Rom e Sinti da tutto il mondo

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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/06/2013 @ 09:01:21, in Italia, visitato 1279 volte)

Furto in casa e il modulo prestampato: barra la casella 'zingaro' - di Monica Lanfranco | 18 giugno 2013

Succede, ed è davvero un evento traumatico, che malviventi scassinino porte o finestre e cerchino di derubarti in casa. La violenza di questa intrusione va oltre il danno del furto di denaro o oggetti preziosi che vengono portati via con la forza: si tratta di una violazione fisica dello spazio privato e intimo nel quale viviamo, ed è un reato grave e odioso.

Molte e molti di noi hanno purtroppo sperimentato questa evenienza, ed è bruttissimo, anche perché getta in una condizione di vulnerabilità, insicurezza e fragilità estrema.

Racconto una vicenda che mi ha coinvolta da vicino perché, oltre e al di là della vicenda stessa, mi ha fatto conoscere un lato preoccupante di chi dovrebbe stare dalla parte delle vittime e di chi è colpito da questa violenza intrusiva.

Accade che un'amica subisca una invasione nella sua casa: finestra divelta, così come strappati dal muro gli apparecchi antifurto presenti nell'appartamento.

Vengono chiamati i carabinieri, che in un primo momento annunciano che sarebbero potuti arrivare solo molte ore dopo rispetto a quando sono stati chiamati, ("abbiamo solo una macchina per una vasta zona", è la spiegazione) poi, per fortuna, dopo tre ore una pattuglia si presenta alla porta.

La prima frase che i due uomini in divisa pronunciano è: "Signora, sta arrivando l'estate, saran zingari".

Mi astengo dal commentare, anche se trovo fastidioso dare per scontato che chi ruba appartenga solo ad una categoria etnica. Comunque ci sono i rilievi, le foto, la denuncia scritta che occorre poi portare all'assicurazione, nella speranza che alcuni danni possano essere rimborsati.

Capita che sia io a portare la denuncia all'assicurazione. Nell'attesa dell'addetta ne scorro il contenuto, e qui si passa al secondo livello della vicenda.

Noto che è un prestampato standart, con tipologie di eventi che, se corrispondono a quello che è successo, hanno a fianco delle caselle da barrare, evidentemente per facilitare l'organizzazione di chi raccoglie le denunce.

Nella parte finale, dove si chiede se ci siano evidenze riscontrate dalle vittime, c'è una parola, con la sua casella da barrare: c'è scritto 'zingari'.

Zingari, negri, ebrei, omosessuali: una lista inquietante che compone un mosaico altrettanto allarmante della storia recente. Possibile che si tratti di una iniziativa isolata di un singolo ufficio? Possibile che le forze dell'ordine, spesso sensibili, come io stessa sono stata testimone, a temi sociali quali l'integrazione o la violenza su donne e minori, abbiano prestampati di questo genere da somministrare alla cittadinanza?

Possibile che si possa inchiodare su un documento ufficiale una intera categoria di persone come delinquenti? E anche, ammettendo per ipotesi, che la maggioranza degli 'zingari' fosse dedita al furto, come la mettiamo con la minoranza onesta e laboriosa?

Ho voluto sentire un amico attivista, lo scrittore ed educatore romeno Mihai Mircea Butcovan, al quale ho raccontato la vicenda.

Ecco cosa mi ha scritto in proposito: "Sentendo dell'esistenza di questo 'dettaglio burocratico' mi vengono in mente quattro domande spontanee.

La prima è se tra le varie voci elencate come possibili sospettati di furto nelle case d'Italia sia contemplata anche quella dei 'politici', onorevoli o meno onorevoli.

La seconda è se chi ha predisposto tale modulo per la denuncia ha pensato a una efficacia investigativa oppure a un dato statistico - poco scientifico peraltro - da usare un giorno nei proclami di imbonimento elettorale e diversivo.

La terza è una domanda più 'orecchiabile' rimasta in mente anni fa con l'ascolto di una canzone di Francesco De Gregori: "Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti rubando?"

La quarta domanda - e poi mi prende lo sconforto -: ci sarà una solerte cancellazione e relative scuse per un errore concettuale e lessicale che, stante il dibattito degli ultimi 10 anni, non può essere casuale?

Soltanto la terza domanda esige una risposta individuale. Gli altri sono quesiti che devono avere una risposta collettiva. Di indignazione".

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Di Fabrizio (del 21/06/2013 @ 09:03:26, in Italia, visitato 1798 volte)

Campaniasuweb.it 18 Giugno 2013

I nomadi che abitano il campo di Giugliano denunciano il degrado dell'area circondata da rifiuti e gas nauseabondi. Padre Zanotelli: "Se ci saranno conseguenze per la salute di queste persone riterremo responsabili i commissari"

"Non possiamo più rimanere qui, la puzza è insopportabile e abbiamo paura per la salute dei nostri bambini". È l'appello di una delegazione di Rom del campo comunale di Giugliano che nei giorni scorsi ha incontrato i commissari prefettizi del Comune per chiedere il trasferimento lontano da alcune discariche da cui "continuano a fuoriuscire gas nauseabondi". "Se ci saranno conseguenze per la salute di queste persone riterremo responsabili i commissari", dice il padre comboniano Alex Zanotelli in rappresentanza del Comitato campano per i Rom che riunisce diverse associazioni.

UN CAMPO DI 400.000 EURO TRA I RIFIUTI - Il gruppo di Rom, circa 400, è stato trasferito in località Masseria del Pozzo due mesi fa dopo un esodo di due anni nelle campagne della cittadina campana. Il campo provvisorio, dicono le associazioni, è costato circa 400mila euro, tre centimetri di ghiaia e asfalto per separare un insediamento umano da terreni in cui negli anni è stata sversata ogni sorta di rifiuti, legali e illegali. Un'area, spiegano i comitati, di 30 chilometri su cui c'erano 6 discariche in cui sono finiti, negli anni, rifiuti speciali, tossici e nocivi e che è diventata simbolo del disastro ambientale in Campania. Secondo i comitati, le analisi dell'Arpac hanno riscontrato nella falda acquifera un massiccio inquinamento da manganese, ferro, piombo, benzene, idrocarburi, toluene, tetracloroetilene e persino consistenti anomalie magnetiche "attribuibili alla presenza di materiali ferromagnetici nel sottosuolo". Gran parte dell'area in questione è posta sotto sequestro giudiziario.

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA - Una situazione ambientale disastrosa ricostruita nel dettaglio dalla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti che avrebbe dovuto fare da premessa a un piano urgente di bonifiche redatto, approvato, ma mai attuato. "Ci chiediamo come sia possibile una discrepanza così evidente con le analisi ambientali, dicono i portavoce del Comitato per i Rom, che sottolineano anche che il campo è stato costruito dal Comune in accordo con la Prefettura e con il parere favorevole dell'Asl. "Venga fatta chiarezza, ma intanto si cerchi una soluzione alternativa in tempi rapidi", concludono.

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Di Fabrizio (del 22/06/2013 @ 09:08:44, in Regole, visitato 1568 volte)

Da deputata EU a richiedente asilo in Canada: il lungo viaggio di una Romnì - 16 giugno 2013 | Mirjam Donath | Reuters - Chicago Tribune - (Reporting by Mirjam Donath; Editing by Claudia Parsons and Tim Dobbyn)

TORONTO (Reuters) - Meno di quattro anni fa, Viktoria Mohacsi si godeva la vita da politica internazionale, mangiando nei costosi ristoranti di Bruxelles e ottenendo premi come attivista dei diritti umani.

Oggi, trentotto anni e madre di tre figli, dorme sul pavimento di un seminterrato di Toronto e rischia la deportazione. In quanto richiedente asilo, spera di convincere il Canada che la vita di un ex membro del Parlamento Europeo può essere in pericolo in un paese democratico come l'Ungheria.

Racconterà martedì la sua storia nel corso di un'audizione di fronte all'Immigration and Refugee Board. Un banco di prova per la nuova politica migratoria del governo canadese, che considera "sicuri" quasi tutti i paesi EU. Mohacsi, che è rom, sostiene che se tornasse in Ungheria sarebbe a rischio di violenze da parte di gruppi razzisti e di persecuzioni da parte del governo ungherese.

Se perdesse, sarebbe rimpatriata. Se vincesse, il suo caso darebbe speranza agli altri richiedenti asilo della comunità rom dell'Europa centrale e orientale, che attualmente alcuni in Canada considerano come migranti per lavoro, o peggio - criminali che vogliono abusare di un sistema generoso.

Il governo conservatore a dicembre ha inasprito la legge sui rifugiati, per dare un giro di vite a quello che dice essere un'ondata di falsi richiedenti asilo dall'Unione Europea, che cercherebbero di trarre vantaggio dai generosi programmi di welfare. Molti di questi sarebbero Rom. Jason Kenney, ministro all'immigrazione, ha individuato l'Ungheria come principale sorgente dei richiedenti asilo in Canada negli ultimi tre anni, anche se gli Ungheresi, in quanto cittadini UE, possono girare liberamente all'interno del blocco.

Il governo canadese afferma che mentre desidera che il paese rimanga una delle destinazioni preferite per i rifugiati, è sommerso da gente che finge di fuggire da persecuzioni. Le cifre ufficiali mostrano che il Canada ha concesso asilo negli ultimi quattro anni ad oltre 300 Ungheresi, la maggior parte dei quali, dicono gli esperti di immigrazione, erano Rom. Il ministero non si pronuncia sui singoli casi.

Il governo ungherese ha respinto l'ipotesi che qualsiasi suo cittadino, compresa Mohacsi, possa trovarsi in pericolo in Ungheria. "Per quanto ci sia del lavoro da fare nel combattere i pregiudizi contro le minoranze, la sicurezza di una particolare comunità, in generale, non è in discussione," ha detto un portavoce governativo. Ha poi aggiunto: "Se la signora Mohacsi ha le prove di un piano criminale da parte delle forze di sicurezza ungheresi nel violare i suoi diritti costituzionali, il governo le chiede di presentarle agli enti preposti."

CRESCITA RAPIDA

Per molto tempo Mohacsi è stata una delle Romnià più conosciute in Ungheria. La sua ascesa da seduta nel fondo di un'aula scolastica in un piccolo paese ungherese assieme ad altri scolari rom, a seduta nel semicerchio del Parlamento Europeo, è stata rapida. A 20 anni, la piccola donna con gli occhi da cerbiatto divenne la prima femmina rom presentatrice nella principale televisione ungherese, prima di darsi alla politica

"Ero una dolce zingarella che non si poteva fare a meno di aiutare," dice Mohacsi, parlando in ungherese durante un'intervista alla Reuters di Toronto. "Fui sostenuta e ce la feci, entrai nella vita pubblica." Si sposò con Gabor Bernath, direttore del Roma Media Center, con forti collegamenti con i circoli che contano nel partito liberale ungherese.

Quando le elite politiche ungheresi finirono sotto pressione sulla questione della piena rappresentazione delle minoranze, divenne commissario speciale per il ministero all'istruzione, lavorando al programma per desegregare le scuole. A 29 anni, fu una delegata al Parlamento Europeo, madre di due bambini adottati e "ambasciatrice" non-ufficiale dei Rom.

I problemi iniziarono con una serie di violenti attacchi contro i Rom, attraverso tutta l'Europa all'inizio del 2008. Mohacsi viaggiò ossessivamente per tutta l'Ungheria da una scena del crimine all'altra, raccogliendo informazioni. Spinse le vittime che erano riluttanti per paura della polizia, a farsi avanti e denunciare i crimini, spingendo la polizia ad indagare

Arrivò la mattina presto di uno scuro febbraio, nel villaggio di Tatarszentgyorgy dove un uomo e suo figlio di 5 anni erano stai colpiti a morte, mentre fuggivano dalla loro casa data alle fiamme. Un'indagine interna alla polizia confermò che la scena del crimine non era stata resa sicura per ore. Si confrontò con la polizia quando scoprì che avevano riportato che le vittime erano morte per inalazione dei fumi e chiamò direttamente il capo dei "casi delicati" all'Ufficio Nazionale Investigazioni.

"Quando esaminai le foto, vidi subito che lei aveva ragione (erano stati colpiti da armi da fuoco)," disse Lajos Kovacs, detective ora in pensione a cui si rivolse, aggiungendo che l''aiuto di Mohacsi fu "indiscutibile".

Due poliziotti dell'unità coinvolta hanno poi subito provvedimenti disciplinari interni. Attualmente quattro persone sono sotto processo per una serie di attacchi anti-Rom nel 2008-2009., incluso l'uccisione dell'uomo e di suo figlio a Tatarszentgyorgy.

Il governo ungherese ha sottolineato quelle misure - come lo scioglimento del gruppo paramilitare Guardia Ungherese, responsabile di assalti anti-rom - come prova delle misure adottate a favore dei Rom dopo gli omicidi.

Facendo eco ai funzionari canadesi, il governo ungherese ha anche detto che la criminalità organizzata coinvolta nel traffico di persone, sarebbe dietro ad un numero cospicuo di richiedenti asilo in Canada, trovati con motivazioni non genuine.

Alla richiesta di un commento su questa vicenda, il dipartimento della polizia ungherese non ha risposto.

IN PERICOLO O NO?

Poco dopo aver parlato del caso Tatarszentgyorgy, dice Mohacsi, iniziò a ricevere email minacciose in cui veniva chiamata "lurida zingara puzzolente" e "sporco animale" che "presto [morirà] assieme a tutta la tua razza." Scatenò critiche il suo commento che un giocatore di pallamano ucciso avrebbe provocato i suoi assassini rom (che ora sono in prigione per omicidio). Chiese e ricevette la protezione della polizia a casa.

Un elemento chiave negli argomenti di Mohacsi, che sarebbe posta in pericolo dalle autorità in caso di ritorno, è la sua conoscenza di un rapporto dell'Ufficio per la Sicurezza Nazionale riguardo gli attacchi anti-rom nel 2008-2009. Il rapporto pubblicato dal Comitato Parlamentare per la Sicurezza Nazionale concludeva affermando che i servizi segreti avevano seguito gli assalitori e avevano ampie informazioni su di loro, già anni prima che venissero commessi omicidi seriali. Parte del rapporto è stato secretato.

Mohacsi dice di non aver visto il rapporto integrale, ma di avere avuto delle conversazioni a riguardo, inclusa una con Jozsef Gulyas, capo del comitato che aveva commissionato il rapporto.

Gulyas, allora politico dei liberali, e uno tra gli autori del rapporto, dice di non vedere la ragione per cui una parto dello stesso sarebbe stata secretata o perché Mohacsi debba aver avuto timori e lasciare il paese. Parlando al telefono dall'Ungheria, ha detto che il rapporto indicava gli errori che i servizi segreti avevano compiuto durante le indagini sugli attacchi contro i Rom, fossero più che semplice negligenza. Ma aggiungeva: "Non ho mai detto che le autorità abbiano partecipato direttamente agli eventi."

Dice Gulyas: "Sono d'accordo che per un Rom non è facile vivere in Ungheria, ma che lei sostenga che la sua vita sarebbe a rischio, è un'esagerazione poetica."

Kenney, ministro canadese all'immigrazione, ha visitato l'Ungheria ad ottobre, dopodiché dei cartelloni avevano fatto la loro apparizione nella città di Miskolc, patria di molti Rom, che anticipavano il cambiamento delle leggi canadesi in materia di immigrazione, e aggiungevano che quanti non avevano titolo per richiederla sarebbero presto stati rimpatriati. Secondo il ministero dell'immigrazione, nei primi tre mesi del 2013, le richieste di asilo dall'Ungheria, il paese in cima alla lista canadese, sono scese del 98% rispetto al passato, con solo nove Ungheresi in cerca di asilo.

Il caso Mohacsi viene seguito con attenzione in Ungheria e in altri paesi dell'Europa Centrale e Orientale che hanno significative presenze di popolazione Rom.

Aladar Horvath, importante attivista e primo Rom del parlamento ungherese, ha visitato Toronto questa primavera, per operare come testimone esperto in un altro caso di asilo.

Dice che una decisione positiva nel caso Mohacsi "rovescerebbe la posizione politica che l'Ungheria è un paese sicuro."

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Di Fabrizio (del 23/06/2013 @ 09:06:10, in Italia, visitato 2141 volte)

    Carissimi, mi viene un dubbio: non è che qualche amico che leggerà l'articolo di sotto (puro BRIANZA-STYLE), vorrà dar seguito all'ennesima denuncia per istigazione al razzismo?
    Sentite: è domenica, fa caldo e non ho voglia di incazzarmi (se voi volete, fate pure). Per una volta, piedi al fresco e Parole Crociate in mano, fatevi una risata su questi terribili ladri che sono gli zingari, questa enorme piaga sociale, questa minaccia ai nostri chiavistelli... talmente pericolosi da essere messi in fuga da un emulo di Macaulay Culkin!
    E mentre vi sorbite una granita al limone, pensate a come sta combinato l'ex presidente della Circoscrizione Uno di Monza, terrorizzato da decine di zingari che piombano (URKA!!) in città col treno, e "li ha persino visti entrare in chiesa..."
    Settimana scorsa, parlavo con una romnì torinese: ho scoperto che anche a lei hanno fregato la macchina. Gira con una Fiat a due portiere, e ho paura che qualcuno le abbia portato via le portiere posteriori. Poi, quando mi raccontava delle avventure con i gagé del suo condominio, mi è venuto spontaneo di chiederle: "Ma in che quartiere vivi? Tornatene in un campo!"
    Conclusione: i gagé sono pazzi e prima di partire per le ferie... chiudete bene casa!

MBNews: Bravissimo: mette in fuga i ladri come Kevin - Scritto da Laura Marinaro

Ricordate la pellicola del 1990 in cui un ragazzino veniva "dimenticato" a casa dai genitori partiti per un viaggio che inscena di tutto in casa pur di far fuggire una banda di ladri? Sembra incredibile ma ad imitarlo nella realtà è stato un dodicenne residente a Cederna che, circa una settimana fa, è riuscito a scampare una rapina mentre era in casa da solo.

In pratica era a casa a studiare mentre i genitori erano fuori, quando ha sentito armeggiare nella toppa della porta di casa. Verificato dallo spioncino che non si trattava di mamma e papà ma di due zingari, il piccolo ha iniziato a fare rumore. Ha acceso la tv a tutto volume e gli elettrodomestici poi ha iniziato a parlare come se in casa non fosse da solo. E dopo pochi minuti è riuscito nel suo intento: i due malintenzionati si sono dati alla fuga.

Questo è il più curioso di una serie di altri furti in appartamento e su auto che stanno funestando alcune zone centrali della città e non solo e che sono stati riferiti dai diretti protagonisti a Massimiliano Longo, ex presidente della Circoscrizione Uno e ancora attivo nella sua attività di monitoraggio del territorio e accoglienza delle lamentele. Una serie di furti che, secondo Longo, potrebbero essere legati alla presenza di famiglie intere di zingari che ogni giorno si posizionano in diverse zone di Monza.

"Al mattino prendo il treno per andare al lavoro a Milano e tra le 7.30 e le 8.30 in stazione noto che gruppi di almeno dieci e anche più zingari piombano in città - ha raccontato - sono donne, uomini e bambini che si mettono davanti alle macchinette dei parcheggi a pagamento di piazza Cambiaghi e dovunque in centro, e non solo: li ho persino visti entrare in chiesa...". Non è ovviamente provata la connessione, ma secondo il rappresentante pidiellino è strano che contemporaneamente a questa presenza in città e a carovane che stazionano nei pressi dello Stadio Brianteo anche di notte, ci sia stato un aumento di furti in appartamento e su auto. "Mi hanno chiamato dall'Oratorio del Duomo e da quello di Cristo Re dicendomi di aver subito furtarelli di vario genere - ha detto Longo - poi una coppia di anziani che conosco in via Libertà è stata appena visitata di notte, addormentata e derubata nel sonno di tutto; ancora, nelle villette in fondo al viale una donna che era in ospedale, è tornata a casa e l'ha trovata ripulita; fortunatamente il ragazzino di Cederna che ha dodici anni non si è perso d'animo e ha dato alla fuga i ladri". Le vie intorno al Liceo Zucchi, quelle in zona San Gottardo e in centro sono invece funestate da furti su auto soprattutto nell'ora dell'aperitivo: "Un amico mi ha raccontato che alla sua Audi hanno portato via tutto il cruscotto - ha precisato - poi un altro mi ha detto che gli hanno portato via la portiera e così via i furti sulle auto parcheggiate in giro sono in aumento. Le vittime ovviamente hanno denunciato alle autorità competenti. Ma quello che è da sottolineare è che non ci sono abbastanza vigili in giro in centro e forze dell'ordine per la città. Chiederò ai consiglieri di opposizione in Comune di presentare un'interrogazione al sindaco; così non si può andare avanti".

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20-06-2013 / SOCIETA' / di BRUNELLA MENCHINI

LUCCA, 20 giugno - Mandare i figli a scuola e rispettare le strutture che verranno loro messe a disposizione, di questo hanno parlato l'assessore alle politiche sociali della Regione Salvatore Allocca e il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini in visita ai due campi nomadi di Lucca. L'assessore, a Lucca per la presentazione del secondo rapporto condizione abitativa - Abitare in Toscana - Anno 2013, ha tenuto a conoscere di persona la situazione dei Rom e Sinti presenti sul nostro territorio.

"Senza promettere niente - ha detto Allocca - il mio sogno sarebbe di vedere qualche ragazzino che adesso risiede nei campi, andare avanti nel percorso scolastico e perché no arrivare a farsi chiamare dottore. Per fare questo potremmo provvedere con borse di studio".

"Stiamo facendo visite in tutta la regione per capire quali sono le problematiche da affrontare, e con quali priorità. Un progetto quello della Regione Toscana che si inserisce nell'attività della cabina di regia regionale e nazionale che ha aderito al progetto europeo: un percorso che dura 10 anni e che mira ad affrontare il problema non solo in termini di insediamento ma anche sul terreno della salute, dell'istruzione, del lavoro.

"Tutte le cose che consentono di abbattere le condizioni di degrado e di ricostruire gli elementi di sovrapposizione con la popolazione residente - continua Allocca -. Quella dei Romanì in Europa è la minoranza più numerosa: sono 11milioni di persone che non hanno rappresentanza e con cui si lavora come politiche pubbliche poco in termini di integrazione".

"Abbiamo fatto incontri tra istituzioni e associazioni a livello regionale - spiega l'assessore -, adesso facciamo incontri con le istituzioni sul territorio per recepire i progetti e capire come e quando possono essere realizzabili. Le risorse sono poche quindi dovremo fare una scala di priorità. Uno dei progetti per Lucca potrebbe essere la costruzione di villaggi in auto costruzione. Ambiti di insediamento non temporaneo ma permanente con caratteristiche particolari che vanno incontro ai problemi che di solito troviamo: innanzitutto i problemi di relazioni tra i gruppi perché dentro i campi non sempre c'è armonia poi di rimetterli in relazione con il territorio. Una serie di problematiche che non vanno più affrontate nell'ottica dell'emergenza e anche quando gli enti sono chiamati a risolvere emergenze, come ê successo a Lucca di recente, le soluzioni devono stare all'interno di un percorso di lungo respiro. La strategia europea si da 10 anni: in tutto i Rom presenti in Toscana sono 2700: non è impossibile. Dobbiamo fare un battaglia politica per cui ci si renda conto che le istituzioni devono occuparsi di tutto nessuno escluso"

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Di Fabrizio (del 25/06/2013 @ 09:05:54, in media, visitato 1588 volte)

Ricordate gli auguri di buone ferie di domenica scorsa? Il mio articolo è stato ripreso su uno dei blog di Paolo Teruzzi, col titolo:

MONZA: DOPO LA BELLA GITA A PREDAPPIO LAURA MARINARO ALL'ATTACCO DEGLI ZINGARI
LAURA MARINARO, GIORNALISTA DI RAZZA (ARIANA?)

Sempre tramite Teruzzi, vengo a conoscenza di questa risposta (a Teruzzi, non a me):

    Matteo Riccardo Speziali (direttore di MBNews online)
    Buonasera, se mi posso permettere le direi che semmai era più corretto dire che Longo ha quel tipo di "ascendenza" e non la giornalista visto che le dice lui quelle ipotesi di reato verso gli zingari. (E perchè non risponde a Longo attraverso MBnews con una lettera al giornale, crede che non gliela pubblichi? Si baglia!)
    P.S.
    Guardi che tra l'altro usa il logo di MB news in modo improprio. Lo levi, grazie.

Il logo l'ho tolto (ci mancherebbe una guerra per un logo), poi fate voi...

Comunque, per completezza d'informazione, su Facebook salta fuori anche questo:

    Alessandro Gerosa: Dopo l'articolo in cui strizzavano l'occhiolino anche troppo esplicitamente ai neofascisti che andavano a ricordare mussolini a Predappio, la stessa giornalista si esibisce in un articolo in cui si da spazio a commenti di stampo razzista e xenofobo contro i rom.
    Il fatto più preoccupante? Che le venga ancora dato spazio per scrivere.
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Di Fabrizio (del 26/06/2013 @ 09:00:49, in Regole, visitato 1474 volte)

CORRIEREIMMIGRAZIONE, di Sveva Haertter

I cittadini non sono mai "nuovi", "vecchi" o a metà: è lo Stato a essere in ritardo. Le riflessioni di Sveva Haertter, nata a Roma ma italiana solo dal 1983.

Sono nata a Roma nel 1965. Mia madre era italiana, ma siccome mio padre era tedesco e in quegli anni lo "ius sanguinis" era anche sessista - e lesivo degli articoli 3 e 29 della Costituzione - mi hanno dato la cittadinanza tedesca. Non c'era ancora la Comunità Europea e quindi in Italia ero considerata straniera a pieno titolo, mi serviva il permesso di soggiorno da rinnovare ogni anno e per qualsiasi cosa era necessario presentare un mare di certificati.

Il 21 aprile 1983, dopo una sentenza della Corte Costituzionale e un parere del Consiglio di Stato, venne fatta una nuova legge che poneva rimedio all'illegittimità costituzionale di quella precedente, facendo sì che fosse cittadino per nascita il figlio minore, anche adottivo, di padre o di madre cittadini.

Il passaggio non era però automatico e quindi, una ventina di giorni dopo, appena compiuti i 18 anni, feci domanda per ottenere la cittadinanza italiana. Nel giugno 1983, diventata maggiorenne e italiana il mese prima, ho potuto votare alle elezioni politiche. Sulle liste elettorali il mio nome era stato aggiunto a mano all'ultimo momento e io non avevo ancora fatto in tempo ad ottenere dei documenti italiani... Tutto sommato mi è andata bene e non avuto particolari difficoltà, sicuramente anche perché ho la pelle bianca e questo rende tutto più facile, in Italia come in tanti altri posti.

Ma non è una storia un po' assurda? Chiaro che, se non altro per fatto personale, ritengo l'introduzione dello "ius soli" non solo necessaria, ma urgente.
Altrettanto chiaro è però che anche se lo "ius soli" venisse introdotto oggi stesso, resterebbe la legge Bossi-Fini, la tassa sul permesso di soggiorno, i Cie, non sarebbe risolta la questione del diritto di asilo, né sparirebbero automaticamente il razzismo e le discriminazioni e un mare di altri problemi che non sto ora qui ad elencare, anche se in effetti non se ne può parlare mai abbastanza.

Ma come si definisce una come me? Sono forse anch'io una "nuova cittadina"? E da dove viene fuori questa espressione? Già semplicemente per il fatto che sono passati 30 anni, come cittadina tanto "nuova" non sono...

Ne scrivo perché questa espressione mi da un po' sui nervi e non per ragioni formali. Mi fa pensare a uno con il vestito della domenica, una cravatta bruttissima e il sorriso a 32 denti che dice "Eccomi! Sono qui, sono buono e voglio tanto integrarmi! Faccio tutto quello che volete!" o qualcosa del genere. Ma soprattutto mi pare che sposti l'asse del ragionamento.

Se è corretto definire la cittadinanza come una condizione giuridica nella quale ad una persona viene riconosciuta la pienezza dei diritti civili e politici, come fa un cittadino a essere "nuovo"? Ce ne sono forse di "vecchi"? E quale sarebbe la differenza? Certamente se una persona ha acquisito la cittadinanza da poco, si può definire come "nuova" la sua condizione, ma che c'entra? Insomma, penso che sia proprio sbagliato parlare di "nuovi cittadini", mentre sicuramente è necessario rinnovare il concetto di cittadinanza in termini giuridici, legislativi, sociologici, e via dicendo.

Secondo me parlando di "nuovi cittadini" si vuole proprio ottenere l'effetto di spostare il ragionamento sul fatto che le persone, in quanto "nuove", devono dimostrare il proprio valore, la propria utilità. Essere insomma sottoposte ad una sorta di collaudo/rodaggio per poi finire magari nella condizione precedente in caso di funzionamento insoddisfacente... E infatti in questo periodo si sente dire di tutto. Si è parlato persino dell'ipotesi di legare lo "ius soli" a percorsi di scolarizzazione. E a uno che ha la cittadinanza in base allo "ius sanguinis", ma magari è analfabeta, qualcuno si è forse posto il problema di toglierla?

Di includere poi la categoria degli "immigrati" in quanto tale nell'attuale dibattito sulla cittadinanza, se non per quanto riguarda appunto i figli nati in Italia, non se ne parla proprio e già è tanto se negli ultimi anni è assurta fino allo status di "risorsa"...

In Germania si usa parlare di persone "mit Migrationshintergrund", che tradotto significa grosso modo "persone che hanno alle spalle una storia di migrazione". Non so se è corretto come modo di dire, comunque l'approccio mi pare un po' più inclusivo.

E poi qualche eccezione che conferma la regola c'è sempre. Come me, che però particolari problemi non ne ho avuti, anche se un po' spaesata forse a volte lo sono, sia in Italia che in Germania.

Parliamo insomma di una questione di diritti da riconoscere alle persone che nascono e risiedono in questo paese, con tutta la complessità che questo implica e che non si può ricomprendere in un'espressione come "nuovi cittadini". Non ci sono cittadini "nuovi" o "vecchi" o persone catalogabili per numero di generazioni alla quale si presume appartengano (in base a quale criterio di conteggio poi?) o altre cose ancora.

È semplicemente lo Stato ad essere in grandissimo ritardo. Forse è sufficiente partire almeno da questo.

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Di Fabrizio (del 27/06/2013 @ 09:08:00, in sport, visitato 1850 volte)

Se Pirlo non ammetterà mai di essere Sinto (mah... ce ne faremo una ragione), consoliamoci con un vero Manouche (ndr.)

Eric Cantona con la maglia dello United nel 1996. A destra la copertina del libro di Daniele Manusia - Nel libro di Daniele Manusia la parabola dell'ex campione tra colpi di genio e gesti folli

Cantona story: gol capolavoro e follie in campo

FILIPPO FEMIA - LA STAMPA Come si diventa una leggenda del calcio? I piedi buoni e la classe non bastano, questo è certo. Sono fondamentali carattere, istinto e genialità (dentro e fuori dal campo). Ma anche una buona dose di follia. Tutte caratteristiche che nel "pedigree" di Eric Cantona non mancavano. Anzi. Nel libro "Cantona, come è diventato leggenda" in uscita il 27 giugno (Add Editore, 14 euro) Daniele Manusia ripercorre la storia di un campione indimenticabile. Una parabola lastricata di gol, polemiche, trionfi, scivoloni e ritorni trionfali. Senza dimenticare quelli che Manusia definisce i "grandi brutti gesti", che hanno segnato la carriera del francese. "Cantona è un calciatore che ha sbagliato, si è redento, è inciampato di nuovo, ha deluso alcuni tifosi, ne ha mandati in delirio altri: è un enorme contenitore di storie, una più complessa dell'altra", spiega l'autore.

Il suo ego smisurato emerge già al liceo, quando i compagni lo vedono aggirarsi per i corridoi urlando "I am the king!". A 17 anni e mezzo debutta nella serie A francese con la maglia dell'Auxerre, dopo essere stato scartato dal Marsiglia perché "troppo lento". Il rapporto con i compagni è problematico, quello con gli avversari turbolento. Eric è un personaggio schivo: vive in mezzo a un bosco, legge Freud, dipinge e scrive poesie. Ed è estremamente suscettibile. A farlo infuriare è il senso dell'ingiustizia: quando crede che qualcosa stia prendendo una piega sbagliata, sente di dover reagire. Spesso nel peggiore dei modi. Come nel 1991, quando in disaccordo con alcune decisioni dell'arbitro gli scaglia il pallone addosso. Viene squalificato un mese, poi dà degli idioti ai membri della commissione disciplinare, che aumenta la pena a tre mesi. E' qui che Cantona sorprende tutti: "Mi ritiro". Ha solo 24 anni.

Michel Platini, ct francese e suo grande estimatore, lo convince a fare marcia indietro e a trasferirsi oltremanica. Lo compra il Leeds, dove diventa presto un idolo dei tifosi. E rivoluziona un calcio ancorato alla vecchia tattica del kick and rush: ha un'eleganza impensabile per il suo metro e ottantotto, un fisico da panzer con movenze da cigno. Uno dei primi attaccanti moderni. "Cantona ha mostrato cose che fino ad allora nessuno aveva provato. Era un visionario: faceva gol e assist che tutti credevano impossibili", spiega Manusia. Un vero e proprio esteta nel rettangolo di gioco: "Non sono ossessionato dal gol, preferisco fare un assist che spingere il pallone in rete a porta vuota: godo troppo a toccare il pallone per limitarmi a segnare", diceva il francese.

Manusia descrive con minuzia le magie sportive del francese, ma ha il merito di indagarne il lato più intimo, il Cantona uomo. Dall'ossessione per la follia - "Non potrò mai essere altro che pazzo, perché ne ho bisogno per essere felice", ripeteva -, alla fragilità esorcizzata con le spacconate.

Il suo punto più alto - e più basso insieme - lo raggiunge a Manchester, dove si consacra con la maglia dello United. Riporta al successo una squadra a digiuno da 26 anni, aprendo uno dei cicli più travolgenti della storia inglese. E ha la forza di ripartire anche dopo il famigerato calcio da kung-fu rifilato a un tifoso del Crystal Palace, in seguito al quale è squalificato otto mesi. Poi l'uscita di scena discreta, con quell'assist di "rabona" per Yordi Cruyff, figlio del suo unico mito d'infanzia. Quando si ritira non ha neanche 31 anni. "Ha lasciato al top, mentre era ancora protagonista, evitandosi il lento declino di molti colleghi", dice Manusia. I tifosi, coscienti di aver potuto ammirare uno dei calciatori più forti della storia, sono in lacrime. "Il Re se n'è andato, lunga vita al Re", recitano i cori e gli striscioni. E inizia la leggenda Cantona.

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Di Fabrizio (del 28/06/2013 @ 09:05:41, in conflitti, visitato 1773 volte)

2013: Ritorno a Lety by Paul Polansky - su Roma.Idebate.org (su Lety, vedi precedenti in Mahalla)

"I Cechi non discriminano", affermava il mio amico qualche settimana fa, tra le pivo (birre, in originale nel testo ndr.) di un pub di Praga. "Ora stiamo dando la medesima considerazione al memoriale rom di Lety, come alla tragedia di Lidice della II guerra mondiale."

Avevo sentito dei miglioramenti al campo di sterminio di Lety, ma dovevo ancora vederli. Così il giorno dopo ho guidato sino a Lety con quattro amici cechi, per scoprire cosa fosse successo dopo che la Lidice Memorial Association aveva assunto la gestione del memoriale di Lety.

Oltre alla non rimozione dell'allevamento di suini costruito sopra il campo originale, in spregio agli accordi di Helsinki, la mia più grande lamentela è sempre stata la mancanza di indicazioni stradali per il memoriale di Lety, o un accesso adeguato dall'autostrada 19, la via più vicina. Ma arrivando all'intersezione tra il villaggio di Lety e l'autostrada Praga-Pisek, fui contento di vedere un grande cartello marrone indicante Lety Pamatnik (Memoriale di Lety). A poche centinaia di metri, un secondo cartello indica la strada.

Non è più stato necessario fermarsi e chiedere ai passanti dove fosse il memoriale Rom. Lungo tutto il percorso c'erano segnali stradali ben disposti che ci hanno portato al nuovo accesso asfaltato dall'autostrada 19.

Nel 1995, durante la conferenza stampa del primo memoriale di Lety, avevo chiesto all'allora ministroin carica, Igor Nemec, perché non ci fossero segnali stradali o accesso ai veicoli per il memoriale di Lety. Nemec aveva replicato sarcasticamente che il governo ceco aveva già pagato abbastanza per il memoriale zingaro. Se gli zingari volevano segnali stradali e un accesso adeguato, dovevano pagarli di tasca loro.

Così, 18 anni dopo, è stato un vero progresso. Ma i segnali stradali e un accesso adeguato non sono stati i soli miglioramenti. Raggiunto il sito, abbiamo trovato un parcheggio asfaltato, servizi igienici pubblici, un centro informazioni e due piccole cabine di legno, che presumibilmente dovevano rappresentare le baracche in cui gli zingari erano detenuti.

Anche se non c'era presente nessuno a fornirci informazioni, ho capito che eravamo agli inizi di maggio e che con la susseguente "stagione turistica" ci sarebbe stato del personale ad accogliere e informare i visitatori, come indicato dai cartelloni.

Non posso essere soddisfatto, però, nel vedere le piccole casette che si suppone replichino le baracche dove erano confinati i Rom. Le cabine erano grandi appena per contenere due letti a castello e un lavabo. Secondo le oltre 100 storie orali che ho raccolto tra il 1995 e il 1996 dai sopravvissuti di Lety, ogni baracca conteneva tra i 50 e i 60 prigionieri. Secondo le cronache su Lety tenute dal municipio, la storia ufficiale nota che il campo venne costruito per ospitare 80 prigionieri d'inverno e 240 d'estate. Ufficialmente, ne ospitava 600 all'anno anche se, secondo i sopravvissuti, nel campo c'erano sempre diverse migliaia di Rom. Se quelle cabine replicavano la realtà, avrebbero dovuto essercene centinaia, coprendo un'area diverse volte più grande dell'attuale allevamento di suini.

L'altro "miglioramento" che abbiamo incontrato è stato un grazioso sentiero di ghiaia che porta ad alcune gradinate costruite prima dell'ingresso al memoriale. Lì accanto c'è il laghetto Schwarzenberg, dove molti sopravvissuti sostengono che le guardie del campo affogassero i bambini romanì, le nuove gradinate si affacciano sul memoriale come in attesa dell'inizio di un concerto.

Nel 1995 il piccolo cippo in onore di quanti morirono a Lety, fu collocato vicino le tacche di diverse tombe. Quando le trovai nel 1994, non c'era altro che un campo circondato dalle foreste di Schwarzenberg, dove molti dei detenuti lavoravano come schiavi. Oggi il sito è coperto da un prato ben tenuto simile al terreno per un pic nic; non esattamente quel che si intendeva negli accordi di Helsinki siglati dal governo ceco... ma questa "valorizzazione" è piaciuta ai miei amici cechi, che hanno continuato a sottolineare la somma di soldi spesi, perché quanto a cura Lety assomigliasse in tutto a Lidice.

Sfortunatamente, la scheda d'informazioni in tre lingue (ceco, romanés e inglese) all'ingresso non è stata migliorata. La breve storia dichiara che solo i Tedeschi furono responsabili per Lety. Nessuna menzione alo fatto che il campo fosse amministrato dai Cechi e che tutte le guardie fossero Ceche, cosa riconosciuta persino dal presidente Havel nel suo discorso a maggio 1995, quando presenziò alla prima commemorazione del memoriale.

Un'altra questione da risolvere è la puzza di letame-ammoniaca proveniente dall'allevamento di maiali. A seconda della direzione del vento, sono ancora necessarie delle maschere a gas se si vuole passare più di qualche minuto in visita al memoriale. Comunque, ora sono stati degli alberi tra il memoriale (oltre le innumerevoli altre tombe) e l'allevamento, così da nasconderne la vista.

I miei amici cechi non erano mai stati prima a Lety, ma erano orgogliosi che il loro paese finalmente stesse promuovendo e mantenendo Lety attraverso un alto standard. Non potevano capire perché sentivo ancora che il governo ceco non stesse rispettando glii accordi di Helsinki a mantenere e preservare questo sito sull'Olocausto. Tutto ciò che potei fare, fu suggerire di visitare la nuova "Lety Exhibition", ora ospitata nello stesso edificio dell'unico pub in città.

Se ero stato deluso per come il campo originale di Lety fosse stato trasformato in un terreno da picnic, lo fui ancora di più dall'unica stanza della Lety Exhibition. Praticamente consiste in due pareti coperte dal pavimento sino al soffitto dalla storia fotografica delle guardie di Lety e di come avessero sfidato gli ordini di maltrattare i prigionieri zingari.

Per non mettere in imbarazzo i miei amici cechi, non ho riso a quel tentativo di mostrare alcune guardie del campo di sterminio come se fossero state dei veri eroi. Questo nuovo eroe nazionale, Frantisek Kansky, secondo i documenti del tribunale del 1946 era stato effettivamente chiamato come testimone a difesa dell'accusato Vaclav Hejduk, la più famigerata guardia di Lety che, secondo molti sopravvissuti, spesso si aggirava nel campo in cerca di giovani ragazzi e ragazze, da portare nella sua stanza dove poterne abusare sessualmente o picchiarli a morte. Già nel 1947 Hajduck venne assolto, perché il giudice non credeva ai testimoni "zingari".

Per quanto questa esposizione potesse essere scorretta, non ero preparato a ciò che avrebbero trovato nella stessa stanza i miei amici. Mi chiamarono per dare uno sguardo a cosa avevano scoperto, scritto di recente sul libro a disposizione dei visitatori. Sulle prime, non compresi ciò che mi stavano indicando. Anche se era proprio al centro della pagina, la mia mente non registrò le parole in ceco, fin quando uno dei miei amici le tradusse: "Zingari nelle camere a gas".

Avrei voluto afferrare il libro dei visitatori e marciare sino al piano superiore (il municipio e l'ufficio del sindaco si trovano al secondo piano del pub). Invece mi sono limitato a prendere una foto e lasciare il libro agli altri, perché possano vedere cosa alcuni Cechi pensino dei Rom, ora come allora.

Se fosse vero quello che ha detto il mio amico di fronte alle nostre birre a Praga, che i Cechi non discriminano, immagino che presto vedremo scritto sul libro dei visitatori a Lidice che i Tedeschi avrebbero dovuto macellare più Cechi. E che ora si dovrebbe impiantare un allevamento di maiali sul Lidice Memorial, così da dare lavoro a cinque abitanti del posto, come a Lety.

    Paul Polansky sta attualmente preparando la pubblicazione di un libro di memorie sui rapporti e le interviste con testimoni locali dal campo di Lety, raccolte tra il 1992 e il 1995, e il successivo insabbiamento da parte del governo ceco.
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Di Fabrizio (del 29/06/2013 @ 09:06:47, in media, visitato 1634 volte)

Pensavo qualche sera fa: se io fossi un qualche "zingaro", in Italia starei molto attento a dichiararmi. Perché, un qualsiasi autoctono (vicino di casa, collega di lavoro, ecc.), magari simpatico, magari aperto e democratico, se va bene mi guarderebbe strano, altrimenti si sentirebbe autorizzato a chiamare la polizia.

E' RAZZISTA quel vicino, quel collega, che è pure simpatico, aperto e democratico? NON NECESSARIAMENTE. Cioè: è perfettamente logico e normale: se tu italiano (simpatico, aperto e democratico) vieni educato sin da piccolo agli zingari che rapiscono bambini, rubano ecc. crescerai con questa convinzione. Non è razzismo: è una vera e propria SCUOLA.

    Sì, lo so che per voi la SCUOLA significa tutt'altro, ma ragioniamoci qualche volta: continuiamo a ripeterci (come per consolarci) che contro il razzismo occorre la cultura - NEI FATTI gli operatori culturali nei secoli sono stati sempre i più strenui difensori del razzismo.

Però, molti amici (anche loro simpatici, aperti e democratici) continuano a chiedermi la cosa più importante per loro, già sapendo in cuor loro la risposta: MA ALLORA, E' VERO CHE GLI ZINGARI RUBANO? Cosa volete che risponda? CERTO!!! COSA VI ASPETTATE DA CHI VIVE IN QUELLE CONDIZIONI? CHE FACCIANO GLI OPERATORI DI BORSA?

Ma, sia detto tra noi, il fatto che QUALCUNO DI LORO rubi, non mi ha mai disturbato più di tanto, ho buoni amici anche nella loro categoria e ORA non ho neanche più problema a lasciare a casa loro lo zaino, dimenticarmi qualcosa e poi ritrovarlo puntualmente; anche il ladro ha un suo onore. Perché IN ITALIA, il problema non è il rubare, ma saper convivere col furto.

Perché, sia detto tra noi, dopo cinquanta anni e passa che vivo nella bella penisola, non ho ancora capito se ci sono più indagati nel campo rom sotto casa o nella passata giunta regionale in Lombardia. E quando sento parlare male degli stranieri, noto che quando bevo il caffè nei bar gestiti dai cinesi, mi hanno sempre fatto lo scontrino, altrettanto non posso dire dei miei conterranei. In Italia, ruba l'antirazzista e ruba il leghista, ruba l'idraulico e ruba il grande manager. SBAGLIO?

Se torniamo alla SCUOLA di cui accennavo sopra, ci ha inculcato un altra nozione (una volta erano i media della destra ad occuparsene, ora direi che destra e sinistra fanno a gara): gli zingari rubano e sono persone sporche, brutte, che vivono in baracche e roulotte scassate. E il vicino, il collega, l'amico... per anni e anni si è educato a non vedere i furti dei suoi simili, delle persone a cui segretamente voleva assomigliare. O credete che l'aspirazione dell'Italiano medio sia vivere tra topi e macerie, senza acqua e soldi? Ecco perché scriveva Gianni Biondillo:

    Dio padre onnipotente, padrone delle nostre anime e protettore dell'Occidente, grazie di avere inventato gli zingari. Popolo inutile, inetto, nazione di servi, paria dell'umanità. Non ci hanno mai tradito, i nomadi, non ci hanno mai deluso. (I materiali del killer - Guanda)

Senza zingari, non avremmo NOI l'illusione di crederci migliori di qualcun altro. Soprattutto, dovremmo chiederci seriamente CHI RUBA? A CHI SI RUBA? PERCHE' SI RUBA?

    PS: è da un po' che ci ragionavo sopra, ma ho riordinato qualche pensiero dopo questa segnalazione di Barbara (redattrice di Mahalla, ndr). Di quella testata mi giunse un'altra segnalazione un mese fa: Zingari intercettati telefonicamente: "Venite in Italia, tutti rubano!!" L'articolo è del 2013, ma se fate qualche ricerca, troverete che l'intercettazione è di un po' di anni fa. Che senso ha riproporla PAROPARO se non quello a scopo di indottrinamento?
    Ma, ma... leggevo recentemente su Corriere Immigrazione, un articolo di Daniele Barbieri, su come certi errori (di traduzione, appunto) hanno rischiato di sfociare in tragedia. Stavolta, nessuna tragedia, però mi viene da chiedermi, quel TUTTI RUBANO dell'intercettazione di qualche anno fa, non potrebbe essere riferito al comportamento standard di buona parte dei nostri amati (e onestissimi a prescindere) compatrioti?
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