Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 04/11/2010 @ 09:55:38, in Italia, visitato 1637 volte)
Tra reticenze e mezze verità, continua lo scaricabarile mentre si avvicina la
scadenza del 31 dicembre (e fa pure freddo, a questo non ci pensa nessuno?)
Lo Stato e il Viminale, attraverso il Prefetto, "hanno fatto la loro parte" sull"'emergenza
rom" a Milano, "ora il Comune, che sin qui ha fatto moltissimo, dovra'
continuare a fare la sua. Nel rispetto dei propri diritti, ma anche di quelli
dei rom. Perché ci sono situazioni, e quella cui mi riferisco e' tale, che non
sono risolvibili con uno sgombero".
Lo afferma Gian Valerio Lombardi, prefetto di Milano, in un'intervista al
Corriere della Sera. Lombardi, nella veste di commissario straordinario per
l'emergenza rom, si riferisce in particolare all'area di via Triboniano,
periferia nordovest di Milano. "Oggi ospita oltre 500 persone, ma ora l'area
serve per l'Expo 2015 – spiega -. Solo che l'istituzione di quel campo era stata
disposta e regolamentata dal Comune stesso: la maggior parte di coloro che vi
risiedono ha tuttora diritto di starci e la condizione per chiuderlo e' che si
trovi una soluzione per loro.
Per questo il Comune la scorsa estate aveva individuato 25 alloggi dell'Aler,
l'istituto milanese delle case popolari, con le caratteristiche di cui sopra: da
destinare ai rom, ma senza sottrarli ad alcuna graduatoria". Tuttavia "una parte
politica della maggioranza del Comune di Milano, preoccupata di un possibile
messaggio negativo per i cittadini milanesi, ha deciso di rivedere gli impegni
gia' presi". Lombardi spiega allora di aver trovato "soluzioni alternative"
interpellando "i privati".
Ora, prosegue, "risulta decisivo il ruolo del Comune: queste case andranno usate
per il fine cui sono state destinate, e il compito di gestire i passaggi
successivi spetta appunto al Comune". Lo sgombero del Triboniano non sara'
comunque "automatico": "e' un campo regolare, e nessuno potra' presentarsi qui a
chiedermi semplicemente di sgomberarlo. Il Comune dovra' fare un decreto e
motivarlo. Presentare anche agli abusivi un regolare provvedimento di
allontanamento. E farsi carico di trovare una sistemazione provvisoria per i
‘regolari' ancora eventualmente presenti".
30 ottobre 2010 | 16:56
Di Fabrizio (del 05/11/2010 @ 09:12:21, in Italia, visitato 2878 volte)
COMUNICATO STAMPA
DENUNCIA NEI CONFRONTI DEL SINDACO E DEL VICESINDACO PROTAGONISTI DEI RIPETUTI
SGOMBERI DEI CAMPI ROM A MILANO
[...]
CONFERENZA STAMPA
MARTEDI' 9 NOVEMBRE 2010 ALLE ORE 11,00
SALA STAMPA DEL TRIBUNALE DI MILANO (atrio centrale piano 3°)
Del testo della denuncia daremo copia in quell'occasione
Interverranno alcuni sottoscrittori della denuncia ed i legali che li hanno
assistiti, oltre ad alcuni Rom che abitavano i campi ripetutamente sgomberati .
In allegato:
§ Breve presentazione del campo Rom Forlanini/Cavriana e del Gruppo di
Sostegno Forlanini;
Milano, 3 novembre 2010
IL CAMPO ROM FORLANINI-CAVRIANA E IL GRUPPO DI SOSTEGNO
Chi percorre il viale Forlanini in direzione aeroporto, alla periferia est di
Milano, a un certo punto, sulla sinistra, vede un muro; è l'ultimo rimasuglio di
una caserma in disarmo. Alcuni anni fa, ospitava circa 150 profughi del Corno
d'Africa (erano i reduci da via Lecco, e poi si sono dispersi, tra Bruzzano,
piazza Oberdan e altri luoghi più o meno nascosti di questa metropoli
inospitale).
Il nostro Gruppo di sostegno Forlanini nacque allora, andando lì a conoscere
le storie tremende di uomini e donne in fuga dalla guerra, dalla repressione e
dalla fame, prodigandosi per le elementari necessità di quegli "ospiti", per la
maggioranza in possesso del permesso temporaneo perché rifugiati, ma come sempre
disperati, discriminati, obbligati a star nascosti e a non rivendicare alcunché.
Con un grande e diffuso sforzo di solidarietà, garantito da alcune
associazioni e soprattutto da "cittadini e cittadine attive", riuscimmo a
garantire un'esistenza un po' meno penosa a quegli uomini e donne, ma sempre
nella latitanza delle istituzioni. E arrivò lo sgombero, preavviso della svolta
sempre più militare impressa dalle autorità alla questione immigrazione, tanto
che la caserma fu abbattuta. Adesso, appunto, restano solo il muro frontale e
due corpi di guardia in muratura, nel frattempo resi inagibili dall'accanimento
dei successivi sgomberi.
E' in quest'ambiente, tra le radure e la campagna retrostante, tra il fango e
le sterpaglie, che si sono poi venuti a insediare alcuni piccoli nuclei di rom,
composti da coppie di anziani, famigliole più o meno allargate con bimbi
piccoli, ragazzi soli, reduci da altri sgomberi, oppure in fuga da una Romania
che ci viene raccontata come tremenda, ma forse a suo modo non tanto diversa
dalla Milano ringhiosa di questi anni.
Ed è ricominciata, da circa due anni una catena di solidarietà ancora più
larga. Ora il Gruppo svolge la sua attività umanitaria all'interno del campo Rom
in collaborazione con altre Associazioni di volontariato sociale milanesi; ha
una quarantina di componenti, che acquistano generi di prima necessità, fanno
accompagnamento sociale verso il pronto soccorso o gli ambulatori medici (per
una salute di grandi e piccini che è sempre più minata dalle pessime condizioni
ambientali), aiutano nelle minute pratiche burocratiche, tentano l'approccio
alla scuola, garantiscono la fornitura di tende, coperte, vestiti, nella
quotidianità come nelle punte più acute degli sgomberi, quando viene distrutto
tutto, dalle baracche agli affetti personali o ai beni di proprietà - come per
esempio un prezioso generatore -, ma soprattutto si insulta la dignità. Con il
nostro operato siamo riusciti ad avviare un contatto fiduciario, con soggetti
che da tempo hanno perso ogni riferimento con la cittadinanza, le istituzioni,
il potere.
Durante la seduta del Consiglio di Zona 4 del 11 febbraio 2010 abbiamo letto
un comunicato con il quale chiedevamo di fermare gli sgomberi e denunciavamo le
continue violazioni degli elementari diritti umani, contemporaneamente abbiamo
dichiarato pubblicamente "dopo ogni sgombero continueremo a garantirei beni
essenziali, quelle poche cose a cui ogni volta questi dannati della terra devono
rinunciare; torneremo a portare tende, coperte, farmaci e cibo e quant'altro
possa servire".
Le famiglie che risiedono in questo campo hanno trovato nel nostro gruppo
sostegno concreto: generi alimentari, abbigliamento, medicine, coperte, tende,
oltre all'accompagnamento verso le strutture pubbliche (ospedali e pronto
soccorso, per la cura delle malattie, e consultori familiari e pediatrici, per
quanto concerne le vaccinazioni dei bimbi e la maternità delle donne). Infatti,
molti abitanti del campo soffrono di varie patologie (respiratorie, reumatiche,
traumatologiche) proprio per le cattive condizioni di vita in questa situazione,
nel totale disinteresse degli organi preposti alla tutela della salute anche di
questi cittadini/e.
Grazie al lavoro di due anni in questo campo, siamo riusciti ad avere un
rapporto di totale fiducia ma, soprattutto, ad essere un riferimento certo,
nell'assenza totale di ogni contatto positivo con le istituzioni di questa
città. Ci stiamo adoperando per il loro inserimento lavorativo, ostacolato da
molte rigidità, e per l'inserimento scolastico, da settembre scorso infatti un
bambino ha iniziato a frequentare una scuola elementare in zona dove sta
sperimentando nelle maestre e nei compagni finalmente dei soggetti che lo
riconoscono e collaborano positivamente con lui.
In data 20 ottobre 2010 si è svolto l'ultimo sgombero: dalle 7,00 di mattina
gli abitanti del campo hanno atteso l'arrivo della Polizia locale insieme a una
decina di componenti del Gruppo di sostegno Forlanini. Nonostante la presenza di
minori (due bambine di 15 e 19 mesi e un maschio di 7 anni, tutti peraltro nati
in Italia) e di anziani con seri problemi sanitari – presenze già verificate da
precedenti accertamenti e in ultimo dal sopralluogo svolto dalla Polizia la sera
precedente - la procedura di sgombero è stata avviata comunque e con la totale
assenza dei servizi sociali. Il Gruppo di sostegno ha preteso, ma inutilmente,
l'esibizione di un titolo scritto per lo sgombero, oltretutto in assenza di una
chiara individuazione del proprietario del fondo.
Gli abitanti del campo sono stati allontanati e denunciati per occupazione
abusiva; successivamente sono entrate in funzione le ruspe per distruggere le
baracche, le tende e tutti quei beni che gli abitanti del campo non sono
riusciti a portarsi dietro nel loro ennesimo esodo.
Ora gli abitanti del campo vagano di nuovo nel quartiere e nella città, in
una città in cui non vengono riconosciuti a questa categoria "speciale" i
diritti di base: la casa, la salute, l'assistenza sociale e sanitaria,
l'istruzione, un lavoro.
Siamo ormai al quattordicesimo sgombero di questa realtà, che non ha mai
impensierito realmente gli abitanti del quartiere, cui basta il traffico
frenetico del viale e quel muro per non vedere quel luogo di perdizione. Eppure
gli "ospiti" di quel campo non si vogliono nascondere: ad aprile 2009, poco
prima del primo sgombero, a un'assemblea in piazza Ovidio con De Corato, indetta
sulla sicurezza, convincemmo due di quelle donne a intervenire pubblicamente;
davanti a una platea prima tumultuante e poi raggelata nell'ascolto, parlarono
della loro vita grama, della loro insicurezza, del degrado in cui non
volontariamente vivevano, dimostrando quanto erano "normali" gli "alieni" da cui
ci sentiamo "minacciati".
Ora il nostro gruppo intende intensificare la lotta a questa politica degli
sgomberi continui senza alcuna reale alternativa abitativa, contro questa
politica disumana ed illegittima; saremo presenti agli interventi che lì si
preannunciano, abbiamo già raccolto materiale per altri sgomberi, in modo da non
lasciare sguarnite le dotazioni; e intendiamo denunciare questi comportamenti
inumani nelle sedi ufficiali, alla stampa e agli organi nazionali e
internazionali a ciò preposti. Perché i "loro" diritti sono i "nostri" diritti.
Gruppo di Sostegno Forlanini -
scendiamoincampo@gmail.com
Milano, 3 novembre 2010
L'ideale (altre informazioni
QUI)
Questo "diario di sopravvivenza e resistenza al tempo della seconda guerra
mondiale" verrà presentato dalla casa Editrice Irradiazioni il 10 novembre (ore
18.30) a Roma
L' Editrice Irradiazioni organizza il 10 novembre alle ore 18.30, in
collaborazione con l'Ufficio della Commissione Europea in Italia a Roma in
via IV novembre n. 149- all' interno dello Spazio Europa, una riflessione sul
popolo rom, con la presentazione del libro di Jan Yoors "Crossing -diario di
sopravvivenza e resistenza al tempo della seconda guerra mondiale", edito
Irradiazioni.
In "Crossing", seguito del libro "Zingari sulla strada con i rom lovara",
J.Yoors racconta la sua implicazione personale nella guerra e la parte attiva
che molti zingari hanno giocato nello svolgimento della guerra di resistenza.
Verrà proiettato un bio-documentario di 13 minuti sulla storia unica di jan
Yoors realizzato dal figlio Kore Yoors: Weaving two worlds, Jan Yoors 1922-1977
(2008);
- saranno esposte in mostra 16 foto degli anni 30, ritratti fotografici
eseguiti da J.Yoors durante il tempo passato con i rom;
- parteciperanno la dott.ssa Clara Albani, Parlamento Europeo, il dott.
Emilio Dalmonte Commissione Europea ed il prof. Patrick Willams, antropologo
del CNRS direttore di ricerca, membro del Laboratorio di Antropologia Urbana
del CNRS di Parigi.
Interverranno anche Kore Yoors autore del bio-documentario e figlio di J.
Yoors; Nazzareno Guarnieri- presidente della Federazione Romanì; Emanuela
Gargallo - Editrice Irradiazioni
Partecipazione straordinaria del violinista Ion Stanescu, (Violinista
classico e gypsy), abile virtuoso del repertorio tzigano in stile rumeno ed
ungherese che ha fatto parte per anni dalla Filarmonica di Craiova (Romania).
Di Fabrizio (del 06/11/2010 @ 09:33:52, in casa, visitato 1573 volte)
quiBrescia.it venerdì 05 novembre 2010
(red.) Potrebbe finalmente trovare una soluzione la questione che ha visto
contrapposti comune di Brescia e comunità sinti sulla questione del campo di via
Orzinuovi (leggi
qui,
qui e
qui).
La parola fine potrebbe essere definitivamente messa con il cosiddetto
"Patto di cittadinanza", un documento, approvato da entrambe le parti, che
consente la permanenza temporanea delle famiglie di sinti nel campo alla
periferia della città e obbliga l'Amministrazione a bonificare l'area entro
febbraio 2011.
Secondo quanto previsto nell'accordo, che è al centro di un incontro
promosso da Arciragazzi, Cgil e Fondazione Piccini in programma sabato alle 21
nella Casa del Popolo di via Risorgimento 18, la Loggia "procederà alla chiusura
del campo allo scadere dell'anno di validità del Patto, prorogando eventualmente
i tempi dello sgombero per massimo tre mesi, in funzione del rispetto o meno
delle regole stabilite e dell'impegno assunto nella ricerca di proposte
alternative di collocazione".
Il Patto ha ottenuto il sì anche di Damiano Galletti, segretario della
Cgil di Brescia (leggi
qui) che si era battuta per una bonifica del campo, e da Donatella Albini,
consigliere comunale.
Le venti famiglie attualmente nel campo di via Orzinuovi vi potranno rimanere
fino al completamento dei lavori, al termine dei quali cinque di esse saranno
trasferite in un altro contesto con il supporto del comune.
I sinti, per rimanere nel campo, saranno tenuti a rispettare il
pagamento di alcune quote (leggi
qui).
L'accordo prevede anche che in ogni piazzola possano sostare due caravan,
mentre nell'area attrezzata per famiglie non potranno fermarsi altri mezzi.
Una volta avvenuta la bonifica dell'area, ogni nucleo familiare dovrà
versare al comune 150 euro al mese per i consumi elettrici. 50 euro in più nel
caso in cui nella piazzola fosse presente più di una famiglia.
La spesa per l'acqua, invece, sarà suddivisa in base al numero degli
occupanti, calcolato al 50% per i bambini al di sotto dei 12 anni e secondo i
consumi effettivi.
Inoltre, i sinti dovranno pagare 47 euro mensili per lo spazio occupato. La
manomissione e/o il danneggiamento delle strutture presenti nell'area
comporteranno invece l'allontanamento delle famiglie responsabili.
Di Fabrizio (del 06/11/2010 @ 09:52:27, in Regole, visitato 1577 volte)
Da
Slovak_Roma, un caso che aveva avuto eco anche in Italia
Košice, Slovakia, 5.11.2010 12:56, (ROMEA) - Oggi i 10 poliziotti slovacchi
accusati di molestie contro bambini rom, la primavera scorsa in un commissariato
di Košice, si sono tutti dichiarati innocenti alprimo giorno del loro processo.
Si sono anche rifiutati di testimoniare. I nove uomini ed una donna rischiano
tra i 4 e i 10 anni di prigione. L'incidente era emerso quando alcuni video
registrati da telefonini erano trapelati alla stampa.
I poliziotti avevano arrestato sei ragazzi del complesso edile Luník IX a
Košice con l'accusa di aver attaccato delle donne anziane. Secondo l'accusa,
avevano poi obbligati i ragazzi, di età tra i 10 e i 16 anni, a picchiarsi
l'un l'altro. La polizia è anche accusata di averli terrorizzati con cani, e tre
dei ragazzi sarebbero stati morsi. Sarebbero poi stati portati nel seminterrato
del commissariato, dove sarebbero stati obbligati a spogliarsi e continuare a
picchiarsi tra loro. Un agente avrebbe premuto la canna della sua arma contro la
testa di uno dei ragazzi, e gli avrebbe chiesto se doveva sparare. I poliziotti
avrebbero anche obbligato i ragazzi a leccare i loro stivali e a picchiarsi con
una pala.
Il procuratore generale ha classificato il comportamento dei poliziotti
particolarmente grave e razzialmente motivato. Gli ispettori della polizia che
hanno indagato sul caso non lo ritengono a sfondo razziale. Non è stato
possibile raggiungere un accordo immediato sulla colpevolezza dei poliziotti o
negoziare una condanna, dato che i poliziotti non hanno confessato di aver
commesso il reato.
In passato la polizia slovacca ha affrontato critiche per l'uso
sproporzionato della forza contro i Rom. L'anno scorso, la corte suprema ha
mandato in prigione i poliziotti che avevano causato la morte per tortura del
Rom Karol Sendrei nel 2001. Questo luglio la polizia ha rigettato l'accusa di
essere responsabile della morte di un Rom di 64 anni, all'inizio di maggio.
Secondo la sua famiglia e diversi media, la polizia aveva contribuito alla sua
morte usando una quantità sproporzionata di gas lacrimogeni, quando sono
intervenuti sulla scena di un litigio.
Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert
foto di Ivana Kerecki
Lo scorso 8 ottobre è morto per un ictus Franco Pasello, anarchico, amico di
molti rom, fotografo e panettiere.
Per ricordarlo, gli amici e i compagni si ritroveranno domenica 14 novembre
dalle ore 13.00 presso la
Cascina autogestita Torchiera, piazzale Cimitero Maggiore 18 -
Milano
Siamo franchi
ricordando il nostro Franco Pasello
Dalle ore 13 (pranzo) a tarda sera si terrà Siamo franchi, una giornata in
ricordo di Franco Pasello, il nostro compagno morto l'8 ottobre scorso.
Come lui desiderava, lo ricorderemo in allegria con un bel pranzo, musiche rom e
non-rom, canzoni del suo amato De André, testimonianze, vendita di stampa e
libri anarchici, brindisi, chiacchiere, ricordi, progetti, aperitivo serale,
ecc. ecc.. Chi vuole, porti roba da mangiare e da bere (anche se ci mancheranno
le famose pizze di Franco), giornali, libri, idee.
Fin d'ora, chi vuole farci avere una sua testimonianza scritta su Franco, un
ricordo, un breve testo, lo invii ad arivista@tin.it anche in vista di una
pubblicazione dedicata a Franco che certamente faremo, ma di cui non abbiamo
ancora il progetto preciso.
Per info, contattateci.
rivista anarchica "A"
cas. post. 17120 – Mi 68
20128 Milano
tel. 02 28 96 627
fax 02 28 00 12 71
arivista@tin.it
Di Fabrizio (del 08/11/2010 @ 09:59:03, in Europa, visitato 1720 volte)
Da
Czech_Roma
European City Ruolo della scena artistica ad Ostrava nel perpetuare gli
stereotipi "Rom", by Kathrin Buhl(1)
Premessa: Questo articolo riguarda la mutua relazione tra gli
stereotipi persistenti e l'esperienza vissuta dei Rom ad Ostrava. L'autrice
esamina aspetti della scena artistica alla ricerca di quale particolare
dimensione sociale contribuisca o si discosti dagli stereotipi, ed in che misura
i componenti delle comunità rom siano coinvolti nel processo della creazione
artistica. Un punto chiave è che quando la popolazione non-Rom presenta i Rom
nell'arte, il prodotto si afferma come arte. Ma quando i Rom, "l'oggetto"
dell'arte, sono attivamente coinvolti nel processo di creazione artistica,
appaiono maggiormente il rifiuto e la discriminazione. Questo paradosso
esistente rivela un meccanismo attraverso il quale vengono mantenuti nei
discorsi pubblici e nelle arti il razzismo e la discriminazione.
La storia dei membri delle comunità rom in Europa(2) è
stata caratterizzata per secoli da persecuzioni, discriminazioni ed esclusione
sociale. Vivendo ai margini della società, in molte nazioni il quadro "dei Rom"
incontra uno stereotipo comune che differisce solo leggermente da regione a
regione. Conosciuti come "Gypsy", "Zigeuner", "Gitans" o "Cíngaros", per molti
questi termini evocano quadri di persone scure in abiti colorati che
continuamente danzano e suonano di fronte alle loro carovane. Ma oltre a queste
spesso distorte immagini romantiche, gli "zingari" sembrano anche avere una
vasta gamma di esperienze sociali negative, come povertà, senza fissa dimora e
criminalità.
Ostrava, come pure un gran numero di altre città nella Repubblica Ceca, ha
una numerosa popolazione rom. Con quasi 320.000 abitanti, la città
post-industriale è la terza città della Repubblica Ceca, ed ha una popolazione
rom stimata tra i 20.000 e i 30.000 abitanti(3), pochi - anche
se il numero non è certo. Questo perché molti di origine rom che vivono ad
Ostrava non intendono identificarsi pubblicamente come tali, ma invece si
considerano e si dichiarano pubblicamente come Cechi. Questo fatto sfida i tempi
"moderni", un periodo apparentemente caratterizzato da democrazia, leggi
anti-discriminazione, la retorica dei diritti umani, ed il molto lodato
arricchimento della popolazione con "diversità" culturale ed un'aperta
conversazione con la storia, si senta ancora la necessità di nascondere le
proprie origini.
Una ragione per cui molti Rom non possono identificarsi come appartenenti
alle comunità rom è che spesso incontrano il rifiuto o la discriminazione nelle
società in cui vivono. Nel passato recente ci sono stati ripetuti esempi di
brutalità contro le famiglie rom, da parte di sconosciuti e talvolta (nei casi
diventati pubblici) da parte della polizia, in tutta Europa. Ma i membri della
comunità rom non sono esclusi dalla società maggioritaria tramite la sola
violenza, o l'aperta discriminazione e le offese. Ci sono anche ragioni più
profondamente radicate per cui i gruppi etnici continuano ad essere socialmente
esclusi(4).
In quanto tale, ritengo che nelle società sia nascosto un sofisticato sistema
di discriminazione che nasconda come lavori o avvenga su base giornaliera la
discriminazione dei componenti delle comunità rom. Tra l'altro, lo scopo di
questo articolo è dimostrare questa tesi. Ciò che farò sarà presentare alcuni
esempi che possano servire a sostanziare la mia affermazione. Questi esempi
offrono modi suggestivi di avvicinarsi alle più ampie - e più difficili da
risolvere - questioni sociali, quali il perché quel popolo con origini
differenti non sia in grado o sia incapace di diventare parte integrata della
società, nonostante le politiche sociali in atto. O, per dirla differentemente,
come le diverse dimensioni della società contribuiscano a perpetrare le
diseguaglianze esistenti tra i gruppi sociali.
Mi avvicino alle questioni con una ricerca nel settore artistico di Ostrava e
come si leghi alla comunità rom. Mi chiedo se ed in quale misura le arti, che
tradizionalmente hanno ricoperto il ruolo di rappresentare le rivendicazioni dei
popoli e dar loro una voce, accendano una luce sulla situazione dei Rom da
prospettive insolite o differenti. Per fare questo, ho tenuto la traccia di
mostre che hanno affrontato ad Ostrava varie questioni dall'anno 2002(5).
Ho trovato che rispetto alla relativamente ricca scena artistica e culturale
di Ostrava, l'arte connessa a "questioni rom" è sottorappresentata. Da un lato,
ciò si applica all'arte "su" o "circa" i componenti delle comunità rom, e
dall'altra all'arte nei cui processi creativi sono coinvolti gli stessi Rom in
quanti artisti, consulenti o registi. Dato che i Rom costituiscono quasi un
decimo della popolazione totale di Ostrava, diventa particolarmente urgente la
ragione di questa sottorappresentazione.
Mentre raccoglievo materiale da esaminare, ho parlato con persone collegate
in differenti contesti con membri delle comunità rom. Tra gli altri, inclusa la
preside di una scuola pubblica, dr. Soňa Tarhoviská, ed un'insegnante, Blanka
Kolářová, della stessa scuola "Církevní základní škola a mateřská škola Přemysla
Pittraand". Con 300 bambini iscritti, di cui solo due non sono rom, la scuola è
unica nel suo concetto artistico pedagogico. Dato che la scuola serve una
comunità che sotto molti aspetti è socialmente svantaggiata, la scuola, sin da
quando è stata fondata nel 1993, ha ospitato o partecipato a diversi progetti
artistici, che vanno dalla pittura alle produzioni teatrali, o spettacoli di
musica e danza.
Poiché il raggio d'influenza della scuola ed il gruppo coinvolto dall'arte
prodotta dai bambini non è il grande pubblico ma le famiglie degli alunni, non
fa parte dell'auto-concezione della scuola di contribuire a formare l'opinione
pubblica sui Rom. Secondo Blanka
Kolářová i progetti artistici, di cui una decina finanziati dalla città o
dall'Unione Europea, hanno più lo scopo di aiutare i bambini invece che dar loro
la possibilità di esprimersi. Un secondo e forse più importante obiettivo dei
progetti artistici è che i bambini, che nei progetti presentano le vite delle
loro famiglie, imparino di essere accettati come figli di famiglie rom. Secondo Blanka
Kolářová, la maggior parte dei bambini si vergogna di se stessi e di essere
parte di famiglie rom. I progetti artistici servono come approccio nel trattare
il concetto di identità e a sviluppare l'accettazione sino ad un certo grado di
autostima.
La scuola non solo si comprende come un contributo al lavoro esplicativo
rivolto ad una sfera di pubblico più vasta. Diventa invece evidente che il suo
approccio si basa sul livello base per un miglioramento dei bambini interessati
e delle loro reali situazioni familiari.
Poiché la scuola non raggiunge il pubblico, la risposta non è esattamente
valutabile. Però la preside stima che, se raggiungessero il pubblico coi loro
progetti, la risposta sarebbe positiva. Sono conclusioni tratte dalle reazioni
del pubblico alle esibizioni dei bambini nelle tradizionali danze e musiche rom
che hanno avuto luogo ad un festival annuale di Ostrava.
Ci fu una motivazione simile nell'aiutare le famiglie dei bambini a
sviluppare e rafforzare il senso di autostima e identità, secondo il direttore
del teatro "Divadlo Jiřího Myrona". Ha fatto recitare i figli delle delle
famiglie rom colpite dall'inondazione di Ostrava nel 1997 per l'esecuzione del
musical "AIDA". La risposta del pubblico fu, come riportata dai media,
abbastanza buona.
In passato, ci sono stati progetti artistici che in qualche modo hanno
coinvolto membri delle comunità rom, non solo come soggetti delle opere
artistiche, ma soprattutto come designer attivi delle mostre o degli spettacoli.
In questi progetti, la risposta del pubblico è stata differente da quella
dei progetti in cui i Rom (soprattutto bambini) hanno partecipato in quanto
persone socialmente svantaggiate o vittime.
Un esempio è un'esposizione che ha avuto luogo nel Museo di Belle Arti "Dům umění"
di Ostrava, nel 1999-2000. Un gruppo di studenti universitari ed una stazione
radio erano responsabili della mostra che presentava fumetti disegnati da
bambini rom. Originariamente era programmata alla Galleria Nazionale di Praga,
ma in seguito il direttore rifiutò di esporre "arte rom" nel suo museo. Soltanto
dopo il forte impegno di persone influenti, il progetto venne finalmente
finanziato ed esposto nel Museo di Belle Arti "Dům umění". Nonostante la
resistenza del direttore, il pubblico ha risposto positivamente alla mostra e le
persone coinvolte hanno detto di sentire un senso di rispetto da questa
esperienza.
L'idea dietro quel progetto era di aprire un sito importante di cultura
pubblica, come un museo, perché i Rom mostrassero i loro lavori come artisti e
come visitatori del museo interessati nel vedere l'arte dei Rom. Le difficoltà
di accesso che gli iniziatori hanno dovuto affrontare per entrare in un campo
come quello del Museo di Belle Arti, rappresenta solo un'idea dell'assenza di
qualsiasi accettazione del livello intellettuale per chi appartiene alla
comunità rom.
Se questi esempi possono essere considerati rappresentativi, confrontando i
differenti approcci all'arte rom ed ai differenti livelli in cui l'arte rom è
rappresentata, diventa ovvio quanto segue:
Quando il progetto artistico viene inquadrato sia per aiutare un
relativamente passivo protagonista (una vittima o un bambino) o inteso come un
progetto più o meno pedagogico, come parte di un festival che ha luogo soltanto
in un determinato periodo, la rappresentazione di una cultura (nel caso dei Rom,
danze e musiche) stereotipata (che arriva assieme agli aspetti "noti") volta
all'intrattenimento, sembra essere accettata. Ma appena il coinvolgimento dei
Rom è trasformato da oggetto di assistenza in soggetto attivo, o quando sono
percepiti come partecipanti alla creazione artistica in quanto artisti o come
parte della popolazione generale - come un potenziale visitatore - che era
antecedentemente riservato ai non rom, i Rom sembrano avere più difficoltà
nell'essere accettati o legittimati. Accettare persone in questa seconda
dimensione sociale, dove ci si incontra in posti come gallerie d'arte,
significherebbe accettarsi come uguali. Fintanto che la società interagisce con
"i Rom" soltanto nel perpetuare gli stereotipi, attraverso questi si mantiene il
controllo. Per esempio, possiamo parlare di loro, ma non con loro. Così, è
facile mantenere una certa immagine, uno stereotipo che ci permette di trattarli
in un certo modo. Fintanto che la società non permette ai Rom di parlare in
prima persona e quindi di poter generare un'(auto)concezione di se stessi, noi
non avremo da temere che possano variare la loro immagine, costruita e
manifestata attraverso discorsi che controllino e giustifichino il modo in cui
la società agisce con i Rom.
Lascerò alla discrezione del lettore considerare se il suggestivo argomento
fatto sull'arte recipiente nel museo, possa essere applicabile alle differenti
sfere della società, quali i luoghi di lavoro, il vicinato, o le istituzioni
educative. Inoltre, rimane la questione di come questa assegnazione di ruolo
manifestata da Rom e non Rom possa risolversi attraverso i discorsi pubblici e
le regole istituzionali.
1) Kathrin Buhl studia scienze culturali e scienze
politiche all'Università di Brema
2) Seguendo l'esempio di Rainer Mattern userò in tutto
questo articolo i termini "comunità rom" o "popolo rom" riguardo a Sinti e Rom,
Askali ed Egizi, citato in Mattern, R. (2009). Swiss-Aid-to-Refugees-Country
analysis, Kosovo: About the Repatriation of Roma. Bern,
Swiss-Aid-to-Refugees-Country Analysis.
3) Agarin, T., Brosig, M. (2009). "Minority integration
in Central Eastern Europe: between ethnic diversity and equality." Editions
Rodopi B.V. Last accessed October 4, 2010 at
http://books.google.de/books?id=182K1gZFAuoC&pg=PA307&dq=ostrava+population+statistics&ei=BuHmS_iUAoyqywSLhNDKCQ&cd=9#v=onepage&q=ostrava%20population%20statistics&f=false
4) Come esempio, è stato pubblicato un documento
sulla discriminazione dei Rom, sulla base di un lavoro sul campo nel 2008 in un
rapporto della Commissione Europea: Discriminazione nell'Unione Europea,
Percezioni, Esperienze ed Atteggiamenti.
5) Informazioni ricevute da Kumar Vishwanathan - Vivere Insieme, OnG di Ostrava sui diritti dei rom.
Di Fabrizio (del 09/11/2010 @ 09:59:16, in Europa, visitato 1604 volte)
Segnalazione di Sarci Lm
(clicca per vedere le foto)
Tra nostalgia e miseria, ostacolati da criminalità e discriminazione, i
gitani di Mosca faticano ad integrarsi nella società moderna. Russia Oggi è
andata a trovarli
Ve lo dico io: il problema degli zingari, è che non ce n'è uno che lavori".
Un giovane poliziotto russo sta visitando il villaggio rom di Possiolok
Gorodishy, a circa 150 km da Mosca. Uniforme con giacca di pelle, capelli corti
biondi e occhi chiari, assume un'aria sarcastica nel dire la sua a Georgij Šekin,
alias Yalush in lingua rom, che lavora per l'organizzazione interregionale russa
in difesa dei rom, e al vecchio Gendar, l'anziano del villaggio.
Gendar si difende fischiando tra i denti che gli mancano mentre il poliziotto se
ne sta andando: "I gitani non sono istruiti, ecco perché non trovano lavoro
nella società di oggi".
Gendar è il baro, ossia "l'anziano" del villaggio. In questo tabor (parola
antica per "accampamento") nella regione di Vladimir vivono gitani del gruppo
etnico dei Caldarari, uno di quelli che ha meglio conservato i propri usi e
costumi; erano tutti nomadi nel 1956, quando l'Unione Sovietica ha costretto gli
zingari a insediarsi in modo sedentario. I Caldarari, originari dell'Europa
orientale, erano per tradizione mercanti di cavalli o mastri ferrai. In seguito
all'avvento del comunismo alcuni di loro hanno convertito le loro attività in
aziende nel settore del riscaldamento. Ma qui, nel villaggio, nessuno ha avuto
successo. "Non facciamo niente tutto il giorno. Stiamo ad aspettare che il tempo
passi". Una dozzina di uomini vestiti di scuro con giacche di pelle sta in piedi
con le mani in tasca. Dietro di loro corre la ferrovia che costeggia il tabor,
fatto di case in legno allineate lungo la strada centrale, secondo la tradizione
russa. Continua Gendar : "I pochi che hanno la macchina lavorano occasionalmente
come fuochisti e riescono a sfamare la famiglia. Ma quelli che non hanno una
macchina? Beh, rubano. Č semplice, per i bambini".
Entriamo in casa di Gendar. "Tutto quello che c'è di bello qui dentro risale al
comunismo. In quel tempo non c'erano né poveri né ricchi", racconta con
rimpianto. "Quando non si aveva un lavoro si percepiva una disoccupazione". I
muri sono tappezzati con lo splendore dell'epoca sovietica esaltato da tendaggi
rosa e gialli, e i divani sono rivestiti con teli dai colori vivaci. Adagiata su
un divano la madre, in abito blu, fuma e mostra un sorriso sicuro. "Vuoi vedere
il filmato del matrimonio di mia nipote ?". Una bella ragazza di quindici anni
fa una ruota con la sua gonna arancio e fa tintinnare le medaglie di cuoio:
seguo la scena con la coda dell'occhio mentre la donna porta il tè, il burro e
dei funghi marinati. "Dimenticavo… vedi, non abbiamo più corrente".
Pur non rappresentando più, in Russia, una popolazione nomade, l'inoperosità dei
gitani è legata alla loro mancata integrazione nel sistema economico moderno,
urbano e concorrenziale. Sin dai tempi del comunismo alcuni gruppi rom, in
particolare i "Russka Roma", che sotto il regime zarista cantavano per i nobili
e che oggigiorno sono il gruppo più integrato, si erano specializzati nel
commercio di contrabbando, allora attività di nicchia. All'epoca le merci erano
ridotte. Si trattava di un'attività illegale ma non criminale. "Ma in seguito
alla Perestrojka in tutte le nazioni russe si è iniziato a commerciare e i
gitani, per lo più analfabeti, non sono stati al passo", questa la spiegazione
di Marianna Seslavinskaya, una dei dirigenti dell'unione interregionale russa in
difesa dei rom, Roma Union.
Marianna Sleslavinskaya e il marito, Georgij Tzvetkov, vedono nell'istruzione
dei gitani una priorità assoluta per l'integrazione della cultura rom. Entrambi
lavorano in un laboratorio di ricerca presso l'Istituto governativo di lingue di
Mosca, ma i mezzi a loro disposizione sono davvero scarsi: sono solo due per
tutto il territorio russo, su cui si stima la presenza di un numero di gitani
tra i 180.000 e i 400.000. "Non siamo circoscritti a una regione, come la
maggior parte delle minoranze in Russia e nessuno si occupa di finanziare la
trasmissione della nostra cultura. Ai bambini rom che vanno a scuola a sei anni
viene insegnato il russo come se fosse la loro lingua madre, mentre loro parlano
la lingua rom". Nel 1927 le autorità avevano avviato un programma di
insegnamento per i nomadi, ma Stalin l'ha revocato nel 1938 come preludio alla
sua campagna anti-cosmopolita.
Continua Marianna: "Č necessario un programma che insegni ai gitani inizialmente
la loro lingua e, in seguito, la cultura russa. Perché un gitano che perde la
sua cultura non può nemmeno diventare un vero russo. Si trasforma in un escluso.
Istruire i rom salvaguardando la loro identità è l'unica soluzione possibile per
far sì che si adattino alla società attuale. Così potranno trovare lavoro senza
essere ostacolati da problematiche identitarie né cadere nella povertà e nella
criminalità".
Di Fabrizio (del 10/11/2010 @ 09:38:58, in Regole, visitato 1844 volte)
Riferimento
COMUNICATO STAMPA
Conferenza stampa di presentazione della denuncia nei confronti del Sindaco e
del ViceSindaco protagonisti dei ripetuti sgomberi dei campi rom a Milano
Milano, 9 novembre 2010 - Questa mattina nella Sala Stampa del Tribunale
di Milano è stata illustrata la denuncia penale presentata da 39 cittadini
presso la Procura della Repubblica nei confronti del Sindaco di Milano Letizia
Moratti e del Vice Sindaco di Milano Riccardo De Corato su iniziativa dei
volontari del Gruppo di Sostegno Forlanini.
La denuncia è stata sottoscritta dai volontari del Gruppo di Sostegno
Forlanini e da alcuni genitori che seguono le famiglie Rom di Rubattino, oltre
che da alcuni rappresentati del mondo politico e culturale milanese attivi sotto
diversi aspetti per la difesa dei diritti umani e delle minoranze.
Stefano Nutini, Fiorella D'Amore e Paolo Agnoletto - volontari del Gruppo
Sostegno Forlanini - nel presentare l'iniziativa hanno condannato "la volontà
persecutoria di questa Amministrazione nei confronti della popolazione Rom, con
gli oltre 360 sgomberi di campi Rom senza alcuna alternativa abitativa (14
sgomberi solo del campo Rom Forlanini / Cavriana), e gli oltre cinque milioni di
euro spesi per gli sgomberi, in assenza totale di progetti di accompagnamento ed
integrazione (…) Gli sgomberi avvengo spesso alla mattina presto, con qualsiasi
tempo atmosferico, gli abitanti del campo – adulti, anziani malati e bambini
anche di pochi mesi - vengono identificati , denunciati ed allontanati; subito
dopo intervengono le ruspe che distruggono le baracche, le tende e tutti quei
poveri beni che gli abitanti del campo non sono riuscisti a portarsi dietro nel
loro ennesimo esodo".
E' quindi intervenuto un Rom che abitava uno dei campi ripetutamente sgomberati:
"voglio rimanere qui perché solo così posso garantire a mio figlio di
proseguire la scuola .. ieri sera ero con mio figlio lungo la strada sotto il
lampione a vederlo finire i compiti … ma ogni volta che ci sgomberano è sempre
più difficile .. finirà che sarò costretto a mettere una tenda davanti alla
scuola … "
I volontari del Gruppo Sostegno Forlanini - che opera in Zona 4 da oltre due
anni - hanno poi ribadito: "dopo ogni sgombero continueremo a garantire ai
nostri amici Rom beni essenziali, quelle poche cose a cui ogni volta questi
dannati della terra devono rinunciare; torneremo a portare tende, coperte,
farmaci e cibo e quant'altro possa servire .(…) perché i 'loro' diritti sono i
'nostri' diritti" …"In questi anni abbiamo scelto di incontrare queste volti,
queste persone, di costruire con loro rapporti di vicinanza, sono i nostri nuovi
vicini di casa; abbiamo cercato di costruire dei rapporti di fiducia superando
diffidenze e magari anche incomprensioni o paure reciproche" …"Siamo
semplicemente dei cittadini che hanno scelto di vivere il loro ruolo di
cittadinanza attiva per costruire una città più vivibile e quindi più sicura
per tutti perché più accogliente, una città che deve tutelare i diritti di
tutti al di là di appartenenze etniche e culturali"
Francesca Federici e Lorenzo Mandelli del gruppo di Genitori che affiancano le
famiglie Rom di Rubattino hanno dichiarato "Noi - maestre, genitori e
cittadini - siamo giunti a presentare questa denuncia come estremo tentativo di
salvaguardare quello che è un diritto inalienabile: il diritto all'istruzione,
l'unica possibilità per questi bambini di poter pensare ad un futuro diverso. Un
diritto che viene continuamente messo in forse e negato dai continui sgomberi. I
bambini senza diritto di istruzione sono bambini privati anche del diritto di
sapere che si può vivere diversamente".
Elena Guffanti del Gruppo Sostegno Forlanini ha raccontato "grazie ad una
attività di mediazione e facilitazione quest'anno siamo riusciti ad iscrivere in
una scuola elementare della zona un bambino del campo. Nonostante i continui
sgomberi il papà e la mamma cercano con umiltà di garantire un futuro al loro
unico figlio accompagnandolo ogni giorno a scuola. .. Quando la mamma
mostrandomi l'orario delle materie di insegnamento mi ha chiesto cosa
significasse ' Educazione alla convivenza civile' ho provato imbarazzo e
vergogna, lo stesso Stato che pretende di insegnare questi principi, nei
confronti dei Rom mette in pratica solo segregazione ed emarginazione (…).
Nel corso della conferenza stampa è stato anche ricordato che "ai bambini
Rom, in quanto 'non residenti' il Comune non garantisce la mensa scolastica, per
poter usufruire del servizio devono infatti pagare la quota della fascia massima
pari ad €. 680,00; mentre ai ragazzini Rom che frequentano la scuola media non
viene dato il 'buono' per l'acquisto dei libri che pertanto devono essere pagati
interamente dalla famiglia".
L'avv. Gilberto Pagani l'avv. Anna Brambilla hanno illustrato i punti essenziali
su cui si fonda la denuncia: "Il comportamento tenuto dagli amministratori
comunali viola apertamente le leggi esistenti, che prevedono misure destinate
all'integrazione delle popolazioni Rom e Sinti. Al contrario il Comune di Milano
utilizza risorse ingentissime al solo scopo di rendere la vita di queste persone
insostenibile e di indurle così a lasciare la città. Questa è l'invocata
soluzione definitiva del problema dei Rom, che non solo è disumana ma configura
gravi reati, in particolare l'abuso d'ufficio, l'interruzione di pubblico
servizio (fine del percorso scolastico per decine di bambini e ragazzi) e la
distruzione dei beni delle famiglie sgomberate."
[...]
Per il Gruppo di Sostegno Forlanini
Paolo Agnoletto - cell. 333.8611303
Elena Guffanti - cell. 347.7179254
scendiamoincampo@gmail.com
Avv. Gilberto Pagani – cell. 347.2257078
Rassegna stampa (aggiornata 9 novembre 2010 ore 20.30):
http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/11/09/news/moratti_denunciata_per_gli_sgomberi_odio_etnico_e_razziale_verso_i_rom-8914182/
http://notizie.virgilio.it/notizie/cronaca/2010/11_novembre/09/milano_sgomberi_rom_volontari_denunciano_moratti_e_de_corato,26919327.html
http://www.asca.it/news-MILANO_ROM__MORATTI_E_DE_CORATO_DENUNCIATI_PER_SGOMBERI-964453-ORA-.html
http://www.agi.it/milano/notizie/201011091154-cro-rmi0015-nomadi_sgomberi_associazioni_denunciano_moratti_e_de_corato
http://lombardia.indymedia.org/node/33296
http://it.peacereporter.net/articolo/25181/Sgomberi+dei+campi+Rom:+denunciati+la+Moratti+e+De+Corato video:
http://it.peacereporter.net/videogallery/video/12292
con qualche confusione tra Vittorio e Paolo Agnoletto... e per finire...
ROM, DE CORATO: "SU SGOMBERI SEMPRE SEGUITE PROCEDURE CORRETTE" by Omnimilano
"Sono serenissimo". Così il vicesindaco, Riccardo De Corato, ha commentato la
denuncia depositata questa mattina da 39 cittadini guidati dal Gruppo di
Sostegno Forlanini, nei confronti del sindaco, Letizia Moratti, e del
vicesindaco, per i reati di abuso di ufficio, interruzione di servizio pubblico
e danneggiamento, nel corso degli sgomberi dei campi rom e in particolare di
quello di via Rubattino.
"Abbiamo sempre seguito tutte le procedure corrette - ha spiegato De Corato -
tanto che diamo sempre un'alternativa a donne e bambini, che alcune volte
accettano e altre volte no". La denuncia è stata sottoscritta dai volontari e
dai genitori che seguono le famiglie rom.
"Non hanno di meglio da fare, queste denunce servono solo ad alimentare il
can-can mediatico", ha aggiunto il vicesindaco, che ha ricordato che quella
depositata questa mattina e' la terza denuncia arrivata in poco più di un anno e
mezzo. Come spiegato da De Corato, le altre due denunce riguardavano lo sgombero
del campo di Chiaravalle, "per cui fu tutto archiviato", e per il censimento
avviato con la Prefettura, "archiviata anche quella".
Dopo la nostra conferenza stampa di ieri, abbiamo letto i commenti che il
vicesindaco De Corato ha dedicato alla denuncia che in quell'occasione abbiamo
presentato. Notiamo per prima cosa che non c'è un punto, nelle sue
dichiarazioni, che smentisca le fattispecie sollevate nella denuncia, ossia
– lo ripetiamo – l'abuso d'ufficio (anche con l'utilizzo di ingenti soldi
pubblici solo per gli sgomberi senza progetti di accompagnamento ed
integrazione), i danneggiamenti a beni di proprietà (con l'intervento delle
ruspe e la distruzione di ogni bene), l'interruzione di pubblico servizio (nello
specifico, l'interruzione della frequenza scolastica).
Il vicesindaco dichiara che è sempre stata osservata la
correttezza delle procedure; lo smentiamo, sulla scorta anche dei più recenti
sgomberi. Lo dimostrano:
- le procedure ultimative: sgombero intimato solo a voce con rudezza e
intimidazione all'alba o a tardo pomeriggio, nell'incombere dell'imbrunire,
senza preavviso, in presenza di maltempo con pioggia o neve;
- l'assenza dei funzionari dei servizi sociali, negli ultimi episodi, malgrado
il fatto che appunto i ripetuti censimenti e controlli effettuati sul microcampo
Cavriana-Forlanini avessero rilevato la presenza di minori anche di pochi mesi;
- continuiamo a pensare che quella della frattura del nucleo familiare (madri
e bambini da una parte e padri per strada) non sia la soluzione; in una
Milano che celebra in questi giorni, in un apposito evento, la sacralità della
famiglia, suonano stonati questi interventi che dal legame familiare
prescindono.
Rifiutiamo con forza la designazione del nostro gruppo come facente parte
di "associazioni pseudobuoniste" che "non hanno di meglio da fare" che indulgere
al "can can mediatico".
Noi qualcosa di meglio lo abbiamo da fare, e sta nel nostro impegno
quotidiano di cittadini e cittadine, nell'affiancamento a queste storie
difficili ma ricche, nel tentativo arduo di forzare gli ostacoli che si
oppongono a una piena socializzazione di questi soggetti, nell'esigere diritti e
prestazioni pari a ogni altro cittadino di questa città (scuola, servizi,
salute, casa), nella ricostituzione paziente di un ambiente vitale dopo che ogni
effetto personale è stato regolarmente degradato a "spazzatura". Non c'è nulla
di spettacolare in tutto ciò; si tratta invece di un laboratorio di cittadinanza
sociale, che dovrebbe stare a cuore alle autorità.
Il "can can mediatico", invece, imperversa ai danni di queste fasce di
popolazione come su altre (i migranti, ma non solo), identificate come "capri
espiatori" di una crisi e di una sua gestione politica in senso autoritario.
Non siamo affezionati al fatto che, come afferma il vicesindaco, chi vive in
questo come in altri campi scorrazzi "tra amianto, topi e quintali di rifiuti";
a parte il fatto che questo richiama lo stato di tante aree dimesse, lasciate a
marcire in attesa d'interventi speculativi, non possiamo accettare che le
autorità pensino che chi ci vive abbia piacere di condurre la sua esistenza in
questi ambienti.
Il vicesindaco sa bene - avendolo ascoltato di persona dalla viva voce di due
donne abitanti di questo campo, in un'assemblea in piazza Ovidio, dell'aprile
del 2009, che hanno preso la parola e non sono rimaste nascoste - quanto sia
avvilente per un essere umano e il suo ambito di affetti vivere in non-luoghi
degradati; quelle due donne ebbero il coraggio di venirlo a dire davanti a una
platea che le ascoltò muta e attenta, e che si sentì dire che la "sicurezza"
di cui tanto si ciancia parte per prima cosa dalla dignità del proprio vivere e
lavorare in una società e in un ambiente non ostile, se non solidale.
Insostenibile è poi l'affermazione secondo cui agli insediamenti di nomadi
si correlino immediatamente e immancabilmente "la criminalità predatoria e il
degrado"; in due anni di affiancamento continuo non abbiamo mai avuto segnali
anche lontani di criminalità, né sono dimostrabili in nessun modo. In queste
affermazioni categoriche risuona un pregiudizio razzista che è quello che
abbiamo ravvisato in molti comportamenti posti in essere dai decisori politici
di questa città e che abbiamo esposto nella nostra denuncia.
Milano, 10 novembre 2010
Gruppo Sostegno Forlanini e genitori di Rubattino firmatari della
denuncia
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