Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Da
Romanian_Roma
PBS.org 2 settembre 2009
Il dodicenne Bishal frequenta la scuola governativa di Dholka, una piccola
località nel Gujarat, India. Ogni mercoledì Bishal, che fa parte dei Dalit - la
casta degli "intoccabili", deve pulire la classe e il cortile. Solo i Dalit, il
cui termine significa "oppressi" - sono tenuti a questi lavori nella scuola. "Il
mio maestro mi ha chiesto di pulire gli urinali," dice Bishal. Il 50% dei Dalit
abbandona gli studi alla scuola primaria.
Nel villaggio di Dumbraveni, Romania, due scuole sono una accanto all'altra.
Una è per la popolazione maggioritaria, l'altra per bambini con "esigenze
speciali". Il 97% degli studenti della seconda scuola sono Rom [...] "I bambini
rom sono messi in classi per bambini con disabilità mentali, anche se non c'è
niente in loro che non vada," dice Magda Matache, Direttrice Esecutiva di Romani
CRISS, importante organizzazione per i diritti dei Rom in Romania. "Le
scuole segregate continuano ad esistere e la qualità dell'istruzione che gli
studenti rom ricevono è molto, molto bassa." Circa il 23% degli adulti rom in
Romania è analfabeta.

Nel mondo, bambini delle minoranze etniche, razziali e linguistiche sono
lasciati indietro nella richiesta di un'istruzione universale. Le
Mete di
Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, un assieme di obbiettivi per lo
sviluppo internazionale concordati alla fine del millennio, chiedevano
l'istruzione primaria per tutti entro il 2015. Nel decennio scorso sono stati
compiuti dei progressi verso quella meta - oggi, quasi il 90% dei bambini
frequenta la scuola primaria, in confronto all'85% del 2000. Ma
75 milioni di loro sono ancora fuori dalla scuola; la maggior parte
sono minoranze. L'ONU non traccia i progressi su criteri razziali o etnici, ma
un nuovo rapporto
del Minority Rights Group International stima che tra il 50 ed il 70% dei
bambini esclusi dalla scuola siano di popolazioni indigene o di minoranze.
"Vedi la stessa cosa accadere con gli Afro-Brasiliani, i popoli indigeni in
Australia, tra i Batwa nell'Africa Centrale, i Dalit in India..." dice Maurice
Bryan, che ha contribuito al capitolo sull'America Latina del rapporto.

Ma se non si raggiungono le minoranze e gli indigeni, l'obbiettivo di
un'istruzione primaria per tutti non potrà realizzarsi. "E' impossibile," dice
Bryan. "Se diciamo che il 30% di una popolazione appartiene ad una minoranza, se
non la raggiungi, non supererai mai il 70%".
Prendete il Brasile per esempio. Circa metà della popolazione è di
discendenza africana. Ma gli Afro-Brasiliani sono parecchio indietro ai
Brasiliani di discendenza europea, con una media di appena 6,4 anni di scuola.
"Così se si parla delle Mete del Millennio," dice Bryan, "se solo hai raggiunto
gli Afro-Brasiliani, non hai raggiunto gli obbiettivi."
O la Romania. Molti dei rapporti sulle Mete di Sviluppo del Millennio neppure
si preoccupano di seguire i progressi nei paesi altamente sviluppati come quelli
dell'Unione Europea, a cui la Romania si è unita nel 2007. Ma Snjezana
Bokulic, responsabile di programma in Europa per il Minority Rights Group
International, dice che le condizioni della minoranza rom sono "comparabili a
quelle dell'Africa sub-Sahariana," così, mentre i paesi europei superano
agilmente la maggior parte degli obbiettivi, "un segmento della popolazione è
lasciato fuori." Riguardo agli obbiettivi dell'istruzione primaria per tutti,
soltanto il 31% dei Rom in Romania completa la scuola primaria, ed i Rom sono
tra il 2 e il 10% della popolazione (dipende da chi ne fa il conto), così
l'obiettivo è lontano dall'essere raggiunto. "E' una questione di matematica,"
dice Bokulic.
Le Mete di Sviluppo del Millennio chiedono la fine della disparità di genere
a tutti i livelli dell'istruzione, ma non c'è previsione simile per la disparità
basata sulla differenza razziale o etnica. Bokulic la chiama una "vistosa
omissione."
Bryan dice che nessuno a suo tempo l'aveva compreso, ma guardando indietro,
concorda che la questione avrebbe dovuto essere inclusa. "La gente non ha
l'abitudine di pensare che si dovrebbe prestare attenzione speciale alle donne,"
dice, "ma una volta che hanno compreso quanto fosse necessaria, ci sono stati
progressi sul gap di genere. Adesso è il tempo del gap razziale."
Ma Bukolic non è ottimista sulle possibilità di raggiungere la parità
nell'istruzione per le minoranze, anche se la questione era tra gli obbiettivi
delle Mete di Sviluppo del Millennio. "La discriminazione si è rafforzata ed il
razzismo è molto difficile da affrontare," dice. "Le parole non bastano."
Manjula Pradeep della Navsarjan Trust Foundation in India, concorda. "E'
tutto sulla carta," dice, "ma in termini di sviluppo, non è così efficace."
Pradeep dice che per salvare le apparenze del fornire l'istruzione primaria,
alcuni bambini sono tenuti a scuola sino al settimo grado, che sappiano o no
leggere e scrivere.
Mentre il
tasso d'iscrizione nella scuola primaria in India ha quasi raggiunto il 90%,
soltanto il 50% circa va alla scuola secondaria. Tra quanti restano fuori dalla
scuola, il 41% sono Dalits, o membri delle caste più basse.
Soltanto il mese scorso, l'India ha approvato un nuovo Disegno di Legge sul
Diritto all'Istruzione, che garantisce l'istruzione gratuita ed obbligatoria ai
bambini tra i 6 e i 14 anni. Ma Pradeep dubita che questo aiuterà a mantenere i
Dalit a scuola. "Gli insegnanti chiedono ai bambini delle caste inferiori di
sedere in fondo alla classe, così da non contaminare gli altri bambini.
Gli si dice che non possono bere l'acqua dalla stessa fontana degli altri,"
dice. "Sono offesi con parole pesanti e così abbandonano."
Ancora, molte associazioni per l'istruzione globale dicono che finalmente
viene posta attenzione alla questione di disparità razziale ed etnica.
"I governi hanno iniziato a vedere il loro vantaggio nell'educare tutti i
loro cittadini," dice Steve Moseley, Presidente dell'Accademia per lo Sviluppo
dell'Istruzione, una OnG USA.
"Non ce se ne è accorti quando si stavano presentando le Mete del Millennio,"
dice Bryan, "ma una volta stabilite le mete, si pose la domanda del perché non
stessero raggiungendo tutti, e da qui la questione -bene, chi è tutti?-. Così le
Mete del Millennio possono essere state responsabili per aver portato a galla
l'intera discussione."
Nel 2003, il governo rumeno assieme all'ONU, stabilì una serie di mete più
ambiziose per la Romania - il cui bersaglio era di diminuire il tasso di
analfabetismo della popolazione rom. "Il Ministro dell'Istruzione sta finalmente
agendo con la questione," dice Matache, "Penso e sono sicura che la
partecipazione dei Rom aumenterà entro il 2015."
"Il Brasile sta facendo più di chiunque altro," dice Bryan. "Una delle cose
grandi è l'azione affermativa; è ciò che sta succedendo in Brasile, ed ora sta
iniziando a provarci anche la Colombia."
Secondo Bryan, il nuovo rapporto di Minority Rights Group International è il
primo a guardare globalmente alla questione dell'istruzione per le popolazioni
minoritarie. Dice che può servire come punto di partenza per misurare i
progressi futuri.
E Moseley ritiene che quel progresso è possibile. "Anche per chi affronta i
più grandi svantaggi - povertà, discriminazione di genere, discriminazione
razziale - è possibile," dice. "Perché ho visto progressi tremendi. So che sta
diventando possibile. Forse non entro il 2015, ma è possibile."
Segnalazione di Mauro Sabbadini:
Ti segnalo questo articolo uscito lunedì 7 settembre, sull'edizione
cartacea del giornale c'è molto di più (compresa la dichiarazione della polizia
municipale:"non possiamo farci nulla: hanno la residenza"...)
forse può interessare. come Arci non siamo mai riusciti a entrare veramente in
contatto con i sinti di via Friuli, e i virgolettati anonimi del servizio mi
fanno pensare che anche il giornale non sia andato oltre
buon lavoro
7 settembre 2009 - di Valentina Fumagalli
VARESE I «dimenticati di via Friuli», così i sinti che abitano il
campo di Valle Olona si definiscono. Dimenticati dall’amministrazione e
dall’assistenza sociale. Ma ora non ci stanno più. Alzano la voce e chiedono al
Comune di trovare loro un’altra sistemazione. Un posto più adatto per vivere e
crescere i loro figli. In via Friuli non ci vogliono più stare. Per capirne le
ragioni bisogna fare un passo indietro. Bisogna tornare alle origini
dell’insediamento nella città giardino, vent’anni fa. Inizialmente i nomadi si
stabilirono in via Crispi, sede tradizionale del luna park varesino prima dello
spostamento alla Schiranna.
Erano sinti, e non rom come erroneamente vengono definiti, etnia tipica delle
famiglie dei giostrai provenienti da Mantova. Dopo qualche tempo ci fu il primo
fallimentare tentativo dell’amministrazione di residenzializzazione. Attaccati
alle loro tradizioni e insofferenti all’idea di trasferirsi in un appartamento,
vennero ulteriormente spostati in via 25 Aprile. Nel 1999 poi, a seguito della
riqualificazione della palestra comunale, fu proposta la soluzione, temporanea,
di via Friuli. Dieci anni fa tre nuclei familiari composti da otto persone
traslocarono armi e bagagli a Valle Olona per non spostarsi più. «Una campo in
mezzo al nulla – lo ricordano i più anziani - Ci spostarono qui a pochi metri
dal depuratore maleodorante, di fianco al canile e a una fattoria da cui
arrivano ratti e insetti, senza acqua e corrente. ». Si può facilmente
immaginare che il posto non fosse dei più accoglienti ma negli anni
l’amministrazione ha provveduto a rendere abitabile il campo.
«Pian piano ci hanno attaccato l’acqua e la corrente ma i topi sono rimasti».
Oggi le roulotte sono una decina per nove famiglie e almeno una trentina di
persone tra cui 13 bambini. «E solo un bagno – protestano - Abbiamo un solo
servizio igenico che dobbiamo usare tutti e non capiamo come l’Asl abbia
rilasciato le autorizzazioni sanitarie. L’igiene non c’è. Non abbiamo
l’allacciamento fognario per cui gli scarichi li dobbiamo riversare nella
campagna a ridosso del campo. Fanno cattivo odore e attirano i topi». Le
condizioni igenico sanitarie non sono, secondo loro, sufficienti e i bambini
sono sempre malati.
«Hanno le croste, sono perennemente raffreddati, non è l’ambiente giusto in cui
farli crescere». La richiesta all’amministrazione è quindi quella di trovare una
sistemazione più decorosa e con alcune garanzie. Ovvero: «Non vogliamo abitare
in appartamento – spiegano - Non siamo abituati agli spazi chiusi, non è nella
nostra cultura. A meno che non si tratti di una soluzione al pian terreno con
giardino. Vorremmo avere la possibilità di stare fuori, in casa ci manca l’aria.
Non possiamo neanche vivere in condominio perché la convivenza con le altre
persone non è facile. Non riusciamo a integrarci e i bambini vengono
discriminati». Insomma, urge una nuova collocazione per le loro roulotte. Un
altro campo sarebbe perfetto. «Sono anni che chiediamo di essere trasferiti ma
nessuno ci ascolta. Ci hanno abbandonati qui. Nessuno viene mai a vedere come
stiamo o se abbiamo bisogno di qualcosa. I servizi sociali latitano e anche se
andiamo noi in Comune non ci ascoltano». Insomma la situazione è diventata
insostenibile e da via Friuli se ne vogliono andare al più presto. «È ora che
l’amministrazione ci ascolti».
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