente
dell'associazione Fakali, per i gitani nella regione spagnola dell'Andalusia, Dijana Pavlovic, dell'associazione Rom e Sinti insieme che opera in Italia, e
Dzemila Salkanovic, per l'associazione 21 luglio.
Isabela Michalache, nel denunciare l'aumento delle discriminazioni, le
difficoltà nell'accesso al lavoro e ai servizi pubblici (è successo che anche i
medici, a volte, abbiano rifiutato le cure), ha toccato anche il delicato tasto
delle problematiche interne alle stesse comunità, dai casi di violenza fra le
mura domestiche al ripristino di regole ancestrali come quella sulla verginità e
ai matrimoni precoci. A causa della crisi, ha spiegato, le donne sono divenute
ancora più vulnerabili. In Romania era stato approvato un piano strategico
nazionale che prevedeva interventi a lungo termine, soprattutto nel campo della
formazione e dell'istruzione, ma non ci sono le risorse per attuarlo.
"Bisognerebbe – ha affermato Michalache – operare per rendere le donne più
autonome, fornendo libri di testo, sussidi alle famiglie, favorendo la
concessione di crediti per chi ad esempio in Moldavia, vuole lavorare la terra,
bloccare sfratti e sgomberi che creano emarginazione e disagi, produrre
cambiamento anche valorizzando le ong composte da rom. Ci sarebbero mille
piccoli interventi alla nostra portata, non solo in Romania, e che produrrebbero
cambiamenti importanti e duraturi".
Beatriz Carrillo, con un intervento molto appassionato, ha voluto aprire una
riflessione su quella che ha definito "storia muta e invisibile", anche se è
consapevole che la situazione spagnola finora è stata fra le migliori d'Europa.
Sarà per una presenza numericamente molto consistente, stabile e nata da tempi
lontani e per una programmazione di interventi messi in atto per la salute, il
lavoro, l'istruzione, fatto sta che in Spagna sono nate istituzioni partecipate
e riconosciute dal governo come il Consiglio statale del popolo rom e l'Istituto
di cultura gitana. In Spagna si è tenuto il primo congresso mondiale delle donne
gitane senza aver bisogno di intermediari. "La Spagna in questo senso è un
modello da seguire – ha dichiarato la relatrice- Ma da noi è stato più facile
anche grazie all'alto numero di gitani che esercitano professioni che hanno
esercitato influenza nella cultura spagnola e che si sono amalgamati con la
società". L'immagine che però viene riaffermata anche in Spagna delle
popolazioni rom è carica di negatività, tanto che nelle scuole, a detta di Carrillo, spariscono la lingua, le differenze e anche la rivendicazione di
identità. "Anche da noi, come nel resto d'Europa, le cose peggiorano. Gruppi
estremistici entrano nei governi e nei parlamenti con un messaggio razzista e
discriminatorio. Gruppi che vengono condannati a parole ma mai concretamente
sanzionati. La situazione è poi precipitata anche da noi con la crisi. Non
vogliamo essere un fanalino di coda ma essere ad armi pari. Non siamo disposte a
vedere annientati i nostri valori culturali, vogliamo affrontare anche con gli
uomini la società gitana. Fakali è impegnata per l'emancipazione femminile e per
far valere i nostri valori di solidarietà e rispetto rifiutando però
l'assimilazione". E c' è stato anche modo e tempo per ricostruire un percorso
che attraversa gli anni bui della dittatura franchista e che ha una svolta nel
1978 quando, nel primo governo democratico, trova posto anche un rom che si era
distinto per l'impegno in anni scomodi. Le donne rom hanno operato anche insieme
alle altre cittadine spagnole, per una legislazione più paritaria, sono entrate
nelle università e hanno fatto sentire anche politicamente la propria voce.
Dijana Pavlovic ha stupito e commosso recitando una parte del monologo Vita mia
parla, basato sulla vita di Mariella Mehr, scrittrice e poetessa jenish (nome
dato ai rom svizzeri), che nel paese elvetico fu vittima del programma di
sterilizzazione forzata imposto dagli anni Venti fino al 1974 tramite
l'istituzione Pro Juventute. Un testo violento e diretto, in cui si raccontano
con crudo realismo le violenze subite e l'odio accumulato, torture che non
sembrano possibili e che pure sono state reali in un Europa cieca e pronta a
girarsi dall'altra parte.
Dzemila Salkanovic, invece, come racconta nella lunga
intervista che ci ha
rilasciato, ha parlato della vita difficile che nella capitale italiana
conducono i rom, tanto divisi e poco capaci ancora di fare fronte comune.
Numerose le domande che hanno trovato puntuale e non scontata risposta. A chi
criticava il machismo spesso diffuso nelle comunità rom è stato comunemente
risposto come il machismo, la violenza sulle donne, gli elementi di
problematicità a volte drammatica, siano caratteristica comune e da combattere
in ogni cultura. Non nascondendosi dietro alla presunzione che il problema
riguardi solo universi ritenuti inferiori ma mettendosi, come uomini e come
donne, in discussione. Fra i tanti elementi emersi, che meriterebbero ulteriori
approfondimenti, il peggioramento delle condizioni nell'Est europeo dopo il
crollo del muro e dei regimi. C'era concordia nell'affermare che la
privatizzazione di ogni servizio abbia approfondito le disparità, tolto ai rom
diritti acquisiti come la casa, la sanità, la scuola e il lavoro. Duro accettare
che tali disagi vengano comunemente imputati alla "democrazia". E' comune la
richiesta di una moratoria continentale della politica degli sgomberi, capaci
solo di produrre disperazione. E a dirlo, a spiegarlo non sono attivisti neutri
di associazioni che si occupano dei rom, ma donne rom in carne ed ossa.
Elena Gorolovà, portavoce del gruppo di donne colpite da
sterilizzazione coercitiva
Il Comitato di Helsinki ceco crea una legge per risarcire le persone
sterilizzate illegalmente - Prague, 14.1.2014 17:18, (ROMEA)
Czech Helsinki Committee, translated by Gwendolyn Albert
Il Comitato di Helsinki ceco (Chesky helsinsky vybor - ChHV) ha completato una
carta da usare come guida per il risarcimento delle persone sterilizzate
illegalmente. La ONG sta ora presentando la bozza di legge redatta al Parlamento
Ceco e al Ministro della Giustizia e chiede ad essi di pensare al più presto ad
un'adeguata soluzione al problema della sterilizzazione illegale.
La pratica di sterilizzare le persone senza il loro consenso informato è stata
eseguita, in passato, nel territorio della Repubblica Ceca. Fino al 1991, tale
prassi era frutto di una politica dello Stato volta a limitare la riproduzione
di gruppi considerati scomodi dal regime cecoslovacco.
Dopo il 1991, la Repubblica Ceca ha continuato ad eseguire la pratica di
sterilizzazione delle persone senza il loro consenso informato non adottando
misure legali atte a stabilire le condizioni entro le quali la sterilizzazione
potesse essere legale per legge, tra cui quella del consenso libero ed
informato. Centinaia di persone hanno perciò perso l'opportunità di avere figli,
cosa che ha portato molti traumi ad individui e persone.
"Dopo che la Repubblica Ceca è stata a lungo inattiva in questo senso nonostante
le ripetute critiche alla sua situazione provenienti sia a livello
internazionale che nazionale dai difensori dei diritti umani, il Comitato di
Helsinki ceco ha deciso di contribuire ad accelerare il processo di adozione di
misure legali atte ad assicurare l'effettiva e rapida implementazione del
risarcimento alle persone sterilizzate illegalmente tramite la presentazione di
questo materiale." ha dichiarato Michaela Tejnorovà, avvocato del ChHV. Una
ricerca statistica sul campo, che ha accompagnato la scrittura della bozza del
ChHV, ha mostrato come alcune donne stiano tuttora ricevendo risposte negative da
alcune istituzioni mediche relative all'ottenimento delle cartelle cliniche
relative alla loro sterilizzazione.
"Alcune donne erano scettiche sul collaborare con noi a riguardo di questa
problematica dato che, per molti anni, avevano provato e fallito
nell'ottenimento di un risarcimento. Riaprire questo tema ha riportato loro
memorie dolorose e ha ricordato loro tutte le diverse conseguenze di ciò che è
stato fatto loro, non solo quelle mediche." dice Elena Gorolovà del gruppo di
Donne colpite da Sterilizzazione Coercitiva che collabora col progetto del ChHV.
Altri articoli di Mahalla sulle sterilizzazioni forzate
Di Fabrizio (del 09/03/2009 @ 09:03:32 in Europa, visitato 2030 volte)
Da
Romanian_Roma
by
Barbara Frye - 2 marzo 2009
Un ambizioso progetto offre alle Romnià e ad altre donne una possibilità
di uscire dai parti a ripetizione
HOLOD, Romania | Lenuta Gruia ha appena dato alla luce il suo settimo figlio.
Lei aveva 28 anni e, per un certo periodo, ha avuto un figlio all'anno. Suo
marito era un violento alcolista che non contribuiva per niente alle attività di
casa.
Mentre era un'altra volta in ospedale, disperata ed esausta, ha chiesto ad un
dottore se ci fosse niente che potesse prendere per non avere bambini. Gruia era
contraria all'idea della sterilizzazione, così accolse il suggerimento di usare
il Depo-Provera, un contraccettivo iniettabile.
Lenuta Gruia
"Era pazzesco" ha detto in un pomeriggio di metà dicembre. "Sette bambini e
tutti piccoli. Non potevo farci fronte e con un marito ubriaco."
Ogni tre mesi per il seguente paio d'anni, Gruia fece il viaggio di circa 15
miglia sino al villaggio vicino per avere un'altra iniezione. Ogni volta, pagava
circa $ 100. Fu una fortuna che qualcuno appoggiasse quella famiglia di nove
persone con lavori occasionali che lei dice fruttavano circa € 150 al mese.
E' un quadro fosco, ma Gruia, una Romnì, è davvero l'eroina di una storia di
successo. Quando il dottore locale - l'unico per una municipalità di otto
villaggi e 3.000 abitanti - introdusse la pianificazione familiare gratuita, fu
la prima ad aderire ed è diventata la più abile nel far proseliti.
"La gente dice sempre che i Rom sono pigri," dice Gruia che era solita
raccontare alle donne riluttanti del villaggio. "Ma guardate me. Sette anni fa,
io andavo a Beius per non avere figli e pagavole medicine. Ora le avete gratis e
non siete disposte a farlo?"
Benché sembri che le donne non abbiano bisogno di grandi convincimenti. A
Dumbrava, un insediamento di circa 600 Rom, ha detto Relu Andor, il dottore, che
quando partì il programma nel 2003, 10 donne vi presero parte. Nel 2005, vi
partecipavano in 105. Il numero è sceso poi rapidamente a 30, soprattutto come
risultato della migrazione in altri paesi dopo l'entrata della Romania
nell'Unione Europea - e molte di quelle donne optarono per la sterilizzazione
dopo la partenza - o perché, continua Andor, alcune donne scelsero di volere
nuovamente dei bambini.
Ci fu una piccola riluttanza inizialmente tra gli uomini più religiosi, che
sono Pentecostali e ritengono che usare il controllo delle nascite sia uccidere
lo sperma. "Questo non è vero," ha detto loro il dottore. "Vogliamo solo dare
loro un po' di tranquillità."
UNO E' PIU' FACILE DI TRE
Ogni giovedì, Andor monta sul suo SUV nero e supera le rattoppate strade per
Dumbrava, dove fa i suoi giri, distribuendo iniezioni e pillole.
Sua moglie ed assistente, Aurelia, compila uno spesso registro, pagina dopo
pagina riempite a mano: nome, prescrizione e data. In questo modo, il dottore sa
a chi è dovuto un certo trattamento.
Se non trova una donna a casa sua, di solito può contare sul vederla nella
clinica, a diverse miglia da Dumbrava. "Loro sono qui," dice. "Se c'è neve in
inverno, caldo in estate, il giorno stabilito per l'iniezione sono qui. Arrivano
la mattina col bus o più tardi in bicicletta."
Il tasso di fertilità è cresciuto ancora. Nel 2003, nell'insediamento c'era
una nascita ogni 19 donne in età fertile. L'anno scorso, il tasso era di una su
17. Questo supera parecchie volte la media rumena, ma Andor dice che la maggior
parte delle gravidanze sono state programmate. Altrimenti, il numero sarebbe
stato ancora superiore, aggiunge.
L'urgenza del programma è ovvia. Un freddo giorno di dicembre, adulti e
bambini stanno fuori dalle loro case o sulla strada fangosa che taglia
attraverso Dumbrava. Le donne portavano secchi di plastica verso un pozzo
comunale. La maggior parte degli uomini era andata nella foresta per guadagnare
circa 10 euro al giorno tagliando legna. Andor racconta che la scuola più
vicina, distante diversi km., non avrebbe accettato i bambini rom.
E' giorno di scuola, ma questi ragazzi rom non sono i
benvenuti nella scuola più vicina
Qui le case sono solide, fatte di legno coperto d'intonaco, ed alcune sono
dipinte di uno strano blu cielo. La maggior parte ha due stanze. Dumbrava è
molto lontana dai terrificanti insediamenti rom in alcune parti d'Europa,
accanto a discariche e depositi tossici. Nondimeno, qui la gente vive alla
giornata, e le donne accolgono le domande del giornalista sull'importanza di un
programma di pianificazione familiare con educata incredulità.
"E' logico che è più facile con un bambino invece che con tre," dice Maria
Gruia, 23 anni e nessuna parentela con Lenuta, cullando in grembo sua figlia
Marina di 7 anni.
Le statistiche sui tassi di nascita suddivise per etnia non sono disponibili
in Romania, ma setacciando le statistiche UE e quelle governative, un gruppo di
appoggio ha estrapolato che circa il 23% dei bambini in Romania sono Rom. Dato
che i Rom rappresentano circa l'11% della popolazione, ciò rende il loro tasso
di nascita significativamente più alto della media nazionale.
"Mediante aneddoti, quando nei gruppi di discussione chiediamo alle Romnià
qual'è il numero ideale di bambini in una famiglia, la grande maggioranza dice
due," ha scritto in unae-mail Leslie Hawke, co-fondatrice di Asociatia Ovidiu Rom,
il cui scopo è che ogni bambino rumeno vada a scuola. "La ragione per cui il
loro tasso di nascita è così alto NON è perché vogliano così tanti bambini! (e
neanche perché lo domandino i loro mariti) E' perché la principale forma di
controllo delle nascite è l'aborto - che significa diverse volte all'anno, una
donna altamente fertile deve decidere se tenere o no un bambino. E allora deve
attivamente cercare il termine ed agire con dottori che frequentemente sono
sprezzanti verso di lei."
Anche i tassi di aborto non sono disponibili, e le donne di Dumbrava
intervistate per questo articolo hanno detto di non averne avuti. Ma i tassi
d'aborto in Romania sono storicamente alti, dove un divieto sul controllo delle
nascite sotto il regime comunista portò molte donne a terminare illegalmente le
gravidanze indesiderate.
JSI Research and Training, un gruppo di ricerca sulla sanità pubblica
di Boston, Massachusetts, ha formato i dottori, incluso Andor, per il programma,
che è durato dal 2001 al 2006. Nel rapporto finale si certifica che il tasso
d'aborto è sceso da 1.157 a 685 aborti ogni 1.000 nati, durante i cinque anni
del programma. Sono scese anche la mortalità materna ed infantile.
JSI ha varato il programma con l'Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale
ed il Ministero Rumeno della Sanità Pubblica allo scopo di migliorare
l'assistenza sanitaria primaria per i gruppi vulnerabili in Romania. Nel 2004, è
stato allargato da otto a tutte le 42 contee del paese, e dal 2001 al 2006, la
spesa del Ministero della Sanità per "acquisizione e gestione" dei metodi
contraccettivi è cresciuta di 18 volte, da $ 100.000 a $ 1,8 milioni.
Sin dall'inizio del programma, il governo si è mosso per rendere gratuito a
tutti i rumeni i servizi di pianificazione familiare, senza curarsi dello status
assicurativo e ora fornisce contraccettivi gratuitamente a chi ne ha i
requisiti. Dal dicembre 2006, l'80% dei villaggi rurali ha almeno un assistente
sanitario formato alla pianificazione familiare.
Aurelia Andor ha detto che alcune Romnià con cui lei e suo marito hanno avuto
a che fare, hanno partorito due volte in un anno prima del lancio del programma,
e suo marito ha detto di aver deciso di partecipare al programma dopo aver visto
troppe ragazzine incinte. Quel problema non è stato superato: una dodicenne e
una quindicenne sono incinte e un'altra ragazza di 15 anni ha recentemente
partorito.
Ma Relu Andor ha aggiunto che molte delle madri hanno iniziato a portare le
loro figlie nella clinica per le pillole per il controllo delle nascite o
iniezioni di Depo-Provera quando raggiungono la pubertà.
Lenuta Gruia ha aspettato un poco più a lungo. Ha detto che quando la sua
figlia maggiore, 19 anni, ha avuto il primo figlio: "Le ho detto 'Ragazza, vuoi
avere sette figli come me?' L'ho presa per mano e portata dal dottore.
Barbara Frye è redattrice di TOL. Robert Matei, studente di
giornalismo all'Università Babes-Bolyai di Cluj, ha contribuito all'articolo.
Foto di Barbara Frye.
Nella foto: foto e oggetti di Rita Prigmore
CORRIERE IMMIGRAZIONE Nel racconto di Alessandra Ballerini, la testimonianza di Rita Prigmore,
sinta sopravvissuta all'olocausto - 24 febbraio 2013
Sono a Palazzo Ducale. In ritardo, come sempre. La sala è già piena. Di ogni
tipo di persone. L'immancabile Genova "bene", rappresentanti attuali e passati
delle istituzioni, ma anche studenti o comunque giovani. Un'età media
incredibilmente bassa per essere a Genova. Anche molti stranieri in sala: per lo
più sudamericani e africani. E poi ci sono loro: "gli zingari". In realtà li
distingui solo dopo un po'. E solo se già li conosci. Sono tutti raccolti a
vedere ed ascoltare Rita Prigmore, una delle ultime donne "zingare"
sopravvissute all'Olocausto - e alle sperimentazioni mediche dei nazisti sui
bambini, invitata dalla Comunità di Sant'Egidio.
Sono in ritardo, ma in tempo per ascoltare Andrea Chiappori mentre spiega alla
platea che il genocidio inizia sempre con teorie e pregiudizi ed uccide le
persone non per quello che fanno ma per quello che sono. Queste parole mi
suonano familiari. Sono le stesse utilizzate da noi giuristi per eccepire
l'incostituzionalità delle norme sull'immigrazione che puniscono come reato la
clandestinità e infliggono la pena della prigionia nei Cie per 18 mesi per gli
stranieri irregolari, colpevoli, appunto, di essere (stranieri) e non di fare.
Rita parla, ferma e appassionata. Ricorda le leggi razziali tedesche che per
debellare la "personalità antisociale" dei rom, si inventano il sistema crudele
e insulso della prevenzione delle malattie ereditarie tramite la loro
sterilizzazione e gli esperimenti sui neonati, in particolare sui gemelli. La
neonata Rita viene strappata dal ventre materno insieme alla gemella che perirà
dopo poche settimane di "esperimenti". Rita subirà interventi alla testa e agli
occhi per tutto il suo primo anno di vita da parte degli "scienziati della
razza", convinti di poter creare una specie eletta e monotona con occhi azzurri
e capelli biondi. Rita non si compiace, come a volte fanno le vittime, della sua
sofferenza. Racconta con dolorosa memoria la storia della sua famiglia e della
sua "gente" perché vuole lasciare un messaggio: "voi che potete costruire il
vostro paese, guardate gli altri senza pregiudizio, riconoscete in loro sempre
un essere umano. Ogni essere umano è l'immagine di Dio, per questo nessuno può
condannare un'altra persona".
E detto da lei, che di condannare i suoi aguzzini ne avrebbe ben donde, questo
monito fa una certa impressione. Le persecuzioni razziali sono state sempre
avallate da leggi la cui emanazione è stata (ed è) possibile perché è stato
creato ad arte il consenso sociale. "Ma se ancora oggi è possibile considerare
intere categorie di esseri umani come non persone allora la storia non è
salvifica. Basta guardare la rabbia, il disprezzo e la paura che ancora ci
appartengono e stanno dentro la nostra cultura".
Lo so. È una frase di un pessimismo estremo. Non è mia ma di Luca Borzani,
presidente della fondazione Palazzo Ducale. E l'autorità dell'autore la rende
ancora più indigesta. "La storia non salva se non porta ad una responsabilità
individuale" ed infatti, in questa platea così "mista", quando ci scambiamo gli
sguardi durante il racconto di Rita, vergogna è il sentimento che ci unisce.
Vorremmo salire sul palco e chiederle scusa. Perché da esseri umani ci si
vergogna del male che siamo in grado generare.
Anche Ariel Dello Strologo (Presidente del Centro Culturale Primo Levi) ritiene
che non bastino la storia né la cultura per non ricompiere gli errori del
passato. Oltre alla storia e alla cultura servirebbe una costante e cosciente
responsabilità individuale e collettiva per ogni nostra scelta, anche la più
banale e quotidiana. E lo dice fiero nel ricordo di quella prima volta in cui si
celebrò il 27 gennaio a Genova dodici anni fa e lo si fece ricordando lo
sterminio dei rom e sinti.
Chiude l'incontro Pino Petruzzelli che i rom li conosce, li narra e li ama e che
in poche ma precise parole ricorda le nefandezze compiute dagli scienziati e dai
medici nazisti. Nel 1936 in Germania, nel centro per l'igiene e la razza, nasce
la teoria della "pericolosità degli zingari" causata dal "gene dell'istinto al
nomadismo". Nel 1935 iniziavano le ricerche per rendere potabile l'acqua del
mare ed il capo della polizia criminale decide di utilizzare come cavie i rom
(chiamati ariani decaduti) geneticamente più simili ai tedeschi, sottoponendoli
a dementi esperimenti di inutile crudeltà. Al processo di Norimberga i medici
mentono e si giustificano esaltando i risultati (inesistenti) degli esperimenti.
Alcuni di questi medici, nonostante si siano macchiati di tali imperdonabili
crimini, hanno continuato a svolgere la loro attività, sono stati promossi e
agevolati nella carriera universitaria. E a me viene in mente il medico e
l'infermiera condannati per le torture di Bolzaneto durante il G8 del luglio
2001, che ancora esercitano indisturbati la professione in strutture pubbliche.
E poi penso alle parole. Alla loro manomissione (come direbbe Carofiglio). Lo
sterminio, il genocidio vengono artatamente trasformati, nella propaganda
razzista, in ricerche per migliorare la "razza". Gli "zingari" seppure cittadini
tedeschi (o italiani) vengono rappresentati come un problema sociale. Ieri come
oggi. Penso ai continui ed odierni sgomberi dei campi rom, ai fogli di via
notificati a cittadini comunitari privi di stabile reddito e perciò considerati
automaticamente minacciosi per l'ordine pubblico.
Concetti insidiosi come "personalità antisociale" o "predisposizione a
commettere reati" sono utilizzati da sempre, senza alcun criterio, per
discriminare intere fasce di popolazione. Oggi, a chi chiede la cittadinanza
italiana dopo decenni di regolare residenza nel nostro Paese, viene eccepita la
"contiguità a movimenti aventi scopi incompatibili con la sicurezza dello
stato". Formula ambigua e discriminante visto che viene utilizzata per negare la
cittadinanza a persone immuni da qualsiasi problema penale ma "colpevoli" di non
essere di religione cattolica.
Oggi si deportano in Libia o si respingono in alto mare naufraghi richiedenti
asilo. Si sono chiusi i lager e si sono aperti i Cie. Si vota in Parlamento, in
nome della sicurezza, una norma di legge (poi fortunatamente dichiarata
incostituzionale) che sancisce il divieto di matrimonio per gli stranieri
irregolari (i non ariani dei giorni nostri) ed un'altra (poi mitigata da una
circolare) che impedisce agli irregolari di ottenere atti dello stato civile
(compresi certificati di morte e di nascita) con la conseguenza sciagurata per i
genitori irregolari di non poter riconoscere i propri figli e dunque di
rischiare di vederli dati in adozione a famiglie italiane.
La portata evidentemente nefasta ed abnorme di questa norma, votata dal nostro
Parlamento all'interno del cosiddetto "pacchetto sicurezza" (a proposito di
mistificazione delle parole!) nell'agosto del 2009, è stata successivamente
contenuta grazie ad una circolare ministeriale emessa in risposta alle proteste
di giuristi, assistenti sociali e della società civile cosciente e informata.
Altre norme, come il divieto di accesso alle cure mediche e all'istruzione
scolastica per gli stranieri irregolari, seppure già scritte, non hanno
fortunatamente visto la luce solo in seguito all'accesa protesta di medici e
insegnanti.
Penso al susseguirsi negli ultimi anni di insensati decreti governativi per
fronteggiare un'inesistente "emergenza nomadi" (parliamo in realtà in tutta
Italia attualmente di circa 60 mila persone, per metà cittadini italiani ed in
massima parte minori) come fosse una "calamità naturale", legittimando sgomberi
ed espulsioni.
Forse ha ragione Borzani: la storia non ci salva. Ma le storie e i testimoni
narranti possono comunque aiutarci a comprendere, ricordare e scegliere.
"L'importante è un'altra cosa - diceva Basaglia -, è sapere ciò che si può fare.
È quello che ho già detto mille volte: noi, nella nostra debolezza, in questa
minoranza che siamo, non possiamo vincere. È il potere che vince sempre; noi
possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo,
cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare".
Di Fabrizio (del 19/01/2013 @ 09:02:30 in Europa, visitato 3111 volte)
Bakhtale ROMensa - di Serena Raggi
Ieri, 11 gennaio 2013, ho passato la giornata con Mariella Mehr, scrittrice e
poetessa Jenisch, Svizzera.
Scriverò di seguito ciò di cui abbiamo parlato, della sua vita, il suo scrivere,
la sua storia.
La Consapevolezza che ho acquisito dopo questo preziosissimo incontro, mi ha
portata a farmi tante domande, domande difficili che mi hanno messa di fronte ad
una in particolare:
"Cosa ha veramente senso in questa vita?" .
Ha senso conservare la Storia e la Memoria, ha senso Comprendere che si può
essere italiani, svizzeri, spagnoli, rom, ebrei, ... ed essere una cosa sola:
Umani.
Con una storia comune, La Storia.
Ha senso impegnarmi per fare in modo che Mariella Mehr e tutte le marielle mehr
che hanno vissuto la Storia non vengano scordate ma assimilate per andare a
completare la Nostra Identità. La mia e la tua. E starci male, ma sentirsi
cresciuti, diversi, io così mi sento, ha senso assimilare tutto, Sapere e
conservare, per essere Persone con una Identità forte, forti di quello che
siamo.
Sapendo chi e cosa ci ha portati ad essere noi, oggi. Senza passare su questo
mondo come dei vestiti vuoti.
La Storia ci insegna che ci sono dei grandi fardelli da portare, Mariella Mehr
mi ha fatto partecipe del suo e io non voglio fare altro se non spartire questo
peso, un immenso dono, dono e fardello, fattomi da questa donna incredibile.
Le mie ricerche su di lei sono iniziate qualche mese fa, quando quasi
casualmente ho assistito ad uno spettacolo teatrale che parlava proprio della
sua vita.
Da allora ho letto le sue poesie, ho deciso di fare la mia tesi su di lei e sono
andata a conoscerla.
Mariella Mehr nei suoi libri denuncia ciò che è stato in Svizzera tra il 1926 e
il 1974: fu vittima dell'"Opera di soccorso dei bambini di strada", della Pro Juventute, passando 24 anni della sua vita, dai 5 anni (quando fu strappata alla
madre) in poi, in istituti psichiatrici, collegi, subendo elettroshock,
esperimenti medici e psichiatrici, violenze e abusi, un figlio preso e fatto
adottare da estranei e la sterilizzazione.
La Svizzera, neutrale alla guerra ma non all'eugenetica, ha cercato di estirpare
le 'razze inferiori' e purificare il sangue della nazione, esattamente come
altri paesi a tutti noti.
Mariella Mehr è sopravvissuta a tutto questo, è stata attivista politica e, da
sempre, scrittrice.
''Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l'anima mia si apre
in una lingua straniera.''
La figura del lupo torna molto spesso nelle poesie di Mariella Mehr. La
simbologia del lupo, comunemente usata, è il pericolo, una visione funesta. Ma
per Lei, cosa significa?
Il lupo è solo, è Solitudine, e tante solitudini fanno il suo branco e così io
mi sento.
Sola e accomunata nella solitudine con altre persone sole.
Il lupo aggredisce se è attaccato e cosi faccio io... in Cecoslovacchia ho avuto
degli incontri ravvicinati con questo animale e anche qui dove vivo adesso ci
sono lupi... per gli uomini non sono un problema... al contrario gli uomini sono
un guaio per loro... io ho paura della gente, ma di un lupo o delle bestie mai.
Questo sentire fa parte anche della sua 'diversità'? Come vive, oggi, la sua
identità di Donna Jenisch?
La mia famiglia viene dalla Polonia, dopo la Pro Juventute ho fatto ricerche con
uno storico per l'albero genealogico e i miei avi non si sa se siano Ebrei o
Rom... sono un essere umano, parlo 6 lingue correntemente, tra le quali il Romanes. Ma mi considero semplicemente un essere umano.
Nel corso del 1800 entrò molta gente in Svizzera: Ebrei, Rom, Polacchi, Lovari,
gente che voleva lavorare... questa gente è stata chiamata Jenisch dagli
svizzeri, ed è una parola che deriva dal greco e vuole dire 'doppia faccia",
come i doppiogiochisti e quindi anche questo è un termine dispregiativo e creato
da altri (come il termine 'zingari'), entrato in uso comune per indicare 'lo straniero'.
A quei tempi, durante i pogrom contro gli Ebrei, questi hanno cambiato i
documenti e comprato quelli dei Rom... viceversa i Rom hanno comprato documenti
Ebrei per entrare in Svizzera, cambiando identità per sopravvivere, a seconda
delle necessità del momento: questo è un piccolo esempio per far capire che
tutte le genti si sono mescolate... e Jenisch quindi sono semplicemente PERSONE
che hanno subito delle persecuzioni.
La cosa piu' grave dei Rom, che tengo molto a dire, è che sono suddivisi in clan
e a volte si fanno addirittura la lotta tra di loro... e così facendo non sopravviveranno a lungo... bisogna essere uniti perché siamo tutte persone, e il
nostro sangue si mescola continuamente. Questo per non categorizzare troppo, io
parlo di PERSONE, di UMANI, che hanno subito queste cose che io denuncio e
racconto nei miei libri.
Dopo l'uscita dei Suoi scritti, ha notato un maggiore interesse verso questi
argomenti? La gente vuole sapere questa parte di Storia? oppure in Svizzera è
come in Italia?
Nei libri di scuola ancora oggi, sia in Italia che in Svizzera, non è citato
alcun Rom perseguitato né omosessuale né malato di mente. Perchè queste persone
ancora oggi sono delle persone di serie B, persone che non si vogliono
considerare. E i miei libri purtroppo sono serviti a poco.
Oltre a Lei, altre persone sopravvissute hanno saputo impegnarsi per
l'informazione e la politica dei diritti?
Io ho subito a 5 anni elettroshock, a 9 cure di insulina, a 16 anni ancora
elettroshock, a 18 carcere perché avevo fatto un bambino con un uomo mezzo Rom e
mezzo Ebreo... non ho fatto mai niente di male per meritarmelo, ti giuro!
E gli altri che hanno subito queste cose sono praticamente tutti kaput,
morti... i pochi ancora vivi sono alcolisti, o gente che non é più capace di
vivere in questa società.
Bisogna sopravvivere sia fisicamente che mentalmente... per fortuna ho trovato la
Letteratura e le parole giuste per iniziare a scrivere, e questo mi ha salvata.
A 15 anni ho scritto la mia prima poesia, "L"uccello blu", (parlava di un
uccello che avevo avvistato, una specie che di solito vola sul mare e solo io lo
avevo visto) in quel periodo, come la maggior parte della mia vita, ero in una
casa psichiatrica.
Io ero un corpo per gli esperimenti, sai? non solo le menti erano soggette a
queste cose ma anche i corpi: io sono praticamente ceca a seguito di 5
interventi sperimentali effettuati da un medico non riconosciuto... la Pro Juventute ha lasciato molte tracce.
Ma in quegli anni ('26-'74), in Svizzera, la gente comune sapeva? i cittadini
erano a conoscenza di ciò che succedeva nelle loro città, nei vari istituti,
eccetera?
Naturalmente la gente sapeva.
Ma era stata fatta una enorme propaganda, la gente VUOLE credere nel bene, e la
Pro Juventute si vendeva come un'organizzazione che AIUTAVA i giovani... in
Svizzera non era così evidente come il fascismo in Italia o il nazismo in
Germania... ma la gente voleva credere nel bene e si autoconvinceva.
Come iniziò a leggere, per poi scrivere?
Quando ero piccola, a 12 anni ero in un istituto... in questo istituto le suore
avevano una enorme e fornitissima biblioteca ma era per loro, non per noi, e la
tenevano chiusa a chiave.
Allora io un giorno ho rubato questa chiave e sono andata in città a farne una
copia. E di notte andavo e prendevo una manciata di libri a caso, al buio, e
invece di dormire stavo sotto le coperte con la lampada a leggere... Goethe,
Sartre... .non ho capito niente, ero una bambina, ma tutto era stampato nella mia
testa, ho memorizzato nella mia mente e capito anni dopo.
Così ho iniziato a leggere leggere leggere, avevo Fame di Letteratura, ed era
più forte della fame normale. Questo mi ha fatto andare avanti, leggere. E poi
iniziare a trovare le parole giuste per scrivere, e sopravvivere a tutta quella
follìa.
A quei tempi, io non sapevo ancora CHI SONO, questo l'ho scoperto DOPO i
trattamenti della Pro Juventute.
Quando questi mi hanno detto 'vai a lavorare', a 16 anni, io sono
andata... 'o vai
a lavorare o ti aspetta il carcere', mi hanno detto e mi hanno mandata in una
città che io non conoscevo, a Lucerna, e girando in tutti gli alberghi e negozi,
nessuno voleva darmi un lavoro, ero troppo piccola. Poi per caso davanti ad un
bar ho incontrato un uomo che mi ha chiesto "Senti, ma che cerchi per strada?",
"Cerco un lavoro" e io avevo una faccia da ragazzo, maschio, (che ogni tanto
torna ancora oggi, quando sono arrabbiata), ho potuto lavorare come bar man ma
prima il capo mi ha portata dal parrucchiere per fare un taglio da uomo, poi al
negozio di vestiti mi ha comprato i pantaloni, il gilet, la camicia bianca da
lavoro e il giacchetto nero, naturalmente.
Poi mi ha detto: "Così puoi lavorare nel mio bar e ti chiamerai Mario'.
Ho lavorato lì un anno, poi un giorno è entrato nel bar questo uomo di 30 anni
più grande che mi ha chiesto un caffè ed è stato il primo uomo a guardarmi
davvero.
Dopo poco mi ha riconosciuta in quanto ragazza e io, presa dal panico, ho
iniziato a piangere, avevo paura che mi facesse perdere il lavoro, avevo paura
di finire in carcere...
Dopo avere scoperto della Pro Juventute questo uomo mi ha aiutata molto ed è lui
il padre del mio bambino... (è poi morto in un campo di concentramento tedesco,
era mezzo Rom e mezzo Ebreo)... lui mi ha aiutata molto...mi ha trovato un altro
lavoro, presso una famiglia, e insieme abbiamo deciso di fare un bambino.
Per la Pro Juventute se sei incinta sei un'adulta e libera di sposarti e fare
una vita e avere diritto ai servizi degli ospedali per la gestazione e il parto,
ma le autorità mi hanno segnalata e fatto una ricerca attraverso l'interpol
(pensa te!) trattandomi come una fuggitiva...
Un giorno alle 5 del mattino mi hanno arrestata presso la famiglia dove
lavoravo, mi hanno presa a Berna e messa in una cella con un cane lupo di
guardia... il cane era piu' amabile delle persone, è venuto da me senza paura e
aggressività e nel tempo del carcere è stato quel mezzo lupo a salvarmi la vita.
Io ero in carcere ma non sapevo perché...in tutta la mia infanzia io non ho mai
saputo chi ero né il motivo per cui mi venivano fatte queste cose...al carcere le
peggio criminali mi chiedevano perché ero lì ma io non lo sapevo..allora la mia
testa ha prodotto una fantasia di un qualche crimine che avessi potuto
commettere, per non impazzire..e senza passare per nessun giudice io finivo in
galera.
Il padre del bambino mi cercava, ma i carcerieri non mi hanno dato nessuna sua
notizia e impedivano a lui di avvicinarsi, inventando bugie.
Infine ho dato alla luce questo figlio in carcere.
Secondo la legge, avevo 3 anni di galera da scontare, ma un giorno mi hanno
detto "se dai tuo figlio in adozione sei libera subito, altrimenti il figlio te
lo prendiamo lo stesso ma tu resti qui fino a concludere i 3 anni di carcere".
Io ero disperata, amavo mio figlio ma non sopportavo più questo carcere, che era
il peggiore carcere femminile della Svizzera. Così ho firmato e sono uscita.
A Berna ho trovato un altro lavoro, ho pensato che se lavoravo la Pro Juventute
mi avrebbe restituito il figliolo, invece...così non è stato e la vita di questo
figlio è rovinata quanto la mia.
Mia madre è stata una delle prime donne alla quale la Pro Juventute ha strappato
i figli e a sua volta mio figlio è stato uno degli ultimi strappati alla
madre...tutta questa storia è un ORRORE e una VERGOGNA alla quale non si vuole
credere, quando io racconto queste cose la gente non crede, pensano che io sia
una folle che nel suo delirio si inventa le cose.
Eppure dopo diverse lotte gli archivi con i documenti della Pro Juentute sono
stati aperti, sono documenti visibili a tutti. Ma queste cose non si vogliono
sapere.
Io mi sono battuta per i diritti miei e di tutta questa gente, i diritti, non i
soldi, e l'aiuto per sopravvivere a tutto questo, ma gli Jenisch della
Svizzera invece volevano il silenzio su questa vergogna, volevano solo soldi,
per questo sono stata più volte aggredita, una delle quali sono stata gettata da
un treno in corsa...
I giornalisti volveano la Verità, qualche attivista di sinistra, qualche gente
di buon cuore, ma gli Jenisch no, pochissimi volevano che la Verità venisse
fuori e di conseguenza i diritti per queste donne e uomini devastati da questi
trattamenti.
Per 20 anni ho fatto politica, attivismo, ma è servito a poco se non a
niente... ora la gente non sa nulla di questi orrori, anche se le conseguenze ci
sono tutt'ora. Abbiamo ricevuto una cifra irrisoria come risarcimento morale,
due soldi in croce per una vita COMPLETAMENTE rovinata... per 24 anni vissuti
nell'orrore.
E' stata tutta una farsa enorme.
Poi abbiamo interrotto l'intervista e parlato d'altro, perché "altri cinque
minuti a parlare della Pro Juventute e cado a terra svenuta, mi fa troppo Male".
Mariella Mehr ha partecipato a vari festival di letteratura in Europa, vincendo
diversi premi e riconoscimenti, i suoi libri sono pubblicati in diverse lingue e
reperibili tramite ordine in qualsiasi libreria.
BIBLIOGRAFIA DI MARIELLA MEHR (in Italiano):
- "Steinzeit"
- "La Bambina"
- "Il Marchio"
- "Notizie dall'Esilo"
- "Accusata"
- "San Colombano e l'attesa"
Di Fabrizio (del 03/04/2014 @ 09:01:40 in Europa, visitato 1922 volte)
March 31, 2014
di Maurizio Stefanini - nota a margine di Mahalla
Il governo svedese chiede scusa agli zingari per un secolo di discriminazioni,
vessazioni e abusi che sono arrivati fino all'estremo delle sterilizzazioni di
massa, per impedire che crescesse troppo una minoranza classificata come
"incapacitati sociali". Non solo è una bella botta allo stereotipo sulla
multiculturalità e sulla tolleranza scandinava: anche se probabilmente cose
anche peggiori sono accadute e accadono in tanti altri Paesi, senza che nessuno
chieda scusa allo stesso modo. Il dato ancora più spiazzante, appunto dando
retta agli stereotipi, e che è il governo di centrodestra del premier Fredrik
Reinfeldt a chiedere scusa per abusi che furono compiuti soprattutto dai governi
socialdemocratici, secondo i quali l'intervento eugenetico per ridurre il peso
degli elementi "parassitari" era una condicio sine qua non irrinunciabile dello
Stato sociale, per abbatterne i costi.
"La situazione che vivono gli zingari oggi ha a che vedere con la
discriminazione storica cui sono stati sottomessi", afferma il Libro Bianco
sulle violazioni dei diritti di questa minoranza dal 1900 in poi che è stato
presentato a Stoccolma.
"Un periodo oscuro e vergognoso della storia svedese", è stato definito dal
ministro dell'Integrazione, il liberale Erik Ullenhag. Forse non conclusosi del
tutto, visto che una delle testimoni rom invitata a dare testimonianza si è
vista negare l'ingresso dal personale di quell'Hotel Sheraton dove il rapporto
veniva presentato. E lo scorso settembre ci fu lo scandalo della polizia della
Scania che aveva schedato una lista di 4000 rom. Ma il clou fu tra 1934 e il
1974: cioè, quasi l'intero periodo di quel lungo predominio socialdemocratico al
governo che durò dal 1932 al 1976. Non ci sono cifre ufficiali, ma secondo le
testimonianze almeno una famiglia consultata su quattro era a conoscenza di casi
di sterilizzazione o aborto forzato. Inoltre i bambini venivano spesso sottratti
alle famiglie: neanche qui ci sono cifre ufficiali, ma secondo il Ministero
durante i freddi inverni svedesi la pratica era sistematica, con il pretesto di
sottrarre i piccoli ai rigori del clima.
Sempre durante i governi socialdemocratici, fino al 1964 fu proibito agli
zingari di entrare in Svezia. Anche durante quegli anni della Seconda Guerra
Mondiale in cui rom e sinti nell'Europa occupata dai nazisti venivano
sistematicamente mandati nei campi di sterminio. Porajmos, "devastazione", è
chiamata quella versione zingara della Shoà in cui morirono oltre 600.000
persone. Anche per chi risiedeva in Svezia in molti municipi era inoltre
proibito agli zingari insediarsi in modo permanente, nelle scuole i bambini
erano segretati in aule speciali e in generale i servizi sociali erano loro
preclusi. Come ha spiegato il Ministero, "l'idea era di rendere loro la vita
impossibile perché se ne andassero dal Paese". Per il momento, il Libro Bianco
non contempla la possibilità di risarcimenti agli zingari, che in Svezia sono
50.000 su una popolazione di 9 milioni e mezzo di persone. Però l'apertura degli
archivi e le scuse ufficiali ne pongono probabilmente le premesse.
Nota
Occorreva un quotidiano di destra perché sulla stampa emergesse questa
storia. Che è ancora incompleta: non fu soltanto la Germania nazista a
perseguire quelle politiche - i colpevoli sono da tutte le sponde
politico-ideologiche - ci fu la democratica Svizzera tra gli anni '50 e gli anni
'70, ma anche la comunistissima Cecoslovacchia del dopo Dubcek, con processi di
risarcimento che si trascinano ancora oggi. E la Svezia socialdemocratica.
Cosa può legare tra loro regimi così diversi? Direi, il tentativo di
stabilire il primato dello stato, che deve essere non solo forte (anche se ogni
stato intende la forza in una sua maniera diversa), ma deve anche intervenire
nel "plasmare" l'identità dei propri popoli. Qualcuno con la forza, altri con
una sorta di "moral suasion". Facendo valere la forza soprattutto sulle fasce
più deboli ed esposte della popolazione.
Cosa aggiungere sulla socialdemocrazia (svedese)? Che nei medesimi anni,
i Rom e Sinti venivano schedati e i dati raccolti in schedari segreti di cui
solo l'anno scorso si è venuto a conoscenza. Nel frattempo, la Svezia ha virato
a destra, e questi episodi di chiarezza sul suo passato vanno in corto circuito
con pulsioni che prima erano più rare: è di settimana scorsa la notizia,
lanciata dalla testata THE LOCAL e
ripresa anche all'estero, di un ristorante della catena Sheraton ha
rifiutato di servire un proprio cliente perché di etnia rom.
Nel contempo, nella Serbia che per gli "occidentali" rimane un posto
esotico e selvaggio, si è concluso il processo contro un Mc Donald che si era
reso colpevole di un comportamento simile a quello svedese.
Di Daniele (del 02/03/2006 @ 09:00:15 in Europa, visitato 2277 volte)
AFP/File Photo: Elena Gorolova, 37 anni, in posa il 18 febbraio 206 nel suo appartamento di Ostrava. E' una delle 87 Romnià che hanno chiesto risarcimento per le sterilizzazioni forzate operate negli ultimi 40 anni. "Una donna sterilizzata è come un albero morto, tutto quello che gli resta è di essere abbattuto."Con voce emozionata Natasa Botosova, 39 anni, racconta il suo caso ad una quindicina di donne rom, decise, come lei, ad ottenere giustizia dopo anni di silenzio. L'uditorio condivide la stessa esperienza: esse dichiarano di essere state sottoposte a sterilizzazioni forzate; Jirina "senza saperlo", Anna "senza capirlo", ed Elena "senza dare il proprio assenso". Per anni, Natasa ha osservato il silenzio "perché essere sterilizzate è una vergogna personale", in una comunità nella quale i bambini sono una ragione di orgoglio. La recente vittoria legale di una zigana di 22 anni, Melena Ferencikova, seguita dalle conclusioni di un rapporto ufficiale che ammetteva per la prima volta l'esistenza di vittime di "sterilizzazioni illegali" nella Repubblica Ceca, ha dato loro il coraggio di lottare. Ferencikova, la cui vergogna non è diminuita dall'evento del 2001, ha spiegato cosa accadde; "stavano per praticare un cesareo, mi fecero firmare una carta, poi ho saputo quando mi sono svegliata che ero stata sterilizzata". A novembre, la corte regionale di Ostrava ha detto che "i suoi diritti personali sono stati disprezzati", perché non aveva dato "il suo chiaro consenso" ai medici. La deliberazione ha rappresentato un inizio nell'Europa centrale, secondo il Centro europeo per i diritti dei rom con sede a Budapest. Proteste contro tali pratiche eugenetiche erano state espresse nella Repubblica Ceca dal 1978, ma un delegato ceco nel 2003 aveva garantito ad una sessione delle Nazioni Unite che erano "una leggenda". Ferencikova dice che la sua vittoria "appartiene a tutte le donne di Ostrava", una fredda città industriale nell'est del paese, e che lotterà "fino alla fine". La Corte ha ordinato all'ospedale di scusarsi per quello che è successo ma ha respinto le richieste di risarcimento dicendo che il termine ultimo per i danni era scaduto. Il caso ora è soggetto di un ricorso separato. L'avvocato della Ferencikova afferma che no si dovrebbe rinunciare ai danni per una violazione dei diritti personali, l'ospedale basa il suo appello al fatto che ha agito secondo le procedure mediche stabilite. In totale, 87 rom hanno presentato denuncia contro la sterilizzazione forzata nella Repubblica Ceca dal 2004. Senza aspettare che le autorità esaminino i casi, l'ombudsman – incaricato di difendere i diritti dei cittadini contro la pubblica amministrazione – ha aperto un'inchiesta. Nel suo rapporto di dicembre, il risultato di 12 mesi di indagini, ha stabilito che ci sono stati circa 50 casi di "sterilizzazioni illegali" senza il dovuto consenso. In ciascuna occasione, i medici hanno richiesto l'accordo scritto della paziente prima di chiudere le tube. Ma secondo il rapporto, alcune donne non sapevano scrivere né leggere, altre "non avevano ricevuto sufficienti informazioni, il che non è secondo la legge", e a nessuna fu concesso abbastanza tempo per riflettere sulle loro azioni. Le annotazioni mediche mostrano infatti che a volte appena venti minuti separano l'entrata della paziente nella sala operatoria e l'operazione di sterilizzazione. Nelle sue conclusioni, l'ombudsman propone i danni per quei casi precedenti al 1991, il periodo dove le politiche sociali messe in atto dal regime comunista cecoslovacco assegnarono "premi di sterilizzazione" e alla pressione sociale per limitare la fertilità zigana. Dopo il 1991, l'ombudsman colloca la colpa al personale individuale medico e sociale nei differenti casi. "Per anni abbiamo sollecitato i zigani di essere sterilizzati perché pensavamo che era per il loro bene, l'ho fatto io stessa, è quello che abbiamo imparato nelle scuole," ha detto l'assistente sociale Anna Geleticova, iscritta all'associazione "Live together", che si colloca dietro la mobilitazione della questione della comunità zigana di Ostrava. Il problema della sterilizzazione è lontano dalla creazione dell'unanimità dentro la società ceca. "Tutti sanno che i zigani fanno i bambini per il beneficio della famiglia che loro possono rivendicare, che le donne che furono sterilizzate per i bonus e che oggi il loro unico traguardo è di ottenere altri danni," Patarina, una giovane insegnante di Ostrava, ha commentato chiaramente. Per Ferencikova e le altre "la cosa più importante è di essere riconosciute come vittime e di sapere che altre non soffriranno lo stesso destino. - AFP
16 aprile, Michela Angelini su
DISEGNO DI LEGGE 405: Io sono una donna
transessuale ed oggi ho scritto questo. Le analogie tra le nostre comunità sono
tante, sia storiche che contemporanee. Qui racconto quella sulla sterilizzazione
forzata.
Dai commenti alla petizione:
la legge sul cambio di sesso deve dare un'alternativa di vita migliore, offrendo
anche la possibilità di una conversione chirurgica se è essenziale per il
benessere vitale del singolo individuo come sua libera scelta, non obbligando di
fatto ad una automutilazione di Stato per ottenere un cambio a livello
anagrafico. Una pratica burocratica non può essere associata d'obbligo ad una
pratica chirurgica nelle modalità similari a quelle applicate dal partito
Nazista in Germania all'epoca della Seconda Guerra Mondiale (Barbara)
Le persone che oggi chiamiamo transessuali (termine coniato nel 1949) per il
regime nazista erano omosessuali incurabili, vite indegne di essere vissute,
persone utili solo ad esperimenti atroci. Il regime nazista, ma non fu l'unico,
tentò di guarire l'omosessualità con massicce dosi di testosterone, con
l'elettroshock, con la lobotomia, provocando la morte di quasi tutti i pazienti.
Quando andava bene i "pazienti" venivano solo sterilizzati, per evitare
potessero propagare i loro geni di sicura origine non ariana*.
Dobbiamo aspettare il 1966, quando Harry Benjamin dichiara che l'unico modo per
guarire quel disagio che oggi chiamiamo disforia di genere è adattare il corpo
alla psiche. Il Italia abbiamo dovuto aspettare fino all'82 per veder
legalizzata la possibilità di cambio del sesso anagrafico e qualche anno in più
per avere l'adeguata assistenza sanitaria. Resta una cosa comune ai tre periodi
storici citati: c'è sempre stato qualcuno che ha dovuto dare un nome alla nostra
condizione e l'ha normata come credeva. Oggi chiediamo il rispetto del diritto
di autodeterminazione sui nostri corpi, oggi chiediamo di decidere della nostra
identità e che la nostra identità venga riconosciuta quando lo chiediamo, e non
dopo aver reso il nostro corpo sterile e gradevole per qualche autorità.
Firma la petizione
http://goo.gl/BFjLxD
*c'è solo un'altra comunità che condivide con noi una storia altrettanto triste:
la comunità rom. Il regime nazista sosteneva che l'eccessivo meticciamento di
questa popolazione (che era comunque ariana!) provocasse comportamenti
antisociali e, in virtù di questo, doveva essere eliminata. La sterilizzazione
forzata delle persone di etnia romanì è stata portata avanti (e viene ancor oggi
perpetuata e riproposta) da più stati, al pari di quanto è successo e succede
per la comunità transessuale.
Di Fabrizio (del 07/08/2008 @ 08:59:31 in Europa, visitato 2320 volte)
Da
Czech_Roma
30 luglio, 2008 - By Gwendolyn Albert
Anita Danka/European Roma Rights Centre.
Elena Gorolova, a sinistra, a Madrid con una reduce alla sterilizzazione
forzata, Marta Pušková.
Negli ultimi quattro anni, sono stata coinvolta nell'aiutare le reduci delle
sterilizzazioni forzate nella Repubblica Ceca, nella loro lotta per ottenere dal
governo una riparazione per i danni da loro sofferti, e per impedire che
violazioni simili accadano ancora negli ospedali cechi. Assieme ad OnG locali ed
internazionali, le donne della comunità Rom di Ostrava in particolare, hanno
perseverato in questa ricerca, nonostante le minime risorse ed appoggio. Il loro
solo alleato è il difensore pubblico dei diritti Ceco (ombudsman), le cui
raccomandazioni fatte nel 2005 rimangono inadempiute dal governo, nonostante i
richiami dei consulenti governativi di riconoscere la responsabilità per le
violazioni, scusarsi con le vittime e fornire una riparazione.
Qualche settimana fa, mi sono trovata in un albergo di Vienna, dopo una
settimana di attivismo ad una grande
conferenza a Madrid sui diritti delle donne. Assieme ad alcune delle reduci
di Ostrava ed allo staff dell'European Roma Rights Centre, avevo raccolto firme
per richiedere ai governi ceco, ungherese e slovacco di riparare queste
violazioni. Curiosa di vedere le notizie, ho girato sulla CNN - e quasi sono
caduta per la sorpresa. Uno spot annunciava che il documentario Processo per un
Bambino Negato, sulla sterilizzazione coercitiva nella Repubblica Ceca, sarebbe
stato trasmesso durante la serie "Storie Mai Raccontate dal Mondo". Essendo
stata coinvolta da vicino nell'assistere i produttori del film, ero strafelice
di vedere il loro lavoro raggiungere il mondo.
Ma per me, lo sviluppo più importante negli scorsi quattro anni è stato il
cambiamento che ho osservato nelle donne stesse. Nonostante alcune difficoltà -
come le cronache ostili nella stampa locale dopo che avevano dimostrato fuori
dall'ospedale di Ostrava nel 2006 - queste donne hanno superato lo stigma che
chiunque proverebbe a discutere dettagli sulla propria vita così intimi. In un
recente incontro con le donne Rom della Slovacchia che sono state oggetto degli
stessi abusi, le reduci delle sterilizzazioni di Ostrava parlarono
appassionatamente del bisogno di raggiungere in qualche modo il pubblico
attraverso i media, non solo di scambiarsi le proprie esperienze privatamente.
Anche dopo quattro anni di quasi silenzio dal governo, ed anche sapendo che loro
sono coscienti che la grande maggioranza di loro non vedrà mai quel giorno in
tribunale, rimangono focalizzate e desiderose di giustizia.
Nessuna personifica questa trasformazione così chiaramente come Elena Gorolova,
che fu sterilizzata senza il suo consenso nel 1990, nel corso del suo secondo
parto cesareo. Durante il travaglio in sala parto, con un'enorme paura e sotto
l'influenza dei sedativi, i dottori le diedero un pezzo di carta e le dissero:
"Firma o morirai." Credendogli, firmò senza nemmeno leggere il documento - come
disse più tardi, "In quel momento, avrei firmato la mia condanna a morte."
Il "consenso" ottenuto da Elena sotto queste circostanze è tipico dei reclami
del post-comunismo registrati dall'ombudsman. Lei non scelse di essere
sterilizzata - i dottori scelsero per lei.
Quattro anni fa, quando riportai per la prima volta di queste violazioni alle
Nazioni Unite di New York, fu il suo primo viaggio aereo. Così ci organizzammo
per un'altra donna, che l'avrebbe accompagnata e mostrato la rotta.
Quest'estate, per il nostro viaggio a Madrid, Elena non solo ha volato da
Ostrava da sola, ma è stata lei ad offrire supporto ad un'altra che a sua volta
volava per la prima volta. Ha anche imparato ad usare, l'e-mail e Skype.
L'esperienza di parlare in pubblico ed interagire con i giornalisti ha
rafforzato non solo l'autostima di Elena, ma anche quella delle sue colleghe,
come il documentario dipinge così bene. Elena è anche stata nominata
recentemente membro della società civile del Consiglio Governativo per gli
Affari della Comunità Rom, un organo consultivo del governo sulle tematiche Rom.
Solo un'individualità veramente forte può aver sostenuto l'esperienza recente
di un'intervista online con i lettori del server di notizie iDNES.cz, che Elena
ha voluto fare mentre eravamo a Madrid. I partecipanti alla conversazione,
alcuni firmandosi "Dottore", accusavano Elena e le sue compagne di vari motivi
clandestini, come quello di voler diventare "ricche alla svelta" - un'accusa
ridicola per chiunque abbia familiarità con i tempi del sistema legale ceco, e
le somme tradizionalmente basse dei compensi elargiti solo in casi eccezionali.
Quanti interrogavano sembravano afferrare a fatica che le doglie non sono il
momento migliore per chiedere ad una donna se volesse essere sterilizzata.
Tentavano di spiegare ad Elena che il "vero problema" era il desiderio di suo
marito di avere più figli, non quello del dottore che la sterilizzava senza il
suo informato consenso. Questo implicava che avere bambini era solo uno
stratagemma per ricevere appoggio sociale. Le hanno chiesto se fumasse, quali
voti avesse a scuola e perché non adottasse un figlio. Le hanno chiesto perché i
Rom abusino del sistema sociale, perché si perdano nel gioco, droghe e alcool -
domande razziste che non hanno niente a che fare con gli abusi dei diritti
umani.
Come era sua prerogativa, non ha risposto alle domande più ignoranti. Ha
risposto a quelle che riteneva utili, ripetendo la sua storia intensamente
personale forse per la millesima volta, nello sforzo di far capire alla gente
che non solo lei, ma molte altre, ci sono passate. Ho trovato la sua stamina
semplicemente incredibile.
Il governo ceco assumerà la presidenza UE nella prima metà del 2009, seguito
dalla Svezia. Dieci anni fa, quella nazione decise di fare quanto la Repubblica
Ceca non ha ancora fatto: riconoscere che il programma di sterilizzazione
adottato dai primi anni '30 sino agli anni '70 portava all'abuso dei diritti
umani, e compensò le vittime di questa pratica. Per quanto ne so, il
riconoscimento di questa verità non è costato niente al governo svedese nei
termini di prestigio internazionale - invece, ha sollevato la condizione del
paese fra i fautori dei diritti umani e della giustizia.
Grazie agli sforzi di quanti hanno lavorato sull'argomento delle
sterilizzazioni forzate in questo paese sin dalla fine degli anni '70, il
governo ceco ha ora un'enorme opportunità di unirsi al gruppo di quei paesi
capaci di auto-riflessione ed espiazione. La domanda è se i leader cechi hanno
abbastanza compassione per farlo.
The author is the Director of the Women’s Initiatives Network of the
Peacework Development Fund.
Di Fabrizio (del 10/08/2008 @ 08:51:08 in Europa, visitato 2141 volte)
Da
Roma_Daily_News
TOWARD FREEDOM
Scritto da Reuel S. Amdur - martedì 5 agosto 2008
Bimbo Zingaro in Kosovo (Photo reprinted from
Flickr)
I nazisti non li hanno uccisi tutti, ma i razzisti in Europa Orientale ed in
Italia stanno tentando di rendere miserabile la vita per quanti sono ancora
intorno. Sto parlando di un popolo variamente conosciuto come Rom, Roma, Romany, Sinti,
e Zingari. Il macello dei Rom da parte dei nazisti è poco documentato, risulta
che abbia riguardato da 200.000 ad un milione e mezzo di loro, che equivale
all'80% della loro popolazione di allora in Europa. La loro continua
persecuzione ha portato ad una crescente richiesta di asilo politico in Canada.
Nel 1997, un gran numero di Rom cechi raggiunse il Canada a seguito della
produzione di un programma televisivo su quanto i Rom erano trattati bene in
Canada. Come risultato dell'afflusso, il Canada impose registrazioni sui visti,
che furono richiesti dal novembre 2007. Dal 2001 al 2007, 123 Cechi chiesero
rifugio in Canada, ma dallo scorso novembre a marzo di quest'anno sono stati
267, probabilmente tutti Rom. Perché fuggivano?
Secondo l'avvocato Max Berger di Toronto, che rappresenta qualcuno di loro,
"Mi hanno detto che è per i pestaggi e le minacce degli skinhead e dei
neo-nazisti." Paul St. Clair, direttore esecutivo del Centro Comunitario Rom di
Toronto, da una versione più dettagliata. Su circa 40 famiglie con cui ha
lavorato nei mesi recenti, "Sette donne incinte sono state picchiate e colpite
allo stomaco dagli skinhead. Quattro non possono più concepire. Un'altra donna,
incinta di otto mesi, è stata picchiata allo stomaco e ora sua figlia segni
permanenti dell'attacco."
St. Clair ha detto che gli skinhead portano coltelli e mazze da baseball con
delle cinghie che avvolgono intorno ai polsi e che usano per attaccare i Rom
nelle stazioni della metropolitana e altrove. Come risultato, riferisce St.
Clair, i Rom hanno paura di prendere la metropolitana. Gli skinhead lanciano
pietre e bottiglie molotov verso le case dei quartieri Rom, a volte invadono le
dimore, assaltando chi è dentro e distruggendo le proprietà. Quando questi
hooligan sono condannati per i loro attacchi contro i Rom, a volte vengono
comminate sentenze leggere o viene sospesa la sentenza. Recentemente, un nuovo
gruppo, che si autodefinisce Guardia Nazionale e celebra il compleanno di
Hitler, organizza marce e colpisce chiunque incontri con la pelle scura,
gridando: "La Repubblica Ceca è per i bianchi!" Questo gruppo è un ramo della
Magyar Gàrda ungherese.
Non dovrebbe essere sorprendente sapere che i Rom affrontano discriminazioni
nel lavoro nella Repubblica Ceca. Anche i politici condividono il pregiudizio
contro di loro. Nel 1997, Liana Janackova, una sindaca locale, propose di pagare
i due terzi del biglietto aereo ai Rom che partivano e rinunciavano alla
cittadinanza ceca. Nel 2006, disse ad una riunione che "Io sono razzista. Sono
contraria all'integrazione dei Rom e che vivano nel distretto." Lei è sia
sindaca che senatrice, è vice-presidente del Comitato del Senato sui Diritti
Umani. Il Senato ha rifiutato di revocarle l'immunità parlamentare per
permettere alla polizia di procedere per l'accusa di istigare l'odio con i suoi
discorsi. Soltanto13 dei 54 Senatori presenti erano a favore di toglierle
l'immunità.
Una donna arrivata in Canada nel 1997 come richiedente asilo fu alloggiata
dalle autorità migratorie in un motel a Toronto, davanti a cui si radunarono
alcuni razzisti locali per dimostrare contro i Rom. La sua prima reazione fu che
stava rivivendo la situazione ceca anche lì. Ma si rasserenò nel vedere la
polizia che arrivava là per proteggere i Rom.
Sfortunatamente, la discriminazione dei Rom non avviene solo nella Repubblica
Ceca. Le donne Rom protestano contro la sterilizzazione forzata non solo là, ma
anche in Slovacchia e Ungheria. Ed ora il governo italiano ha preso una
posizione apertamente razzista.
Alcuni campi Rom in Italia sono stati distrutti, ed il governo di destra di
Silvio Berlusconi ha intrapreso di prendere le impronte digitali ad ogni Rom nel
paese, cittadino o no. I Rom sono vittime pure in altri paesi europei. La
brutalità della polizia è un problema in Macedonia. Violenze razziste anti-Rom
sono successe in Russia, dove politici e media fanno a gara di dichiarazioni
razziste.
In Ucraina, i Rom sono stati allontanati dalle loro case. Alle vittime di
violenza degli skinhead è stato detto che gli autori delle violenze non potevano
essere identificati e che non si poteva avere accesso ai documenti di accusa. In
molti paesi dell'Europa Orientale, i bambini Rom sono segregati in scuole
speciali, spesso con la scusa che siano mentalmente deficienti. In Bulgaria,
Amnesty International (AI) ha identificato attacchi degli skinhead con
l'indifferenza della polizia, come pure la brutalità della polizia. AI riporta
anche brutalità della polizia in Grecia contro giovani Rom. La Grecia ha espulso
i Rom dai quartieri trasformati per le Olimpiadi 2004, senza aiutarli a trovare
una sistemazione alternativa - una violazione, nota AI, del Patto Internazionale
sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, a cui la Grecia aderisce.
L'Europa ha molto lavoro da fare per far cessare le discriminazioni ed i
maltrattamenti dei Rom e migliorare le loro condizioni di vita. Parlando in
generale, i Rom sono spesso disoccupati, vivono nella povertà e nello squallore,
soffrono di cattiva salute e ricevono inadeguata istruzione.
Il Decennio dell'Inclusione Rom è iniziato nel 2005, con i seguenti paesi
firmatari: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Macedonia, Romania,
Serbia, e Slovacchia. Tre quarti di Rom non completano la scuola primaria. La
povertà è superiore cinque volte al tasso degli altri cittadini di questi paesi.
L'aspettativa di vita per i Rom nell'Europa Centrale e Meridionale è di dieci
anni inferiore a quella degli altri cittadini. Doppia la mortalità infantile
nella Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. I bambini Rom sono più portati ad
avere deficienze vitaminiche, anemia, malnutrizione e persino rachitismo. E'
stato trovato che la tubercolosi in una comunità Rom serba è due volte e mezza
superiore alla media nazionale, una tendenza che probabilmente si può altrove
nella regione. Queste ed altre nazioni in Europa hanno bisogno di affrontare per
forza questi problemi nella decade ed oltre. Devono anche marginalizzare i
desideri della sindaca ceca Liana Janackova.
Di Fabrizio (del 03/09/2008 @ 08:48:27 in Europa, visitato 1957 volte)
Da
Roma_Daily_News
Regno Unito / Finlandia / Lituania / Slovacchia
Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le
Donne
Estratto dalle osservazioni conclusive del Comitato ONU sulla "Convenzione
per l'Eliminazione della Discriminazione contro le Donne" (CEDAW) [...] nella
sua 41a sessione tenutasi dal 30 giugno al 18 luglio
Rapporto
pubblicato venerdì 29 agosto 2008 (tutti i link sono in inglese ndr)
Tutte le informazioni sulla 41a sessione
Regno Unito
. . . . preoccupati che le donne di diverse comunità etniche e di minoranza,
incluse le comunità viaggianti, continuano a soffrire di discriminazione
multipla, particolarmente nell'accesso all'istruzione, impiego e servizi
sanitari. Il Comitato nota che le donne [delle comunità] etniche e minoritarie
sono sotto-rappresentate in tutte le aree del mercato lavorale, particolarmente
nelle posizioni decisionali, hanno alti tassi di disoccupazione e pagano un
notevole gap nella loro paga oraria confrontata a quella maschile. Le donne di
differenti comunità etniche e di minoranza sono anche ampliamente
sotto-rappresentate nella vita politica e pubblica. Il Comunicato nota che che
le donne delle comunità viaggianti sperimentano alti numeri di aborti e feti
nati morti, ed hanno il più alto tasso di mortalità infantile tra tutti i gruppi
etnici. Si nota anche che le donne delle comunità etniche e minoritarie soffrono
di alti tassi di depressione e malattie mentali, mentre le donne di discendenza
asiatica hanno i più alti tassi di suicidio e di autolesionismo.
http://www2. ohchr.org/ tbru/cedaw/ United_Kingdom. pdf
Finlandia
31. Mentre notiamo che le misure prese dallo Stato per accrescere la
consapevolezza delle donne Rom sui loro diritti e la loro integrazione nella
società finnica, il Comitato rimane preoccupato perché queste donne continuano
ad affrontare forme multiple di discriminazione basata sia sul sesso che
sull'origine etnica, inclusi alto tasso di disoccupazione, difficoltà
nell'accesso ai servizi e discriminazione all'interno delle loro stesse
comunità.
32. Il Comitato richiama lo Stato ad implementare misure efficaci per
eliminare la discriminazione contro le donne Rom ed aumentare il loro
godimento dei diritti umani. Incoraggia lo Stato ad essere proattivo nelle sue
misure per prevenire la discriminazione contro le donne Rom, sia nelle loro
comunità che nella società maggioritaria, a combattere la violenza contro di
loro, ed aumentare la loro consapevolezza sulla disponibilità dei servizi
sociali e sugli aiuti legali come pure a fare passi per familiarizzarle con i
loro diritti di eguaglianza e non-discriminazione. Il Comitato richiede che lo
Stato fornisca, nel suo prossimo rapporto, informazioni sulla situazione delle
donne dei gruppi etnici di minoranza, incluso l'accesso all'istruzione, impiego
e servizi sanitari, e sull'impatto delle misure prese per aumentare questi
accessi e sui risultati ottenuti, come pure i progressi di tendenza.
http://www2. ohchr.org/ tbru/cedaw/ Finland.pdf
Lituania
28. Mentre notiamo varie misure prese dallo Stato, incluso il Programma per
l'Integrazione dei Rom nella Società Lituana (2000-2004 and 2008-2010)
ed il Programma di Sviluppo Rurale Lituano per il 2007-2013, il Comitato nota
con preoccupazione che i gruppi vulnerabili delle donne - per esempio donne
rurali, donne con disabilità, donne appartenenti alle minoranze etniche, incluso
donne Rom, donne migranti ed anziane - continuano a soffrire di discriminazione
nell'istruzione, nell'impiego, nella casa ed altre aree, sulla base del loro
genere e sesso, ed in altri campi, essendo così esposte a forme multipli di
discriminazione. A questo riguardo, il Comitato nota purtroppo che le
informazioni presentate dai rapporti statali non erano sufficientemente
specifici riguardo alle donne e non coprivano adeguatamente la situazione di
tutti questi gruppi.
http://www2. ohchr.org/ tbru/cedaw/ Lithuania. pdf
Slovacchia
22. Mentre si riconoscono le misure prese dallo Stato per il Decennio
dell'inclusione Rom 2005-2015, il Comitato è preoccupato perché le donne e le
ragazze Rom rimangono in situazioni vulnerabili e marginalizzate, specialmente
riguardo sanità, istruzione ed impiego.
23. Il Comitato preme perché lo Stato prenda misure efficaci, incluso misure
speciali temporanee in accordo con l'articolo 4, paragrafo 1 della Convenzione e
Raccomandazioni Generali dei 25 del Comitato, per eliminare le forme multiple di
discriminazione contro le donne e le ragazze Rom ed aumentare il rispetto per i
loro diritti umani. Richiama anche lo Stato ad accelerare l'ottenimento de facto
per le donne Rom dell'eguaglianza, rafforzando il coordinamento tra tutte le
agenzie che lavorano sui Rom, sulle tematiche della non discriminazione e
dell'eguaglianza di genere, particolarmente nelle aree della salute, istruzione
e partecipazione nella vita pubblica. Il Comitato preme perché lo Stato
implementi misure mirate per eliminare la discriminazione contro le donne Rom in
tutte le aree con un'agenda specifica, che controlli lo sviluppo e il
raggiungimento degli obiettivi dichiarati, inclusi quelli compresi nel Decennio
dell'Inclusione Rom 2005-2015, e prenda se necessario azioni correttive. Il
Comitato preme perché lo Stato prenda misure concrete per cambiare la
tradizionale percezione dei Rom da parte della popolazione maggioritaria,
incluso programmi mirati alla consapevolezza e alla sensibilizzazione, in
particolare in quei settori della società dove queste attitudini sono evidenti.
Richiama lo Stato a fornire nel prossimo rapporto periodico una fotografia
completa della situazione delle donne e delle ragazze Rom, inclusi i dati
disaggregati per sesso riguardo le opportunità ed i successi nell'istruzione,
nell'accesso all'impiego ed ai servizi sanitari e la partecipazione alla vita
pubblica ed al processo decisionale.
30. Mentre si riconoscono le spiegazioni date dalla delegazione sui presunti
casi di sterilizzazioni forzate di donne Rom, e prendendo nota della
legislazione sulla sterilizzazione recentemente adottata, il Comitato rimane
preoccupato per le informazioni ricevute rispetto alle donne Rom che
testimoniano di essere state sterilizzate senza previo ed informato consenso.
Inoltre il Comitato raccomanda che lo Stato prenda tutte le misure necessarie
per assicurare che le recriminazioni espresse dalle donne Rom riguardo la
sterilizzazione forzata siano debitamente riconosciute e che alle vittime di
tali pratiche sia garantita effettiva compensazione.
http://www2. ohchr.org/ tbru/cedaw/ Slovakia. pdf
Di Fabrizio (del 18/11/2005 @ 05:18:54 in Europa, visitato 2440 volte)
Articoli precedenti
Riassunto: 11 Novembre 2005. Il tribunale di Ostrava, in seconda udienza ha giudicato una violazione della legge la sterilizzazione forzata di Helena Ferencikova. E' il primo pronunciamento in tale senso su una pratica che ha riguardato diversi paesi dell'Europa Centrale ed Orientale.
Il 10 ottobre 2001, la signora Ferencikova partorì presso l'ospedale Vitkovicka, il suo secondogenito, Jan. Sia lui che il primo figlio sono nati con parto cesareo. La madre venne sterilizzata con la chiusura delle tube, ma se il rapporto ospedaliero indicava la richiesta della paziente in tal senso, questo venne ottenuto senza darle alcuna spiegazione, ma solamente facendole firmare un foglio mentre già erano iniziate le doglie. La signora Ferencikova, in seguitò soffrì sia fisicamente che moralmente per il trattamento subito, e trovò il coraggio di denunciare i medici.
Non è stata la sola a subire una simile violenza, che è stata largamente attuata negli ultimi 30 anni, come un vero e proprio controllo delle nascite imposto o estorto, specifico contro le donne Rom. Il caso sollevato dalla signora Ferencikova ha in seguito riunito altre 25 donne (ma molte hanno ancora paura o vergogna di denunciare quanto è loro successo), la Lega dei Diritti Umani, il Difensore Civico ("Ombudsman") e ERRC, che assieme hanno promosso diverse azioni legali.
Articolo completo su: http://www.errc.org/cikk.php?cikk=2228
Contatti: Michaela Tomisova: ++ 420 73 795 13 23 Helena Ferencikova (via Kumar Vishwanathan, Life Together): ++ 420 77 77 60 191 Jiri Kopal (League of Human Rights): ++ 420 60 87 19 535 Claude Cahn (ERRC): ++ 36 20 98 36 445
Di Fabrizio (del 25/01/2006 @ 03:40:20 in Europa, visitato 2552 volte)
Da una segnalazione di Daniele
Articolo precedente
Critiche al sistema statale di monitoraggio dei Rom Preoccupazione sui potenziali abusi contro una popolazione storicamente marginalizzata
By Brandon Swanson Staff Writer, The Prague Post January 18, 2006
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Quando il governo vide giovani arabi, turchi e neri in rivolta a Parigi alla fine dello scorso anno, vide una città data alle fiamme a seguite di lunghe ed irrisolte tensioni economiche e razziali.
Come risposta, il governo ha sviluppato il programma di monitoraggio entrato in vigore il 4 gennaio, per raccogliere una serie di informazioni che variano dall'impiego alla formazione.
“Se non vogliamo che un conflitto simile accada anche nella Repubblica Ceca, dobbiamo agire immediatamente” ha affermato Katerina Berankova, per il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali “E perché ci siano cambiamenti permanenti, dobbiamo conoscere la loro situazione e quanto sia marginalizzati”.
Marginalizzati, lo sono storicamente in tutta Europa, ma qui non si ha memoria di rivolte di gruppo.
Mancanza di informazioni attendibili
L'annuncio di un simile programma è subito finito sui riflettori, interi ed esteri, con la domanda se un simile censimento non avesse assonanze con le passate discriminazioni.
“Niente del genere” replica Czeslaw Walek, capo del Consiglio Governativo per le Tematiche Rom.
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VLADIMíR WEISS/The Prague Post
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Rozalie Carna', il suo partner e suo figlio Jan Zigo, aggrediti in casa da tre skinheads.
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Walek afferma che il governo analizzerà le condizioni di vita senza raccogliere dati personali. ma il programma ha sollevato critiche dai legali dei diritti dei Rom, che affermano che questi dati potrebbero essere usati con intenti discriminatori.
“L'anonimato è una pura illusione” dice Ivan Vesely' di Dzeno. [...] “Anche se non saranno conservati nomi ed indirizzi, ci sono altri dati sociali ed economici _ su base geografica – in base a cui non è impossibile risalire ai singoli casi”.
Walek dice che sono i Rom a lamentarsi del governo che non investe a sufficienza, o non controlla i fondi stanziati. Gli stessi controlli di fonte governativa confermano che mancano informazioni adeguate sui Rom. “Lo scopo è migliorare lo misure già in atto” dice.
Ma proprio la ragione che ha reso necessario questo programma – l'incapacità di raccogliere informazioni attendibili sui Rom – è lo stesso ostacolo più grande. Il governo ha una notevole difficoltà nel raccogliere informazioni su un gruppo etnico che storicamente nutre difficoltà verso l'autorità. Solo in 11.000 si sono dichiarati Rom, di fronte a stime di 250.000 Rom nella Repubblica Ceca.
La disoccupazione tra i Rom viaggia tra il 70 e l'80%, a secondo delle regioni, in molti dipendono dai servizi sociali.
La raccolta di dati è legale se rimane circoscritta all'ambito sociologico, dice David Strupek, avvocato praghese esperto in tematiche Rom. “Diventerà un problema legale solo se il progetto servirà a raccogliere dati personali”.
Il programma costerà 1,5 milioni di corone (62.630 $) all'anno. I primi dati saranno sottoposti al governo quest'estate, e l'intera ricerca verrà pubblicata nel 2008.
Problemi che vengono dilazionati
Il nuovo anno è cominciato in maniera tumultuosa per i Rom nella Repubblica: alcune famiglie questo mese sono state sfrattate dagli appartamenti comunali del quartiere di Nestemice a Usti nad Labem, nella Boemia settentrionale, perché no in regola col pagamento degli affitti. Il quartiere era già stato l'epicentro di una controversia che aveva assunto rilevanza internazionale, quando nella metà degli anni '90 il comune aveva costruito un muro di cemento per separare il quartire abitato dai Rom dagli altri residenti.
Col rifiuto del comune di interrompere la costruzione, il governo aveva investito 10 milioni di corone per migliorare la coesistenza tra i due gruppi. Il comune aveva adoperato parte di quei fondi per riacquistare le case dei residenti, che sii erano trasferiti.
Sempre nella regione, 10 donne di etnia rom avevano aperto una causa sulle sterilizzazioni forzate a cui erano state sottoposte tra il 1979 e il 2003. Una di loro afferma che le era stato chiesto di sottoporsi a sterilizzazione perché aveva già sette figli, e aveva firmato l'autorizzazione, ma senza saper ne leggere ne scrivere. In quel periodo,più di 50 donne vennero sterilizzate.
In questi giorni, i Rom stanno preparandosi a manifestare con una catena umana, per impedire la costruzione di un monumento voluto dal partito di destra Unione Nazionale, dove c'era un campo di concentramento nazista. Il monumento andrebbe a sostituire la targa che commemora i Rom che vi morirono, e l'iscrizione voluta dall'Unione Nazionale invece indicherebbe: “Questo luogo era una campo di raccolta, non un campo di concentramento. La storia è una questione di verità, non di interpretazione.” (Lunga vicenda questa, se n'è accennato più volte in precedenza. L'ex campo di concentramento era stato adibito a fattoria per maiali. Solo lunghe insistenze da parte delle associazioni rom ed ebraiche, avevano indotto il governo ad espropriare l'area e farne un luogo di memoria. Ne contempo, tanto il presidente dello stato che esponenti del partito comunista, avevano polemizzato dicendo che il campo era di lavoro e non di concentramento. Ora si aggiunge l'ultima provocazione dell'Unione Nazionale. ndr.)
La nuova targa dovrebbe venire posta il 21 gennaio. [...]
— Petr Kaspar and Iva Skochova' contributed to this report.
Brandon Swanson can be reached at bswanson@praguepost.com
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