Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 22/08/2011 @ 09:57:46, in Europa, visitato 2623 volte)
C'è un articolo di
venerdì scorso de
Il Piccolo che rapidamente ha fatto il giro del web italiano. Qualcuno mi
ha segnalato anche
questo, e poi Adriano Sofri su
Repubblica, oppure
QUA. Per mia deformazione ho dato un occhio anche alla stampa estera
e, posso almeno assicurarvi che è tutto vero.
La notizia sta sollevando grande scandalo ed indignazione; un po' come
quando, perdonate il paragone, si scoperchia un bidone e la spazzatura è rimasta
"nascosta" lì troppo tempo. CERTO CHE SENTI LA PUZZA, DOVEVI INTERVENIRE
PRIMA! Insomma, succede che della Slovacchia sappiamo mediamente poco
(figuriamoci dei Rom che stanno lì), anche se è a poche ore dall'Italia, e
varrebbe la visita di noi turisti. Cose da non perdere: sicuramente
tante città che mantengono un'impronta centroeuropea che altrove s'è persa,
boschi, montagne e poi la birra.
Quello che gli Slovacchi non vorrebbero farvi vedere sono i ghetti dove vivono
buona parte dei Rom: se in Italia ci vergogniamo dell'abbandono dei campi sosta,
lì ci sono insediamenti di
legno, pietre e fango ai margini dei comuni più piccoli, o
enormi ghetti urbani di edilizia degli anni '50-'60, che da decenni
necessiterebbero di interventi di risanamento.
L'ingresso della Slovacchia nella UE, come in altri paesi dell'ex blocco
sovietico, era subordinato al ripianamento della situazione di grave esclusione
sociale di buona parte della minoranza rom. In realtà ha provocato il fenomeno
opposto, con aumento di prezzi e taglio dei servizi sociali, che hanno portato a
ricorrenti rivolte urbane e
disordini nel febbraio 2004, ripetutisi nel
2006.
Quindi una minoranza rom che non si rassegna ed è anche pronta a scendere in
piazza, in maniera violenta se è il caso. Diciamo che da questo punto di
vista, è perfettamente parte integrante della UE; dopo la GB potrebbe succedere anche nella vicina
Repubblica Ceca. In Slovacchia, accanto a situazioni di estrema marginalità
e devianza, convive una presenza di intellettuali rom impegnati in politica
(sempre in polemica tra loro), nei media, nel campo della musica e dello spettacolo, nell'imprenditoria e manovalanza edile. Quindi la situazione è parecchio sfaccettata.
L'altra faccia della medaglia è un razzismo anti-rom sempre più esplicito e
violento, con scontri ed attentati. Specchio di questo razzismo è
l'atteggiamento delle autorità, riassunto nell'articolo iniziale de Il Piccolo.
ATTENZIONE PERO': un atteggiamento simile, soprattutto da parte dello stato e
degli intellettuali slovacchi, non nasce dall'oggi al domani, ma è saldamente
radicato nel passato. Il caso delle sterilizzazioni forzate, nasce negli anni
'70, ancora al periodo della Cecoslovacchia-dopo primavera di Praga, e lo scandalo scoppiò nel 2004 nella
Repubblica Ceca grazie all'ERRC. In seguito le indagini raggiunsero anche la
Slovacchia. Sembra (ma le ricerche sono ancora in corso) che l'ultimo caso sia
avvenuto nel 2007. Nella
Mahalla potete trovare diverse notizie sugli ultimi 6 anni; ECCO PERCHE' MI
STUPISCE IL VOSTRO STUPORE.
Un altro fenomeno preoccupante di razzismo istituzionale, che riguarda
diversi paesi dell'Europa centro-orientale, è quello della segregazione
scolastica dei bambini rom posti, senza ragione alcuna, in classi differenziali.
Sarebbe un discorso molto lungo, che si potrebbe riprendere in seguito (magari
prima di farvi stupire da un ennesimo articolo che troverete in rete), se nel
frattempo volete informarvi leggete, prendendovi il tempo che vi necessita,
QUI.
Se invece cercaste altre notizie sulla Slovacchia,
QUI. Buona lettura. PS: e se volete avere un'idea di quale possa essere il dibattito
pubblico in Slovacchia a proposito di questi temi, ma avete ovvie difficoltà con
la lingua locale, date una scorsa a
questa fila di commenti. Dove, ma sul Giornale, naturalmente...
Domenica scorsa discutevo via Facebook su come sia facile scatenare
commenti razzisti quando la comunicazione da parte nostra è troppo retorica.
Spero di non aver ecceduto nell'animosità e nel caso me ne scuso. Ragionando a
mente fredda, sono seguiti alcuni "pensieri laterali" a quello scambio di idee.
L'anno scorso ho avuto la fortuna di conoscere
Paul Polansky e di accompagnarlo in alcune presentazioni a Milano delle sue
opere. I lettori della Mahalla lo dovrebbero conoscere bene, perché ho scritto
spesso di lui.
Diciamo che il personaggio è quantomeno singolare: fotografo, giornalista,
sociologo, scrittore, poeta, premio Günther Grass
nel 2004, e soprattutto amico e conoscitore dei Rom.
Però anche lui ha un suo lato oscuro, se dovessimo giudicarlo (che brutta
parola!) con i nostri occhi di "intellettuali democratici", sempre pronti a
dividere i buoni dai cattivi.
Polansky è stato anche un pugile dilettante e, da quello che racconta di se
stesso, non ne è per niente pentito. Amava e ama tuttora la violenza fisica, i
pugni, il sangue, anche quando oggi, a quasi 70 anni, si trova nuovamente a
combattere la violenza delle istituzioni e l'indifferenza della società.
C'è un suo libro:
Boxing poems, edizioni Velo Press, in cui la sua asciutta poesia non viene
messa al servizio di un'ennesima causa civile, ma descrive in prima persona il suo
rapporto con la violenza, alla ricerca di quelle che ne sono le radici. Ricerca
che si risolve (forse, ma non si sa) nelle ultime due poesie.
Rispetto alla discussione che ricordavo all'inizio, mi è tornato in mente un
curioso episodio raccontato nell'introduzione di Boxing poems: Polansky
si trovava a Praga a leggere le sue poesie su
una delle tante tragedie nascoste della storia dei Rom. Nella sala si fecero
avanti alcuni skinhead con atteggiamento minaccioso. Il vecchio pugile capì cosa
poteva succedere, una volta la storia sarebbe sicuramente finita in rissa, ma
stavolta Polansky mollò il suo libro e si mise a recitare a quel pubblico
insolito le sue poesie sulla boxe.
"...novello pifferaio magico, catturò l'attenzione di quei teppisti,
suscitando la loro ammirazione, anche per il valore letterario dell'opera.
Era dunque riuscito ad aprire un dialogo, trasformando dunque un libro di
sola e pura violenza in un'opera frutto di un atto estremamente umano,
capace di acquietare, e soprattutto di far riflettere anche quelle persone
che sfogano in malo modo il lato aggressivo del proprio carattere. Come dire
che non basta rinchiudere un cane che morde, ma si deve cercare di parlarne
e curarlo" [pag. 9]
Perché le radici della violenza che Polansky ha cercato, non erano
ipoteticamente in qualcuno e qualcosa di estraneo, ma appartengono saldamente a
ciascuno di noi. Comprenderlo è la strada per capire gli altri.
Termino anticipandovi che sto facendo in modo di riportare Paul Polansky a
Milano per la fine di settembre.
Da
Romanian_Roma
Cafebabel.com Romania: tra tradizione, educazione ed emancipazione; il
percorso di Letitia Mark, militante rom.
Letitia Mark combatte per l'integrazione dei rom nell'ovest della
Romania. Proveniente lei stessa da questa minoranza, dirige il centro ONG FEMROM
a Timisoara, (città dell'ovest della Romania), fondato circa sessanta anni fa.
Un progetto consistente in un paese, dove numerosi pregiudizi persistono nei
confronti dei due milioni di donne che risiedono lì.
Con una quarantina di bambini intorno a lei, Letitia Mark chiede: "Cosa
significa la ruota nella nostra bandiera?" Samuel, dell'età di 13
anni, conosce la risposta: la ruota simboleggia il viaggio, il blu rappresenta
il cielo e il verde l'erba. Mark, che i bambini chiamano affettuosamente "Doamna
Leti" vuole che questi bambini siano rispettosi nei confronti della loro
identità, di loro stessi e del mondo. E anche che siano ordinati. Neanche un
pezzettino di carta può essere buttato sul pavimento della sala comune.
Bandiera gitana
"OPRE ROMA – Alzatevi rom!"
La bandiera fu adottata nel 1971, durante il
primo congresso internazionale
romanì, così come l'appellativo "rom" e lo slogan "Opre roma – Alzatevi rom".
Solo dopo la caduta del comunismo il movimento romanì ha potuto
installarsi in Europa dell'Est, per permettere ai rom di lottare loro stessi per
i loro diritti.
In quanto a Mark, è piuttosto per caso che lei ha raggiunto il movimento romanì.
Appena dopo la rivoluzione del 1990, era in corso una conferenza all'università
di Timisoara,
durante la quale un oratore rumeno si lamentava dell'assenza di partecipazione
dei rom al dibattito sull'educazione. Mark, allora assistente universitaria, si
alzò, indignata, esclamando: "Ci sono abbastanza rom che potrebbero
prendere la parola, ma non sono stati invitati a farlo!"
Mark è diventata porta-parola dei rom. Quando fu invitata all'estero, i suoi
compatrioti mormoravano: "Fuggirà all'ovest". Delusa di tanta diffidenza al suo
riguardo, Mark si ritirò dalla politica. Ha continuato a credere al
significato e al peso dell'educazione. "Poiché tradizionalmente, non è facile
per una donna far fronte agli uomini", fondò l'organizzazione
FEMROM nel 1997,
un'associazione di donne rom, perorando la causa dell'educazione dei bambini.
All'inizio Mark era installata nella propria cucina. Doveva procurarsi estratti
degli atti di nascita e certificati di registrazione, in quanto senza questi
documenti, i bambini non hanno il diritto di frequentare la scuola. Dopo aspre
negoziazioni, le autorità municipali hanno finito per concedergli un territorio.
"Il terreno era praticamente incolto. E' stato necessario prima costruirmi un
tetto dove ripararmi."
Oggi, è in uno spazioso pianterreno che si svolgono i corsi di sostegno, corsi
d'informatica per donne e incontri interculturali. Alcune giovani donne rom,
studentesse in scienza dell'educazione, alloggiano nell'attico. Sono incaricate
dei corsi di sostegno e dei servizi di mediazione. Diventeranno le future
responsabili del centro, oppure perfino del movimento rom?
Mark lo spera. Gli piacerebbe approfittare della pensione, che gli spetterà
dall'epoca in qui era impiegata all'università. Ma il contratto d'affitto sta
giungendo a termine, è prevista la costruzione di un centro commerciale nei pressi del
centro ONG, e la municipalità rischia di vedere la presenza di FEMROM
di cattivo occhio. Nonostante il sostegno economico dell'Unione Europea, la ONG
manca di mezzi. Ad ogni modo, l'energia e l'animo gentile della presidente sono
ancora vivamente richiesti in questo focolare.
La propria biografia serve come esempio
Letitia Mark appartiene al gruppo dei "Rudari". La sua identità, la conosce da
sempre. Suo nonno era l'ultimo artigiano del villaggio, e scolpiva
cucchiai di legno. E sapeva raccontare storie. Ufficialmente, durante l'epoca
comunista, le minorità etniche non esistevano. Tutti dovevano essere uguali, ma
questa non era altro che teoria. In pratica significava che ogni cittadino
doveva contribuire alla prosperità dello stato. E' così che la famiglia di Letitia si trasferì a
Timisoara, i suoi genitori andarono a lavorare in
fabbrica. Per migliorare il reddito della famiglia, Mark chiedeva l'elemosina
quando era piccola. "All'inizio, mi vergognavo. Ma lo faceva mia nonna, lo
facevano le mie compagne. Finii per abituarmici." Mark ritiene che la sua
vita fosse proprio come quella dei Romanì dell'epoca contemporanea. Nel
contempo, è diventata sempre più femminista. "Ogni donna rivoltata dalla condivisione tradizionale dei
ruoli è una femminista." E Letitia si è ribellata: dopo la scuola elementare,
non voleva sposarsi, ma continuare gli studi. Fu la prima del suo comune a
prendersi il diploma. Allorché i suoi genitori rifiutarono che lei facesse gli studi
superiori, scappò di casa in direzione di Bucarest. Poi nel 1984 ritorna a Timisoara, con il titolo di professoressa di facoltà in greco e latino.
Il rovescio della fortuna e il futuro
Le espulsioni dei rom in Francia, durante l'estate 2010 hanno colpito
Mark.
Accanto ad una presenza "ben troppo massiccia di poliziotti", i giornalisti
gironzolavano intorno ai nuovi arrivati per domandare loro cose del tipo: "cosa
hai rubato?" "che tipo di criminale sei?" "Ho visto uomini e donne miserabili,
bambini che piangevano, quattro cose sotto al braccio, e questa immagine ha
evocato in me la deportazione. Ho avuto il risentimento che si poteva sempre
trasportare e deportare i rom come meglio si crede, e che nessuno si leva
contro, per prendere le loro parti e gridare: STOP!"
"Talvolta", confessa Mark, "mi dico che ho commesso un errore". Abbassa gli
occhi. "Avrei dovuto mirare ad una carriera professionale che mi avesse permesso
di avere una reale influenza politica." Bussano alla porta dell'ufficio. Una
bambina piccola mostra con fierezza la sua pagella. "Brava!" Gli occhi di Mark
luccicano. Si percepisce che sono queste piccole riuscite che gli ridanno
energia.
Di Fabrizio (del 24/08/2011 @ 09:27:03, in Italia, visitato 1433 volte)
Come potete vedere la lettera è di qualche mese fa. Eppure, potrebbe
essere stata scritta ieri o l'anno scorso, come se il tempo nei campi scorresse
immutabile, scandito dal ripetersi di
ricorrenti
tragedie, quasi fossero riti sacrificali all'esclusione sociale. Perché
riproporla adesso? A parte la mia disattenzione nel non averla pubblicata prima
(ma poco importa, come dicevo sopra):
- perché non si otterrà molto se certi temi vengono affrontati solo
sull'onda della commozione indotta dalla "pietas" giornalistica o delle
promesse ripetute nell'ennesimo convegno;
- e poi perché come scrivevo a inizio mese, soluzioni semplici e
praticabili ci sono, ma vengono costantemente e scientemente ignorate.
Con ciò, non mi convincono tutte le proposte di Antun Blazevic, ma gli
riconosco il merito di saper mantenere i piedi per terra.
Da
Nazione Rom - VENERDÌ 19 AGOSTO 2011
Roma 08/03/2011
Egregio Sindaco Alemanno,
Gli ultimi avvenimenti che sono accaduti a Roma mi hanno spinto a scriverLe
questa lettera, nella quale Le vorrei, nel mio piccolo, dare qualche
suggerimento: credo che me lo posso permettere, visto che sono quasi 25 anni che
lavoro come mediatore culturale a Roma.
Entrambi sappiamo che i Rom soffrono una discriminazione sistematica e
combattono contro un livello intollerabile di esclusione e violazioni dei
diritti umani, che non sono stati protetti da nessuna parte politica. Questa
situazione è caratterizzata da segregazione, espressioni di odio, profiling
etnico, sfratti continui ed espulsioni, ma sappiamo anche bene che non è una
cosa successa dall’oggi al domani, bensì è stata ereditata da tutte le giunte
precedenti.
Purtroppo a Lei è rimasto il compito, come primo cittadino, di affrontare la
situazione. Io non intendo criticare il Suo operato, ma credo che Lei non è in
possesso di tutti i dati "veri" sulla questione dei Rom a Roma (non per colpa
Sua, ma per le informazioni errate che sono state fornite ai suoi collaboratori
da persone che si ritengono informate sulla questione).
Non ho mai creduto che la responsabilità di questa situazione sia unilaterale e
coloro che sostengono questa posizione sbagliano. Io mi riferisco esclusivamente
alla situazione dei Rom provenienti dall’ex-Jugoslavia, in quanto non
appartenenti all’Unione Europea.
Lei è sicuramente a conoscenza di quanti sono i Rom che dai tempi del conflitto
bellico sono scappati dall’ex-Jugoslavia e sono venuti a vivere a Roma, e ai
quali non è stata data la possibilità di mettersi in regola, per una delle più
gravi conseguenze di quella guerra, cioè la ridefinizione dei confini
geografici. Durante il conflitto molti archivi istituzionali (nelle città di
Tuzla, Sarajevo, Srebrenica, ecc…) sono stati bombardati e non è rimasta nessuna
traccia dei dati personali; nel frattempo le persone si sono rifugiate in
Italia, scappando attraverso boschi e senza essere in possesso di nessun
documento. Adesso i nostri Consolati e le nostre Ambasciate non sono più in
grado di fornire loro dei documenti, perché non sanno come attribuire loro una
nazionalità, visto che i paesi un tempo situati in Croazia ora sono passati alla
Serbia e viceversa.
Ritengo che il "Piano Nomadi" nel caso dei Rom provenienti dall’ex-Jugoslavia
deve partire da questa impossibilità di attribuire loro una nazionalità di
provenienza. Al fine di favorire l’inserimento di questi Rom nella società
italiana, penso sia necessario dare loro un permesso di soggiorno e quindi
offrire loro la possibilità di lavorare.
Sull'occupazione, la strategia del Comune dovrebbe assicurare un accesso
effettivo al mercato del lavoro, per esempio attraverso lo strumento del
micro-credito per l'impresa e il libero impiego, insieme a misure per combattere
il lavoro sommerso e favorire l'assunzione dei Rom nell'amministrazione
pubblica. Poiché i Rom hanno bisogno di un alloggio e non di assistenzialismo,
anche permettere loro di usufruire delle vecchie caserme (non più di 30 famiglie
per posto), dando l’incarico agli stessi Rom di ricostruirle con l’aiuto del
Comune.
Ogni famiglia Rom dovrebbe essere messa nelle condizioni di portare
autonomamente i figli a scuola. Tutti i cittadini Rom dovrebbero anche essere
soggetti alla registrazione pubblica di nascite, matrimoni e decessi. Gli adulti
dovrebbero poter lavorare in piccole cooperative, appaltati dall’AMA, per la
pulizia delle aree pubbliche, per la raccolta differenziata e il riciclaggio dei
metalli e per la vendita nei mercatini degli oggetti riciclati. Le donne
dovrebbero poter accedere ai Consultori ed essere formate con corsi
professionali.
Quanto all’educazione, la strategia comunale dovrebbe avere come priorità,
l'abolizione della segregazione nelle classi, impiegando mediatori e insegnanti
Rom nelle scuole, proteggendo la loro cultura attraverso l'uso della loro lingua
e garantendo accesso all'educazione infantile e ai programmi d'insegnamento per
adulti.
Riguardo alla situazione dei giovani, propongo inoltre di creare un centro
culturale, dove è possibile offrire dei corsi e delle attività culturali. Tutto
questo dovrebbe essere seguito da una task force composta da persone
istituzionali e mediatori culturali.
Credo che usufruendo dei fondi dell’UE questo lavoro non peserà sul budget del
Comune. Inoltre tutti i presidenti dei municipi che si rifiutano di collaborare
con le locazioni si dovrebbero penalizzare, togliendo loro i benefici se non
permettono la creazione di micro-aree. La sistemazione in queste micro-aree fra
l’altro dovrebbe essere solo temporanea, affinché i Rom stessi non trovino una
sistemazione adeguata in case.
Buon lavoro
Cordiali saluti
Presidente Associazione culturale Theatrerom
Mediatore culturale Rom
Antun Blazevic
Di Fabrizio (del 25/08/2011 @ 09:55:32, in Regole, visitato 1658 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
La Macedonia non ha alcuna base giuridica per vietare ai Rom di viaggiare
9 agosto 2011, by Karin Waringo - Quasi 800 persone, soprattutto Rom, sono
state rimandate a casa dalle autorità di frontiera macedoni
Sembra un brutto scherzo. Cinque componenti di una famiglia macedone sono in
viaggio dalla loro città natale verso Belgrado, per partecipare al matrimonio di
un parente stretto. La macchina è carica di abiti tradizionali da sposa e
regali per la giovane coppia. Eppure, all'attraversamento del confine a Tabanovce,
una guardia di frontiera macedone ritira i loro passaporti, dicendo che sono
diretti a Surcin, l'aeroporto di Belgrado, per imbarcarsi su di un aereo diretto
verso l'Unione Europea.
La guardia li accusa di essere falsi richiedenti d'asilo, di quelli che
stanno mettendo la Macedonia nei guai con la UE. La famiglia nega. Dopo tutto,
hanno lasciato dietro a loro due bambini a scuola, così certo che torneranno in
Macedonia dopo il matrimonio. Ma le loro proteste non hanno sortito risultato,
se non i francobolli apposti dalla guardia di frontiera sui loro passaporti, ad
indicare il divieto a viaggiare. La famiglia è stata rispedita a casa.
Casi come questo - che è stato riportato dal network di OnG ARKA - sono
diventati frequenti da quando ai cittadini macedoni sono stati concessi visti
per viaggi di breve durata verso la UE. Un mese fa, la rivista internet
Balkan Insight ha citato il portavoce della polizia macedone, Ivo Kotevski,
che affermava che 80 persone erano state respinte alla frontiera.
Gordana Jankulovska, ministro dell'interno, è stata persino più specifica. In
un incontro al Forum di Salisburgo, dove si riuniscono i ministri di otto paesi
dell'Europa centrale ed orientale, ha annunciato che a 764 persone è stato
impedito di lasciare la Macedonia tra il 29 aprile ed il 27 giugno. Ha affermato
che lo scopo di questa "energica misura" era di prevenire l'abuso del regime
senza visti - nel 2010, 7.550 macedoni fecero richiesta di asilo nella UE.
Il problema è che le autorità macedoni non hanno alcun fondamento legale per
emettere un divieto a viaggiare. Rispondendo ad una nostra richiesta, ci è stato
detto che la misura si basa sull'art. 15 della legge sulla sorveglianza di
frontiera, che prende a prestito elementi del cosiddetto codice delle frontiere
di Schengen. Ma mentre il secondo definisci i criteri secondo cui ai cittadini
di paesi terzi può essere rifiutato l'ingresso nell'area Schengen, la Macedonia
ha effettivamente iniziato ad impedire ai suoi cittadini di lasciare il proprio
paese, cioè tutt'altra cosa.
Ciò che è ancora più preoccupante in queste misure è il fatto che, come nel
caso sopra riportato, sembrano riguardare principalmente i Rom. I Rom macedoni
sono spesso di pelle scura, per le guardie di frontiera è facile identificarli
ed isolarli. Al tempo della nostra indagine, uno dei pochi incaricati consolari
che aveva accettato di rispondere alle nostre domande senza far finta di non
sapere, ci raccontò di un caso, un esempio di manifesto abuso nel regime della
liberalizzazione dei visti per la UE - che diversi Rom viaggiassero in bus alla
volta di un matrimonio, ma si suppone che furono in grado di informare la
guardia di frontiera sull'esatta destinazione. Pudicamente riferì anche in
qualche modo di "problemi che abbiamo in alcune zone del paese" e sul fatto che
la Macedonia non fosse capace di fare di più per combattere la povertà.
Di conseguenza, per i Rom poter viaggiare è diventato una specie di lotteria.
Molti di quanti vengono fermati al confine, ci riproveranno. E' per questo che
le autorità macedoni hanno iniziato a bollare i loro passaporti. Ma non ci sono
basi giuridiche per questo divieto, che in realtà viola le leggi internazionali
sui diritti umani. E' per questo che la mia organizzazione, assieme ad altre, ha
scritto al governo macedone per esortarlo ad abbandonare questa pratica.
Governo che da parte sua non ha ancora sviluppato completamente la propria
strategia.
Il mese scorso Antonio Milošoski, ex ministro della giustizia, ha presentato
una proposta di riforma del codice penale, che renderebbe l'abuso del regime di
esenzione dei visti un reato penale. Mentre l'attuale proposta è rivolta alle
imprese di viaggio, che possono essere sanzionate anche in assenza di prove sul
loro coinvolgimento in presunti abusi, un'altra proposta intende sanzionare
quanti hanno fatto domanda d'asilo "sulla base di false ragioni", secondo quanto
riportato dall'agenzia di stampa macedone INA che cita fonti vicino al governo.
Queste sanzioni potrebbero includere la confisca temporanea dei passaporti.
Come ha spiegato l'ex ministro della giustizia in un incontro con Cecilia Malmström,
commissario UE agli affari interni, il governo macedone "si aspetta che queste
misure possano sradicare questi fenomeni non voluti e spiacevoli". Questo è,
alla fine, l'elemento più preoccupante dell'intera storia: il fatto che queste
violazioni dei diritti umani fondamentali accadano sotto gli auspici e
probabilmente il coinvolgimento della UE. Che a sua volta ha già inviato propri
rappresentanti nella regione.
Martellano nella testa dei governi: "Le migrazioni di Rom potrebbero
condizionare il processo di allargamento", come citato dai media serbi a
proposito di Pierre Mirel, direttore della commissione per i Balcani
Occidentali. O, nel caso di due settimane fa, di Robert Liddell, capo della
sezione politica della delegazione UE a Skopje: "Se nel clima attuale le
prossime adesioni saranno associate alle questioni migratorie,
allora aumenteremo il rischio di rifiuto."
Consapevole delle implicazioni, il governo macedone, al pari di quello
serbo, sta già negoziando con la commissione sulle misure da prendere senza
interferire con gli standard sui diritti umani. Sarebbe bene se questi negoziati
fossero aperti e se fossero condotti per una reale salvaguardia e non per
protezioni fasulle.
Dr Karin Waringo è presidente di Chachipe, un gruppo di pressione e
consulenza per il rispetto dei diritti dei Rom
NDR - Ho chiesto un parere a Francesco,
nostro redattore: ha sposato una ragazza macedone e conosce da tempo i
meandri kafkiani della burocrazia e della politica macedone. Questo il suo
parere:
"Questa storia la conosco dai media macedoni, fondamentalmente dipende dal
fatto che alcuni stati europei hanno minacciato alla Macedonia il ritiro del
regime no visa, perché molti rom ne hanno approfittato per espatriare. Ecco
perché adesso la Macedonia blocca l'espatrio in assenza di requisiti molto
rigidi per la popolazione rom. La mia opinione è che è un ricatto folle, si
parla di poche migliaia di persone (considerate che in tutto i macedoni saranno
circa due milioni) che vengono usate come strumento di pressione per politiche
razziste."
Di Sucar Drom (del 25/08/2011 @ 09:58:47, in blog, visitato 1425 volte)
Auschwitz-Birkenau, 2 Agosto 1944
Il 2 agosto 1944 ad Auschwitz-Birkenau avviene l'ultima liquidazione dello
Zigeuner Familienlager nel settore BIIe, dove erano internate le famiglie sinte
e rom. Nel maggio 1944 le famiglie sinte e rom attuano con successo una rivolta
per scongiurare...
Rom e Sinti, prepariamo una grande manifestazione: partecipa anche tu!
Il Presidente della Federazione Rom e Sinti Insieme, Radames Gabrielli (in
foto), ha lanciato da alcuni giorni la proposta di organizzare una
manifestazione a Roma dal titolo "Sinti, Rom, Camminanti, Amici e Simpatizzanti
TUTTI UNITI"...
Francia, il razzismo non paga
Un anno fa Nicolas Sarkozy aveva lanciato il cosiddetto "giro di vite" contro i
rom arrivati in Francia dall'Est Europa, in particolare dalla Romania.
L'azione del Presidente francese aveva fatto scattare la reazione dell'Unione
Europa che aveva stig...
Immigrazione, Ministro Maroni: fatta la legge, trovato l'inganno
Il Ministro dell'Interno Maroni è riuscito a far approvare in via definitiva il
decreto legge n. 89 del 23 giugno 2011 recante misure di recepimento delle
direttive europee sulla libera circolazione dei cittadini e sul rimpatrio...
Reggio Emilia, la Lega Nord fomenta il razzismo
Nei giorni scorsi la Procura di Parma ha dato ordine alle Forze dell'ordine di
irrompere in tutti i cosiddetti "campi nomadi" di Reggio Emilia (ma anche in
quelli di Milano, Modena e Parma) per cercare una fantomatica...
Libano, i dom sono discriminati
Sono 2,2 milioni in tutto il Medio Oriente, tra Libano, Giordania, Territori
Palestinesi, Turchia, Iran e Iraq. In Libano sono una delle comunità più
emarginate. Rom e Sinti in Europa, Dom in Medio Oriente...
L'ipocrisia italiana e la tragedia infinita
A metà degli Anni Novanta vivevo a Roma ed ogni anno morivano nelle baraccopoli
capitoline tre ma anche quattro bambini. Il copione era sempre lo stesso il
fuoco di una candela o di un braciere e il gelo della notte...
Amplifica le tue informazioni
In questa pagina offriamo la possibilità di conoscere organizzazioni con cui
collaboriamo e pagine web che riteniamo offrano sguardi interessanti sulla
situazione delle minoranze linguistiche sinte e rom. I blog più aggiornati hanno
una sezione dedicata nella pagina principale...
Pubblicazioni
L'Istituto di Cultura Sinta su mandato della Sucar Drom ha pubblicato libri,
cortometraggi, mostre e cd musicali. Alcune pubblicazioni sono disponibili e
possono essere richieste...
Orta Nova (FG), una situazione abitativa inaccettabile
Pubblichiamo la lettera invita venti giorni fa, dall'Associazione di promozione
sociale Noialtri, al Sindaco del Comune di Orta Nova per sensibilizzarlo sulla
grave situazione abitativa vissuta da alcune fa...
Pisa, appello di un gruppo di sacerdoti della Diocesi
Siamo un gruppo di sacerdoti della diocesi di Pisa che, di fronte alla
situazione venuta a crearsi in seguito al recente sgombero a Cisanello di un
insediamento di famiglie rom, intendono condividere alcune consideraz...
Slovacchia, vogliono violare il corpo delle donne
In questa Europa attanagliata dalla crisi economica da alcuni anni e con una
classe politica simile, in maniera imbarazzante, a quella della Repubblica di
Weimar che portò all'ascesa in Germania del nazionalsocialismo...
Romania, una campagna per dire: anche io sono rom!
Le cifre ufficiali indicano che ci sono poco più di 500mila persone appartenenti
alla minoranza rom in Romania, ma sono in molti a pensare che i rom siano il
doppio e che quindi ritengono insufficienti le risorse destinate dal Governo
rumeno. "Molte persone di origine rom non dic...
Mantova, Sucar Drom: Relazione Morale (sintesi)
Questa sera, 25 agosto 2011, si terrà a Mantova l'Assemblea Elettiva
dell'Associazione Sucar Drom. Di seguito la sintesi della Relazione Morale del
Presidente Davide Gabrieli che sarà letta, discussa e votata dai Soci...
Di Fabrizio (del 26/08/2011 @ 09:04:38, in Europa, visitato 1661 volte)
La rinomata affidabilità tedesca non esce bene da questa
storia: un progetto che si trascina da anni, costi che lievitano... Ogni tanto
sulla stampa europea esce un articolo che ci aggiorna sull'ennesimo ritardo o
lite tra i committenti. Ne scrissi a
gennaio 2008 e a
gennaio 2011
Il Sole - 24 Ore Il memoriale della vergogna di Giulio Busi - 21
agosto 2011
I grandi cartelloni in bianco e nero, che costeggiano i viali alberati della
città, lo promettono a lettere cubitali: «Berlin verstehen», «Capire
Berlino».Ormai le elezioni del prossimo 18 settembre si avvicinano, e il partito
socialdemocratico del sindaco uscente, Klaus Wowereit, ha scelto un motto
eloquente. Non basta conoscere Berlino. Per governarla è indispensabile
comprendere le infinite contraddizioni che ribollono nel crogiuolo dei quartieri
difficili, tra le vetrine di lusso di Friedrichstrasse e di Ku'damm, o nei
palazzi del potere. In fatto di paradossi, la capitale della prima potenza
economica d'Europa non teme confronti. Nonostante sia il cuore della virtuosa
Germania, Berlino è la città più indebitata del mondo: 62 miliardi di euro è il
deficit attuale, destinato a crescere ancora nei prossimi anni. In gran parte,
il buco è dovuto ai costi della riunificazione, che nel luogo simbolo della
frattura tra Est e Ovest sono stati molto più alti che altrove. Oneri che il
resto del Paese ha volentieri scaricato sull'amata-odiata capitale. Ma la città
non primeggia solo nelle classifiche della miseria pubblica. Anche la povertà
dei singoli è qui tangibile. Un quinto dei berlinesi vive di sussidi pubblici, e
il tasso di disoccupazione è il doppio della media tedesca.
Allo stesso tempo, le contraddizioni sono anche il segreto del successo della
città, che è al terzo posto in Europa per flussi turistici, dopo Londra e Parigi
e prima di Roma. Con una vitalità forse oggi ineguagliata, la città ha voluto
promuovere una rete di luoghi della memoria, aggregati tangibili di pietre,
marmi, lamiere e alberi, che cercano di catturare la trama dei ricordi. È appena
il caso di menzionare il Memoriale dell'Olocausto, con le steli di cemento
ideate da Peter Eisenman e Richard Serra, aperto nel 2005, e subito divenuto una
delle principali tappe del tour berlinese. Sfruttamento commerciale della Shoah,
come accusano i critici, e come dimostrano i negozietti di souvenir e i bar che
si allineano lungo il perimetro dell'area-monumento. Ma anche progetto faraonico
(70 milioni di euro tra valore del terreno e opere eseguite) per esorcizzare e,
in qualche modo, oggettivare il passato.
Con puntigliosa precisione, Berlino ha tentato del resto di render conto
anche delle persecuzioni "in margine" alla Shoah, dettate dall'incubo feroce di
annullamento di ogni devianza e presunta macchia della purezza ariana. Pochi
turisti si accorgono che a qualche decina di metri dal luogo dedicato
all'Olocausto si trova una stele per gli omosessuali perseguitati dal Terzo
Reich. Inaugurato nel 2008 alla presenza di Wowereit, omosessuale dichiarato, il
manufatto di cemento ha una fessura in cui viene proiettato il filmato di un
lungo bacio tra due uomini. Molto più travagliata è la vicenda del monumento ai
circa 500mila sinti e Roma assassinati dai nazisti. Una storia che si trascina
ormai da quasi vent'anni, e che minaccia ora di concludersi in un fragoroso
insuccesso, con grave imbarazzo dell'amministrazione berlinese.
Già nel 1992 infatti, il Governo federale, in piena era Kohl, si era
impegnato a commemorare il "Porajmos", l'annientamento della popolazione romaní.
Fu scelto uno spiazzo vicino al Reichstag, una sorta di terzo vertice di un
ideale triangolo del ricordo. Dopo lunghe diatribe tra le organizzazioni che
rappresentano sinti e Roma in Germania, il lavoro è stato affidato all'artista
israeliano, Dani Karavan. Per un costo di 2 milioni di euro, si sarebbe dovuto
realizzare uno scuro specchio d'acqua di 12 metri di diametro, con al centro una
colonna e, su questa, un fiore selvatico, da cambiarsi ogni giorno, al calare
del pilastro nell'acqua. Sul manufatto si sarebbe poi dovuta incidere la poesia
Auschwitz di Santino Spinelli, poeta e musicista rom italiano.
I dissidi tra Karavan e le autorità locali sono cominciati quasi subito.
Prima sulla qualità dei materiali e sulla ditta esecutrice, poi, più in
generale, sull'atteggiamento dei committenti, che Karavan – un ottantenne tenace
e combattivo – considera ottusamente burocratico e poco consapevole
dell'importanza dell'impresa. Insomma, una guerra di nervi, costellata di
lettere di avvocati e culminata, qualche giorno fa, nella minaccia di Karavan di
abbandonare l'opera. Del resto è stato finora costruito ben poco: solo una
struttura circolare che pare già desolantemente in rovina.
Che le vicende dei monumenti berlinesi siano accompagnate da polemiche non è
certo fatto nuovo. Basti pensare a quelle, violente, sull'opportunità e sul modo
di realizzare il Memoriale dell'Olocausto, con l'americano Serra che ritirò il
proprio nome a causa delle modifiche imposte dai politici. Ma se l'impatto
mediatico e culturale della Shoah è comunque servito a proteggerne il ricordo,
la sorte del monumento a sinti e Roma mostra come lo sterminio di questa etnia
stenti ancora a ottenere un adeguato riconoscimento collettivo. È certo un caso
che il progetto si debba arenare per una disputa tra un artista israeliano e le
autorità berlinesi, ma è difficile sottrarsi all'impressione che la pratica
della memoria viva, in qualche modo, all'ombra di una specificità ebraica. È
stato opportuno dedicare il grande memoriale "solo" agli ebrei, e prevedere
monumenti diversi per gli altri perseguitati? Non sarebbe stato più giusto un
unico luogo commemorativo per tutte le vittime, come si era pensato all'inizio
degli anni Novanta? Chi oggi torna a chiederselo si domanda anche se ci possa
essere un'alternativa alla monumentalizzazione del passato, sia a quella
efficiente e "vendibile" sia a quella velleitaria e fallita. Capire Berlino per
governarla. Ma Berlino capisce veramente se stessa? E l'Europa, di cui questa
metropoli a un tempo ordinata e ribelle è componente fondamentale, sa
rappresentare le proprie angosce, passate e presenti?
Di Fabrizio (del 26/08/2011 @ 09:41:20, in Europa, visitato 1779 volte)
Da
Bulgarian_Roma
23 agosto 2011
Cittadini bulgari di minoranza rom, hanno attaccato un'ambulanza
lanciando pietre nel distretto di Stolipinovo della città meridionale di
Plovdiv.
I Rom erano spaventati da recenti notizie di stampa su una "misteriosa
ambulanza" che girava nei villaggi vicini per raccogliere organi da
mamme e bambini.
I rapporti sostengono che nella zona sono state avvistate ambulanze che
trasportavano persone "senza organi".
Parlando a radio Darik, Kostadin Bakov, ufficiale della polizia locale, ha
negato ogni ipotesi sull'esistenza di un'ambulanza che raccoglierebbe organi.
Il panico creato da voci simili ha portato le ambulanze in quella zona ad
andare distrutte, ha sottolineato Bakov.
Stolipinovo è una delle più grandi comunità rom nell'Europa
sud-orientale.
Comunque anche in Italia siamo messi bene!
LA SPEZIA Finanzieri scambiati per zingari rischiano il linciaggio
I retroscena dell'inchiesta sul maxisequestro di cocaina
La Spezia, 25 agosto 2011 - L'INCHIESTA da manuale della Guardia di Finanza per
risalire ai trafficanti internazionali di cocaina - dopo la scoperta in porto
del maxi carico da una tonnellata occultato dietro lo schermo di una paratia
approntata in un container - è passata anche dal rischio degli investigatori di
essere... presi a bastonate. Sangue freddo e una eccellente capacità di
recitazione hanno evitato che venisse compresa la loro effettiva attività in
quel di Pallerone, quando preparavano il blitz che ha portato agli arresti.
Sì, c'è stato chi, vedendoli armeggiare nei pressi di una cabina dell'Enel - con
barba lunga e vestiti qua e là sdruciti - li ha scambiati per degli zingari ed è
sceso in strada con una mazza sollecitandoli a prendere il largo dal paese. «Che
fate lì?Volete rubare il rame come fate spesso? Andate via, qui non vi
vogliamo». Ha detto un abitante del luogo che risiede in una casa nei pressi
della cabina dell'Enel. I finanzieri, in quel momento, stavano approntando un
sistema per l'effettuazione delle intercettazioni telefoniche e delle riprese
video per immortalare chi si sarebbe introdotto nel capannone dei mobilifici Gargiolli dove, l'11 agosto, erano giunti i quattro container accompagnati dai
documenti di spedizione che attestavano la presenza all'interno di mattonelle.
Gli investigatori, col bastone che roteava davanti ai loro occhi, non hanno
battuto ciglio.
«TRANQUILLO, siamo degli operai dell'Enel; stiamo facendo un controllo alla
linea...». Così hanno rassicurato l'uomo che li aveva scambiati per dei nomadi
in 'missione' a Pallerone per compiere dei furti. Lui, tra sfida e opportunità,
ha colto la palla al balzo: «Se siete davvero dei tecnici dell'Enel, potreste
darmi una controllata all'impianto elettrico di casa, ogni tanto fa cilecca...».
CHE FARE? Stare al gioco, ovviamente. I finanzieri sotto mentite spoglie hanno
continuato a recitare la parte. «Ma certo... facciamo un sopralluogo». Detto,
fatto, con rassicurazione di rito, al termine della verifica: «Niente di grave,
ora facciamo un rapporto agli uffici centrali dell'Enel... stia tranquillo, i
problemi saranno risolti». Stretta di mano e via. Nei giorni successivi i
finanzieri si sono presentati a Pallerone con le tute degli operai dell'Enel e
furgoncino dotato di logo dell'ente elettrico. Tanto per non destare sospetti.
E hanno proseguito il lavoro che poi, il 17 agosto, li ha portati a coronare
l'investigazione con i fermi di Giordano Gargiolli, Juan Carlos Romero Pereze,
Juan, Pablo Ramirez Carnival e Alessandro Bernucci; questo, giunti nel capannone
con l'obiettivo di prelevare i carico di cocaina per distribuirlo sulle auto
dotate di apposito doppio fondo, hanno avuto la sorpresa di trovare i finanzieri
con le armi spianate. Questa volta in divisa.
di CORRADO RICCI
Da
Mundo_Gitano
ALLARME IN FRANCIA
Il governo Sarkozy prepara una nuova ondata di espulsioni di gitani rumeni e
bulgari.
E' quello che è stato reso pubblico da diverse personalità francesi, e alcune
delle organizzazioni maggiormente coinvolte nella difesa dei nostri fratelli. Il
governo francese, capeggiato da Nicolas Sarkozy ha continuato a mettere in atto,
dall'estate dell'anno scorso, ogni sorta di pressione, per far si che i gitani
rumeni e bulgari, cittadini comunitari come ciascuno di noi, escano
definitivamente dalla Francia. Per questo, viene utilizzato ogni mezzo
immaginabile di pressione sociale.
Meno di una settimana fa, a Marsiglia, circa 100 gitani, tra i quali 30 bambini,
stabiliti all'esterno del centro urbano, all'ingresso della città, sono stati
sloggiati dalla polizia. L'ordine è stato eseguito in seguito ad una petizione
del sindaco di Marsiglia, il quale appartiene allo stesso partito del presidente
francese. Nell'ordinanza di evacuazione delle famiglie, si dice che costituivano
una "minaccia seria contro l'ordine pubblico".
Ma siccome la repressione non conosce limiti, nel nord della Francia, dalle
parti
della città di Lille, il sindaco de La Madeleine, Sebastien Laprètre, ha emesso
due ordinanze: una che vieta la mendicità, e un'altra che vieta ai mendicanti di
cercare cibo o qualsiasi altra cosa, nei cassonetti dell'immondizia installati
nelle vie della città. Inoltre, affinché non ci siano minimamente dubbi quanto ai destinatari di queste due ordinanze, sono state redatte anche in
rumeno e bulgaro. (Supponiamo che nessuno abbia fatto presente al sindaco, che
la maggioranza di questi disperati che cercano cibo nelle pattumiere, non sanno
né leggere né scrivere).
Ci è capitato di avere accesso al rapporto realizzato da Medici del Mondo (MDM),
in relazione alle tragiche conseguenze della politica di deportazione del
governo francese. Questi sono alcuni dati:
Jean-François Corty, direttore del progetto MDM francese, ha dichiarato che "in
alcuni campi si sono svolte azioni simili a quelle messe in atto nelle zone in
guerra. Per esempio in Seine-Saint-Denis, abbiamo distribuito beni di prima
necessità, in quanto le loro esigenze vitali, come l'accesso all'acqua potabile,
non erano rispettate".
I poveri gitani rumeni e bulgari hanno paura, tanta paura di essere espulsi.
Per questo hanno rinunciato all'assistenza sanitaria. Dall'anno scorso, in
questo periodo, cioè
da quando iniziarono le persecuzioni contro di loro, hanno cessato di andare dal
medico. Il risultato è che a Nantes, Bordeaux, Marsiglia e Strasburgo, solo l'8%
è in possesso di un libretto sanitario, che certifica che hanno fatto le
vaccinazioni necessarie. La schiacciante maggioranza del gruppo preso in esame,
non è quindi protetta né contro le malattie comuni, né contro quelle mortali.
"La violenza delle espulsioni produce una soppressione dell'assistenza
sanitaria", ha dichiarato Jean-François Corty.
Le gitane soffrono in modo molto particolare questa persecuzione. Lo afferma
Medici del Mondo: solo una donna su dieci usufruisce di assistenza durante la
gravidanza, motivo per il quale la mortalità neonatale, cioè la frequenza con la
quale i bambini rom muoiono durante il primo mese di vita, è nove volte
superiore alla media dei bambini "gadjé" francesi.
Il governo francese sta utilizzando la medicina come arma politica di
repressione dei gitani, il che costituisce, secondo Jean-François Corty, "un
paradosso dal punto di vista dell'etica medica". In Francia, esiste l'assistenza
sanitaria statale, dalla quale dipendono la maggiore parte dei gitani. A partire
dal primo marzo, questo aiuto è diventato soggetto a un costo annuo. Il
risultato è stato devastante: tra tutti i gitani intervistati da Medici del
Mondo, il 77% non ha accesso all'assistenza sanitaria statale. E le conseguenze
non si sono fatte attendere: i casi di tubercolosi sono estremamente numerosi.
L'ha detto Jean-François Corty: "le espulsioni ripetute, rendono il lavoro dei
medici praticamente impossibile"
Crediamo che questo mese di agosto sarà più tranquillo di quello dell'anno
scorso, però ora vediamo qual è il panorama futuro:
- "Menti Criminali", programma TV della quarta rete, il quale come il nome della
serie fa comprendere, ci presenta come veri demoni (vedi
QUI ndr).
- "Mi gran boda gitana" (vedi
QUI ndr) di pessimo gusto, razzista e offensivo, trasmesso
dal terzo canale, un film del quale alcune sequenze costituiscono chiaramente un
reato, codice penale alla mano.
- A tutto ciò bisogna aggiungere alcune informazioni apparse nella stampa
spagnola, come quella che abbiamo denunciato qualche giorno fa, in relazione
alla sparatoria di Merida nell'Extremadura, o il presunto stupro di una giovane
a Lérida, alcune settimane fa.
Ci sono pessimi venti che corrono, amici, attraverso questa nostra Europa, vittima della
crisi, dello sciopero, dell'economia senza coscienza, e di una parte della
classe politica così lontana dalla cruda realtà quotidiana. E' un profondo
impegno, l'essere presidente di questo grande paese, il quale fu la culla
dell'illuminismo, e che oggi getta in mare tutti quei luminosi principi, che
proclamarono i pensieri basilari, in merito ai quali il diritto naturale è
fondato sui diritti di tutti gli uomini, dando vita alla libertà.
E' per questo che restiamo profondamente scioccati, nel prendere atto che la
fame che attanaglia la Somalia e la mancanza di acqua potabile, possano essere
così vicino a casa nostra.
Juan de Dios Ramírez-Heredia
Abogado y periodista
Presidente de Unión Romani
Barcelona, 18 de agosto de 2011
Guardateli bene, sono una famiglia di circo, di certo al lavoro in Italia ma non
è detto che siano di nazionalità italiana. Qualcuno sa riconoscerli? Chi è in
grado di identificarli o ha qualche spunto per risalire alla loro identità,
scriva a redazione@circo.it
In questa nuova rubrica –
Tendoni d’Italia – andremo anche alla ricerca di circensi senza
identità, quantomeno per noi. L’ideale sarebbe che i più giovani stampassero la
foto per farla vedere agli anziani, e chissà che a qualcuno non si accenda la
scintilla.
Dare una identità a chi custodisce personaggi noti solo in fotografia, è una
possibilità per tutti: se avete volti sconosciuti da “battezzare”, inviateci le
vostre foto e le pubblicheremo.
Buon lavoro e buon divertimento.
Short URL:
http://www.circo.it/?p=8828
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