Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 09/09/2006
Riporto l'articolo de La Stampa che mi sembra il più completo e vivace. E poi si sa, in Mahalla piacciono le favole, meglio ancora se spruzzate di un po' di neorealismo:CRONACHE NELL’ACCAMPAMENTO DI TOR CERVARA TRECENTO PERSONE CHE NON POTREBBERO PERMETTERSI UN MEDICO RIMPIANGONO IL LORO «DENTISTA» DENUNCIATO DALLA POLIZIAIl cavadenti dei Rom Su una Mercedes attrezzatissima curava carie e faceva ponti sempre in oro, come piace ai nomadi9/9/2006 di Francesco La Licata ROMA. Si chiama Alain e fa il cavadenti. Non il dentista, no, proprio il cavadenti, come direbbe Tex Willer di un barbiere che vanta una certa praticaccia di odontoiatria in un villaggio sperduto della frontiera del West. Solo che qui non siamo nella prateria, nè al confine polveroso del Messico di metà Ottocento. Siamo a Tor Cervara, periferia romana attraversata dalla bretella che porta sulla Roma - L’Aquila. E’ nata qui la storia di Alain il dentista degli zingari, l’uomo della Provvidenza per le comunità Rom che un medico vero non se lo potrebbero mai permettere. Adesso Alain è stato preso, come si dice, in flagrante con l’attrezzatura intera e il suo «studio ambulante» tutto racchiuso dentro la sua «Mercedes Classe A» color amaranto. Gli hanno detto che non potrà «esercitare» più e non gli restituiranno i ferri del mestiere, cosa che parrebbe anche logica vista l’assenza di «certificazione» della specializzazione vantata. Eppure non sempre ciò che sembra logico riesce ad avere una sua consequenzialità, specialmente in questo pezzo di territorio ridotto ad una specie di limbo dove ribollono umori contrastanti quali possono essere quelli dei pochi abitanti della borgata e quelli dei tre campi nomadi che ormai avvolgono il perimetro di Tor Cervara. I Rom, infatti, non sono contenti di ciò che è accaduto ad Alain e giurano: «E’ un brav’uomo, molto generoso. Non ha mai fatto male a nessuno, anzi. Lo conosciamo da vent’anni e non ci siamo mai dovuti lamentare di lui». L’Italia invisibile E’ una storia dell’Italia sommersa, quella del dentista senza licenza amato come un benefattore. Anche se va in scena a due passi dalla Capitale opulenta. Comincia la mattina del 5 di settembre in uno dei tre insediamenti Rom di Tor Cervara: quello di via della Martora, a cinquecento metri dagli uffici del Dipartimento della Polstrada del Lazio. Il campo, ma il termine rischia di non rendere appieno la precarietà del luogo, ospita due-trecento persone in un terreno fangoso adibito a tutto, anche a deposito rifiuti. In una simile cornice, perciò, non potevano passare inosservati la Mercedes e lo stesso «dottor Alain», ma i suoi «pazienti» lo chiamano Halili, «vestito con abiti puliti e ben stirati». La curiosità muove il fuoristrada della squadra di polizia giudiziaria della Polstrada e l’intervento del sostituto commissario Guido Martino. Chi sarà quell’elegantone che confabula coi Rom? Sono gli stessi zingari che svelano l’identità di Alain ai poliziotti coi quali sono già in contatto per via dei normali e quotidiani (e tranquilli, in verità) problemi di ordine pubblico. Agli agenti viene detto: «E’ il nostro dentista, lo conosciamo, è a posto». Ma i poliziotti, si sa, sono curiosi assai. E allora si passa al controllo dei documenti della macchina, «regolarmente acquistata in Italia». Si scopre che Alain K. è cittadino francese nato in Libano, sposato con una donna originaria di Casablanca, padre di tre figli di quattro, quindici e diciannove anni. Ma la sorpresa maggiore viene dalla Mercedes: borse colme di aghi, siringhe, trapani da dentista, pinze, aspiratore, anestetici. E poi l’attrezzatura per la costruzione delle protesi e, soprattutto, dei denti d’oro, i preferiti dai Rom perchè ritenuti una specie di «status symbol». In auto c’è persino un piccolo gruppo elettrogeno che Alain usava per alimentare l’attrezzatura elettrica: una necessità visto che la corrente non è un bene di consumo nelle capanne dei Rom. E lui, il «dottore», gira parecchio per gli accampamenti, anche fuori Roma: a Milano, a Palermo, a Macerata. Insomma, sembra essere molto richiesto. La mutua fai-da-te Ma Alain non è laureato, non è neppure in grado di esibire un diploma di odontotecnico. Così la denuncia è d’obbligo (abuso di titolo) ed anche il sequestro dell’attrezzatura. Per i Rom è la fine della mutua improvvisata. Già, perchè il cavadenti applicava tariffe assolutamente concorrenziali. «Guarda miei denti», dice al cronista un donna toccando il giallo dell’oro che esalta l’arcata superiore. «Li ha messi lui e mi ha fatto pagare niente... dieci... venti euro. Mai avuta infezione, mai febbre. Quando lo chiami arriva subito, non come in ospedale che dicono sempre “torna dopo”». Lo conoscono da vent’anni, Halili il dottore. E lui conferma: «Sono una brava persona, tutti sanno chi sono. La polizia mi ha fermato altre volte ma sempre mi ha lasciato l’attrezzatura, tutti sanno che so lavorare. Non faccio il dentista, qualche volta ho tirato giù un dente, ma quando era facile. Io costruisco i denti e lavoro con l’oro, senza truffe. Mi sento rovinato, magari mi restitussero gli attrezzi per le protesi, giuro che non farei altro che quel lavoro, senza interventi sui pazienti». Alain ha 57 anni e vive a Nettuno. E’ quello che si potrebbe definire uno straniero integrato. I figli che studiano, la moglie lavora partime in una farmacia, il mutuo per l’acquisto della casetta da pagare. Resta lontana, la fuga dal Libano: «Siamo fuggiti... non ricordo... forse 34 anni fa. C’era la guerra civile... Mio padre era medico, siamo una famiglia di tradizione, faceva il dentista. Lui è morto in Libano, anche mia madre. Mio fratello venne in Italia, a Napoli, sposò una italiana. Adesso è morto. Io invece sono andato in Francia. Poi mi sono trasferito in Italia: faccio questo lavoro da più di vent’anni. Non so fare altro e sono diplomato, giuro. Il mio diploma è in Libano, ma come si fa a cercarlo in una situazione come quella di oggi? Io ho cercato di tornare a casa, ma ogni volta ho incontrato guerre e violenza. Sono una persona onesta, vivo nel vostro paese da più di vent’anni e non ho mai sgarrato». Gli viene in soccorso la moglie che sussurra nella cornetta: «Aiutatelo. Quegli arnesi sono il pane dei nostri figli. Mio marito è una brava persona, gli ho detto tante volte di procurarsi la copia di quel maledetto diploma...». Neppure lei, forse, come Alain, riesce a comprendere l’importanza di un attestato. Non sono forse contenti i pazienti del marito? Torna alla mente lo zingaro di Tor Cervara che garantisce: «Lui lavora con l’oro della sterlina, è il migliore».E rivediamo il sorriso “luccicante” della signora con la bandana e la gonna lunga e sgargiante che ripete: «E’ bravissimo, dottore».
Di Fabrizio (pubblicato @ 11:03:18 in media, visitato 1722 volte)
Grazie a Vita, rivista d'informazione no-profit, l'immigrato potrà raccontare la propria storia
di Enrico De Grazia
L'informazione sul tema degli immigrati oscilla tra buonismo melenso davanti al dramma delle centinaia di disperati sulle carrette del mare e l’allarmismo esasperato davanti al ripetersi di episodi di criminalità. È necessario, dunque, che anche lo straniero si faccia sentire e Vita, rivista di informazione del no-profit, attraverso l'iniziativa "Speciale immigrazione: giornalista per un giorno", da questa opportunità a chi ha voglia di raccontare la sua storia d’integrazione in Italia. Basta inviarla a...
By Jeffrey White | Correspondent of The Christian Science Monitor
OSTRAVA, REPUBBLICA CECA - Soltanto quando il visitatore lasciò la stanza, Helena Gorolova andò vicino a suo marito e gli sussurrò: "Come donna, mi sento senza più valore."
Helena Gorolova non potrà più avere figli. Sedici anni fa, racconta, i dottori la sterilizzarono mentre stava dando alla nascita il suo secondo figlio, con parto cesareo. Senza avvertirla di cosa si trattava, i medici le fecero firmare la documentazione per la sterilizzazione.
"Mi dissero, firma qui o morirai" dice "In quelle condizioni, avrei firmato qualsiasi cosa, ero terrorizzata. Non sapevo cosa significava la parola sterilizzazione, e firmai senza sapere di che si trattava."
Helena Gorolova dice che i dottori la sterilizzarono non perché fosse in pericolo di vita, ma perché Romni. Gli attivisti dei diritti umani affermano che la caduta del comunismo 16 anni fa non ha posto fine a questa pratica rivolta alle donne Romani - a volta offrendo soldi per estorcere il consenso - per il controllo della popolazione.
La questione ora è rimbalzata sui tavoli dell'ONU. Questa settimana è attesa la bozza del rapporto del Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione contro le Donne, che accusa il governo Ceco di non aver fornito risposte complete su 80 casi similari, che riguardano gli anni dal 1986 sino al 2004.
[...] Il rapporto si conclude con l'appello al governo perché cambi la legislazione in merito e indennizzi le vittime.
"Non sembra possibile che il governo fornisca risposte esaustive sulla protezione dei diritti umani nella repubblica," dice Gwendolyn Albert, direttore di Human Rights League a Praga.
Il Ministero della Sanità assicura che sta investigando su questi casi. Un portavoce del Ministero parla di "casi isolati e senza continuità" e nega che le donne Rom fossero un obiettivo di questa pratica.
Gli attivisti notano che i casi riguardano alcune regioni più di altre. In Slovacchia, ad esempio, sembra che ci siano più casi, ma la pratica riguarda anche casi in Ungheria, Romania e Bulgaria.
Ma la ricerca di dati è difficile, primariamente per gli ostacoli che dottori ed ospedali pongono nel fornire informazioni, dice Dimitrina Petrova, direttrice di European Roma Rights Center a Budapest. "Ci sono molti ostacoli. E' estremamente difficile raccogliere i fatti."
Molti dei casi sono simili: coinvolgono donne Rom che erano ricorse al secondo taglio cesareo, a cui i dottori prescrivevano la chiusura delle tube per evitare una terza gravidanza (ed un altro cesareo). Nella maggior parte dei casi, non venivano date informazioni e si chiedeva solo di firmare dei documenti. Altre addirittura affermano di essersi trovate di fronte al fatto compiuto.
"Non mi dissero che stavo firmando [un consenso] alla sterilizzazione," dice Evita Cerenakova sul foglio scritto a mano che le fu presentato quando dette alla luce la sua seconda figlia nel 1997."Non mi dissero niente."
Evita Cerenakova dice che i dottori le spiegarono che stavano dandole "un impianto per il controllo delle nascite."
Ora, ha citato l'ospedale per danni, $54,245. Tre altre Romnì stanno facendo lo stesso [...]
Finora, pochi casi hanno riguardato le donne ceche non-Rom, che invece investe la popolazione Rom più marginalizzata. "La verità è che non ci sono abbastanza donne [di etnia] ceca che siano coinvolte" spiega Michaela Kapalova, che rappresenta 40 donne di etnia Rom.
Molti dei circa 12.000 Rom slovacchi sono qui ad Ostrava, una città con alti tassi di disoccupazione vicina al confine polacco, stipati in quartieri lontani dal centro in palazzi che sono vicini allo sbriciolarsi. Di pomeriggio, gli uomini fumano mentre le donne preparano la cena. I bambini abbondano. I casi di sterilizzazione hanno toccato una corda profonda all'interno di una cultura che stima sopra ogni cosa la famiglia e prevede molti bambini.
"Stiamo tentando di ricevere delle scuse pubbliche" dice Helena Gorolova "perché non venga fatto ad altre donne quello che noi abbiamo patito."
Molti Rom ritengono che queste pratiche continuino. Il governo lo nega.
L'anno scorso, Helena Ferencikova fu la prima donna a vincere un caso contro un ospedale. Un tribunale di Ostrava stabilì che i dottori avevano mancato di informare e ottenere il consenso della donna sterilizzata nel 2001, e chiesto all'ospedale di scusarsi, L'ospedale è ricorso in appello.
I dottori negano di aver agito in malafede, ma sembra che le cose nel frattempo stiano cambiando.
"Dieci anni fa, le informazioni ai pazienti erano ad un livello differente da adesso," dice Richard Spousta, capo-ginecologo nell'ospedale cittadino di Ostrava. Ora, dice, le donne devono aspettare almeno sei settimane dopo la nascita del bambino, prima di essere sterilizzate.
Un venerdì al mese, Helena Gorolova raggiunge altre Romni di Ostrava in un gruppo di supporto.
Una di loro è Helena Balogova, analfabeta. L'ospedale le diede $ 225 "per quella cicatrice," dice mostrando il segno sulla pancia. "Potrei aver avuto quattro altri bambini con mio marito."
Fotografie del 09/09/2006
Nessuna fotografia trovata.
|