Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
4. Settembre 2005
Campingverbot für Roma und Sinti in Strassen
Il cartello "Non c'è posto per gli
Zingari" è stato rimosso. Rimane il rifiuto di accogliere Sinti e Rom nel
campeggio.
Rom e Sinti non sono benvenuti nel campeggio Johann Wiesers sulle Dolomiti, Dopo
le proteste, è stato eliminato il cartello all'ingresso che recitava "Non
c'è posto per gli Zingari". "Non era più necessario" dice il
proprietario Wieser.
La portavoce sull'Integrazione della SPÖ (socialisti) Elisabeth Hlavac,
spiega in una nota: "Sono orripilata per una forma così aperta di razzismo
e discriminazione". Il cartello è stato rimosso a seguito delle vivaci
proteste di un operatore del campeggio, membro dell'associazione antirazzista
ZARA.
L'episodio è esemplare della discriminazione "reale" che tuttora
riguarda Rom e Sinti. La richiesta di di norme antidiscriminatorie si lega alla
necessità di iniziative politiche "La lotta contro il razzismo comincia
nella testa della gente" conclude Hlavac.
Rilancia la deputata regionale Elisabeth Blanik (sempre del SPÖ)
"Occorre ridefinire alla base le norme a tutela delle minoranze... Quel
cartello rappresenta un segno pubblico di discriminazione. La legge tirolese contro le discriminazioni e il regolamento dell'industria e dell'artigianato, proibiscono di vietare l'ingresso sulla base dell'appartenenza etnica."
Lodando l'iniziativa di protesta dell'operatore e dell'associazione ZARA, chiede
che le autorità distrettuali multino il proprietario del campeggio.
"Non ho niente contro gli zingari e i rapporti con loro sono sempre stati buoni" si spiega Wieser col Tiroler Tageszeitung. Si giustifica con le ragioni economiche: "Nel 2002, 28 altri campeggiatori hanno minacciato di andarsene se fossero rimasti gli zingari".
L'anno seguente, col permanere dei Rom e dei Sinti, le presenze dei turisti calarono visibilmente. Furono commessi dei furti nella zona. Nonostante le indagini della polizia, nessuna prova risultò contro Rom e
Sinti.
"Molti campeggiatori non gradiscono gli Zingari come vicini" spiega
Wieser. "Direi, il 99% di loro".
Autor: Von Josef Oblasser
Quelle: TT
Nonno Radu oggi è agitato anzi, lo sono anch'io. Dopo una vita che mi chiede soldi, finalmente potrà ridarmi i 5 euro che gli avevo prestato. Tutto merito di Internet: tramite una gentile mail ha scoperto di avere persino un
conto corrente di cui ignorava l'esistenza. Certo, la lettera era scritta un po' con i piedi, ma Radu a queste cose non ci ha mai fatto caso.
Il problema è che per avere i suoi soldi deve digitare i suoi dati (combinazione Codice Utente, Password e PIN) personali, e lui non li ha mai avuti! E per giunta, nella lettera gli fanno anche fretta.
Ora, dopo che per tutta mattina digitiamo su questo http://www.finecobanca.net non siamo riusciti a capirci niente.
Kalderosh, che è il nostro esperto in politica e finanza, dice che dev'essere una banca bella grossa, se la società che ha registrato il sito è australiana (vedi register.it) e addirittura il dominio è della Corea.
Phishing, ha concluso, facendo la sua faccia da profeta di Mahalla. E visto che Radu era corso a prendere la sua fida canna da pèsca, ha aggiunto anche che in quei paesi la pesca va fatta con la canna rinforzata per i Marlin blu.
Mica sono attesi tifoni anche li?
Dalla mailing list Roma_Francais
Le Monde
Mis à jour le 27.08.05 | 13h27
Venerdì 19 agosto. Si leva l'alba sulle cinquanta carovane che da diverse
settimane sono sistemate ai bordi della A5, a Réau, nella città satellite di Sénart
(Seine-et-Marne). Si tratta di una bidonville di famiglie rom in corso di
sedentarizzazione. Molti di loro hanno ottenuto alloggio e lavoro.
Una squadra della CRS, richiamata dalla prefettura su decisione del tribunale
amministrativo, circonda le roulottes e comincia a battere sugli oblò: "In
piedi! Tutti fuori!" Circa un centinaio di persone, per la maggior
parte donne e anziani, malati di tubercolosi e un centinaio di bambini, sono
raggruppati sotto la pioggia battente. Alcuni rifiutano di uscire.
All'ordine di un commissario, nel fango fa l'apparizione un convoglio di camion
coperti. Nel contempo, arriva anche il comitato a sostegno delle famiglie rom,
guidato da Yves Douchin, consigliere municipale a Cesson, un comune vicino.
Inizia la discussione col commissario. Un poliziotto confida: "Fare
questo, non è il mio mestiere."
Si cominciano a caricare le carovane, due per ogni camion. Il convoglio si mette
in moto. La destinazione non viene fornita alle famiglie, che vedono
allontanarsi il loro unico bene. Non si conoscono gli ordini precisi della
prefettura, escluso il "liberare il terreno".
La teoria di camion si ferma sull'Essone, nel villaggio di Tigery, ai margini
di un campo falciato di fresco., dove sono già state depositate una ventina di
carovane dal primo viaggio. Messo già in allarme, il comune di Tigery reclama
il sostegno della Gendarmerie perché si interponga. Una vivace discussione
costringe il commissario a richiamare i camion.
Stavolta si ritorna nella Seine-et-Marne, a Sénart, per la precisione nel
comune di Moissy-Cramayel dove, senza ulteriori discussioni, si ricomincia a
scaricare le carovane. Qui i legittimi proprietarie delle stesse, accorsi con le
macchine del comitato di sostegno, scoprono il loro futuro: "un sito di
grande passaggio" destinato al soggiorno breve.
Qui non vogliono rimanerci a lungo e nuovamente riprende la parola il
comitato di sostegno, tramite un mediatore; obbligando la prefettura ad
improvvisare nuovamente. La decisione è presa: si ritorna al punto di partenza.
E ormai notte inoltrata quando i camion, tutti scortati, lasciano il loro carico
a Réau, su un nuovo appezzamento.
Le famiglie, che bene o male, hanno seguito tutto il percorso, sono spossate e
spaesate per la giornata. Mancano sei carovane all'appello, "disperse"
nel corso dell'operazione. I loro occupanti devono trovare accoglienza presso
quel che resta dell'accampamento.
Yves Douchin, che sta meditando di restituire la sua Legion d'Onore, parla di un
atto di "pirateria amministrativa". "La prefettura non ha mai
capito niente" si agita "E' sempre pronta nel ripetere i
tragici errori del passato. Sempre nel nome della legge e senza la minima
nozione di umanità".
La prefettura ritiene che l'obiettivo dell'operazione sia stato raggiunto: il
terreno occupato dalle famiglie è stato liberato.
Jean-François Caltot
© 2004 - 20
Minutes France |
Grand Lyon
I Rom condannati a vagabondare
Mardi 30 août 2005
Cambiano i luoghi, ma non la scena. Da diverse settimane, un centinaio di Rom
vivono in una nuova bidonville, questa volta a Vénissieux, su un terreno
agricolo di Puisoz, a due passi dal centro commerciale e dalla periferica.
Originari della Moldavia e della Bosnia, questi richiedenti asilo abitano in
carovane o in rifugi costruiti con materiali di recupero. Una trentina sono qui
da primavera, dopo lo sgombero di Chassieu. Il proprietario del terreno sinora
ha acconsentito. Il tribunale ha dato loro il termine del 30 novembre per
partire.
Altri richiedenti asilo, provenienti da altri accampamenti provvisori
sgomberati, si sono stabiliti qui durante l'estate. Di fronte alle condizioni
sanitarie del luogo, il sindaco di Vénissieux, André Gerin (PCF), ha scritto
al prefetto e al presidente della Grand Lyon perché non si crei una "nuova
Surville". Nel 2004, due ragazze erano morte per un incendio accidentale
delle loro roulottes nella bidonville di Surville a Gerland (7e), il campo fu
evacuato qualche mese più tardi per l'insorgere di emergenze sanitarie (rif.
http://www.20minutes.fr/journal/lyon/article.php?ida=19996
ndr). L'accampamento di Vénissieux dispone già di un attacco per
l'acqua."E sarà raccolta l'immondizia", assicura Emmanuel Mejias,
incaricato della prevenzione e sicurezza, che spera "una riflessione a
livello intermetropolitano e statale, per evitare che i Rom vaghino da un comune
all'altro nell'est lionese"."Ci sono aree apposite per i richiedenti
asilo, ma non nella regione del Rodano, che è già satura. Ma non intendono
lasciare Lione", risponde la prefettura.
Nessuna fotografia trovata.