Di Fabrizio (del 19/10/2012 @ 09:05:32, in casa, visitato 2377 volte)
Leggevo mercoledì scorso l'articolo di Maurizio Spada:
DALLA
CASA BENE RIFUGIO ALLA CASA SOCIALE e già nelle prime righe mi imbatto in
questa affermazione: "A parte i popoli migranti come i Rom tutti gli altri
hanno bisogno di una casa:" e subito dopo "ora osserviamo che a questo
bisogno fondamentale si risponde nei modi più disparati."
Iniziale caduta di braccia: i Rom rimangono, se non col nomadismo inscritto
nel DNA, dei migranti, gente che non è destinata a stanziarsi e quindi di
casa
non ha bisogno. Possibilmente col solito equivoco: non siamo NOI i cattivi che
non vogliamo concedergliela, sono LORO a non averne bisogno. Quindi, norme e
diritti sono salvi. Ma che differenza può esserci tra un nomade e un migrante?
Forse quel "popoli" iniziale che muta una condizione accessoria e
temporanea (l'essere migranti) ad una situazione culturale loro (il
popolo migrante), senza individuare una altro aspetto culturale partorito
da noi (un popolo sfollato e cacciato, quindi PER FORZA migrante).
Altro sconcerto (ma ormai dovrei saperlo): l'articolo è
ospitato dalla rivista
ArcipelagoMilano: da quattro anni ospita un meritorio dibattito che riunisce i
resti del riformismo milanese, che in passato ha giocato un ruolo fondamentale
nella storia politica cittadina. E "politicamente" sono preoccupato che anche
qui passi il discorso di bisogni abitativi differenti "a prescindere"
(attenzione: il differenzialismo si applica inizialmente ad una
minoranza, per allargarsi in seguito alle altre fasce deboli di popolazione).
Superati questi due scogli iniziali, mi sono impegnato a leggere il resto
dell'articolo, nella speranza di correggere il mio giudizio di partenza. Alla
fine mi è rimasto un senso di delusione: ben scritto e documentato (impreziosito
da citazioni di Heidegger, oltre che degli imprescindibili Marc Augè e dell'Housing
Sociale che in questi casi non mancano mai), ma quello che ad una prima
lettura si presenta come un viale elegante, si chiude come un vicolo senza
uscita.
Nella mia ignoranza, riparto dalla seconda frase che ho citato all'inizio: "ora osserviamo che a questo
bisogno fondamentale si risponde nei modi più disparati." E dall'articolo
di Maurizio Spada vorrei estrapolare un capitolo:
In questa situazione si ritiene che a qualcuno interessi che le case siano
costruite a regola d'arte seguendo principi di sostenibilità energetica e
sociale? Un po' diverso è stato l'operare del mondo cooperativo, almeno nella
prima metà del secolo scorso, infatti sono di quegli anni progetti di città
giardino e d'interventi edificatori che prevedevano la proprietà indivisa,
prezzi d'affitto calmierati congiuntamente a una vita di relazione diversa e una
filosofia che voleva alcuni servizi in comune e molta solidarietà, come ad
esempio i quartieri della Società Umanitaria dei primi del '900. Purtroppo nel
secondo dopoguerra la cooperazione, che intanto sceglie la proprietà divisa
seguendo le mode, finisce per operare come le immobiliari: anche se all'inizio
si costruisce per i soci che le abitano, dopo qualche anno le case possono
essere vendute entrando così nel libero mercato e generando notevoli affari.
Una città, grande o piccola che sia, agisce e cresce essenzialmente su due
logiche contrapposte:
da una lato la spinta razionalista e macroeconomica, per cui
una determinata soluzione abitativa viene ripetuta come una
formina da spiaggia;
dall'altra una spinta più anarchica e microeconomica, per
cui i diversi strati della popolazione che la abitano, si
differenziano in base a storie, bisogni, localizzazione, ecc. e
queste differenze si riflettono nell'abitare.
Vediamo quindi se partendo dai "Rom [che] tutti gli altri hanno
bisogno di una casa" si riesce a giungere ai "modi più disparati."
Attenzione però, il mio non sarà una specie di esercizio filosofico, ma vorrei
ragionare su un concetto che partendo dai Rom (e dai Sinti, e dai Caminanti)
potesse essere utile in una discussione meno settoriale: LA CITTA' PER TUTTI
(sapendo comunque che il PER TUTTI è già di per sé un'espressione che appartiene
all'utopia). Lo spunto è dato dal
PROGETTO ROM, SINTI E CAMINANTI 2012-2015 che proprio in questi giorni
dovrebbe essere discusso in comune, per essere presentato in giunta a fine
mese. Un aspetto non secondario è che il progetto iniziale dovrebbe
contenere tutta una serie di osservazioni, maturate dal confronto con
associazioni, consigli di zona, i rom stessi; e da questo punto di vista si
tratterebbe di una novità importante. Sarebbe utile se in questa
discussione rientrassero le proposte fatte due anni e mezzo fa dal
Tavolo Rom, riguardo l'abitare nell'area metropolitana di Milano.
Proposte "le più disparate", ma che presuppongono un processo,
partecipato e condiviso, che superi la situazione attuale dove "popoli
migranti" ed abitare sono destinati a non incontrarsi mai, sancendo una
situazione abitativa differenziale e da terzo mondo. Con un rischio che riguarda
tutti: le condizioni socio sanitarie di un qualsiasi insediamento spontaneo
lasciato a se stesso, non si fermano ai limiti del campo, ma tracimano. Le
malattie sono per loro natura antirazziste, colpiscono tanto Rom che i loro
vicini, il degrado umano ed urbano di un campo abbandonato ricade su tutta la
zona circostante. Quindi la questione del superamento dei campi ATTUALI, non
riguarda solo l'1‰ della popolazione, ma va affrontata
nello spirito del riformismo milanese degli anni '60, quando menti e risorse
furono impiegate per risolvere l'emergenza sociale e abitativa dei tanti
immigrati che arrivavano dal sud Italia.
Mi limito ad alcuni punti del documento del Tavolo Rom:
Non da ora, ma almeno da una ventina d'anni, ci sono Rom e
Sinti che le case le abitano (o le occupano). In alcuni casi,
senza grossi problemi (e quindi noi smettiamo di considerarli
Rom e Sinti, come se la normalità non fosse una notizia), in
altri casi le situazioni sono più conflittuali. Vuoi perché
funziona nei fatti una sorta di integrazione all'incontrario,
per cui le devianze sociali maturate in un campo rom si saldano
con le tipiche devianze da ghetto urbano, sia perché la
destinazione d'arrivo si trasforma da campo orizzontale a
verticale, replicandone tratti positivi e negativi. Ma il
fenomeno dell'urbanizzazione riguarda, in misura diversa, tutti
i gruppi presenti in città.
Un problema legato al passaggio da una stanzialità non
riconosciuta (campo sosta) ad una ufficiale (casa), è la
sostenibilità. Lavoro, in parole povere. Non si può parlare di
percorso verso l'autonomia, quando le famiglie rom e sinte che
scelgono di andare ad abitare una casa, non ne hanno i mezzi;
ricadranno nella dipendenza dalle mafie locali, piuttosto che
dalla chiesa, dal volontario o dall'associazione di turno. O
nella mentalità del ghetto, cioè ricercare le risorse necessarie
all'interno del proprio clan, senza interazione col mondo
circostante. Se di lavoro si tratta (ma preferirei usare il
termine SOSTENIBILITA'), pur in una situazione di grave crisi ci
sono da anni fette di popolazione rom e sinta che hanno trovato
lavoro, come dipendenti o lavoratori autonomi, persino
imprenditori, e altri si sono riuniti in cooperative. Il
documento propone quindi la creazione di un'AGENZIA, con compiti
di supporto e consulenza, che veda la presenza di soggetti
istituzionali, sindacali e di categoria. Ma, contemporaneamente,
una simile agenzia dovrebbe farsi carico del problema più
propriamente sociale: queste comunità soffrono di un rapporto
altamente conflittuale col resto della popolazione, e questo
conflitto va mediato e governato per evitare "crisi di rigetto".
Potrà sembrare l'ennesimo ente DIFFERENZIALISTA, in realtà
dipende dai soggetti locali che si riusciranno a coinvolgere:
perché una simile unione e confronto di forze diverse, si
trasformi in un laboratorio di mediazione sociale diffusa,
nell'INTERESSE GENERALE.
Alcuni Rom e Sinti (anche qua, dei gruppi più diversi) sono
disposti a trasferirsi in cascina, potendo mantenere lì uno
stile di vita familistico, più vicino alle loro tradizioni.
Attenzione:
alcune hanno aperto un mutuo da anni, eppure sono ancora
"parcheggiate" in un campo. Ma il discorso, COMUNE anche
stavolta, che si pone è: se non ci fossero queste famiglie,
questo capitale edile di cascine abbandonate, che fine farebbe?
E' una questione da affrontare CON URGENZA anche a livello
cittadino, dato che sempre di più si parla di città
metropolitana, che supera grandemente i confini cittadini.
La città metropolitana, e la generale scarsa attenzione che
viene riservata alla città fuori dalla cerchia dei Navigli, ci
porta in quel terreno esteso ed indefinito della periferia
metropolitana. Proprio lì dove si ammassano i campi rom,
comunali e spontanei. Se di superamento vogliamo parlare, ho in
mente un esperimento che da poco è nato nel campo comunale di
via Idro: le stesse strutture vengono utilizzate per il resto
della cittadinanza e lì periodicamente si svolgono proiezioni di
film, presentazioni di libri, riunioni e feste aperte alla
cittadinanza. Il campo si trova all'inizio del neonato Parco
della Media Valle del Lambro, ed è sede una cooperativa di
operatori del verde, un insediamento lì sarebbe del tutto
conseguente. Se aggiungiamo che l'insediamento è in gran parte
autocostruito, che le famiglie condividono le loro piazzole con
ogni tipo di animale da cortile e fattoria (allevato secondo le
norme di legge), quel piccolo insediamento può essere realmente
una risorsa per la zona, per le scuole, per gli urbanisti.
Diverse soluzioni, che comprendono vari aspetti, tutti problematici,
dell'abitare una metropoli complessa e stratificata come Milano. Non intendo
restringerle, ripeto, alla sola questione rom, sto cercando di capire come sia
possibile ragionare assieme, e vedere come questa presenza può tramutarsi in
ricchezza per Milano, o dagli errori politici passati ricavarne buone pratiche future.
Mi viene un dubbio: esiste una logica che lega tutto quanto ho scritto
sinora? Forse sì. Partendo da un gruppo tra i più disagiati e discriminati (in
città, come altrove), che addirittura "di una casa non avrebbe bisogno",
da milanese ho provato ad allargare il discorso a tutta la comunità che qui vive
ed interagisce, provando a spostare l'equilibrio dello status quo. Credo che si
chiami... forse POLITICA?
Di Fabrizio (del 20/10/2012 @ 09:10:55, in casa, visitato 1281 volte)
In questo video, realizzato nel 2007, vengono descritti i ghetti urbani
calabresi in cui sono emarginati i cittadini rom e tanti altri cittadini poveri.
Domenica 28 ottobre 2012 ore 19.00, RAT MORT via Cairoli 18, 46100 Mantova
Grande Occasione!!! ragazzi questa sera avremo l'onore di avere come ospite
al Rat Mort Paul Polansky! venite numerosi a godervi una serata di poesia,
musica e ovviamente drink d'altissima qualità con noi! Possibilità di degustare
Ardbeg Uigeadail e Manhattan Cocktail preparato con prodotti super premium su
prenotazione. (per favore indicate in bacheca se desiderate la degustazione.
Costo per i due drink 20euro).
Martedì 30 ottobre 2012 ore 20,30, SENZA NOME
via Belvedere 11/b BolognaPUGNI ZINGARI E MALAVITA. A cura di
100 thousand poets for change, in collaborazione con
Associazione FARM
Mercoledì 31 ottobre 2012 ore 20.30 Palazzo Verbania a Luino (VA). Organizzano Mahalla e Officine di Lago
Di Fabrizio (del 21/10/2012 @ 09:17:48, in Italia, visitato 1496 volte)
Desideriamo invitarvi a partecipare alla rassegna "HO INCONTRATO
ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI" IV Edizione, organizzata dall'Associazione
La Conta in collaborazione con l'Associazione "Aven Amentza – Unione di Rom
e Sinti", Associazione "ApertaMente di Buccinasco" e la Redazione di
Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo – Milano, che ci sarà,
con ingresso ad offerta libera, a partire da giovedì 25 ottobre 2012,
alle ore 21.00, alla CGIL Salone Di Vittorio - Piazza Segesta 4, con ingresso da
Via Albertinelli 14 (discesa passo carraio) a Milano
PROGRAMMA DELLA RASSEGNA
Giovedì 25 ottobre 2012 alle 21,00 –
Presentazione del libro "ME ROM" di Erica Rodari,
Ed. Puntorosso – 2012, con la partecipazione di Erica
Rodari e di Fabrizio Casavola che,
anche con la proiezione di documentari inediti, ci parleranno,
delle persecuzioni subite negli ultimi anni, dalle genti Rom, in
particolare dopo il decreto "emergenza rom" dell'ex ministro
Maroni. Il libro "ME ROM" di Erica Rodari, Ed. Puntorosso – 2012
- Stiamo assistendo al crescere dell'interesse e dell'attenzione
nei confronti dei Rom. Forse è proprio una reazione dei "giusti"
alle persecuzioni particolarmente accanite di cui sono stati
oggetto negli ultimi anni nel nostro paese. In particolare dopo
il decreto 'emergenza rom' dell'ex ministro Maroni.
In questo libro/dossier abbiamo cercato di mettere in fila gli
episodi più significativi nel bene e nel male: da una parte la
violenza istituzionale e il razzismo e dall'altra le voci e gli
atti di tanti cittadini che si sono opposti e si sono spesi in
prima persona. Il quadro che ne vien fuori offre vari spunti di
riflessione perché è uno spaccato del momento che stiamo vivendo
in una società sempre più spezzata, amara ma per nostra fortuna
ancora vitale.
Martedì 13 novembre 2012 alle ore 21,00 –
Incontro "Il quartiere Terradeo: un'esperienza positiva"
con la partecipazione di Ernesto Rossi,
dell'Associazione "Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti" e dell'
Associazione "ApertaMente di Buccinasco" che ci parlerà della
storia condivisa di questo quartiere singolare di Buccinasco.
Giovedì 13 dicembre 2012 alle ore 21,00 –
Presentazione del libro "I ROM DI VIA RUBATTINO: Una
scuola di solidarietà" di Elisa Giunipero e Flaviana Robbiati,
Ed. Paoline – 2011, con la partecipazione di Fabrizio
Casavola ed alcune delle Insegnanti di Via Rubattino
che ci parleranno del libro e di quella esemplare esperienza di
solidarietà Il libro "I ROM DI VIA RUBATTINO: Una scuola di
solidarietà" di Elisa Giunipero e Flaviana Robbiati, Ed. Paoline
– 2011 - Milano, 19 novembre 2009: la baraccopoli di
via Rubattino, occupata da circa trecento rom, viene sgomberata
dalle forze dell'ordine. Per la prima volta, si crea una
mobilitazione di cittadini in favore dei rom: alcuni milanesi
aprono la porta della propria casa per dare ospitalità ad alcune
famiglie che non avrebbero alternative reali alla strada.
Questo libro racconta la straordinaria avventura di incontro,
solidarietà, amicizia tra un quartiere di Milano e i rom,
avventura iniziata con l'iscrizione a scuola di alcuni bambini
rom da parte della Comunità di Sant'Egidio. La scuola si è
rivelata infatti il primo luogo di integrazione, non facile ma
possibile.
La storia dei rom di via Rubattino ha risvegliato pensieri e
azioni di solidarietà anche in altri quartieri di Milano e in
altre città. La rete di simpatia, buon senso, generosità, voglia
di cambiare che ha circondato i rom di via Rubattino ha molto da
dire al clima di antigitanismo che sembra crescere in Europa.
Gli autori di questo libro sono tanti perché quella raccontata
qui è una storia collettiva: maestre, genitori e alunni delle
scuole, sacerdoti, volontari, cittadini, giornalisti. Scritto
come cronaca diventa testimonianza di percorsi possibili e
stimolo a cercare strade di integrazione, unico futuro
possibile.
Questo libro ha il grande vantaggio di guardare in faccia la
realtà così com'è, senza aggiunte né proclami, allo scopo di
provare a identificare una via da percorrere.
Vi saremo grati se vorrete dare diffusione elettronica alle iniziative di
cui sopra e/o diffondere le stesse tra le persone che ne possono esservi
interessate. Vi ringraziamo in anticipo.
Di Sucar Drom (del 22/10/2012 @ 09:06:34, in blog, visitato 1523 volte)
Mengri skola
L'Istituto di Cultura Sinta sta preparando un breve ed agile documento/guida che
affronti la scolarizzazione dei minori parlanti le lingue romanés e sinta,
offrendo strumenti di intervento da strutturare nella propria realtà locale...
Cosa significa "razzismo istituzionale"?
Si parla di razzismo istituzionale quando politiche, norme e prassi
amministrative perpetuano, rinforzano o producono la disuguaglianza e il
malessere sociale di minoranze svantaggiate. A coniare e diffondere
l’espressione institutional racism furono Stokely Carmichael e Charles Hamilton,
grazie al loro libro-manifesto "Black Power. The Politics of Liberation in
America"...
Razzisti non si nasce, ma si diventa
Non nasciamo razzisti, né lo diventiamo nei nostri primi anni di vita. Anzi, da
piccoli, davanti a persone dal colore della pelle diverso dal nostro, non
abbiamo alcun sussulto, emozionale o razionale, e tantomeno avvertiamo paura,
timore, rabbia o aggressività...
UEFA, la settimana contro il razzismo
Le tre giornate di UEFA Champions League e UEFA Europa League offriranno la
settimana prossima una piattaforma di alto profilo per la comunità del calcio
europeo che si riunirà per trasmettere forte e chiaro il messaggio che la
discriminazione non ha posto in questo sport. Da...
Berlino, mercoledì sarà inaugurato il memoriale per le vittime del Porrajmos
Verrà inaugurato mercoledì prossimo a Berlino, dal cancelliere tedesco Angela
Merkel, il memoriale in ricordo dei 500mila rom e sinti sterminati dai nazisti
tedeschi perché "di razza inferiore", una minoranza vittima ancora oggi di
discriminazioni e persecuzioni...
I Rom lentamente abbandonano le abitudini alimentari ereditate
dall'India By Mária Hušová - on October 8, 2012
Sino a poco tempo fa, un Rom non avrebbe mangiato gli avanzi del giorno
precedente. In altre parole, mai avrebbe toccato il cibo avanzato da un pasto
precedente, e la donna che avesse avuto l'audacia di servirglielo sarebbe stata
rimproverata. Ma non soltanto l'uomo si sarebbe comportato così, anche una donna
o un bambino avrebbero fatto a stessa cosa. E' uno degli ultimi costumi che i
Rom mantenevano dai tempi antichi dell'India. I Rom cucinano cibo fresco ogni
giorno ed alcuni cibi preparati per pranzo non vanno bene per cena. Questo
discende da una credenza per cui il cibo andrebbe già decomponendosi e non
sarebbe più buono da mangiare. Alcuni Rom si aggrappano con ostinazione a questa
abitudine, nonostante il fatto che la donna debba cucinare diverse volte in un
giorno, oltre a pulire la casa e curare i bambini, se vuol stare al passo coi
compiti quotidiani.
Tuttavia, ho notato che alcuni giovani Rom, trasferitisi ad esempio in
Repubblica Ceca per lavoro, hanno abbandonato completamente questa abitudine.
Sono stati obbligati a farlo per ragioni economiche e per mancanza di
tempo libero. Alcune giovani coppie hanno formato famiglia a Mladá Boleslav. Ma
se un marito o il partner lavorano su tre turni giornalieri, la donna ha
abbastanza tempo per occuparsi delle faccende domestiche e della cura dei
bambini, senza aiuto da parte dei parenti. Cucinando così per i due giorni
seguenti e conservando il cibo in frigorifero.
Mi sono dovuta adattare a questo regime, anche se sono rimasta scioccata
quando il mio partner si è offerto di aiutarmi. Anche lui è rom e per anni aveva
vissuto senza pasti cotti al momento. Non aveva molto tempo libero e non voleva
sprecarlo cucinando.
Io vengo da una famiglia dove non veniva mai servita la zuppa del giorno
prima, altrimenti con ogni probabilità mio padre avrebbe rovesciato il piatto.
Oviamente ho portato questa abitudine con me nella Repubblica Ceca. Qui avvenne
un grande cambiamento, come quando scioccai il mio ragazzo perché volevo gettare
gli avanzi del giorno prima. Mia madre cucina due, a volte anche tre pasti al
giorno. Naturalmente ciò ha un costo sul portafoglio, ma si dice che "non si
deve mangiare il cibo stantio" ed alcuni Rom semplicemente si aggrappano a
questa tradizione.
Fui costretta a cambiare perché non avrei potuto agire diversamente. Così
ammetto che per me è più conveniente cucinare per il giorno seguente e quindi
risparmiare tempo per me stessa. E sono qui, sopravvissuta, nonostante ciò. I
non-Rom ridono di noi quando diciamo "puah" di fronte al cibo del giorno prima.
I Rom dicono che bisogna essere taccagni per poter mangiare la zuppa di tre
giorni.
Il mese scorso sono andata in visita dalla mia famiglia in Slovacchia, e mi è
dispiaciuto vedere la quantità di cibo che ogni giorno si butta via. Mia cognata
aveva preparato tortini di patate. Il giorno dopo ci fu un barbecue, così
nessuno toccò i dolci avanzati. Il mio ragazzo ed io abbiamo detto che li
avremmo mangiati lo stesso. Tutti ci guardarono in modo strano, sorridendo
quando dissi che nulla poteva succedere a delle torte di patate che erano state
conservate in frigo, e questo ci fece sentire come se fossimo arrivati da un
altro mondo.
E conosco un'altra strana abitudine che data dal periodo che i Rom hanno
passato in India. Quando una donna da alla luce un bambino, nelle sei settimane
seguenti non le è permesso cucinare, per motivi collegati all'igiene. Altre
donne della comunità cucineranno per la famiglia. Ma è una tradizione che non
esiste più, e nessuna Romnì al giorno d'oggi cucinerebbe per un'altra famiglia.
Forse qualcuna porterebbe da mangiare alla neo-mamma, e se la donna ha un marito
"emancipato", lui potrebbe aiutarla. Altrimenti, deve continuare a cucinare.
I ritmi del nostro tempo ci costringono ad adattarsi a nuove circostanze, e
lasciarci dietro vecchie abitudine e tradizioni. Non possiamo evitare che, come
ogni nazioni, si perdano abitudini che diventano lentamente pezzi da museo.
Chiediamo ai più anziani come sono riusciti a mantenere vive le tradizioni e
cosa rappresentava quella specifica tradizione. Purtroppo, alcune di queste
rimangono solo in forma scritta, perché le generazioni seguenti possano
apprendere di più sulla loro storia e radici, sulle nostre radici.
Di Fabrizio (del 24/10/2012 @ 09:17:05, in media, visitato 2231 volte)
Per i non genovesi sono disponibili i sottotitoli in italiano: cliccare
nell'angolo in basso a destra per attivarli.
Rassegna stampa schizofrenica
Ad inizio settimana leggevo l'ennesima puntata del
processo Ruby (poi, perché Ruby? credevo che il maggior imputato avesse un
altro nome). Ennesima, appunto... mi fa strano che TUTTI, a destra e sinistra
con i vari casini (quelli REALI, cosa avete capito?) che hanno,
si possano appassionare ad una storia boccaccesca. Son tutto fuorché un puritano
(almeno, riguardo al sesso), e se l'ex PresdelCons abbia copulato con una
minorenne consenziente, lo considero sì un reato, ma meno grave di sicuro di tante altre cose
di cui è stato (a torto o ragione) accusato.
E' gente che non frequento (diciamo che con ogni probabilità non mi
inviterebbero comunque), ma un'idea su di loro me la sono fatta:
a meno che non recitino in un film di Buñuel (ma non era
morto?), un'orgia collettiva di vecchi porci straricchi è una
nostra proiezione;
parere personale: se proprio dovessi fare del su e giù con
una bomba del sesso così giovane, probabilmente cercherei un
luogo appartato, anche a scanso di probabili brutte figure.
Però (però) non mi vengano a dire che incontri simili erano un'occasione per
lodare il creatore, col sottofondo di musiche napoletane e di vecchie
barzellette. Cioè: tu mi raduni tutta quella gente, e vuoi che non scappi parola
su un certo appalto, una nomina televisiva, una giunta scricchiolante...?
Legittimamente, s'intende, ma se avessi la disgrazia di lavorare per qualche
testata, credo che sapere di quali affari si discutesse sarebbe una notizia più
importante, per le pecore lettrici, del fatto che Ruby fosse minorenne o no, o
che l'abbia data o meno.
Su peccati veniali e diverse scale di valori, vale la frase finale riportata
nell'articolo (pronunciata da Mariarosaria Rossi, deputata del Pdl e "assistente
personale di Silvio Berlusconi"), la divido in due parti:
Quanto agli scandali che hanno coinvolto esponenti del
partito, come Franco Fiorito, ''e' nella natura umana - dice -
rubare. Certi rubano con dolo altri con superficialita'.
La verita' e' che non bisognerebbe generalizzare. Anche
perche' non e' che se a me entra in casa uno zingaro e ruba, io
poi vado in giro a dire che tutti gli zingari rubano...''.
Comunque, in base a quello che che ho letto, giudico questo piano
sicurezza molto debole, non risolutivo, perché gli interventi sono lunghi,
mirati all'integrazione dei rom, che a mio avviso non hanno mai dimostrato
nessuna intenzione di integrarsi e rispettare le regole, perché amano
vivere nella libertà più assoluta e calpestare le leggi vigenti del nostro
Paese. (il grassetto è mio, ndr.)
Il ché, permettete, mi manda in cortocircuito anche senza Ruby che mi alita
sul collo (o altrove). Perché sembra che questi comportamenti d'improvviso non
siano più "nella natura umana" se per caso non hai la ventura di
chiamarti Fiorito. Non solo, ritorna l'assunto per cui se uno delinque, tutti
siano delinquenti.
Conclusioni a parte, è giusto che sappiate di cosa parla il resto della
dichiarazione di Domenico Gangemi: apprendo dalle sue stesse parole che si
tratta della presentazione del PIANO ROM (vedi questo altro articolo su
VareseNews) da parte della giunta comunale di
Legnano (non lo dice, ma lo si intuisce che è di un altro colore politico); in
parole povere: del tentativo di normare appunto quei comportamenti contrari alle
"leggi vigenti del nostro Paese".
Cos'è che non garba a Domenico Gangemi? Che la commissione comunale abbia
chiesto un'opinione a tutti quanti quotidianamente si occupano di queste
situazioni, ma non a lui! Che, in quanto democraticamente eletto, voleva prima
far sapere al sindaco come la pensava, per poterlo poi ripetere in seduta
consigliare e anche sul sito LegnanoNews. Questa per lui dovrebbe essere una REALE "giunta del
dialogo" e, parole sue, sarebbe lui a cui non vogliono dare spazio.
Titolo acchiappa-gonzi quando mischia sesso con matrimonio (o convivenza)...
Per il resto è vero che tra i Rom sposarsi e convivere prima dei 16 anni era
normale, e resiste tra alcuni gruppi anche se meno che in passato. Personalmente
è una pratica che non condivido e ritengo che nel 2012 andrebbe ripensata, ma lo
scoglio è quel mio "personalmente"... Non sono io a sposarmi e non ho strumenti
per imporre il mio metro di giudizio a chi vive in situazione diversa dalla mia.
Ma, qual è il significato di queste pratiche tra popoli una volta nomadi? Che
siano "matrimoni combinati" o tra minorenni, da un lato fa parte di una politica
familistica di alleanze in terre ostile, dall'altro è un antico costume per
proteggere le ragazze più belle da pratiche ancora più odiose, come la schiavitù
dei secoli passati o il traffico attuale di persone.
La legge italiana è chiara in proposito, ma anche con tutte le buone intenzioni
non vedo come possa influenzare un costume così secolare. Anche perché la
percezione che avrebbe un Rom, sarebbe di una legge che si ricorda di loro solo
quando sono in torto, e mai quando hanno ragione.
Resta da capire, se si tratti di un tentativo della Nuova Sardegna di rincorrere
a destra la concorrente Unione Sarda o, per tornare alle righe iniziali, sia il
risultato di un matrimonio tra moralismo ex-comunista e bigottismo ex-cattolico.
Di Fabrizio (del 25/10/2012 @ 09:10:01, in Italia, visitato 2315 volte)
Graziano Halilovic, nato in Italia da genitori bosniaci, è oggi il Presidente
dell'Associazione Romà Onlus, un'organizzazione che crede fermamente
nell'importanza dell'istruzione delle giovani generazioni Rom e che lavora
affinché le due comunità, Rom e italiani, da secoli conviventi nella penisola,
imparino finalmente a conoscersi e rispettarsi.
Nato in Italia quasi quaranta anni fa, Graziano non è un cittadino italiano, ma
il figlio di immigrati bosniaci che vive da sempre con permesso di soggiorno.
C'è di più, dai documenti Graziano risulta contemporaneamente nato ed entrato in
Italia il 7 ottobre del 1972: il suo venire al mondo nel nostro paese è stato
considerato dalla burocrazia un vero e proprio passaggio di frontiera.
Sposato e padre di ben sette figli, Graziano ha messo radici profonde a Roma e
qui lavora con impegno ed entusiasmo nell'Associazione di cui è presidente: Romà
Onlus. L'integrazione, ci spiega, è una parola ambigua e un processo complesso,
punto di arrivo di un percorso fatto di conoscenza reciproca e rispetto. Romà
Onlus promuove e organizza progetti che coinvolgono soprattutto le giovani
generazioni Rom, ragazzi di seconda o terza generazione, ai quali si vuole
insegnare l'importanza dell'istruzione e insieme ai quali si vuole costruire il
futuro di una comunità sempre più integrata. Come? Studiando per costruirsi una
posizione nel presente, ma anche recuperando la memoria del passato e il legame
con la tradizione, entrando in contatto con la propria cultura, una cultura
dall'identità singolare e plurale, nomade, al tempo stesso, e imparando a
diffonderla e a farla conoscere.
Alla fine del 2007, una donna venne a conoscenza di un bar che apriva a
Vilnius e chiamò per chiedere se cercavano personale. C'era ancora vacante un
posto da lavapiatti, e la donna vi si recò per un colloquio. Al suo arrivo, il
gestore del bar informò la donna che il lavoro non era più disponibile.
Quello stesso giorno, un'altra donna venne a conoscenza della medesima
apertura a Vilnius, e pure lei chiamò in cerca di lavoro. Cercavano sempre un
lavapiatti e la seconda donna arrivò poco dopo la prima per sostenere il
colloquio. Al suo arrivo, il gestore la informò che il posto era ancora vacante
e la assunse.
"Purtroppo" per quell'esercizio, la seconda donna era un'ispettrice
incaricata dall'Istituto per il
Monitoraggio dei Diritti Umani di determinare se ci fosse stato qualcosa di
irregolare nella decisione di non assumere la prima donna, di etnia rom. Il
responso:
ci fu. Cioè: una donna zingara era venuta prima in cerca di lavoro, ma
non è stata assunta perché nessuno vuole avere una zingara nel personale.
Per continuare col precedente tema dell'economia dello spaccio di droga,
vediamo perché in gran parte l'economia formale è inaccessibile ai Rom di
Kirtimai. (confronta
precedente, ndr.)
Un'economia debole è un problema endemico che riguarda tutta la popolazione
lituana. A giugno 2012 il
tasso nazionale di disoccupazione era del 13,3% (l'equivalente di 215.100
persone). La disoccupazione giovanile era del 25,2%. Nel contempo il
salario
minimo mensile, nonostante sia cresciuto da agosto 2012, è di 850 Lita (LTD)
- neanche 320 $. A causa delle difficoltà nel guadagnarsi da vivere, il paese ha
vissuto un forte
calo demografico, oltre 83.000 sono emigrati nel 2010 e quasi 54.000 nel
2011.
Per i Rom. gli stereotipi negativi aggravano la ricerca delle già limitate
opportunità di lavoro formale. Ma se
la discriminazione sulla base dell'origine etnica o razziale è legalmente
proibita, ci sono diverse importanti ragioni per cui questa legislazione è
inefficace. Prima di tutto: la maggior parte dei Rom non conosce i propri
diritti. Non sanno neanche valutare quando i loro diritti siano violati, né il
processo da seguire per un eventuale risarcimento in caso di violazioni. Come
possono lamentarsi? A chi scrivere? Quali documenti presentare? E
quanti di loro hanno familiarità col servizio di
aiuto legale
garantito dallo stato (o con la procedura per richiederlo)? Quindi, sono
poche le denunce per discriminazione intentate dai Rom, quindi, prevale una
cultura discriminatoria nell'impunità.
Oltre a questi disincentivi strutturali, ci sono ragioni pratiche per cui
difficilmente viene intrapresa la ricerca di un impiego. Per arrivare dove si
ricerca personale, può essere necessario cambiare diversi mezzi di trasporto.
Questo significa comprare diversi biglietti (ogni autobus necessita di un nuovo
biglietto), si aggiunga la ricerca della posizione (senza GPS, senza internet,
forse senza saper leggere e scrivere), accedere ai mezzi di trasporto (dopo le
20.00 non ci sono autobus per Kirtimai, e nessun taxi vuole andarci), e spesso è
necessaria la padronanza della lingua lituana. Per la comunità di Kirtimai,
parecchio distante dal centro città e che ospita molte persone di lingua
non-lituana - senza reddito né risparmi, la ricerca di un impiego è un'impresa
praticamente impossibile. Anche se l'impiego fosse garantito, questo porterebbe
a costi iniziali (trasporti, abiti, baby sitter, ecc.) che molti non possono
semplicemente permettersi.
Muoversi a Vilnius
Ovviamente, questo non significa che la situazione debba rimanere immutabile
e che qualcuno perseveri, nonostante tutto. Da luglio 2012, 158 Rom si sono
registrati alla
Borsa del Lavoro di Vilnius. Soltanto otto di loro avevano una qualifica
professionale e 49 non erano mai andati a nessun tipo di scuola. La Borsa del
Lavoro di solito si limita a mettere in contatto gli iscritti con le posizioni
che richiedono un minimo di qualificazione (completamento degli studi superiori
o della formazione professionale) e quindi non può assistere molti Rom di
Vilnius. Le opportunità che la Borsa del Lavoro può offrire sono limitate a
pochi posti di lavoro di manutenzione ambientale, come pulizia delle strade e
spazzamento della neve. Queste sono opportunità, in teoria, ma occorre tenere in
considerazione che potrebbero essere fisicamente impegnative per 41 tra gli
iscritti, che hanno superato i 50 anni e sette con disabilità. Inoltre, sono
opportunità, nei fatti, soltanto teoriche per questa popolazione, secondo le
norme culturali sulla pulizia. I Rom non possono pulire gli spazi
pubblici (in realtà, è una percezione che cambia a seconda dei gruppi e
della dislocazione geografica, ndr.). Alcuni fanno eccezione, ma c'è
una buona dose di vergogna nella loro decisione. Negli ultimi sette mesi, nove
dei 158 iscritti Rom hanno trovato impiego tramite la Borsa del lavoro, e cinque
un impiego temporaneo. Questo sistema
non è efficace per la comunità rom di Kirtimai e la stragrande maggioranza
rimane senza un reddito formale.
La povertà non è certo un lusso, e per superare questa condizione le persone
devono essere in grado di accedere al lavoro e guadagnarsi da vivere. Tuttavia,
uno dei motivi più citati per cui non esistono incentivi a tutti questi ostacoli
strutturali e pratici nella ricerca di un impiego, è che i
sussidi
statali di disoccupazione sono comparabili al salario di un lavoratore non
qualificato.
Quindi, perché impegnarsi con spese a fondo perso, i fastidi del viaggio e
l'umiliazione della discriminazione? La disillusione è il sentimento dominante
tra molti rom, riguardo l'impiego formale e l'ascesa sociale. Sapendo che la
situazione non cambierà. la motivazione a spingere i propri diritti non esiste.
Non sono stati educati a farlo e non sanno immaginare come migliorare la
situazione - quindi dove sarebbe la motivazione? La vita a Kirtimai è
sopravvivenza, non è sviluppo. E ciò è pericoloso.
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