Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 13/09/2009
Marco Brazzoduro segnala un articolo che ha ripreso a circolare
in diverse versioni, e che non avevo ripreso a suo tempo. Lo ricopio da
Napoli.blogolandia.it, che è anche l'edizione che ha più rimandi
di Giuseppe Rondelli - Martedì, 2 Giugno 2009
Vi ricordate quella storia tremenda di due anni fa, quando furono prima dati
alle fiamme, poi sgomberati, poi rasi al suolo gli insediamenti rom di
Ponticelli, a Napoli? Vi ricordate quelle immagine tremende, delle baracche che
bruciavano, e poi dei poveretti - bambini, anziani, donne e uomini - che
fuggivano via, senza nessuna meta, coi furgoncini stracarichi di cianfrusaglie e
col terrore negli occhi e nei volti?
Vi ricordate la dichiarazione di disgusto della commissaria europea Viktoria
Mohacsi, che era venuta a capire cosa stava succedendo in Italia, e se ne andò
dichiarando: «Vado via sconvolta»?
E vi ricordate come era nato tutto ciò? Con la storia - improbabilissima - di
una ragazzina rom che avrebbe tentato di rapire una neonata. Al governo,
all’epoca , non c’erano Berlusconi e la destra e la Lega xenofoba.
Al governo c’era il centrosinistra, e non fece niente per difendere i rom. Oggi
si scopre perché successero quelle cose. Si scopre che gli assalti ai campi rom
non furono spontanei, non furono determinati dalla rabbia della gente ma furono
organizzati dalla malavita (diciamo dalla camorra) per conquistare i terreni
occupati dai campi rom, e poi per destinarli alla speculazione edilizia.
Probabilmente lì sorgerà un centro commerciale.
A circa un anno di distanza dai roghi di Ponticelli, grazie ai quali nel giro di
poche ore vennero sgombrati ben sette campi rom, la distesa di desolazione di
viale Argine è ancora intatta, solo recintata.
Nessuna casa dello sport e nessuna casa della musica. Nessun viale alberato.
Nessun parcheggio. Il progetto di riqualificazione urbano previsto per la zona
non è ancora partito.
E nemmeno è stata completata l’opera di bonifica sul territorio. Eppure la
delibera del comune di Napoli con la quale si dispongono interventi sulla zona è
datata 15 giugno 2007, approvata dopo pochi mesi dallo stesso organo del
comune. Molte le zone destinate a centri commerciale ed edilizia privata, in
disaccordo con il disegno iniziale che immaginava questi interventi come
residuali rispetto a quelli pubblici.
Ma bandi così concepiti a Napoli rischiano sempre di andare deserti, come
sperimentato anche per ben due volte dal progetto su Ponticelli. E si arriva
agli 11.500 mq di spazi comunali contro i 44.600 mq di aree "destinate alla
vendita". La conferenza dei servizi dà, poi, parere favorevole all’insediamento
di un altro centro commerciale su un’area adiacente. Massiccio si fa l’ingresso
delle imprese private così come massicci si profilano essere gli stanziamenti
pubblici.
Le società che si dicono essere interessate all’affare hanno, intanto, la
struttura della scatole cinesi, quella che, meglio di tutte, assicura l’irrintracciabilità.
Come la Ponticelli srl, 2500 euro di capitale sociale per un affare di 140
milioni di euro. Circostanza che da sempre fanno da orizzonte ai movimenti della
criminalità organizzata, presentissima su queste strade che, intanto, negli
stessi mesi dei roghi sono coperte di immondizia. Rifiuti di ogni tipo, rifiuti
speciali, rifiuti pericolosi, rifiuti nocivi.
E’in questo contesto che matura la "protesta" contro i rom, che si sviluppa con
brutalità e violenza inaudita. "Me ne vado via dall’Italia sconvolta" dice
Viktoria Mohacsi, osservatore mandato dall’Unione europea per capire cosa stesse
succedendo a Ponticelli. Il copione che si cerca di far passare è quello di una
popolazione esasperata, resa feroce dopo il tentativo di rapimento di una
bambina da parte di una ragazza rom, Angelica. Sono tanti, tuttavia, quelli che
credono a un andamento dei fatti diverso dal canovaccio "popolazione contro
rom".
La disperazione della gente di Ponticelli, che pure è reale, sembra sia stata
resa esasperata ad arte, per provvedere allo sgombero veloce di un’area divenuta
troppo importante per altri e più alti interessi. La presenza dei rom avrebbe
potuto determinare lungaggini, avrebbe potuto far naufragare il progetto per
inidoneità dell’area. E i roghi, oltre ad assicurare il veloce smantellamento
delle baracche, avrebbero anche potuto portare a una bonifica dell’area meno
onerosa, garantendo al tempo stesso la scomparsa degli eventuali rifiuti
pericolosi.
Intanto la sedicenne viene ritenuta colpevole di tentato sequestro anche in
appello. "Come è possibile che in un quartiere comandato dalla camorra una rom
decide di tentare un reato così grave? Come avrebbe fatto a portare via la
bambina e dove? Quali le prove, oltre alla testimonianza della madre della
bambina?", si domanda, tuttavia, Vincenzo Esposito dell’associazione Opera
Nomadi, che parla di un clima da caccia alla streghe, montato ad arte per
coprire altro. "La protesta – continua Esposito – di cui tutti hanno parlato è
stata in verità opera di non più di una trentina di persone, che hanno appiccato
fuoco a tantissime baracche.
Io c’ero. E ho visto personaggi noti alla giustizia per vicende legate al 416bis
aggirarsi attorno ai campi rom, dare istruzioni". Solo l’inviato dell’autorevole
quotidiano spagnolo El Pais, nei giorni dei roghi, parla senza mezzi termini di
una regia criminale. In Italia le immagini agghiaccianti delle molotov contro le
baracche si alternano a quelle della lacrime della giovane madre della bambina
"quasi" sequestrata dalla rom, in un mosaico di fotogrammi che diventa anche
spiegazione dell’accaduto.
La condanna da parte della politica è unanime, ma, con metodo bipartisan,
professa anche comprensione per il disagio della popolazione. Dopo un anno,
intanto, ancora si cerca un posto per quei rom. L’assessore al comune di Napoli
ci dice che in autunno finalmente arriveranno i tre nuovi centri di accoglienza
e sempre nello stesso periodo si metterà mano al progetto di un villaggio,
"provvisto di fogne", che funga da modulo abitativo per le famiglie rom. Sulle
zone "sgomberate" dovrebbero a breve iniziare dei lavori, visto che solo pochi
mesi fa l’azienda che si occupa di installare i tubi del metano, la
Napoletanagas, non ha potuto fare impianti nella zona recintata.
Una zona che rimane
di dominio del clan Sarno, dove si
incendiano materiali di tutti i tipi. E che l’assenza delle baracche non ha
reso meno agghiacciante, col suo profilo di terra perduta per sempre, di terra
in cui i disperati si muovono contro i più disperati, mentre la criminalità
organizzata parla attraverso i rumori dei motorini truccati. Inutilmente ieri
abbiamo chiesto all’assessore all’edilizia che cosa ne sarà di queste vie, a chi
verranno affidati i lavori e quando inizieranno. Nessuna risposta, assessori
introvabili.
Giovanna Ferrara - tratto da
Altronline.it
leggi anche il
nostro articolo del 30 Luglio 2008
Di Fabrizio (pubblicato @ 08:05:38 in blog, visitato 1990 volte)
Segnalazione di M. Cristina Di Canio
Storia incredibile di alcune famiglie rom, imparentate tra loro, che dagli
anni novanta in poi, quando il clima sociale e politico in Kosovo cominciava a
farsi pesante, lasciarono le loro case per raggiungere l'Italia. Pensavano di
essersi lasciati alle spalle l'inferno. Arrivarono, invece, al CASILINO 900.
10 settembre 2009 - Raffaele Coniglio (http://raffaeleconiglio.blogspot.com)
Reportage fotografico
Roma. Giornata calda e afosa di fine agosto. Il clima insopportabile si
percepisce nei volti dei rom del Kosovo che vivono nel campo-ghetto più vecchio
della capitale. Sanno di dover presto lasciare la miseria costruita in tanti
anni per una nuova destinazione rimasta ancora oggi top secret, probabilmente
per non creare allarmismi tra i residenti che dovranno accoglierli. Tredici
villaggi autorizzati, a fronte degli oltre cento campi nomadi oggi esistenti,
tra insediamenti abusivi e campi cosiddetti "tollerati". Non più di 6.000 nomadi
sul territorio romano, invece dei quasi 7.200 attuali. Sono questi i principali
obiettivi del piano "Nomadi" messo a punto dal prefetto Pecoraro e tanto voluto
dal sindaco capitolino che ha impostato la sua campagna elettorale anche e
soprattutto su queste tematiche. Grande senso di sollievo per i residenti del VII municipio di Roma che dopo decenni di "degrado e criminalità spicciola" si
vedono finalmente riqualificare l'intera area. Grande senso di smarrimento per i
circa 800 abitanti delle baraccopoli del Casilino 900 che non conoscono il loro
futuro. Il Casilino 900 è infatti uno dei primi campi che si prevede sarà
chiuso. Entrò metà ottobre, il 50% circa dei suoi abitanti dovrebbe essere
spostato altrove. I lavori sono già in corso. Ieri, durante la mia visita al
campo con il fine principale di parlare con i rom del Kosovo e conoscerli
meglio, ho notato che la Croce Rossa Italiana era lì, intenta a consegnare le
schede per un primo censimento. "Modulo ricognizione nuclei familiari", era
scritto su tali documenti. Accompagnato, in questa mia avventura, dai miei amici
Santo e Ehsan, ci siamo dovuti improvvisare mediatori per rispondere alle
domande che le varie mamme preoccupate e gli uomini del posto ci rivolgevano,
ignari di cosa fossero quelle carte che tenevano tra le mani. Accolti nel
"giardino" di casa del signor Resat, il neo avvocato Santo ha riempito i moduli
della famiglia Prekuplja, mentre io ed Ehsan, incantati dallo scenario che
avevamo davanti ai nostri occhi, abbiamo scattato qualche foto e chiacchierato
con i parenti di Resat ed i suoi vicini. Questa era la mia prima volta nel
Casilino 900. Ed anche per i miei accompagnatori. A differenza loro, però, avevo
familiarità con i campi rom, avendoli visitati in Kosovo già svariate volte.
Trovandomi di fronte al centro romano, sono però rimasto immobile per diversi
secondi. Il degrado e la miseria del Casilino 900 non si differenziavano affatto
da quelli del Plemetina Camp nelle vicinanze di Obliq o Cesim Lug e Osterode di
Mitrovica. Comuni erano anche le agghiaccianti scene di vita quotidiana e le
terribili azioni dei bambini dettate dal bisogno. Dovendole mettere sulla
bilancia dell'indigno umano, credo, però, che il Casilino 900 supera, seppur di
poco, i campi rom del Kosovo, per il semplice fatto che in una potenza mondiale,
come si definisce l'Italia, culla della democrazia e dei diritti umani, cuore
dell'Europa, è inaccettabile vedere, ancora oggi, luoghi mostruosi e inumani
come quello che mi si è presentato davanti agli occhi sulla Palmiro Togliatti.
All'interno del Casilino 900 sono alloggiate oggi circa 800 persone, la maggior
parte di loro bambini. Qui, ognuno nella propria fetta di terra, in modo da aver
costituito autentici ghetti nel ghetto, vivono i rom di 4 diverse nazionalità.
Sono montenegrini, macedoni, bosniaci e kosovari. Per via delle diversità
culturali e di problemi causati da motivi a noi sconosciuti, gli abitanti del
campo ci hanno raccontato che le tensioni tra i vari gruppi non sono mai
mancate, anzi, nei pochi momenti di aggregazione e di collaborazione,
incentivati soprattutto dalle organizzazioni che di volta in volta hanno
lavorato nel campo, si sono verificati scontri sfociati in vere e proprie risse.
La chiusura e l'ermetismo che sembrano propri della cultura rom lasciano
trapelare comunque ben poco all'esterno. Anche per questo Savorengo Ker (in
lingua Romanés "La casa di tutti"), il nobile progetto realizzato da vari
architetti italiani in collaborazione con alcune Università di Roma ed i
rappresentanti delle 4 comunità rom del campo, è andato in fumo, bruciato in
meno di due ore in una piovosa notte di inverno. Nessuno sa chi sia stato a
distruggerlo. Comincio a pensare che le tensioni interne ai quattro gruppi siano
alla base delle poche macerie rimaste. Comincio a sospettare questo, non per
annacquare le grandi responsabilità delle amministrazioni locali che negli anni
si sono succedute, o dell'Italia in generale, ma perché, di fronte
all'inefficienza delle politiche sociali dell'Italia - per quel po' che vi
rimane, alle maldestre politiche di immigrazione, e di fronte ai preoccupanti
scenari populistici cavalcati in questi anni, le divisioni e le lotte intestine
tra gli occupanti del campo hanno certo contribuito a rendere questo posto
ancora più deplorevole. In poche parole, è evidente che nessuno dei suoi
abitanti si preoccupa più di rendere il posto sicuro e pulito, spazzando via
l'erbaccia e la spazzatura. Al contrario, nell'indifferenza e nel menefreghismo
generale, usano i loro stessi spazi come mondezzai, terreno fertile per le
malattie dei propri figli. Porto grande rispetto per chi versa in grandi
difficoltà, e i rom del Casilino 900 senza dubbio si trovano in questa
situazione, ma non credo che si possa restare indifferenti ed inattivi di fronte
alla giungla che cresce vicino casa, quella dove provano a giocare e divertirsi
i tuoi figli. Potrebbero provvedere a ripulire il campo per vivere un po' più
decorosamente e mostrare all'esterno un'immagine meno grigia di quella che tanti
esterni gli hanno facilmente affibbiato. Ad ogni modo, sono stato felice di
essere ospite di alcuni generosi membri del campo. La famiglia Hamdi, ad
esempio, mi ha fatto accomodare dentro casa sua. E, per quanto precaria questa
potesse essere, la sua costruzione in legno mi è apparsa molto dignitosa, pulita
e ordinata. Davvero! Una sorpresa, l'esatto opposto di quello che si vedeva
fuori.
Quanto alle responsabilità nostre potrei scrivere un libro. Mi limito a
soffrire in silenzio.
Fotografie del 13/09/2009
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