Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 21/05/2012
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FAMIGLIE ROM A MIRAFIORI SUD
Nel 2001 la nonna di una decina di bambini Rom che quest'anno hanno iniziato a
frequentare per la prima volta la scuola elementare, ha trascorso, gravemente
malata, gli ultimi due mesi della sua vita ospite di un ortolano del quartiere,
nella baracca di un orto abusivo sulle sponde del Sangone.
Dieci anni dopo i suoi figli vivono in una condizione non dissimile alla sua,
anche se, grazie ad un progetto avviato nell'estate del 2011 che coinvolge
cinque famiglie Rom, i suoi nipotini frequentano le scuole del quartiere, con
una frequenza superiore alla media cittadina.
Eppure, ancora oggi, queste famiglie vivono per strada, con tutti i disagi che
ne conseguono sia per loro che per il territorio.
In questi mesi, oltre l'accoglienza dei bambini da parte delle scuole, alcune
realtà e volontari hanno stretto un fragile cordone di solidarietà a sostegno di
questa esperienza. Alcuni hanno messo a disposizione un posto nel cortile, altri
un bagno, altri ancora il latte per la colazione o un po' di semplice vicinanza
umana.
Questo sforzo, che sta già dando frutti miracolosi, anche grazie a qualche
sostegno da parte delle istituzioni, ha bisogno dell'intervento di chi, a
livelli più alti, può consentire il pieno successo di questa piccola esperienza
di tolleranza e convivenza a Torino.
Come operatori e come abitanti ci rivolgiamo quindi alle autorità cittadine per
tre questioni su cui i nostri sforzi sono stati finora vani:
1. identificare e autorizzare una collocazione provvisoria delle famiglie,
distribuita in postazioni singole, perché non siano oggetto di continui
sgomberi;
2. sostenere le procedure necessarie all'ottenimento dei documenti per chi sia
nella condizione di apolidia, consentendo così l'avvio di regolari percorsi
lavorativi;
3. concedere spazi o locali per l'accoglienza abitativa delle famiglie, nella
prospettiva di consentire la maturazione dei requisiti per il successivo
ingresso in casa.
Non crediamo che la realizzazione di un nuovo campo nomadi possa sostenere
efficacemente l'inserimento e l'integrazione di queste famiglie.
Ci auguriamo che sia possibile intraprendere un percorso che dia a queste
famiglie un futuro di emancipazione dalla povertà e dall'esclusione sociale.
Al Prefetto di Torino
S.E. Alberto Di Pace
Al Sindaco di Torino
Piero Fassino
All'Arcivescovo di Torino
Mons. Cesare Nosiglia
Loro sedi
To the kind attention of Mr Alberto Di Pace
Prefect of Turin
To the kind attention of Mr. Piero Fassino
Mayor of Turin
To the kind attention of Bishop Cesare Nosiglia
Archbishop of Turin
ROMA FAMILIES IN SOUTH-MIRAFIORI
In 2001, the grandmother of ten Roma children who started attending the primary
school for the first time in the year 2011-2012, has passed, seriously ill, the
last two months of her life hosted by a gardener of South-Mirafiori, inside an
illegal orchard's shack along the banks of Sangone creek.
Ten years later, her sons and daughters live in conditions not different from
the one she experienced. That even if, thanks to a project involving five Roma
families, started in Summer 2011, her grandchildren are attending local primary
schools, with a frequency higher than the average of Turin.
Yet, even today, these families live on the streets, with personal and
social disadvantages for them and the territory, as well.
In these last months, local schools welcomed children in their classes.
Furthermore, a slight solidarity supporting this experience has been forwarded
by some local entities and volunteers: some of them hosted Roma families with
campers in their courtyards, others offered the possibility to shower, and some
others gave milk for breakfast or simply human neighborhood.
This effort, already bearing some unexpected results, thanks also to
the support given by the institutions, needs the support of someone at higher
levels allowing the full success of this little experience of tolerance and
cohabitation in Turin.
We, workers and residents of South-Mirafiori, wish to submit to the
city authorities these three issues on which our efforts have not reached the
expected results:
1. to identify and authorize a temporary accomodation for these families. Every
family should stay in individual location, in order not to undergo continuous
evictions;
2. to take charge of the procedures necessary to obtain the documents for
stateless people, allowing to start regular working projects;
3. to provide spaces or to house these families, so that they can qualify for
entering a real future home.
We do not believe that creating a new Roma camp can effectively support
the inclusion and the integration of these families.
We hope that we can undertake a way to give these families a future of
emancipation from poverty and social exclusion.
Corriere della Sera Lo denuncia una ricerca dell'Associazione 21 luglio
ROMA - Un milione e 600 mila euro. Questa la spesa sostenuta dal Comune di Roma
per finanziare tre progetti di reinserimento socio-lavorativo rivolto a 125 Rom.
Ma solo per 16 di loro la «borsa lavoro» si è concretizzata in un contratto
vero, con un costo pro capite di centomila euro. Sono i numeri di «Lavoro
sporco», la ricerca elaborata da Angela Tullio Cataldo dell'Associazione 21
luglio. Dallo studio emerge che per il progetto della "pulizia dei campi", una
grossa quantità di denaro pubblico è stato elargito a pioggia e senza un reale
controllo da parte dell'amministrazione. Somme ingenti, più di un milione di
euro, secondo l'associazione stanziati senza progettualità. Addirittura c'è il
sospetto che siano finiti nelle tasche di sedicenti rappresentati delle diverse
comunità Rom per ottenere una cosa specifica in cambio: lo spostamento
dell'insediamento.
IL PROGETTO - Non c'è un nome del progetto per la pulizia dei campi attrezzati,
che ha fatto emergere il sospetto di accordi poco limpidi tra le amministrazioni
e i rappresentanti delle comunità Rom. A fronte dei finanziamenti, sostiene la
ricerca, non ci sono stati risultati in termini di miglioramento della
condizione lavorativa e sociale per chi vi ha partecipato. Grazie alle
testimonianze di alcuni Rom si è ipotizza che lo scopo principale del progetto
sia stato quello di facilitare lo sgombero degli insediamenti presenti in città.
Nel 2010 la Martora viene chiusa e 250 Rom vengono trasferiti a Castel romano, a
30 chilometri dalla città. «Avevano garantito un lavoro a 18 di noi se avessimo
promosso lo spostamento del campo – recita una testimonianza presente nel
dossier – ma queste promesse non sono mai state onorate e ci siamo ritrovati
senza niente, lontani dalle scuole e dalla possibilità di un lavoro». Le
cooperative Rom che dovevano pulire il campo venivano ricompensate con circa 40
mila euro al mese, ma il denaro veniva versato direttamente al rappresentante
che, nella maggior parte dei casi, assumeva solo famigliari e non rispettava gli
accordi presi per lo svolgimento del lavoro.

TOR DE CENCI - Sembra che sia successo a Tor de Cenci. Proprio il campo per cui
continua ad essere chiesta la chiusura per trasferire i residenti nel nuovo
villaggio attrezzato de La Barbuta. «Il Comune ha affidato la pulizia alla
comunità - racconta un rappresentante dei Rom - senza che vi sia un controllo
dei fondi spesi: si vuole favore la chiusura di un campo che avrebbe bisogno
solo di una manutenzione ordinaria». Infatti le condizioni igienico-sanitarie
sono inquietanti e l'insediamento sembra essere totalmente abbandonato dalle
amministrazioni.
LO STUDIO - Nella ricerca sono stati presi in considerazione i parametri base
per la determinazione della funzionalità di ogni progetto. Fra i tre progetti
finanziati tra il 2010 e il 2011, solo il primo denominato Resit ha avuto una
reale inclusione socio-lavorativa, perché l'unico a non essere stato elaborato
specificatamente per la comunità Rom, ma in generale per le fasce più deboli
della società. Oltre a questo, il progetto Retis è stato anche l'unico ad avere
un reale svolgimento all'esterno del campo. «Il reinserimento nel mondo del
lavoro è una condizione fondamentale per ogni persona, perché garantisce la
possibilità di spostamento ed emancipazione – spiega la responsabile della
ricerca – C'è la necessità di superare la logica del campo, presente solo nel
nostro Paese, che oggi crea una forte discriminazione tra chi vi abita. Il
lavoro offre una possibilità d'uscita e proprio per questo è importante mandare
avanti quei progetti che hanno avuto successo». Carlo Stasolla, presidente di 21
luglio, fa sapere che il testo sarà consegnato all' assessore alle Politiche
sociali del Comune, proprio per «spingere l'amministrazione a effettuare
maggiori controlli e a favorire il progetto Retis, l'unico che abbia realmente
ottenuto dei risultati».
Veronica Altimari - 17 maggio 2012
Fotografie del 21/05/2012
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