Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 14/11/2007
Di Fabrizio (pubblicato @ 21:26:48 in blog, visitato 1934 volte)
Da
Nazione Indiana - di Gianni Biondillo
Gli slittamenti linguistici, i lapsus, sono sempre molto più indicativi di
quello che sembrano. Da un paio di mesi a questa parte su tutti i quotidiani non
esistono più i rumeni (con la “u”, come correttamente dovrebbe essere) ma i
romeni (con la “o”). All’improvviso dotti laureati in lettere, i nostri amati
giornalisti - sempre così proni di fronte al potere costituito o agli umori
della piazza - hanno dimenticato il vocabolario preferendo, “creativamente”, una
vocale ad un’altra. Di modo che, neppure troppo sottotraccia, si dia la
percezione che i rumeni siano, anche linguisticamente, tutti rom-eni. Rom.
Zingari. Mostri, insomma.
Perché abbiamo bisogno di mostri. Abbiamo bisogno di nemici da odiare, abbiamo
bisogno che si sposti fuori dalle mura di casa nostra - dove si perpetra il
più alto numero di omicidi e delitti sulla persona – il sospetto della nostra
intima malvagità, trasferendola, liberatoriamente, ad un intero popolo.
I giornali ci hanno raccontato che un’italiana è stata uccisa da un rOmeno. Io
ho visto una povera donna uccisa da un uomo. Come molta parte delle donne, che,
statisticamente, muoiono molto più per omicidio, in Italia, che per malattia. Ma
non è di ginocidio (non è un lapsus) che i giornali oggi vogliono parlare. Che
“le nostre donne” (così scrivono sui muri i gruppi neofascisti: “le nostre
donne”. Nostre di chi? Sono di loro proprietà?) se devono essere massacrate che
almeno lo siano per mano italica!
Che poi sia stata proprio una rumena di etnia rom a denunciare il criminale, non
fa testo. Cosa ce ne facciamo di una “rumena buona”? Non fa abbastanza audience,
ammettiamolo! Poi ci tocca fare il conto della serva: per un “criminale rumeno”
una “rumena buona”. No, no, non va bene!
È che oggi va di moda il tiro al rumeno. Come cinque anni fa al musulmano, come
dieci anni fa all’albanese. Come quarant’anni fa al terrone.
Ho paura, ve lo voglio dire.
Ho paura degli italiani. Ho paura dei squadristi che spezzano le ossa di padri
di famiglia rumeni con le spranghe, per ritorsione. Ho paura di un governo che
sbanda, che segue l’onda emotiva della piazza per ragioni di gretta
sopravvivenza elettorale, che di primo acchito demolisce le baracche, disperde i
poveracci (per ritorsione?), decide di espellere tutti, indiscriminatamente,
basta che siano rOmeni.
Perché ci hanno invaso.
Dimenticando che la prima invasione l’hanno subita loro, da parte degli
imprenditori del neoliberismo italiano, che delocalizzavano i loro prodotti
(creando disoccupazione in Italia) in Romania - e già che c’erano si scopavano
le minorenni rumene – pagando con stipendi da fame gli operai del posto, mentre
loro giravano per quel paese, arroganti, con SUV che sembravano astronavi,
infine incrementando il mercato della prostituzione in Italia, per scoparsi le
ragazzine direttamente qui, comodi comodi.
Uno stato di diritto punisce un criminale, non un popolo o una etnia. Di volta
in volta cambia il colore della pelle o la religione, ma la ragione profonda è
un’altra. Diciamolo, ammettiamolo: non è perché sono rumeni. E neppure perché
sono rom. A noi fanno paura perché sono poveri! La Moratti l’ha detto a chiare
lettere: “fuori i poveri dall’Italia”, andando contro alla stessa direttiva del
Parlamento Europeo sulla sicurezza. A noi questi sgraziati morti di fame fanno
un po’ schifo, non ci sembra neppure giusto che abbiano il privilegio di
possedere dei diritti civili. Non sono cittadini veri, sono subumani.
Qualcuno dice che non vogliamo guardarli in faccia perché ci ricordano troppo i
nostri nonni. Ma noi, poveri, non lo siamo più! Quindi è giusto così: fuori
tutti. Un rumeno ha ucciso barbaramente una italiana? Una “nostra donna”? Fuori
dalle palle tutti i rumeni! E già che ci siamo: a Perugia è morta una
studentessa uccisa, probabilmente da una statunitense? Fuori tutti gli americani
dall’Italia. Via, via, fuori dalle palle. Un marocchino stupra? Fuori tutti i
marocchini. E via così. Sai quanto spazio libero ci sarebbe!
A proposito: per la giusta regola della reciprocità, però, al primo delitto
commesso da un italiano in Germania o negli Stati Uniti, è giusto che le decine
di milioni di italiani e figli di italiani nel mondo vengano tutti trasferiti,
in massa a casa nostra. Mi pare il minimo. Sai che ridere poi.
[pubblicato su Epolis Milano, oggi, in versione più breve]
Di Fabrizio (pubblicato @ 09:14:09 in casa, visitato 1948 volte)
09 Nov 2007 09:48:22 GMT - Source: UNHCR
Reuters
PRISTINA, Kosovo, 8 Novembre (UNHCR) - Gli operai stanno livellando un
container collettivo per rifugiati interni vicino alla capitale Pristina, dopo
che l'ultima famiglia si è spostata verso una nuova casa nel loro villaggio
d'origine.
Il centro collettivo temporaneo di Plemetina era stato aperto nel 1999per
fornire una sistemazione d'emergenza a circa 1.300 persone disperse appartenenti
alle minoranze del Kosovo. Ha chiuso settimana scorsa quando un felice Demir
Gashi e la sua famiglia Rom di cinque persone sono usciti con le loro
proprietà.
L'UNHCR li ha trasportati a qualche centinaio di metri nei loro nuovi
appartamenti a Plemetina, costruiti dal Ministero dello Sviluppo e
Pianificazione Spaziale. Demir ha detto di essere contento nel lasciare le dure
condizioni di vita del centro collettivo per trasferirsi in una casa in città.
Il governo è stato capace di chiudere il centro collettivo dopo aver assisti
i rifugiati interni nel ritorno alle loro case e aver trovato posti dove
costruire edilizia sociale con l'aiuto dell'agenzia ONU per i rifugiati.
Giuseppe Lococo, capo dell'ufficio UNHCR di Pristina, ha ringraziato tutti
quanti, compresi i donatori, sono stati coinvolti nel trovare soluzioni
durature.
Le autorità kosovare -assistite anche dall'UNHCR - hanno lavorato per trovare
soluzioni abitative ai rimanenti residenti del Campo di Plemetina. Due progetti
di edilizia sociale sono stati completati a Plemetina ed uno a Magura, mentre il
governo ha costruito nove case a Plemetina su terreno pagato dagli stessi
rifugiati.
L'UNHCR ha aiutato i residenti del centro collettivo di Plemetina fornendo
assistenza legale, portando avanti casi di valutazione individuali ed aiutando
la distribuzione di cibo ed altri beni. Ha anche aiutato quanti hanno voluto
lasciare il centro per andare in nuove case.
A seguito della politica delle autorità serbe nel 1999, oltre 900.000 Albanesi
erano stati forzati a lasciare il Kosovo, per farvi ritorno pochi mesi dopo
aseguito dell'intervento militare ONU. In quei giorni iniziò l'esodo di 200.000
Serbi, Rom, Ascali ed Egizi, che continuò per mesi.
Anche se 17.000 dispersi interni hanno fatto ritorno alle loro case, ce ne
sono in Kosovo altri 21.000 che necessitano di soluzioni durevoli.
By Shpend Halili
In Pristina, Kosovo
Fotografie del 14/11/2007
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