Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/02/2010 @ 09:09:10, in scuola, visitato 1769 volte)
I continui spostamenti che hanno costretto i nomadi a girare per tutta la
città hanno impedito alla comunità di poter proseguire in maniera efficace il
proprio percorso di integrazione: lo denunciano non solo loro, ma anche le
maestre che si sono occupate dei piccoli alunni rom
Il piccolo Marius, un rom di 10 anni, ha cambiato sette campi nomadi in un anno.
Marius vive da alcuni anni nelle baraccopoli di Milano, insieme a una decina di
altri bambini con le loro famiglie. Sono stati sgomberati sette volte, ma alla
fine sono rimasti sempre nella stessa città.
Il primo campo di Marius nel capoluogo lombardo è stato quello situato presso il
Cavalcavia Bacula: lui è arrivato insieme ai genitori e alle tre sorelline nel
febbraio del 2009, ma il campo è stato sgomberato un mese più tardi.
Poi si sono trasferiti nell’insediamento di via Rubattino: vi hanno vissuto da
aprile a novembre del 2009. Il 20 novembre sono passati nel campo di via Caduti
di Marcinelle: un breve soggiorno, visto che le ruspe dello sgombero sono
arrivate il 22 novembre.
Il giorno successivo c’è stato l’approdo al campo di Viale Forlanini: è stato un
altro soggiorno-lampo, visto che i nomadi sono stati cacciati dopo sole 24 ore.
Il “balletto” degli spostamenti ha spinto allora i rom fino al campo della
Bovisaca, nella zona popolare della Bovisa. Qua hanno resistito un po’ più a
lungo, fino allo sgombero del 30 dicembre.
Il pellegrinaggio è andato avanti, la “tappa” del Capodanno 2010 è stata il
campo situato tra via Umbria e via Redecesio. Dopo un mese e mezzo, il 16
febbraio i nomadi hanno fatto le valigie anche da qua per spostarsi al capannone
delle “Lavanderie di Segrate”. Ma lo sgombero è avvenuto nella stessa giornata.
Tutta questa “via crucis” ha creato a Marius e agli altri bambini notevoli
problemi di integrazione, specie per quanto riguarda l’inserimento a scuola. A
denunciarlo sono le maestre delle scuole elementari di via Pini e via Feltre:
come ha spiegato un’insegnante dell’istituto di via Feltre, i continui
spostamenti hanno provocato ostacoli nei percorsi di integrazione cominciati da
docenti e genitori di alunni italiani.
I piccoli alunni rom sono stati dipinti come studenti desiderosi di imparare: ad
esempio, sono stati quasi sempre in regola con i compiti. E proprio questa
reputazione aveva aiutato i genitori italiani a superare le iniziali diffidenze
nei confronti della comunità rom.
Partendo dai bambini, le famiglie italiane avevano cominciato a prendersi cura
anche dei loro genitori: molte mamme nomadi hanno infatti ricevuto aiuti per
poter andare dal dentista e dal ginecologo.
Le continue peregrinazioni della comunità rom milanese ha però interrotto questo
processo di integrazione. I reiterati sgomberi hanno avuto anche ripercussioni
economiche sugli enti locali: un volontario della comunità di Sant’Egidio ha
spiegato che ogni sgombero costa al Comune fino a 30 mila euro.
Di Fabrizio (del 20/02/2010 @ 09:02:38, in casa, visitato 1702 volte)
A giugno scade l'accordo per l'area di via Lazzaretto, che sarà destinata
ad altro uso. Le famiglie si dividono: alcuni pronti a fare domanda per una
casa, altri a rimanere fedeli alla loro tradizione
Case popolari sì, case popolari no. È il dilemma delle famiglie del campo sinti
di via Lazzaretto, che a giugno dovranno lasciare l'area attrezzata dopo che
l'amministrazione
ha deciso di non rinnovare la convenzione annuale di affitto,
per liberare l'area per altro uso. Le famiglie del campo, una ventina, sono
state convocate dall'assessore ai servizi sociali Roberto Bongini per un
confronto. «Ho invitato le famiglie – spiega Bongini - a fare domanda per le
case popolari, anche se ho chiarito che non hanno nessuna precedenza nelle
graduatorie». Già in passato un paio di famiglie avevano accettato, ora un'altra
mezza dozzina è pronta a fare domanda per il prossimo bando di marzo. Ma gli
altri nuclei non hanno intenzione di abbandonare la vita legata alla tradizione
nomade. Da tempo i sinti si sono stabiliti a Gallarate (sono cittadini
gallaratesi a tutti gli effetti) e non esercitano più forme di lavoro
itinerante, come ad esempio quello di giostrai. La vita nel campo, però,
consente però di mantenere unite le famiglie allargate: i figli continuano a
vivere accanto ai genitori, con i nipoti. E questo è l'aspetto a cui i sinti non
intendono rinunciare.
Nell'incontro si è parlato anche delle bollette dell'elettricità e dell'acqua.
«Hanno detto anche sui giornali che non paghiamo le bollette e che il Comune
deve pagarle. Non è vero, per questo ci ha dato fastidio» dice Ivano, uno dei
giovani capifamiglia sinti. «Molti di noi hanno pagato, altri hanno difficoltà a
causa del lavoro che manca: noi abbiamo chiesto di rateizzare le bollette, che a
volte sono pesanti». Sulla questione Bongini ha promesso che verificherà se ci
sono stati errori e chiarirà la posizione delle famiglie.
La grande preoccupazione dei sinti, però, riguarda giugno: quando l'accordo
scadrà dove andrà chi non vuole fare richiesta di case popolari?
La posizione
dell'amministrazione non cambia: a giugno il campo sarà sgomberato e destinato
ad altro uso, in attesa di decidere, nel pgt, a quale uso destinare l'area.
Nella zona non urbanizzata accanto all'autostrada
dovrebbe sorgere un complesso
logistico. Case popolari o meno, i sinti secondo l'amministrazione dovranno
dividersi, mettendo fine a quella che il sindaco Nicola Mucci ha definito «autoghettizzazione».
Soluzioni alternative, come quelle già sperimentate recentemente altrove anche
nel
nord Italia, non sono all'ordine del giorno.
18/02/2010 Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 12:34:35, in Italia, visitato 2065 volte)
Campo Rom Tor Dè Cenci,
Via Pontina 601, Roma - l'appuntamento su
Facebook
Come molti di voi sanno, le famiglie del Campo di Tor De Cenci stanno
rischiando di abbandonare, senza alcun motivo plausibile, il campo dove
risiedono da almeno 15 anni, che fu voluto dall'Amministrazione Comunale romana
(la quale assegnò i container alle famiglie) e che ora, per motivi sconosciuti
ai più, dovrebbe essere trasferito a Castel Romano.
I Rom stanno lottando per conservare quello che è un loro diritto, il
rimanere "a casa propria" (se di casa si può parlare nei campi rom... ma
meglio che niente).
Ma non è facile, non è mai facile, e le famiglie hanno bisogno di noi ora.
Hanno bisogno del nostro apporto tutti i giorni, per stare loro vicino,
parlare della situazione, fargli sentire che siamo sempre li con loro.
Hanno bisogno di noi, di noi che percorriamo il campo, di noi che giochiamo e
studiamo con i loro figli, di noi che ci interessiamo di questa vicenda
inammissibile.
Hanno bisogno anche solo di un saluto al giorno, di offrirci il caffè, di due
chiacchiere.
Non lasciamoli soli: siamo tutti invitati, almeno fino a lunedì 22 febbraio
(giorno in cui dovrebbero andare nuovamente a colloquio con assessorato e
prefettura), a frequentare il campo, ad andarci a sedere a casa loro e
chiacchierare, non importa che siano chiacchiere costruttive, in questo momento
è importante stargli vicino.
Vi aspettiamo insieme alle famiglie Rom per un kafava o un sok: solidarietà e
amicizia per i Rom!
Gaia Moretti
Paolo Perrini
Renato Patanè
Davide Zaccheo
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 09:33:58, in Italia, visitato 1911 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
ROSSA
PRIMAVERA
Il nomade va deportato a prescindere. Non importa che viva in un campo
regolarmente attrezzato, che i suoi figli vadano a scuola e che lui lavori e
cerchi di integrarsi. Il teatro designato per una delle più dissennate
operazioni di politica sociale che si possano immaginare è un villaggio di 350
rom di origine bosniaca, macedone e montenegrina, appartato in località Tor dè
Cenci, su una collinetta accanto alla Via Pontina, che da Roma conduce a Latina.
Ieri mattina mentre in un'altra parte della città veniva buttata giù, sotto gli
occhi del sindaco Gianni Alemanno, l'ultima baracca dell'insediamento abusivo "Casilino
900", che verrà bonificato e trasformato in parco, gli abitanti del villaggio di
Tor dè Cenci hanno atteso a lungo e invano, sull'ampio piazzale d'ingresso,
l'arrivo del prefetto o di suoi alcuni collaboratori che avrebbero dovuto
spiegare le modalità di quell'imminente assurdo sgombero. Hasko, il portavoce
del villaggio, non sapeva darsi pace: "Siamo qui da 15 anni e gli abitanti di
Tor dè Cenci non si sono mai lamentati di noi. In tutto questo tempo non è mai
stata rubata un'auto, non è mai sparito un portafoglio. I nostri bambini vanno a
scuola qui, io stesso faccio parte dell'esecutivo del Comitato di quartiere". Il
villaggio di Tor dè Cenci è stato inaugurato nel 1995 dall'allora sindaco
Francesco Rutelli: i nomadi vivono in 55 container modello Protezione Civile e,
secondo i calcoli dell'ARCI, il comune ha speso fino ad oggi 5 milioni di euro
per costruirlo, recintarlo e allacciare l'acqua, la luce elettrica, il telefono,
le fogne. Dei 350 occupanti, ben 200 sono minori, ma non contando i bambini da 0
a 3 anni e i ragazzi con più di 16 anni, esclusi dall'obbligo scolastico,
arriviamo ai 110 iscritti a scuola. "Di questi ben l'80% ha una frequenza
regolare, una delle medie più alte fra tutti i campi rom di Roma" osserva Paolo
Perrini che coordina i progetti di scolarizzazione dei nomadi per conto
dell'ARCI. Ogni mattina arrivano i pulmini comunali a "distribuire" bimbi e
ragazzi in un ampio parco di complessi scolastici, in modo da evitare classi e
scuole ghetto. Non giungono così di frequente, invece gli automezzi dell'AMA,
l'azienda comunale della nettezza urbana: in media un paio di volte la
settimana, nonostante per convenzione dovrebbero passare due volte al giorno.
Così pile di rifiuti sono accatastate attorno ai cinque cassonetti
dell'ingresso. I ragazzi di cittadinanza italiana sono una trentina e sventolano
a richiesta carte d'identità un po' logore e passaporti: sono quelli nati in
Italia che hanno potuto documentare, attraverso certificati scolastici,
vaccinazioni e altro, la continuità di residenza dalla nascita al diciottesimo
anno d'età. Simone, 22 anni, e Ibrahim, 20, hanno prestato servizio civile
nell'Opera Nomadi. Bryan fa il parrucchiere in un negozio dell'EUR. Il mestiere
dominante nel gruppo, è la separazione del ferro dal piombo e dal rame, per
vendere il tutto al mercato all'ingrosso. "Niente binari del treno - giurano -
svuotiamo le cantine e abbiamo la partita IVA". Il progetto dell'Assessore alle
Politiche Sociali, Sveva Belviso è di chiudere il villaggio trasferendo gli
occupanti 20 km più a Sud, nel campo di Castel Romano, che ospita già 800 rom,
per onorare la promessa fatta in campagna elettorale agli elettori del suo
municipio, il dodicesimo. I nomadi hanno scritto una lettera aperta alle
"autorità preposte", perché ci ripensino: "A chi non conviene aggravare la
situazione - trasferendoci in un campo già grande e disagiato, al di fuori di
qualsiasi contesto urbano?". L'hanno consegnata al commissario del Croce Rossa
Italiana Marco Squicciarini, che ha assicurato il suo appoggio: la Croce Rossa
Italiana non fornirà alcun apporto logistico allo sgombero, contro il quale si è
mossa da Londra pure Amnesty International
Di Fabrizio (del 19/02/2010 @ 09:00:57, in casa, visitato 1557 volte)
Da
Roma_Daily_News
Radikal, 11/02/2010
Le famiglie rom obbligate a lasciare Selendi (Manisa) dopo che il loro
quartiere è stato attaccato e dato alle fiamme (vedi
ndr), sono arrivate a Salihli (Gordes), dove lo stato aveva promesso loro
assistenza, ma non ha mantenuto le promesse. Oggi, soltanto poche famiglie
possono cucinare qualcosa nelle loro abitazioni temporanee. Qualcuno può
scaldarsi la casa, ma la maggioranza manca di legna da bruciare e di acqua
calda, così lavarsi è un lusso. Soltanto metà delle case hanno acqua
corrente. "Non puoi stare bene e sano in queste condizioni", dicono i Rom, "nel
passato ogni famiglia aveva un tetto sopra la testa, ma ora ci sono fogli di
plastica e per ogni casa ci sono tre famiglie". Il materiale per i miglioramenti
di queste proprietà, per renderle abitabili alle famiglie rom, è accatastato lì
vicino nella locale moschea.
Inoltre, secondo il governatore del distretto di Salihli, i Rom sono vittime
di discriminazione nella loro nuova collocazione. "Anche quando ricorriamo allo
stato per trovare case per le famiglie rom, i proprietari non vogliono
affittare," dice. "Se sono per le famiglie rom, ci dicono, non li vogliamo nei
nostri appartamenti."
La comunità rom ha vissuto a Selendi, Manisa, per oltre trent'anni. A
Capodanno ci fu un diverbio ed in una casa del te non volevano servire un Rom,
anche se il proprietario del locale si giustifica dicendo che il Rom stava
fumando nel locale (la legge turca, in linea con le politiche UE, proibisce di
fumare sigarette nei ristoranti, bar e caffè aperti al pubblico). A seguito di
ciò, iniziò una "spedizione punitiva" contro il quartiere rom, con lancio di
pietre contro le case ed auto bruciate per le strade. Grazie all'aiuto della
locale Jandarma (gendarmeria), le famiglie si rifugiarono nella vicina città di
Gordes. La questione ebbe ampio risalto sui media, con i parlamentari che per
giorni dopo l'accaduto, focalizzarono la loro attenzione sul problema dei "Rom-in-esilio".
Le autorità fecero promesse. "Queste ferite saranno rimarginate. Ai Rom verranno
date nuove case." Invece, le famiglie vennero separate, i parenti divisi, mentre
altra furono obbligate a vivere in condizioni ristrette di tre famiglie a
condividere piccole case a Salihli. Un mese dopo, il dramma è finito e 18
famiglie stanno vivendo nella miseria...
Dr. Adrian Marsh
Researcher in Romani Studies
adrianrmarsh@mac.com
+46-73-358 8918
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 13:57:47, in Italia, visitato 2123 volte)
Da
NO(b)LOGO
Giovedì 18 febbraio 2010 si renderà omaggio al ricordo di Petru Birlandeanu,
il musicista romeno ucciso per errore il 26 maggio 2009 in agguato alla Stazione
Cumana di Montesanto.
Lì, verrà esposta in una teca la sua fisarmonica presso la stazione della
Cumana di Montesanto, l’assessore regionale alle Politiche sociali e
all'Immigrazione Alfonsina De Felice rende omaggio alla memoria di Petru
Birlandeanu.
L’assessore esporrà in una teca la fisarmonica del musicista romeno ucciso
per errore, il 26 maggio 2009, da un commando di camorristi.
Tiene la prolusione della cerimonia Pasquale Colella, professore di
Diritto Canonico presso l'Università degli Studi di Salerno e direttore della
rivista “Il Tetto”. Partecipano Raffaello Bianco, amministratore delegato Sepsa;
Alessandro Pansa, prefetto di Napoli; Santi Giuffrè, questore di Napoli; Razvan
Victor Rusu, ambasciatore straordinario e pluripotenziario della Romania; Ciro
Accetta, direttore dell’Ente Autonomo di Volturno; Giulio Riccio, assessore
comunale alle Politiche Sociali; don Gaetano Romano, vicario episcopale per la
Carità. Saranno inoltre presenti Enzo Esposito dell’Associazione Opera Nomadi di
Napoli, Marco Rossi della Comunità di Sant'Egidio e i sindacati Cgil, Cisl e
Uil.
Omaggio a Petru Birlandeanu 18 febbraio 2010 - NapoliToday.it
Tutti presenti a commemorare Petru ... tutti tranne i rom ... non vedo un
solo rom tra gli invitati.
Dell'etnia di Petru non si fa parola, gli zingari quando sono cattivi sono rom,
anzi rrom come li chiama la società maggioritaria rumena per non fare
confusione.
Se sono vittime della nostra criminalità ritornano magicamente rumeni
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 09:43:04, in Europa, visitato 1526 volte)
Da
Bulgarian_Roma
TOLblogs
Nel quartiere rom di "Iztok" della città di Kiustendil, nel sud ovest, un
gruppo di giovani volontari assieme all'associazione LARGO ha raccolto la somma
di 412,57 leva ($290) per aiutare i bambini di Haiti. L'iniziativa è stata
condotta da Botselin Mitkov, un attivista locale.
I fondi raccolti per Haiti
Il 3 febbraio i volontari, forniti di urne della Croce Rossa bulgara, hanno
iniziato a raccogliere fondi, fiduciosi che i Rom sarebbero stati generosi
rispetto a quanto accaduto ad Haiti. In cinque giorni hanno coperto tutti i
caffè ed i negozi locali del quartiere. Hanno anche visitato parecchie scuole.
Il gruppo dell'associazione LARGO, lo staff dell'ufficio per il lavoro del
quartiere, come pure i gestori del club culturale "Vassil Levski" hanno
contribuito tutti. Anche le chiese del quartiere hanno fornito supporto.
Alle 11.00 dell'8 febbraio i volontari hanno aperto le urne e contato i fondi
raccolti sotto la supervisione dei media locali. Si erano riuniti 412.57 leva.
Volontari a Kiustendil
Il direttore esecutivo di LARGO, Stefan Lazarov, ha detto che ciò che
hanno fatto i volontari è una bella impresa. "Se possiamo, aiutiamo,
indipendentemente che si tratti di un Rom,un Tedesco o un Bulgaro... non è
importante quanto denaro raccogliamo, quello che importa è il gesto. I volontari
hanno agito in buona fede e per una buona causa, per aiutare i bambini ad Haiti".
Ha aggiunto che "qualcuno non solo ha donato denaro, ma anche propagato la
campagna via SMS."
Secondo l'ufficio nazionale del lavoro, il 96% degli abitanti del quartiere "Iztok"
è disoccupato.
"Tutti noi guardiamo la TV. Negli ultimi giorni i bambini sofferenti di Haiti
erano diventati la notizia principale. Tutti sanno di loro e della tragedia che
gli è capitata. Abbiamo saputo di quanti paesi avessero raccolto fondi per il
futuro di quei bambini. E per questo che noi ed i volontari abbiamo deciso di
intraprendere questa iniziativa e di cercare di aiutarli," dice Botselin.
Ha condiviso che loro non avevano grandi aspettative, perché molta gente è
senza soldi. Ma non ha nascosto di essersi mosso in virtù del fatto che per
compassione la gente avrebbe donato sino all'ultimo centesimo.
– by Ognyan Isaev
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 09:24:31, in Regole, visitato 1680 volte)
Segnalazione di
Stefania Cammarata
CRONACA
Fa ricorso per infortunio e ottiene un risarcimento di 400.000 euro. Ma
l'uomo, cittadino italiano, non può ricevere i soldi
Il Garante dei diritti dei detenuti: "Gli istituti di credito hanno fatto
intendere che si trattava di un cliente indesiderato"
ROMA - "Una vicenda kafkiana". E' con queste parole che Angiolo Marroni, Garante
dei diritti dei detenuti del Lazio, descrive questa storia. Il protagonista è un
giovane cittadino italiano di origine rom che, prima di essere arrestato per
reati contro il patrimonio, aveva vinto una causa per infortunio contro l'Ater,
le Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale Pubblica. Circa otto anni
fa, infatti, l'uomo, affittuario di un appartamento di proprietà dell'Ater, era
caduto all'interno dell'abitazione. Poco dopo aveva fatto causa per i danni
fisici subiti. Al termine del procedimento, la sentenza del giudice: l'uomo ha
diritto a un risarcimento di oltre 400.000 euro da pagare con un bonifico
bancario.
Una cifra niente male, che l'interessato non è però riuscito a incassare.
Nonostante le ripetute richieste indirizzate dal suo legale a svariate filiali
di diverse banche, "nessun istituto di credito - spiega in una nota Marroni - ha
permesso che l'uomo aprisse un conto corrente dove far accreditare tali fondi".
Quello che è emerso chiaramente dalle risposte, messe anche per iscritto, è che
il cliente è stato giudicato "indesiderato". "Il sistema creditizio - continua
il garante - ha deciso che quest'uomo è un cittadino diverso dagli altri. Per
questi motivi ho chiesto ai miei uffici di acquisire la documentazione degli
istituti di credito che hanno rifiutato l'apertura del conto corrente per
segnalarle sia all'Abi che alla Banca d'Italia".
Il protagonista della vicenda è attualmente detenuto nel carcere di Viterbo dove
è stato da poco trasferito. La pena giungerà a termine entro la fine di
quest'anno.
(16 febbraio 2010)
Di Fabrizio (del 18/02/2010 @ 08:55:49, in Italia, visitato 1665 volte)
Ricevo da
Davide Zaccheo
Stamattina verso le 11.00 un gruppo di rom di Tor de Cenci è stato invitato
dall'Assessora alle Politiche Sociali Sveva Belviso a una riunione riguardante
il prossimo spostamento che riguarderebbe proprio il campo di Tor de Cenci. Alla
riunione erano stati invitati solo i tre portavoce delle tre comunità del campo,
ma vista la tensione creatasi al in questi mesi riguardo lo sgombero, si sono
presentati all'invito almeno in venti, ognuno a fare da portavoce delle diverse
famiglie allargate, ognuna con un propria idea. La telefonata dell'assessora è
avvenuta esattamente il giorno dopo la mobilitazione dei rom di Tor de Cenci che
insieme a tutte le associazioni che operano al campo, insieme al Comitato di
Quartiere, agli scout, alla presenza di associazioni internazionali per la
Difesa dei Diritti Umani come Amnesty International e European Roma Right
Center, di politici e di liberi cittadini provenienti non solo da Spinaceto ma
da tutta la città, hanno detto chiaramente che vogliono rimanere in quel campo
rifiutando qualsiasi deportazione in un campo già affollato (Castel Romano). A
registrare questa manifestazione testate giornalistiche radiotelevisive e carta
stampata.
Ed è proprio dalla carta stampata che abbiamo capito il giorno dopo che la
mobilitazione qualche suo effetto ce lo aveva avuto. L'Assessora come si dice:
“ha alzato il tiro”. Su un intervista rilasciata dalla stessa, alla fine
dell'articolo dichiarava che Tor de Cenci è il campo rom con il più alto tasso
di criminalità di Roma con traffico di armi e spaccio di droga. Ora, o la
Belviso ci mostra qualche denuncia per traffico di armi, oppure ci dice da dove
e come ha ricevuto certe informazioni. Al campo è possibile che ci siano degli
spacciatori, ma la stragrande maggioranza degli abitanti del campo sono anni che
aspetta che arrivi qualcuno e li arresti. Sappiamo tutti che il problema del
traffico di droga non è solo del campo ma dell'intero quartiere di Tor de Cenci,
e se si analizzasse il Tevere, il tasso di sostanze stupefacenti sarebbe
sbalorditivo, e se poi si facesse una capatina a Montecitorio……….
L’incontro è stato aperto dall’Assessora cercando di convincere i rom della
“bontà” delle sue decisioni a fronte del “buon” esito del trasferimento di
Casilino, subito contestato dai rom presenti che hanno accolto un’anziana
montenegrina che non aveva trovato posti adeguati e dalle lamentele dei
“trasferiti” a Candoni che attendevano il lavoro promesso, e dei parenti
macedoni che stazionano al Cara in attesa della promessa destinazione alla
“Barbuta”, e il sovraffollamento indecente di Salone. Alla decisa e ferma
posizione di tutti i rom presenti Assessora e entourage, Di Maggio, Scozzafava,
Lattarulo, rappres. Prefetto, con in più Najo di casilino che verbalizzava (?) ,
hanno chiesto 2 giorni di riflessione prima di accettare la lettera dei rom
firmata da tutti gli abitanti del campo che chiede la rimessa in sicurezza del
campo di tor de cenci, conveniente anche economicamente, e il ripristino della
legalità allontanando le persone arrestate per spaccio, e non per andare a
Castel Romano.
Ritornati a casa i capifamiglia hanno riportato in assemblea gli esiti, avendo
la netta impressione che se si rimane uniti e compatti, resistendo anche a
velate offerte stile piatto di lenticchie, per pochi , d’ora in poi alla
trattative ci si và in 12, per sicurezza anticoncussione, e che pure un avvocato
poteva aiutare.
Ma la cosa più sconcertante sono le dichiarazioni dell' Assessora apparse oggi
sul
quotidiano Il Tempo. La Belviso sospetta che la protesta del 15 sia stata
aizzata e pilotata dalle cooperative che temono di perdere la sopravvivenza con
lo sgombero del campo. Con questa dichiarazione la Belviso è convinta che i Rom
siano persone talmente stupide da poter essere strumentalizzate e soprattutto
aizzate da associazioni e cooperative che non hanno nessun interesse se non
quello etico e umanitario. I rom, se uniti, hanno forti capacità di decisione,
soprattutto se la decisione riguarda la loro vita e quella dei loro figli. La
manifestazione del 15 ne è stata la prova. Inoltre, l'Assessora è convinta che i
rom siano doppiamente stupidi da poter accettare un trasferimento in cambio
promesse di lavoro (come è stato fatto a Casilino) e fondi stanziati in favore
di due o tre cooperative rom. Un trasferimento in un altra area dove vivono già
centinaia di rom, dove non c'è acqua potabile, e soprattutto circondata da prati
e boschi dove tutto si può fare tranne inclusione sociale.
Comunque a breve ci sarà un seminario transnazionale che si svolge sempre a Roma
il 25 e 26 febbraio "Structural Funds: Investing in Roma inclusion at the local
and regional level" promosso dalla Commissione Europea, che illustra il modo
migliore con cui possono essere utilizzati i Fondi Strutturali per promuovere
l'inclusione sociale: ci pensi bene!!!
A questi due eventi saremo felici di partecipare insieme ai rom di Tor de Cenci
o almeno a quelli che vorranno venire.
Davide e Paolo Operatori Arci solidarietà Onlus
Di Fabrizio (del 17/02/2010 @ 09:30:39, in Italia, visitato 1611 volte)
Gazzetta di Mantova
Guerra della Lega ai nomadi "Cacciamoli dai nostri Comuni"
Si acuisce lo scontro sugli accampamenti nel Mantovano. L'Opera Nomadi si
rivolgerà ai giudici.
Sindaci leghisti sul piede di guerra contro gli accampamenti di famiglie
nomadi. Le sei amministrazioni comunali guidate dal Carroccio in provincia
faranno scattare un'ordinanza per vietare pernottamento e campeggio di camper,
case mobili e simili sul territorio comunale. Nel mirino dei sindaci lumbard non
ci sono i turisti a quattro ruote ma i nomadi, sinti o rom che siano. In tre
paesi il provvedimento è già stato emanato, per gli altri è solo questione di
giorni. La campagna è stata lanciata nel quartier generale della Lega.
A innescare la miccia la vicenda del trasferimento di famiglie sinte dal
Bresciano verso Birbesi di Guidizzolo e Gazzo di Bigarello, con le polemiche che
ne sono seguite, è stata la miccia che ha innescato l'iniziativa leghista.
D'altra parte la questione dei campi nomadi è uno dei capisaldi della politica
leghista fin dai suoi esordi.
«L'integrazione non è una bella cosa perché confonde le matrici culturali. Noi
facciamo la raccolta differenziata, loro lasciano l'immondizia per strada», è il
cappello politico dell'iniziativa dei sindaci leghisti spiegato da Vincenzo
Chizzini, segretario della circoscrizione leghista città-medio mantovano. Che ha
così riassunto la ratio dell'ordinanza anti-nomadi già in vigore a Guidizzolo,
Ceresara e Bozzolo e che sarà presto promossa a San Giovanni del Dosso,
Castelbelforte e Pomponesco. Ideatore della delibera è il sindaco guidizzolese
Graziano Pellizzaro.
Nel suo territorio, a Birbesi, il comune di Brescia ha acquistato attraverso la
società Brixia Sviluppo, un terreno per l'insediamento di tre famiglie sinte.
«L'ordinanza - ha spiegato Pellizzaro - rimedia a una carenza normativa. Come
spesso capita, c'è stato bisogno di incappare nel problema prima di
ufficializzare la regola». Pelizzaro, tuttavia, sostiene che non si tratta di
una ordinanza anti-nomadi. «Vogliamo che chiunque viva a Gudizzolo lo faccia in
maniera decorosa - dice - mai avuto problemi abitativi».
Di più. Secondo il primo cittadino guidizzolese, l'ordinanza non sarebbe altro
che l'adeguamento del regolamento comunale alla legge 12 della Regione. «Niente
razzismo, solo buon senso», dicono un po' tutti i presenti. «Il nostro esempio -
dice il sindaco di Ceresara, Enzo Fozzato - deve essere Treviso e il nostro
obiettivo la vivibilità del comune». Controllo del territorio e ordinanze ad hoc
per risolvere questioni che potenzialmente potrebbero creare problemi nei
territori guidati da esponenti del Carroccio. «Il controllo del territorio -
continua Fozzato - è uno dei compiti più importanti dell'amministrazione. Un
sindaco interviene per risolvere i problemi dei cittadini. Da noi, ad esempio,
non possono essere introdotti volantini pubblicitari nella cassette della
posta».
Ma la questione nomadi (termine che in realtà è il più delle volte inappropriato
perché riferito a comunità stanziali) non è certo paragonabile ad un ordinario
problema di paese. Basti pensare che la decisione del comune di Brescia di
smantellare il campo nomadi e di trasferire una parte delle famiglie sinte che
vi abitano a Birbesi e a Gazzo (dove l'amministrazione di centrosinistra sta
meditando di prendere iniziative simili nella sostanza a quelle di Guidizzolo)
ha provocato un incidente diplomatico non solo tra gli enti coinvolti, ma anche
tra lumbard e Pdl. A guidare la giunta bresciana c'è il pidiellino doc Adriano
Paroli, già commissario provinciale di Forza Italia a Mantova. (v.c.)
(15 febbraio 2010)
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